-
Erano movimenti delicati, attenti, bisognosi.
Il modo in cui quelle labbra, così dolci e piene, premevano sulle proprie lo privavano di ogni pensiero. Tutto perdeva la sua logica, il proprio significato, e non esisteva null'altro al di fuori di quel momento, quell'odore, quel sapore.
Carezze fugaci, piccoli frammenti che si incastravano ai pezzi della sua anima, completandola come non credeva fosse possibile.
Ogni passo, decisione, incertezza: tutto lo aveva condotto inesorabilmente tra le sue braccia, e chi era lui per opporsi al destino?
Percepiva chiaramente le sue dita scorrere tra i propri capelli, districandoli e stringendoli al ritmo di quel bacio proibito. Era certo che il frutto dell'Eden non avesse un gusto altrettanto delizioso, una consistenza tale da renderlo avido e smanioso di averne ancora, di più, non mi basta.
La sua lingua, voluttuosa, lo invogliò ad approfondire quel contatto, leccando lentamente il contorno della propria bocca, gonfia e umida per quell'attenzione così gradita ed agognata.
«Dillo...» lo sentì soffiare, tentatore come solo il diavolo avrebbe potuto essere, e non riuscì a tacere oltre liberandosi di un peso che gli opprimeva il petto dal primo istante in cui lo aveva visto.
«Ti voglio...» ansimò in risposta, consentendogli di fare di lui ciò che più gli aggradasse. Non si sarebbe opposto né tirato indietro, consumato nel profondo da un fuoco impossibile da estinguere, alimentato dal suo respiro, il suo tocco, il battito del suo cuore.
Lo sentì impadronirsi della propria volontà e sé stesso piegarsi al suo volere, mentre davano inizio a una danza i cui passi coincidevano con ogni schiocco bagnato, languido e paziente, quasi avessero tutto il tempo del mondo.
Eppure i secondi scorrevano inesorabili, crudeli e tiranni, e il desiderio di trovarsi e appartenersi in un modo che fosse unico e totale rischiava di divorarli vivi, cibarsi delle loro carni come se la lussuria avesse vere e proprie fauci con cui sbranarli e ridurli a brandelli solo per ricomporli sotto un'altra forma.
I loro corpi si cercarono, calamite dai poli opposti, premendo l'uno contro l'altro nel vano tentativo di fondersi superando la barriera dei vestiti e qualunque altro ostacolo potesse frapporsi tra loro.
Ansimò sulle sue labbra e i suoi palmi lo strinsero con forza, rendendolo un prigioniero senza alcuna via d'uscita, e mille volte sarebbe morto di quell'afflizione così dolce. Le sue ciocche nel proprio pugno, quasi cercasse un appiglio per non cadere nel baratro che lo avrebbe felicemente accolto, lo udí gemere meravigliosamente al proprio orecchio, una melodia sublime i cui accordi andavano di pari passo con la frenesia che si era appropriata dei loro esseri.
Si fece audace, sfacciato, andando a cercare il suo bacino col proprio, movimenti sinuosi e insolenti, al solo scopo di udirlo cantare ancora una volta della perdizione che lo aveva conquistato senza lasciargli scampo.
Le bocche spalancate, respirando il loro stesso respiro, si strofinarono guidati dall'istinto. Onde che si abbattevano contro i frangiflutti, cercando di espugnare una barriera inesistente e invadere ogni anfratto gli fosse umanamente concesso. Sottomettersi e al tempo stesso ribellarsi, insorgere per poi arrendersi a quell'assalto rudemente gentile.
Le sue mani percorsero i propri fianchi, la schiena, le spalle solide, andando poi ad aprirsi sulla sua gola immacolata come una tela candida in attesa di essere dipinta. Lasciò le proprie labbra per raggiungere la zona intorno alla quale le sue dita premevano goffamente, comunicandogli quanto intenso fosse il desiderio di marchiarlo, apporre un sigillo sulla propria pelle affinché chiunque evincesse che era suo soltanto e guai al povero stolto che avesse osato pensare altrimenti.
