I'll keep you satisfied

Aveva sperato che il loro rientro in Italia potesse portare un minimo di serenità, complice il fatto che Manuel avesse passato tutto il viaggio di ritorno in uno stato di dormiveglia, con la tempia adagiatagli sulla spalla e con le dita ad intrecciarsi pigramente con le sue. Simone dubitava che Vittorio avesse detto il vero, sostenendo d'aver denunciato alle autorità la sua scomparsa, visto che alla presentazione dei documenti del più grande in aeroporto nessuno s'era azzardato a batter ciglio. S'erano imbarcati senza problemi e allo stesso modo erano atterrati, nel giro d'un paio d'ore e col rinnovato ausilio del responsabile del minore, sul suolo partenopeo.

Se l'era portato nell'appartamento che condivideva con Michela, dove ad accoglierli con un rimprovero e un abbraccio colmo di sollievo, avevano trovato Luna. Proprio come promesso era rimasta a casa di Simone, a prendersi cura della gatta, in attesa del loro rientro. Ché lei, come ci tenne a specificare più e più volte quella sera stessa, aveva sempre avuto l'assoluta certezza che sarebbero tornati insieme. In tutti i sensi.

Manuel non le aveva risposto, limitandosi ad accennare un sorriso con gli occhi bassi, esattamente come non s'era azzardato ad aprir bocca in replica alle occhiatacce inquisitorie che Luca s'era permesso di rivolgergli quando aveva portato delle pizze affinché si rifocillassero.

Simone dovette premurarsi di rimproverarlo successivamente e in separata sede, guadagnandosi in risposta degli sbuffi e dei ragguagli che scusa se non mi fido di lui, eh! Una giustificazione che, lo sapeva perfettamente, trovava radici in un affetto di cui si sentiva immensamente grato. Solo che non aveva bisogno d'essere protetto, perché bastava che fosse lui a fidarsi di Manuel. E lo faceva. Ciecamente e immensamente.

Solo che Manuel, nei pochi giorni che trascorsero in quella casa, divenne distante, sempre pensieroso e con le unghie perennemente alla bocca. Smise di baciarlo e di provocarlo benché dormissero insieme, passava un sacco di tempo sotto la doccia e a stento mangiava. Poi, verso sera e sempre allo stesso orario, prendeva un lungo respiro, si chiudeva nella camera da letto di Simone e telefonava a sua madre simulando un tono allegro e fingendo che andasse tutto bene.

«Io sono ancora in ferie. - gli disse la terza sera, quando Manuel lo raggiunse a letto, dandogli subito le spalle. - E se tornassimo a Roma?» Ché inconsciamente aveva sperato fosse Napoli a causargli quel malumore e s'era convito che tornare in un posto caro ad entrambi non avrebbe potuto che giovargli. Però non si mostrò entusiasta quanto Simone s'era ritrovato a sperare.

«Per me va bene.» Sussurrò al buio e il più piccolo s'azzardò a strisciare nella sua direzione per cercare un contatto, seppur minimo. Un sospiro di sollievo nel non sentirlo ritrarsi alla carezza che dedicò al suo braccio.

«Possiamo andare in villa.» Aggiunse, per non abbandonare quella che solo all'apparenza poteva sembrare una conversazione.

«Okay.»

...

Ma Roma non fu d'alcuna utilità.

Persistette a mandare avanti quella routine, scandita da silenzi, a cui s'aggiunsero lunghe passeggiate in giardino e vagheggiamenti per la casa nelle ore notturne. Lo conosceva a sufficienza da sapere che stesse pensando. Manuel si chiudeva a riccio, quando si convinceva d'essere alle strette, e diveniva evasivo. Giorno dopo giorno, cominciò ad abituarsi al pensiero che una mattina o l'altra si sarebbe svegliato e non l'avrebbe trovato in casa. D'altronde l'aveva sperimentato sulla propria pelle l'effetto dei sui crucci. Conosceva meglio di chiunque altro la risposta che Manuel rifilava alla paura.

Eppure si svegliava ed era sempre lì, rientrava dal supermercato e non s'era mosso dal punto in cui l'aveva lasciato prima d'uscire: alle volte raggomitolato sul divano, altre seduto sul davanzale a guardare oltre la finestra, altre ancora con le gambe penzoli a bordo piscina.

