Pleasure is on the other side
Simone non l'aveva degnato di una replica.
Non che Manuel si sarebbe aspettato qualcosa di diverso. Quel messaggio pietoso gliel'aveva scritto a notte fonda, con le storie di Luna che risalivano ad ore prima, rispetto alla sua visualizzazione. S'era ritrovato, quasi come un folle, a monitorare il suo stato su whatsapp fin quando, stremato, non s'era convinto ad andarsi a coricare di fianco ad un Vittorio placidamente addormentato.
L'aveva guardata e riguardata, quella bella faccia da schiaffi premuta contro la bocca sbagliata, finendo per ritrovarsene ossessionato. E s'era mangiato le mani, letteralmente, e con la carne viva a bruciargli ai lati del dito medio torturato con i denti.
Unica nota positiva di quella situazione del cazzo era stata che quantomeno gli si fosse chiuso lo stomaco, e i morsi della fame non l'avevano tormentato per tutta la nottata passata in bianco a rimuginare e a rigirarsi tra le lenzuola.
C'aveva provato ad eclissare il pensiero di quelle immagini eppure, ogni volta che s'era costretto a chiudere le palpebre, ecco che Simone arrivava ad invadergli la mente con quegli occhi truccati e indosso quella camicia pressoché inesistente. E con lui giungeva pure quel tale, Cesare, che puntualmente se lo tirava addosso per i fianchi e lo reclamava neanche fosse una sua proprietà. Gli era bastato mezzo video sfocato per fargli salire il sangue al al cervello, e un sorriso smaliziato (che Simone nemmeno aveva rivolto a lui!) a farglielo scendere fin sotto l'intimo. Era nel mezzo, su quel labile confine tra ira ed... eccitazione.
Erano scesi al mare poco dopo pranzo, lui e Vittorio. A stento gli aveva rivolto la parola, nonostante lui avesse ripreso a comportarsi come se non fosse successo assolutamente niente, la sera precedente. Lo teneva per le spalle, gli carezzava la nuca, gli ripeteva ad oltranza quanto fosse bella quell'isola e quanto desiderasse vederne altre ed altre ancora. Magari andiamo a Cefalonia o Zante, la prossima volta! Voglio vedere tutta la Grecia. E la prima risposta che era balenata tra i pensieri intrusivi di Manuel, a quelle proposte tanto euforiche, era stata un se nun me affami prima. Ma non s'espresse a parole, ché già si sentiva eccessivamente maligno.
L'aveva invitato a fare il bagno insieme quasi subito. «Dai, fa caldissimo.» un sorriso dolce ad accompagnare quella richiesta che si ritrovò a declinare, prendendo posto all'ombra su uno dei due lettini fittati. Sollevò il libro che aveva portato dietro, a sottolineare che avesse semplicemente voglia di leggere, e se ne stette a guardarlo da dietro gli occhiali da sole, mentre s'allontanava verso l'acqua con un broncio indispettito.
Si tuffò nel proprio zaino solo quando l'altro fu sufficientemente lontano, a recuperare il cellulare che aveva riposto solo durante il tragitto da casa. Aprì Instagram, questa volta in maniera mirata, cercando prima il profilo di Simone, dove ancora regnava il silenzio quasi a quella serata, il giorno prima, non avesse mai partecipato, poi quello di Luna.
E proprio su quello della ragazza trovò un aggiornamento.
Il cuore alla gola ancora prima di aprirlo, ché una parte di sé anelava spasmodicamente di poterlo rivedere. Pure se si trattava solo di una fotografia.
E fato volle che trovasse esattamente quella ad attenderlo, filtrata in bianco e nero: Simone con i capelli scompigliati e i residui di trucco a segnargli lo sguardo stanco. Era stato preso di profilo, con gli occhi enormi rivolti verso la finestra, la luce naturale a levigargli i lineamenti e una sigaretta infilata tra indice e medio all'altezza delle labbra schiuse. E quel collo niveo ben in mostra, grazie al capo leggermente reclinato all'indietro che enfatizzava una lunga scia di segni a partire da sotto il lobo sinistro. Stette a guardarlo per una manciata indefinita di secondi, col pollice premuto a tener ferma la fotografia. Fu solo grazie a quel minimo di dignità rimastagli che riuscì a trattenersi dal fare uno screen... quello e il fatto che non fosse stato lui l'artefice di un'opera d'arte tanto licenziosa.
Prova a non dire porco, difficoltà estrema.