Sorrise, il viso affondato tra i suoi capelli fini, andando infine a sospirare al suo orecchio, leggero come il tocco di una piuma.
«Fallo...»
Lui ruppe ogni indugio e abbandonò qualunque tentennamento, arrogandosi il diritto di affondare i denti nella propria carne, facendolo guaire dal piacere di sentirlo succhiare avidamente quel lembo di cute come fosse polpa succosa e tenera di cui nutrirsi.
Lo spazio, la gravità, tutto aveva perso importanza.
Voleva percepirlo ovunque, dentro e fuori, come se il suo corpo fosse sufficiente a sfamarlo, il suo animo l'unica cosa in grado di dissetarlo, il suo cuore la sola fonte di sostentamento.
Il muro alle proprie spalle e le sue braccia a sorreggerlo gli impedirono di cadere rovinosamente al suolo, le gambe ridotte a un ammasso informe di gelatina e i propri sensi ottenebrati dall'appagamento derivato da quell'agognata tortura a cui veniva sottoposto.
«A-ancora...!» si ritrovò a pregare e, nonostante non riuscisse a vederlo, sapeva per certo che stesse sorridendo.
«È adorabile il modo in cui mi supplichi» ridacchiò l'altro, e sentì chiaramente le proprie gote colorirsi come fragole mature, pronte ad essere colte e impietosamente consumate.
«N-non prendermi in giro...! Non resisto più...»
«Dimostramelo.»
Un palmo dietro la sua nuca per evitare che interrompesse quel sublime tormento, con l'altro andò a cercare la sua virilità celata dagli abiti ma altresì gonfia e pulsante. Soffregò la protuberanza, suscitando nel compagno ansiti rochi e smaniosi, prova di quanto effettivamente desiderasse ricevere tali premure.
«Mi credi...?» esalò per poi gemere vergognosamente quando quelle mani grandi e forti afferrarono con veemenza le proprie natiche, addossandolo maggiormente alla parete.
«Vuoi provocarmi...?»
I loro polmoni incameravano aria, alla ricerca di sollievo dal calore che sentivano divampare sempre più, logorandoli dall'interno per tramutarli in cenere. Il sudore imperlava le loro fronti, inumidendo i capelli e scorrendo sui loro visi arrossati, fino a perdersi nel solco tra le clavicole e lasciarsi assorbire dalla stoffa che li ricopriva ancora.
«Faccio ciò che posso» le proprie labbra si curvarono all'insù, «ma la verità è una sola: desidero essere tuo.»
L'altro sollevò il capo dall'incavo del proprio collo, cercandone gli occhi quasi temesse di leggervi una menzogna. Questi, invece, brillavano di una luce surreale, lucidi e colmi del solo bisogno di possedere ed essere posseduto.
Il silenzio li avvolse, intervallato solo dal furioso battere dei muscoli cardiaci che pompavano, nelle loro membra, nitida passione al posto del sangue.
L'amante gli afferrò il mento tra le dita, facendo scorrere il pollice con meticolosa lentezza sul bordo inferiore della propria bocca. Le sue meravigliose iridi erano svanite, fagocitate dalla pupilla, e vide il proprio riflesso fissarlo di rimando senza esitazione alcuna.
«Provamelo.»
Un comando, una richiesta.
Senza distogliere lo sguardo, prese a slacciargli dapprima la cinta e successivamente i pantaloni, insinuando i propri palmi al di sotto del tessuto, calandoli e accompagnandone il movimento. Si trovò così inginocchiato ai suoi piedi, schiavo della bramosia e parimenti padrone di quell'attimo di folle eccitazione.
Bevve la sua espressione compiaciuta e persa, andando a leccare la punta di quel dito indice tentatore e facendolo fremere in risposta. Gli fu impossibile evitare di sorridere.
«Farò di più...» disse solo, e insieme valicarono il punto di non ritorno.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top