«Manu, - si chiuse la porta della propria stanza alle spalle, la persiana calata quasi del tutto a causarne la penombra. Gli rivolgeva la schiena, il maggiore, con l'aria condizionata puntata direttamente addosso per combattere la calura generata tanto dalla bella stagione quanto dalle lenzuola in cui s'era aggrovigliato. E rimase in posizione, senza accennare ad alcun tipo di movimento, quasi non l'avesse sentito. Simone sapeva perfettamente che fosse sveglio, lo capì dal respiro irregolare che s'arrestò nel sentire la sua voce è dall'improvvisa rigidità che conseguì nel silenzio dell'attesa che gli concesse. Fu cauto nell'avvicinarglisi e altrettanto delicato nel carezzargli la nuca. - Vuoi pranzare? - uno spostamento indefinito degli arti che dovette interpretare come un no. S'abbassò a baciare il medesimo punto, approfittandone per avvicinarsi al suo orecchio. - Okay. - non voleva forzarlo. - Cucino qualcosa e te lo lascio per dopo allora.»

Fece per allontanarsi e uscire dalla stanza, con quel peso sullo stomaco che da giorni si portava dietro a divenire un vero e proprio macigno. Forse per quello sobbalzò, nell'avvertire la sua mano circondargli il polso. Si voltò di scatto, ritrovandoselo ora con le palpebre spalancate e le iridi tremanti a guardarlo dal basso, colme d'una preoccupazione che, ne era certo, si rifletté alla medesima maniera pure nelle sue. «Puoi stare un po' con me?» Gli domandò, roco d'una stanchezza mentale, finendo per tirarlo così da enfatizzarne la richiesta. E Simone si prese qualche istante, nei pensieri e nella contemplazione d'un viso che seppur triste amava follemente, prima di rivolgergli un cenno affermativo. Fece il giro dei due letti uniti, sfilandosi le pantofole per gattonare dal proprio a quello di Manuel.

«Fa freddo qui dentro, posso spegnere? - gli chiese, ma non attese una replica. Mise il condizionatore in pausa, per evitare che s'ammalasse in maniera tanto sciocca, e si lasciò cadere disteso al suo fianco. - Ti va di parlare un po' con me? - Manuel scosse le spalle, con incertezza, stringendosi ancor di più tra le coperte. - Possiamo anche starcene zitti, se preferisci.»

«Non saprei cosa dire...»

«La prima cosa che ti passa per la testa.»

«Non so che fare. - biascicò flebile. - Me pare de nun averne azzeccata mezza nella vita. - Simone rimase zitto ad ascoltare gli sbuffi tra una frase e l'altra, quasi gli stesse costando una fatica immane pronunciarsi in quei termini. - Nun c'ho manco più un lavoro. Che glie dico a mi' padre, Simò? Manco Viola sa un cazzo... probabilmente s'aspetta l'invito al matrimonio da un momento all'altro ed io nun c'ho il coraggio de arzà er telefono pe' dille che 'n c'avevo capito un cazzo. - una risatina avvilita a seguitare quell'ammissione. - Come se nun fossi già er disastro de casa.»

«Guarda che non deludi nessuno.» E come avrebbe potuto, quando amarlo era così facile?

Ma parve non sentirlo nemmeno, perso com'era in quel flusso di coscienza a voce alta. Stava semplicemente verbalizzando quello che, probabilmente per giorni, aveva maturato e covato con angoscia. «Con quale faccia vado da mi' madre...? - s'addentò il labbro inferiore. - Quella me l'aveva pure detto che forse nun era 'na buona idea annà in Grecia co' quell'altro. E mica la so' stata a sentì, 'n glie do mai retta. - gli si spezzò la voce. - Come glielo spiego? Come glie spiego 'sto taglio in faccia? - finì per coprirselo, quasi se ne vergognasse immensamente, ora che l'aveva nominato. - So' giorni che ce sto a ragionà su, e lo sai cos'è venuto fuori? - Simone scosse il capo. - Che gli indizi c'erano pure! Avrei dovuto accorgermene anni fa, Simò! Se semo rilegati in quer paese de merda co' du' conoscenti messi in croce, niente figli pe' nessun motivo apparente e 'na proposta di matrimonio avanzata solo pe' incastrarmi. Se nun t'avessi incontrato di nuovo non me l'avrebbe fatta, c'ha avuto paura perché stava a perdé er dominio sulla vita mia. - sbuffò dal naso. - Un potere che gli ho dato io, come un coglione. Cristo, me la so' cercata proprio.»