Recitava la piccola didascalia apposta da Luna al centro del medesimo scatto che si convinse a mettere da parte solo guardare la storia successiva.
Un video, il cui soggetto era sempre Simone, con gli occhi fissi sul proprio cellulare e apparentemente del tutto incosciente della ripresa. Quindi il suo messaggio l'aveva letto... almeno dall'anteprima. Qualche attimo di silenzio, prima che una risatina da parte della ragazza attirasse la sua attenzione. E i suoi occhi furono sulla fotocamera.
Su Manuel, se viaggiava un po' con la fantasia.
Sollevò un angolo delle labbra e scosse il capo, spingendo Luna a ridere ancor più forte. Non era umanamente possibile che un essere umano fosse così bello a seguito di un evidente hangover.
«Stai scegliendo dove portarmi a pranzo? - gli domandò, cercando di affacciarsi sullo schermo del suo iphone senza successo. Simone si ritrasse subito, tornando a digitare. A chi diamine scriveva? - Andiamo a Mergellina? Ho visto che c'è un ristorante greco e voglio provarlo ad ogni costo!» Ed enfatizzò un sacco su quella parola, greco, talmente tanto da mozzare il respiro a lui e da far irrigidire Simone che subito saettò nuovamente su di lei, questa volta a rivolgerle uno sguardo di rimprovero. Scosse il capo, un invito a tagliare a corto che lei accolse con uno sbuffo esilarato prima di chiudere la ripresa.
«Ma che cazzo...» Il sangue a pulsargli nelle tempie e il panico a prender forma in un velo di sudore sulla fronte. Riguardò la storia altre due volte.
Era una frecciatina, quella? Di certo non poteva essere una coincidenza. Eppure lui non aveva postato nulla.
Non che il suo obiettivo fosse nascondergli qualcosa, solo che s'era ripromesso di prendere una decisione effettiva sul da farsi al proprio rientro.
A Vittorio, quella vacanza, in qualche modo gliel'aveva dovuta. Non s'era sentito nella posizione di potergli rifiutare qualcosa. Non dopo averlo lasciato in sospeso con la proposta di matrimonio. Non dopo che lui s'era dichiarato disposto a perdonargli un tradimento. Perché ti amo, Manuel. Ti amo e so che possiamo cadere in piedi, se stiamo insieme.
A Simone invece doveva delle spiegazioni e delle risposte. Ne era consapevole, ma rimandare il confronto era stata la strada più... semplice. Non poteva gestire entrambi contemporaneamente ma nemmeno chiedere al minore di concedergli altro tempo. Da bravo egoista s'era affidato alla speranza che lui capisse e decidesse autonomamente di aspettare. Era sempre stato maledettamente bravo ad interpretare i suoi silenzi, d'altronde. O almeno lo era stato in passato. In quel momento, invece, più lo guardava attraverso gli occhi di Luna, più si convinceva che il suo comportamento fosse il riflesso di dubbi già dissipati. Le sue risposte pareva averle già ricevute, in un modo o...
Puntò gli occhi verso l'oceano, e vide Vittorio ancora tutto intento a sbracciarsi. E quell'aria rilassata, a quel giro, lo fece adirare. Scosse il capo mentre un'idea malsana cominciò a prendere forma e a diventare concreta. S'alzò a recuperare i suoi calzoni, il cellulare nascosto in una tasca.
Conosceva il codice di sblocco, per le emergenze, ma non s'era mai azzardato a controllare le sue attività. Non l'avrebbe fatto nemmeno questa volta, doveva solo accertarsi che quello che stava mettendo su fosse solo un film troppo fantasioso. Fece accesso ad Instagram, puntando direttamente al profilo personale del compagno.
Nessun lucchetto di fianco all'username.
Sentì un brivido freddo risalirgli lungo la colonna vertebrale, la pelle ad accapponarsi di conseguenza. Poi entrò nelle storie. Non ne aveva mai caricate così tante come durante quel soggiorno. All'inizio non v'aveva dato peso, anzi s'era detto che quel modo di fare fosse solo uno dei tentativi di Vittorio atti ricucire ciò che s'era spezzato. Allora perché, perché aveva reso pubblico il suo profilo quando s'era sempre detto contrario? Tirò su, con le dita nervose, a monitorare le visualizzazioni ricevute.
E Luna, che nemmeno lo seguiva, era ovunque: il suo nome presente in ogni singolo scatto e video postato dal compagno in quei giorni.
L'aveva... fatto di proposito?