«Ma che dici? - s'arrabbiò nell'udire quelle parole, e gli tirò via il polso, trattenendolo tra le proprie dita. - Non è colpa tua.» S'agitò ulteriormente, Manuel, lo sguardo oltraggiato quasi Simone lo stesse prendendo in giro.

E tentò di ritrarsi, ma il più piccolo glielo impedì, avvicinando le sue nocche alle labbra per baciarle una ad una. Un po' riuscì ad addolcirlo, ma tempo d'arrivare al mignolo che immediatamente attaccò di nuovo. «Se almeno quando me l'hai chiesto fossi rimasto con te-»

Ne interruppe il delirio, più deciso. «Non è colpa tua, Manuel.» E non ammetteva repliche, né tollerava che il moro potesse continuare a seguire quel deleterio filone di pensiero a cui aveva deciso d'aggrapparsi per rispondere a dei perché che in realtà non lo riguardavano per davvero. Se ne stette zitto, a centellinare quell'affermazione e Simone sperò stesse tentando di farla propria.

«Se me resta er segno?» Riprese, trattenendo il fiato.

Il corvino allungò la mano libera, per carezzarlo proprio sotto la ferita che stava lentamente cicatrizzando. «Non resta.»

«Non puoi saperlo. - scosse il capo, con la pretesa d'avere una risposta differente. - Se resta?»

«Se resta sei bellissimo lo stesso. - mormorò, per poi correggersi nell'immediato. - Ancora più bello, anzi. - e lo vide alzare gli occhi al cielo, ché probabilmente quelle parole le aveva scambiate per un vano tentativo di consolazione. Una frase di circostanza, come se Simone ne avesse mai usate per rivolgersi a lui. - Perché c'hai sulla pelle una minuscola dimostrazione di tutto quello che sei.»

«Uno che fracassa le finestre per scappare dallo psicopatico che si scopava? - gli domandò retorico, causandogli inevitabilmente una smorfia di fastidio. - E c'ho pure pensato quanno m'ha chiesto de sposarlo, 'n ce posso crede'.»

«Uno che non si arrende e che è capace di farsi in quattro per raggiungere un obbiettivo. Pure quando pensa di essere solo.» Nonché uno dei tanti motivi per cui Simone s'era innamorato così profondamente e perdutamente di lui. Lo sentì rilassarsi e capì d'aver usate le parole giuste, pertanto si lasciò andare ad un sorriso leggero che l'altro ricambiò per mezzo istante.

Poi si rabbuiò di nuovo. «Me pare d'ave' perso er controllo su tutto.» Gli confessò, la voce ridotta ad un sussurro e le lenzuola di nuovo a coprirlo fin sopra il capo. Sbucavano solo i suoi occhi, grandi d'un terrore che a Simone mise i brividi.

«E pensi sia così necessario avere sempre il controllo su tutto, Manu? - fu la domanda che gli rivolse di rimando, strisciando lentamente nella sua direzione per raggiungerlo sotto quel giaciglio afoso. Ancora uno scossone a palesare l'incertezza d'una risposta. - Non fa niente se per una volta lasci fare agli altri, lo sai?» Se lasci fare a me. Mi prendo io cura di te, sempre.

«Nun fa per me, a lungo termine m'avvilisco.»

«Prenditelo, allora. - gli sussurrò pianissimo, riagguantando la sua mano per trascinarsela contro il petto, all'altezza del cuore dove l'organo batteva velocissimo di riflesso alla vicinanza tra i loro corpi. - su di me.» Specificò, ma lo vide comunque aggrottare le sopracciglia e corrucciarsi.

«Che... - le sue dita a fremergli fra petto e palmo. - cosa?» Quell'ultima parola, tutta interrogativa, la disse quasi fosse un segreto. E se solo non fosse stata così lasciva, la proposta che Simone gli stava avanzando, sarebbero sembrati due bambini alle prese con un fortino mal riuscito.

«Il controllo. - deglutì, e Manuel fece altrettanto, sgranando impercettibilmente le palpebre. - Tutto quello di cui hai bisogno. - continuò, allentando la stretta a dimostrazione di quanto realmente fosse disposto a concedergli. - Io sono tuo. Sempre. - promise, lasciandosi carezzare piano la guancia con gli occhi alti nei suoi. - In qualunque modo tu voglia.» Il maggiore parve ridestarsi, con una luce carica di meraviglia a rinvigorirgli la bell'ambra che gli colorava lo sguardo. Pure il respiro gli si bloccò, questa volta in maniera dolce, quasi il tempo si fosse dilatato fino a fermarsi al cospetto di quello scambio.

Parve rifletterci, Manuel, prendendosi qualche attimo per scrutare poter scrutare il suo viso; Simone, dalla sua, rimase immobile e in attesa. Si sarebbe fatto andar bene qualsivoglia tipo di reazione. Addirittura un po' s'aspettava che Manuel si rigirasse, restituendogli la schiena per piombare nuovamente nello stesso silenzio a cui sera relegato nei giorni precedenti.

Forse furono proprio quell'erronee aspettative a farlo sobbalzare, quando il maggiore tirò via il sottile strato di cotone per liberare le loro teste da quel rifugio infernale. Sempre con lo sguardo fisso nel suo, lo intravide deglutire e farsi avanti il giusto d'averlo a portata di bacio. Gli venne naturale andargli incontro, per portare a compimento quel contatto, ma la mano di Manuel si posò su suo mento per interromperne l'avanzata. Scosse piano il capo, senza proferire alcuna parola di rimprovero. Ma fu comunque sufficientemente imperativo, con la forza che impresse nella sua carne e con l'occhiata che gli riservò, da immobilizzarlo.

Strisciò verso l'alto con i medesimi polpastrelli a lambire il contorno del suo volto, disegnandone gli zigomi, il naso, la mascella e infine il perimetro delle labbra. E proprio su quest'ultime fece pressione, delicatamente, ad accertarsi della veridicità di quanto proposto dal corvino. Quando Simone le schiuse in replica, caricò con forza per affondarvi. Indice e medio premettero avidi sulla lingua, scivolando fino alla gola e ritorno. C'aveva le iridi puntate direttamente in quell'antro umido e bollente, con le pupille nere a fagocitarne il bel colore in cui Simone s'era perso e ritrovato ora e anni orsono. Il più piccolo si limitò ad assecondare la pretesa di quelle spinte, che un po' andarono a deprivarlo del respiro e un po' a premere contro l'interno guancia per gonfiarglielo nella simulazione d'un amplesso orale.

«Tutto, mh? - gli chiese in un sussurro bassissimo, spingendolo ad annuire di muto entusiasmo. - Apri bene la bocca, - pigolò, sciogliendosi finalmente in un flebile sorriso. Simone voleva scaturirne altri e altri ancora, così si mostrò ubbidiente e seguì alla lettera le sue istruzioni. - ancora un po'... - lo incitò, aggiungendo una terza falange che venne accolta con un singulto bagnato. Il suono umido della saliva parve osceno finanche alle proprie orecchie, così tanto da fargli avvertire una scarica di piacere che finì per scaldargli lo stomaco. - Così... tira fuori la lingua. - Adempì pure quel comando, senza smettere di guardarlo. Poi Manuel si ritrasse pochissimo, facendogli dondolare la mano umida all'altezza della bocca che rimase aperta. - Leccale. - vi si avventò con fame, vezzeggiandole esattamente come gli aveva ordinato e bagnandole una ad una con certosina precisione. - Perché sei così bravo co' 'sta bocca? Mh, Simò? Me lo spieghi? - Non si permise di rispondere, per non interrompere il lavoro che gli era stato affidato. Ma a Manuel non parve piacere quel silenzio, che subito si rabbuiò, spingendolo il minore a sorridere di malizia. Venne punito per quell'azzardo, e medio e indice furono di nuovo in fondo alla sua gola, a solleticargli l'ugola fin quasi ai conati. - Succhia. C'hai un talento, quindi tanto vale sfruttarlo, no? - Come fosse possibile che non si rendesse conto quanto quel talento, come lo chiamava lui, fosse condiviso, Simone non riusciva a spiegarselo. Ché a lui era bastato veramente lasciarsi cullare da quella voce arrochita, dai quegli ordini perentori e dal quella pretenziosità nel profanargli la bocca, per ritrovarsi col sesso teso sotto la costrizione dell'intimo. Manuel si ritrasse, a discapito d'un suo lamento. - Rispondi.»