S'era preoccupato di far sapere a Simone che fosse con lui in Grecia, sottintendendo che Manuel avesse preso una decisione definitiva senza nemmeno preoccuparsi di avvisarlo. Quasi non ne valesse la pena.
E Simone probabilmente s'era scopato un altro per... ripicca? Poteva essere così arrogante da sperare che per lui non avesse significato altro e che fosse stato mosso solo da un sentimento di rivalsa?
Tornò di nuovo al proprio cellulare e in pochi tap la faccia di Simone era di nuovo lì, a scrutarlo dal profilo di Luna. Azzardò un like alla storia, e poi alla seguente decise di replicare. Gli dici di rispondermi? Scrisse velocemente, restandosene ad aspettare in chat che il messaggio venisse visualizzato. No. Una risposta secca, che gli fece storcere il naso e che gli diede anche conferma piena del fatto che lui sapesse.
Sapeva ed era arrabbiato. E come poteva dargli torto?
Mosso quasi dalla disperazione fece capolino su whatsapp, per inviargli un secondo messaggio. Lo so che stai con il telefono in mano, Simò. E profetico fu vederlo online per i secondi che seguirono l'arrivo indicato dalla doppia spunta. 'Mazza, dura parecchio sta terapia. Digitò con maggiore stizza, gli occhi che saettavano continuamente dallo schermo al compagno per assicurarsi che fosse ancora impegnato col bagno. E finalmente il cellulare vibrò in risposta. T'ho già detto una volta che non ho bisogno di scuse per sedurre qualcuno. Lo odiava e si odiava per aver pensato che fosse un manipolatore. No. Simone era solo estremamente consapevole di se stesso, a ragion veduta, e pertanto brutalmente onesto. Così tanto da farlo uscire di testa.
Sei a casa? Gli domandò, quando adocchiò Vittorio fermarsi sulla riva a scambiare dei convenevoli con una donna e la sua bambina. Dove sono io non è un tuo problema. La piccola porse una delle racchette che stringeva tra le mani a Vittorio, e questi l'accettò di buon grado con quel... sorriso da infame stampato in volto. Quante volte l'aveva rivolto anche a lui, senza che se ne accorgesse?
Ci sei se ti chiamo tra cinque minuti? Glielo domandò che già si stava rivestendo. Il compagno, quasi dimentico della sua presenza sulla spiaggia, aveva deciso per davvero di cimentarsi in una partita a racchettoni con la figlia di quella turista. Nemmeno fece caso al fatto che Manuel avesse raccattato alla meglio le proprie cose e rubato le chiavi di casa dal suo marsupio.
Gli arrivò un no a cui lasciò il visualizzato per tutto il tragitto di ritorno verso l'appartamento che l'avrebbe accolto per ancora tre giorni, prima del volo di rientro a Fiumicino. E ringraziò mentalmente Vittorio, per aver suggerito di scendere a piedi, quel pomeriggio, e di intrattenersi nella spiaggia più vicina per ricaricare le batterie. Ci tornò quasi di corsa, in quella casa che, complici le dimensioni ridotte e il problema allo scarico, aveva imparato a detestare fin dal primo istante. Vi si rintanò, l'aria condizionata lasciata in funzione ad accoglierlo gli rinfrescò istantaneamente la pelle cocente.
Nemmeno stette a ragionarci su. Si chiuse la porte alle spalle con tre mandate, il respiro affannato dal passo svelto e dalla calura infernale.
Non diede peso al rifiuto di Simone, inoltrò la chiamata e rimase in attesa, con le spalle premute contro l'ingresso e gli squilli a vuoto ad incrementargli il battito. Un'imprecazione a mezza voce quando a rispondergli fu la voce meccanica della segreteria telefonica.
Simò rispondimi. Ancora un messaggio, ancora una telefonata a vuoto. Sei così impegnato con quello da non avere sessanta secondi per parlare con me?
Sì.
Bugiardo. Rispondi al telefono.
All'ennesima chiamata si degnò d'alzare la cornetta dopo appena uno squillo. «Hai sessanta secondi per davvero, vedi di usarli bene.» E nonostante tutto la sua voce gli strappò un sorriso di sollievo, ché gli era mancata immensamente. Nemmeno s'era accorto di quanto fosse diventato dipendente dalle loro chiamate e dai loro scambi, in generale.
«Ce sei andato veramente?» Non era programmato che gli chiedesse proprio quella cosa. Non era programmato nulla, a dirla tutta. Voleva solo sentirlo e sentirgli dire ancora una volta (quanto era egoista) che non fosse cambiato nulla. Tra loro. Per lui.
«Rettifico, hai trenta secondi.» Che Simone fosse arrabbiato, oltre che scontato era lampante. E nemmeno quella generosa dose di sarcasmo riuscì a mascherare dalla sua voce il rancore che evidentemente stava maturando da giorni e che finalmente aveva la possibilità di rivolgergli.
«Io nun c'ho scopato. Lui voleva, ma non l'ho fatto.»
Simone non rispose subito, se ne stette ad ascoltare il silenzio come se Manuel potesse aggiungere qualcosa da un momento all'altro. Non lo fece, e alla fine il più piccolo si ritrovò a sospirare. «Dal momento che sei comunque con lui in vacanza, mi pare relativo. Cinque secondi.»
«Sei da togliere il fiato in quella foto che ha postato Luna. - glielo disse quasi a ridosso delle sue ultime parole, riuscendo a zittirlo. - Me ecciti da morire, pure se nun so' stato io a ridurti in quelle condizioni.» Il solo pensiero d'altri denti ad affondare nella carne tenera, che meno di due settimane prima lui stesso aveva avuto il privilegio di mordere, gli fece girare la testa.
«Mh, ci sentiamo, okay? - un quesito retorico, freddo e distaccato, che a Manuel fece gelare il sangue. Si lasciò scivolare con la schiena lungo la superficie blu della porta, cadendo seduto contro il pavimento in terracotta. - Anzi, forse è meglio se non ci risentiamo affatto. Fai 'na cosa, cancella 'sto numero. Veramente, questa volta.»
«E t'è piaciuto?» Gli domandò, quasi Simone non avesse appena decretato la fine d'una storia che nemmeno s'erano mai concessi di iniziare.
«...Cosa?»
«Scopartelo. T'è piaciuto?» Era consapevole che avrebbe potuto chiudergli telefono in faccia da un momento all'altro... che stesse osando troppo. Ma non riusciva a fermarsi dal parlare, con quella fame d'informazioni ad infervorarlo. Se solo non avesse visto pure quei maledetti succhiotti a marchiargli la pelle.
«Pure parecchio.» Fu la risposta maligna che si ritrovò ad incassare. Gli parve di ricevere un pugno dritto in faccia, ma con l'impatto meno doloroso dell'aspettativa che s'era creato.
«Parecchio quanto scopare con me?»
«Di più. Il fatto che il giorno dopo non sia scomparso è stato un punto a suo favore. - A Manuel venne naturale lasciarsi andare ad una risatina flebile, che tentò di bloccare portando le dita a tamburellare contro le labbra. - Contento che tu ti stia divertendo.»
Decise di non dare peso all'accusa poco velata che il minore gli aveva rivolto. «E dove te lo sei scopato, Simò?»
«Nel bagno.» Socchiuse gli occhi, incanalando quanta più aria possibile, al fine d'evitare tremori e incertezze nel porgergli la domanda successiva.
«Del locale?»
«Sì.»
«Come?» E a quel punto pure Simone si mise a ridere d'una risata stupita.
«Non sei serio.» Se lo figurò a scuotere animatamente il capo, come faceva sempre quando Manuel riusciva a stupirlo, in positivo o in negativo che fosse.
«Gliel'hai preso in bocca, Simò? Come hai fatto con me? - domandò, la voce che gli si andava arrochendo al solo pensiero di Simone premuto con le ginocchia contro le mattonelle di un gabinetto pubblico e le labbra schiuse pronte ad accoglierlo. Ad accogliere lui, non quel personaggio secondario che millantava d'essersi portato a letto. - Oppure lo hai preso e basta? - continuò, quando percepì, seppure debolmente, il suo respiro rompersi e divenire irregolare. - Magari ti sei fatto prendere tu. - azzardò, le dita della mano libera a scendere dalla bocca al mento per raggiungere la gola e stringersela. Chiuse gli occhi, immaginando che fosse la sua mano a dosare la quantità d'aria che poteva inalare. - Scommetto che piegato sei ancora più bello.»
«...sì.» Una risposta non risposta, del tutto sconnessa. E Manuel lo sapeva, quasi lo vedesse per davvero, che quegli occhi che tanto amava s'erano annacquati in risposta. Se lo immaginava pure con una mano premuta tra le cosce, a cercare un sollievo effimero da sopra i pantaloni.