«Devo assolutamente sfruttarlo. - Ansimò, scattando in avanti per riprendere da dove s'era interrotto. Non glielo permise. La mano asciutta andò ad aprirsi tra le sue ciocche, tirandogliele indietro a partire dall'attaccatura dei capelli sulla fronte. Un sibilo accompagnò il collo costretto improvvisamente all'indietro. Ne fu estasiato e si preoccupò di sottolinearlo con una risata aperta che al più grande fece digrignare i denti di riflesso. - I talenti vanno assecondati.» Lo provocò, ché Simone sapeva essere docile... ma con riserva.

«Solo con me? - Volle sapere, avvicinandosi con le labbra alle sue nella tacita promessa d'un bacio a risposta corretta. E per reclamare il proprio premio si ritrovò ad annuire animatamente, allungandosi di nuovo col collo per tentare di far collidere le loro bocche. Manuel, crudele, si permise di negarsi, sollevando il mento per scansarlo. - Solo con me, Simò? Me lo devi dire. - piegò il capo di lato, facendo a malapena sfiorare le punte dei loro nasi. - Dimmi che vuoi scopare solo con me. Che vuoi solo me.»

«Non ho mai voluto scopare con nessun altro. Non ho mai voluto nessun altro. - Parve soddisfatto, dal ghigno che gli rivolse, e Simone decise d'animarlo ancora. - Solo te. In ogni modo. E non posso credere di non essere più costretto a chiudere gli occhi per immaginarti nel mia vita e nel mio letto. - e subito si corresse. - Nel nostra vita e nel nostro letto.» Uno strattone vigoroso ai capelli per attrarlo a se e coinvolgerlo in un bacio famelico e a bocca aperta, tutto denti e morsi. V'era urgenza nei suoi movimenti, smania nel modo in cui gli si avvinghiò, tirandoselo addosso per il collo e stringendoselo pure con una coscia. Una lappata languida al mento, per raccogliere con la lingua i residui di saliva che v'erano colati, e di nuovo gli s'immerse in bocca, a bersi e a fargli bere quella dolcissima serie di mugugni che avevano preso ad intonare in simultanea. E Simone, ne era certo, non aveva mai ascoltato niente di così erotico.

Si lasciò spogliare, pure se tutta quella fretta lo spinse ad imprecare. Lui che durasse quanto più a lungo possibile, Manuel invece era avido oltre ogni immaginazione. In circostanze differenti l'avrebbe fatto dannare, ritardandone il momento fino a fargli patire tutta quella cupidigia. Si sarebbe assicurato che il sesso gli facesse male, male per davvero, prima di iniziare anche solo a pensare di concedergli un minimo. E l'avrebbe costretto a rimandare l'orgasmo, ancora e ancora, finalmente alle lacrime.

Ma s'era ripromesso e aveva giurato al maggiore che se ne sarebbe stato buono, ad assecondarlo senza alcun tipo di protesta o pretesa. Desiderava disperatamente dargli tutto quello che anelava. Tutto quello di cui sentiva aver bisogno. Se gli avesse chiesto d'usare solo la bocca gliel'avrebbe concessa senza pause e interruzioni, e poi si sarebbe bevuto il suo seme fino a ripulirgli il membro. Perché era mio...!

Scattò con i fianchi in avanti quando percepì l'erezione di Manuel sfiorare la propria. La ricerca d'attrito ad vivacizzare i movimenti che divennero via via più sconnessi, col sol fine di bearsi d'un minimo di sollievo. Manuel lo lasciò fare per secondi, minuti interi forse, frapponendo tra i loro stomaci la mano bagnata ad unire i sessi in un'unica e simultanea concessione di piacere. Così, così Manuel...! Si ritrovò ad incitarlo tra un bacio e l'altro, con i respiri spezzati a mischiarsi in uno soltanto. Si perse a guardare i loro piaceri scomparire in quella stretta svelta, gli umori a mischiarsi fino a diventare indistinguibili e Sei bravo, sei bravissimo. Ché lo sapeva quanto piacere gli facessero i complimenti, glielo leggeva in quel velo d'acqua che andava ad appannargli lo sguardo a ciascuna lode. Bellissimo, perfetto, mio... solo mio. Manuel, sei solo mio, hai capito?