«Sei con Luna? - gli domandò allora, e se non l'avesse sentito lasciarsi andare ad un singulto, si sarebbe detto certo d'essere rimasto al telefono da solo. - Simò...?»
«È scesa poco fa.» Rispose con qualche istante di ritardo, e Manuel si ritrovò quasi a gattonare, per raggiungere la camera da letto. Neanche Simone lo stesse aspettando proprio, lì, tra le stesse lenzuola che aveva condiviso con Vittorio senza concederglisi neanche una volta.
«E dove sei?»
«Sul divano.»
«Vieni in camera?» gli domandò, lasciandosi ricadere tra le lenzuola con gli occhi ora completamente serrati e la sua voce premuta contro il lobo. Lo sentì muoversi, i suoi passi in sottofondo a suggerirgli che stesse assecondando la sua richiesta.
«Manuel, che stai facendo?» Un sospiro confuso, il rumore delle doghe del letto a riempirgli la testa fino ad ubriacargli ogni pensiero. Si passò una mano sul ventre, lasciando che la maglietta gli risalisse lungo l'addome. E poi oltrepassò la stoffa, vagando con le dita verso il petto fino a sfiorarsi un capezzolo con il pollice.
Un gemito, ad fantasticare con una semplicità inaudita che fosse Simone a toccarlo in quel modo. Proprio come aveva fatto quel giorno in villa: «Me manchi un sacco, Simo...»
«Fammi vedere. - l'ordine irremovibile a fargli spalancare gli occhi sul soffitto immacolato. Il fiato mozzato mentre scendeva guardare il proprio corpo. L'erezione gonfia sotto il costume, a spingere contro il tessuto in lycra. - Voglio vedere quanto ti manco.»
«Simò...-»
«Adesso. - Lo zittì e Manuel scattò, allontanando il cellulare dall'orecchio per aprirne la fotocamera. - Muoviti. - Le dita della mano libera a stringersi il membro costretto, mentre posava per quello scatto veloce che gli inoltrò senza neanche guardarne il risultato. Ché tanto Simone riusciva a farlo sentire sempre bello, il più bello, da non avere alcun bisogno d'applicarsi per concedergli il suo lato migliore. Tutti i lati erano migliori, se lui n'era spettatore. - Quanto mi piace quando fai quello che dico. - gli mormorò quando riportò l'altoparlante all'orecchio, e Manuel s'inarcò, a cercare un debole stimolo contro la stoffa. Il pensiero di Simone a guardare la sua eccitazione attraverso lo schermo di un cellulare ad incendiarlo. - Se fossi sempre così bravo sarebbe tutto più semplice, lo sai?» Lo so, lo so. Hai ragione. Hai sempre avuto ragione.
«Tu...?» supplicò a mezza voce mentre con le dita tremanti andava a snodarsi il costume per farlo scendere lungo i fianchi. Il suono di una risata leggera di Simone a tirargli fuori un lamento insofferente.
«Io non ti mando proprio niente. - si negò, strappandogli uno sbuffo avvilito e un Simo, implorato piano. - Se mi vuoi lo sai dove sto. - gli fece presente, la ripicca a colorargli la voce. - Non ti toccare. - Gli si impose quando Manuel vagò col palmo a cercare la lunghezza riversa sul ventre, quasi potesse vederlo per davvero. E ubbidì, ricadendo col braccio lungo il proprio corpo e finendo per stringere forte le lenzuola al fine di sfogare la tensione . Voltò il capo, la guancia ad affondare nel cuscino per reprimere l'ennesimo gemito. - Succhiati le dita, indice e medio. - e di nuovo si ritrovò a seguire le indicazioni dettate da quella voce seducente senza protestare, inglobando le proprie falangi fino alle nocche. Stette ben attendo a fargli sentire il suono della propria saliva schioccare tra i polpastrelli e l'interno guancia. - Lo vedi quanto sei felice quando mi stai a sentire, Manu? - quel diminutivo a farlo contorcere. - Quanto sei bello... - Si voltò sul lato, i fianchi a dondolare lentamente avanti e indietro alla ricerca d'un minimo d'attrito con le lenzuola sgualcite. - Mi fai vedere quanto sei bello?» Era come in trance, ipnotizzato dalle sue richieste e completamente alla mercé di quel tono basso. Ancora uno scatto, questa volta del volto, con la bocca bagnata di saliva e avviluppata alle falangi e una guancia gonfia neanche stesse praticando per davvero del sesso orale. Attese il sospiro di Simone, a riprova che avesse visualizzato l'immagine, per carezzarsi lungo il mento.
«Voglio succhiare te, Simò...! - gli occhi a scendere sul proprio sesso per osservarne la pienezza, ché così duro non s'era mai sentito. Scattò di nuovo, incentivato dal gemito del minore, per fornirgli una prova di quello che riusciva a fargli unicamente parlandogli. - E ti voglio ingoiare.»
«Che cazzo ci fai lì? - si sentì chiedere. - Quando lo sai pure tu dove devi stare...» Un rimprovero che sentì scaricare direttamente nel basso ventre, donandogli un'ondata di piacere lungo il membro. Si stava forzando a non darsi piacere, ché tanto ormai l'orgasmo era l'ultimo dei suoi pensieri, per il solo gusto di compiacerlo. Voleva soddisfare lui. Dare a lui pure se implicava non ricevere nulla in cambio.
Vagò per la stanza con gli occhi, soffermandosi sullo specchio da terra nell'angolo a destra.
«Dove devo stare...?»
«Con me. Attorno a me e dentro di me. Sotto di me e sopra. Nel mio letto e nella mia vita. Tutti i giorni. Solo con me.»
«Ti stai toccando, Simo? - gli domandò, mentre si forzava a mettersi seduto per sgusciare ai piedi del letto. Non gli rispose. Si sollevò alla meglio la maglietta che ancora indossava e scalciò via il costume. Con le piante nude contro il pavimento, le cosce aperte e un gomito piantato nel materasso, puntò la fotocamera direttamente allo specchio. Un click, e cadde nuovamente disteso, col fiato pesante di cui presto Simone divenne specchio sonoro. - È vero che ti stai toccando?»
«Sì... - gemette. - E tu stai fermo come ti ho detto?»
«Num me so manco sfiorato e guarda come sto.- confermò, concentrandosi per tenere pure i fianchi immobili quando Simone si complimentò con lui. - Se non vuoi non lo faccio.» E lo sentì imprecare tra i denti, gli occhi che gli si gonfiarono d'eccitazione di riflesso alla consapevolezza che si stesse masturbando per lui.
«Fallo. - s'arrese alla fine, e Manuel finì per ringraziarlo con un sì a malapena sussurrato. - Con gli occhi chiusi. - aggiunse, non appena circondò il proprio sesso con un palmo. - E lentamente. - continuò ad istruirlo. - Pensa che sia la mia mano, le senti le mie dita? - annuì, la parola rubata assieme al fiato che rimase incastrato nei polmoni.
«Sì, le tue...»
«Sei bagnato, Manu?» e si guardò, passandosi un pollice sul glande umido per raccoglierne gli umori che copiosi avevano preso a colare pure sulla lunghezza.
«Da morire, da morire...»
«Assaggiati.» Posò il cellulare sul cuscino, di fianco al volto e col vivavoce impostato per avere maggiore mobilità. E le dita bagnate del suo stesso piacere se le portò contro la lingua, per poterle ripulire esattamente come gli era stato richiesto. Aumentò spontaneamente la velocità della mano, il ventre a contorcersi ad ogni ondata che preannunciava l'orgasmo.
«Simò...!»
«Sei buono, vero? - gli domandò suadente, e Manuel gemette ancor più forte, con le dita strette tra le labbra e le altre che avevano ormai assunto un ritmo maniacale. Era vicino... così vicino che si ritrovò a dichiararlo con la voce alta, incurante d'eventuali passanti che avrebbero potuto ascoltarlo attraverso il sottile vetro delle finestre. Sto venendo, sto venendo Simo...! - Fermati.» Glielo impose ad un passo dalla disfatta e lui non poté fare altro che starlo a sentire, seppure con la frustrazione a mangiarselo vivo.
«Che...?»
«Hai detto che non ti toccavi, se te lo chiedevo io. Ti sto chiedendo di smettere. - Suo malgrado allontanò la mano tramante, un ti prego gli si sollevò direttamente dalla gola. - E di non venire.»
«Perché...?»
«Non te lo meriti. - s'abbandonò ad un lungo lamento, la frustrazione di quell'orgasmo negato a fargli strizzare gli occhi. Ché in realtà, se davvero avesse voluto, avrebbe potuto pure prenderselo. Ma se Simone non voleva... - Manu? - si lasciò andare ad un mh? ché la forza di pronunciare altro proprio non riusciva a racimolarla, concentrato com'era sul proprio respiro nel tentativo di regolarizzarlo e recuperare un minimo d'autocontrollo. - Non ci sono andato a letto. Stavo per farlo, ma non l'ho fatto.»