Non lo degnò d'una risposta e in prima istanza Simone credette d'aver sbagliato qualcosa quando sentì la sua presa farsi più morbida e i suoi affondi meno decisi. Gli occhi corsero svelti a cercar indizi in ogni angolo del suo viso, acquietandosi solo quando riuscì a scorgere un mezzo sorrisetto soddisfatto.

«Girati. Girati, Simò... - lo voce eccitata a colargli sulla pelle, liquida e cocente come lava pronta a marchiarlo. Ne esaudì la richiesta, lasciandosi prendere per i fianchi e maneggiare affinché lo aiutasse a rigirarsi tra l'impedimento delle lenzuola e il caldo asfissiante che lentamente riprendeva possesso della stanza. Alla fine il più grande snudò letto e corpi da quello strato sottile di cotone e poliestere, accompagnando il gesto con un sbuffo infastidito e lasciando che quel groviglio informe e madido di sudore rovinasse al pavimento. Velocissimo ritornò a stringergli la carne, un palmo aperto a lisciargli il ventre, risalendo di nuovo verso la bocca per pretendere un'altra generosa dose di saliva. - E tu sei mio. - Ricambiò, finalmente. Un bacio alla nuca, per assaporare la patina salmastra di cui era velata, poi lasciò andare le sue labbra per scendere a carezzarlo tra le natiche. - Mio, mio, mio. - Cantilenò, girandogli dolcemente attorno all'anello di muscoli per lubrificarlo. - Dillo.» Una supplica, o forse un ordine, che gli graffiò la conchiglia dell'orecchio tanto gli venne fuori raschiante. Reagì spontaneamente, con i muscoli a contrarsi contro i suoi polpastrelli per reclamarli.

«Tuo. - ansimò, e Manuel parve volerlo gratificare, penetrandolo dolcemente con il solo medio. Inarcò la schiena, Simone, venendogli incontro col bacino per sottolineare che così gli andasse bene. - Sono tuo.» Una seconda spinta, più decisa, e fu dentro fino alla nocca.

«Ancora, - quella singola falange s'arcuò verso l'alto pigiando direttamente sulla prostata, quasi Manuel conoscesse preventivamente ogni singolo anfratto del suo corpo. Inevitabilmente una scarica di godimento gli percorse la spina dorsale e Simone si ritrovò costretto a soffocare un grido nel cuscino. Un po', e distrattamente, si sentì uno sciocco. Ché lui e Manuel mica erano degli adolescenti nascosti in camera. Quella casa, poi, non era più alla mercé di chiunque. Pertanto, benché proprio come due ragazzini, si fossero rintanati nella camera che aveva custodito le loro immature confidenze, preferendo due letti singoli uniti in malo modo ad un più comodo matrimoniale, potevano permettersi d'urlarlo quell'amplesso. Ormai più nessuno badava a loro. - dillo ancora una volta. Dillo più forte.» Manuel, che si sintonizzava sempre così abilmente con i suoi pensieri, pareva reduce da un ragionamento non dissimile che l'aveva condotto alla medesima conclusione. E difatti pure la sua voce s'alzò esponenzialmente, a dimostrazione che potessero farlo per davvero. Proprio lì, dove s'era perso ad osservare il suo assopimento un numero di volte imbarazzante, cercando di farselo bastare.

Premette sul coccige, affinché s'esponesse ulteriormente. Simone divenne creta tra le sue mani, malleabile e rilassato. «Solo tuo. - affermò e si contrasse, per imprimere a fuoco la falange contro le pareti del proprio corpo, e poi rilasciò con un respiro tremante.  - Di più, di più.» Preghiere sconnesse, forti, seguitarono l'aggiunta dell'indice. E ad esse s'unirono le lacrime che gli annacquarono la vita d'una soddisfazione che pareva irreale. Ché Manuel non l'aveva preso in quel modo mai, e a lui pareva si stessero concedendo una seconda prima volta.