«Lo sapevo già.» Si sentì pronunciare, e Simone rise dolcemente, tanto da coinvolgerlo.
«E che ne sapevi?»
«Nun c'avevi bisogno di portartelo a letto per davvero, pe' farme rosicà. Te bastava farmelo credere. - gli fece presente, fingendo una convinzione che fino a pochi istanti prima non gli era appartenuta affatto. - Era quello che volevi, no?»
«Quanto egocentrismo, Manuel Ferro.»
«Sto a di' cazzate?»
«No. - ammise, suo malgrado. - Che fai? Torni? - Glielo domandò con la voce divertita, in una sua becera imitazione. E Manuel s'addentò il labbro inferiore, andandosi a coprire il volto con una mano. - Ci sta un volo di rientro questa sera alle sette, atterri direttamente a Napoli. Mi bastano due parole e sali su quell'aereo senza spendere una lira, a te ne basta una soltanto e ti vengo a prendere al terminal.» Poteva farlo per davvero? Mollare tutto per raggiungere Simone che ancora stava ad aspettarlo?
«Manuel? - sobbalzò nel sentire la sua voce. Il torpore dell'eccitazione accumulata ad abbandonare velocemente ogni singola cellula del suo corpo, ora improvvisamente in allarme. - Manuel, che ti è preso? Aprì questa porta.»
«Devo chiudere.» Glielo disse che già si stava rivestendo, le lenzuola tirate a coprire il piacere con cui aveva imbrattato quello di sotto.
«Non ti sopporto più. - sentì dire all'altro improvvisamente così serio da fargli venire i brividi. - Vedi di schiarirti le idee, Manuel, che io non ho nessuna intenzione di farti da amante.»
«Manuel, aprimi!» Era più imperioso, Vittorio, con la mano a battere contro l'ingresso. Quasi inciampò nei propri piedi, mentre si portava davanti allo specchio per ravvivarsi i capelli. Aveva ancora le guance accaldate e le labbra gonfie, la sua immagine riflessa altro non era che il risultato del passaggio di Simone nella sua vita. Sconvolto e appagato pure senza un appagamento reale.
«Ti richiamo appena posso, okay?» Cercò d'accordarlo senza alcun successo, gli occhi a saettare da se stesso al salotto.
«Vaffanculo, no.» Era ferito, di nuovo. E la colpa era la sua, ancora una volta.
«Manuel, apri questa porta, dannazione.» Sobbalzò all'ennesimo colpo.
«Mi dispiace. Ti richiamo tra poco.» E la risposta di Simone nemmeno l'attese a quel giro, ritrovandosi suo malgrado a chiudere la chiamata e a ricacciare il cellulare nella tasca del costume. Attraversò la stanza con le cosce ancora molli, il cuore a mille, e poi girò la chiave nella toppa per aprire casa. S'introdusse come una furia, il più grande, gli occhi nei suoi ad incenerirlo col solo sguardo.
«Che cazzo ti passa per la testa? Perché sei tornato qui senza avvisarmi? - era alterato, ma Manuel lo era di più. - Il tuo cellulare risultava occupato, me la dai una spiegazione?»
«Tu perché hai reso pubblico il tuo profilo Instagram?» Gli domandò di rimando, cogliendolo in contropiede. Lo capì dal modo in cui sgranò le palpebre che non s'aspettava di ricevere un quesito di quel tipo. In particolar modo perché Manuel l'aveva formulato come un'accusa.
«Mi andava di farlo, qual è il problema?»
«Ti andava di farlo? Dopo che hai rotto il cazzo per secoli te e la tua fottuta privacy? - sollevò un sopracciglio. - Non hai altro da aggiungere?»
«No. - Manuel scosse il capo, e poi gli diede le spalle, puntando alla camera da letto. Sentì i suoi passi battere contro il pavimento, mentre gli andava dietro. - Che stai facendo?» Gli chiese nel vederlo recuperare la valigia per aprirla sul letto.
«Me ne torno a casa.» Stava già buttando dentro le sue cose alla rinfusa, quando l'altro gli si avvicinò e gliela richiuse.
«Per Instagram? - si mise a ridere e Manuel in risposta si rabbuiò ancor di più. - Spero tu stia scherzando.»