Gli tirò i capelli per farlo inarcare ancor di più, la lingua a percorrergli la giugulare e i denti ad affondare ovunque nel chiaro tentativo di lasciare quanti più segni possibili. Tutti in zone esposte, affinché quei marchi potessero concedergli l'agio d'avocarsi un diritto di proprietà. «Mi vuoi dentro di te, Simo? - E col sesso durissimo, nel mentre, si premurava pure di spingerglisi contro la natica, nella prepotente dimostrazione di tutto quel bisogno che stava trattenendo per concedergli il tempo d'abituarsi alla sua presenza. - Dimmi che posso, dimmi che mi vuoi... ti prego, - quanto amava sentirlo supplicare. - voglio sentirtelo dire. - Il che gli venne fuori fu sottilissimo, troppo perché Manuel, nelle condizioni in cui riversava, potesse sentirsene soddisfatto. - Non così. Chiedimi di prenderti.» Era madido, il petto del moro, e si muoveva velocissimo contro la sua schiena.

«Scopami, - e le dita di Manuel uscirono dal suo corpo, lasciandogli addosso un temporaneo senso d'insoddisfazione. - Prendimi. - continuò, sentendolo armeggiare con il sesso turgido, che in pochi secondi sentì bollente scivolargli tra le natiche. Un fremito d'aspettativa, quando gli carezzò l'entrata con la punta inumidita d'umori e saliva. Simone scese in automatico tra le proprie cosce strette, ad afferrarsi il membro per concedersi qualche carezza. - Fammi l'amore, Manuel.» E il maggiore ne fu animato, che fulmineo gli scacciò via la mano, finendo per torcergliela e bloccargliela dietro la schiena. Un nun t'azzardà soffiato al lobo, e una spinta per penetrarlo. Simone stette attento ad ammorbidire immediatamente i muscoli, nonostante un primo naturale irrigidimento. E l'altro attese paziente fin quando non percepì la possibilità di iniziare a spingere senza causargli troppo fastidio. Pure se, vista la situazione, a Simone non sarebbe dispiaciuto affatto un po' di dolore. Ché n'avrebbe segnato il momento e la presenza di Manuel nel proprio corpo.

«Me fai male per quanto sei stretto. - si spinse a fatica nel suo corpo ancora una volta, per entrargli dentro del tutto. Perché così non lo faccio mai... mai. Simone gemette forte di rimando, supplicandolo con un farfuglio di muoversi, di fare qualsiasi cosa, ti prego. Un affondo più deciso, quelle confessioni ad eccitarlo ulteriormente. - Me fai male per quanto sei bello. - E un altro ancora, alla ricerca d'un ritmo meno disordinato. il più piccolo s'ammutolì, quando i movimenti di Manuel divennero precisi e cadenzati. - Me fai morì.» Non riuscì ad esprimersi che con dei gemiti sconnessi e mugugni che descrivevano tutto e niente di quell'amplesso. Ogni stoccata era un colpo solerte alla sua prostata, alla quale s'unì una speculare stimolazione al membro. La mano di Manuel a scorrere avanti e indietro sulla sua lunghezza, per regalargli sollievo. Di riflesso a quelle sollecitazioni gli si annebbiò sempre di più la mente, il corpo che pareva muoversi da solo, guidato dall'istinto a ricorrere il più nefasto dei piaceri.

«Più forte... fammi l'amore più forte!»

«Dì il mio nome. - si sentì chiedere, la sua voce ad arrivargli come una eco lontanissima. - Chiama il mio nome.» Pretese, divenendo sempre più sconnesso.

«Manuel!» Ma non venne premiato, benché fu lesto di risposta. Il maggiore abbandonò la sua lunghezza, per stringergli le guance e costringerlo ad una torsione del collo per avere a disposizione il suo viso. Il tutto per reclamare i suoi occhi.

«No.» Lo rimproverò e Simone dovette concentrarsi a dismisura, per leggere nel suo sguardo cosa realmente desiderasse sentirsi dire.

«Manu...» Sollevò un angolo delle labbra, concedendogli poi una spinta più generosa e un bacio bagnato che finì per strappargli l'ennesimo gemito.

«Quasi. - era bellissima la sua voce tutta affannata, d'una dolcezza del tutto in contrasto col morso che gli rifilò immediatamente dopo, per castigo e direttamente alla gola. - Ritenta. - Ma l'euforia lo rendeva del tutto ebbro, incapace di formulare ragionamenti lucidi. Si perse sotto le sue spinte, rovesciando gli occhi all'indietro col piacere che s'irradiava ad ondate a partire dal centro del petto per scorrere in tutti gli arti e le giunture molli. Un manrovescio del tutto inaspettato e diretto alla natica lo ridestò, strappandogli un singhiozzo di sorpresa. - Come mi chiamo?» Ringhiò basso, assestandogli un secondo schiaffo. Solo che questa volta sostò nella zona lesa per conficcarvi anche le unghie.