«Volevi che Simone vedesse quelle cazzo di storie, no?» Vittorio spinse la valigia lontano dalla sua portata, avvicinandoglisi di ancora un passo per poterlo fronteggiare. Non indietreggiò, ma si ritrovò comunque a rabbrividire. Niente a che vedere con i brividi che gli faceva provare i primi tempi.
«Stavi parlando con lui?» V'era minaccia nel tono, quanto nella mascella contratta e nei pugni chiusi.
«Sì.» E all'improvviso fu preso dalla voglia matta d'urlargli contro che non ci stava solo parlando. Se l'era scopato, esattamente come se lo scopava ogni volta che chiudeva gli occhi e si dava piacere da solo, da quando l'aveva rivisto. E pure che sì, se ne sentiva colpevole, talmente tanto d'aver accettato di partecipare a quella gita fuori porta a dispetto d'ogni sua reale volontà.
«Perché? Perché cazzo stavi parlando con quello stronzo?»
«Perché mi mancava! - lo disse con l'esasperazione a rompergli la voce. - Perché a me Simone mancherà sempre e perché non importa quanto provi a tenerlo lontano, in un modo o nell'altro finirò per cercarlo ancora e ancora. Sono innamorato di lui e nun ce posso fa' niente, Vittò. - scosse il capo. - Qui nun ce dovevo manco venì, - si scostò quando lo vide allungare una mano, e scosse il capo mentre si sottraeva alla sua presa. - Non ti posso sposare.» E furono le parole più liberatorie che avesse mai pronunciato. Una soddisfazione ancor più grande del primo coming out, se possibile, tanto da gonfiargli gli occhi di lacrime.
«E tu credi veramente di potermi mollare così? - gli domandò basso. - Dopo tutto quello che ho fatto per te mi lasci per il coglione che non sei riuscito a scoparti da ragazzino?» Stava sorridendo e Manuel, per la prima volta da quando lo conosceva, ebbe paura di lui. Proprio per quel motivo sollevò le braccia, quando con la schiena toccò la parete alle proprie spalle, seguendo l'istinto di difendersi da un colpo che non arrivò mai. Gli bloccò i polsi con un palmo, però, e per lo spiazzo non riuscì a reagire nemmeno quando con la mano libera s'infilò nella tasca del suo costume a sottrargli il cellulare.
«Che cazzo fai? - E la risposta fu uno spintone che lo fece ricadere seduto sul materasso. Gli girò la testa e non ebbe la prontezza d'alzarsi immediatamente per inseguirlo. - Vittò, che cazzo stai facendo? - Ripeté quando lo vide ripercorrere i propri passi per abbandonare la stanza. Riuscì a scattare in piedi solo nel momento in cui capì che lo stava chiudendo tra quelle quattro mura, ma la porta riuscì a raggiungerla solo quando sentì il click della serratura fendere l'aria. S'avviluppò alla maniglia, prendendo a strattonarla, col respiro sempre più veloce. - Vittorio, apri. Apri 'sta cazzo de porta!»
«Ti sto solo dando il tempo di pensare, Manuel. Non voglio che tu prenda decisioni avventate. Lo sai che ti amo.» Lo sentì dire, la voce nuovamente tranquilla, ora che l'aveva deprivato di qualsivoglia forma di libertà. E di comunicazione, pure, quasi sapesse che Simone gli aveva promesso che sarebbe andato a prenderlo, se solo gliel'avesse chiesto. E adesso che non poteva nemmeno sentirlo lui avrebbe dato di nuovo per scontato che si stesse tirando indietro. Che lo stesse rifiutando.
«Mi ami? - Diede un pugno alla porta, e un altro e un altro ancora, fino a sentire le nocche intorpidirsi. - Me affami e me chiudi in una stanza! Questo è amore? Apri, Cristo santo!» L'ennesimo colpo contro il legno rigido e la pelle cedette di rimando.
«Non ti agitare, sei solo confuso. Ti apro appena torni lucido e presente a te stesso..» Lo informò con naturalezza, e Manuel si ritrovò con le guance rigate dalle lacrime.
«Aprimi! Aprimi, Vittò, ti prego. - Urlò più debolmente, mentre lo sentiva ciabattare dall'altro lato, del tutto incurante delle sue suppliche. E dopo avvertì il rumore del portone d'ingresso aprirsi e richiudersi. Gli risuonò al centro del costato. Devo prendere l'aereo. Poi il silenzio, a riconferma del fatto che l'avesse lasciato da solo. Un singhiozzo, mentre s'abbandonava con le spalle contro la porta e scivolava verso il pavimento. - Devo tornare da Simone...»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top