A Simone questa volta venne fuori spontanea. «Amore... - esalò, e quello, di tutta risposta, se lo divorò. La bocca aperta a reclamare un bacio storto, la lingua a percorrergli ogni angolo delle labbra e del volto. - Amore, - ripeté non appena ebbe fiato e possibilità. Manuel divenne illogico, nel profanarlo; pretenzioso in quella penetrazione ora svelta. - Amore mio...! Sei bravissimo, bravissimo... amore...!» Gli schiocchi delle loro carni umide a riempirgli le orecchie, mentre sentiva l'orgasmo farsi largo e velocizzargli i battiti. Speculari erano quelli de cuore di Manuel, ora fermamente incollato alla sua schiena. S'annunciò, nel sentire il proprio sesso pulsare, ci sono quasi, non ti fermare!

E gli parve d'una crudeltà inaudita il modo in cui Manuel corse di nuovo tra le sue gambe, non per assecondarlo, me per stringergli il membro alla base e interromperne il naturale rilassamento. «Riesci a non venire? - gli domandò e a Simone parve la richiesta d'un folle. Era sull'orlo del precipizio, ormai, e gli sarebbe bastato abbandonarsi per cadere e raggiungere il Nirvana. - Fallo per me, Simo... - una supplica che gli diede alla testa, ora che sottostava ai tremori che indicavano pure la prossimità della disfatta del più grande. - Puoi?» Forse era ancor più folle, il corvino, che suo malgrado si ritrovò ad annuire. E Manuel se ne compiacque, stringendoselo addosso con un grazie a malapena sussurrato e rinsaldando la presa delle dita. Gli bastarono poche altre spinte per raggiungere il culmine, col suo nome in bocca , il seme caldo a riempirlo e il membro tremante a trattenerglielo nel corpo. Per una manciata di secondi rimase immobile, ad ascoltare il respiro pago del compagno regolarizzarsi lentamente e a farsi coccolare dalle sue dita. Si sarebbe voltato, per affondare col viso contro il suo petto e abbandonarsi alla dolcezza di qualche moina, se solo non fosse stato ancora dolorosamente eccitato.

Non osò lamentarsene, Manuel non gliene diede occasione. Lo agguantò per una spalla, costringendolo a mettersi supino, dunque lottò contro la pesantezza degli arti paghi, per salire cavalcioni su di lui. Simone lo guardò con le palpebre spalancare, gli occhi a seguirne le dita agitate. Lo scrutò in silenzio e con la bocca chiusa, portarsi le falangi alle labbra per succhiarsele. Gli sarebbe bastata quella sola visione, per raggiungere l'apice: i polpastrelli fradici ad abbandonare quella lubrificazione svelata per auto-concedersi una preparazione altrettanto l'estate.

Si penetrò di fretta, concretizzando uno di quei sogni ad occhi aperti su cui Simone s'era ritrovato a fantasticare per darsi piacere in solitaria un numero imbarazzante di volte. Era d'una bellezza abbagliante, con le cosce aperte e tutto inarcato, a cercare pure attrito col suo sesso ancora pieno per recuperare anche lui un minimo di tono. «Ce la fai a...? - Venire di nuovo? A fare ancora l'amore con me? La domanda rimase in sospeso ma il più grande parve coglierla comunque, che subito prese ad annuire, mozzandogli il respiro. - Non sei reale, non puoi essere reale. - una risata eccitata a scuotergli il petto, e sollevò i palmi per carezzargli le cosce, fino a raggiungere l'inguine con i pollici. - Sei... troppo, troppo...!» Non riuscì a trovare le parola esatte, quasi non esistessero vocaboli per esprime a dovere tutta quello che provava solo a guardarlo. Manuel Ferro che pareva essere stato creato appositamente per fondersi con lui, per farsi amare da lui e per amarlo di a propria volta. Quanto tempo perso, tempo che avrebbero potuto passare a scoprirsi, ché tanto sazio del suo corpo, Simone, non si sarebbe mai sentito.

Fece perno sul suo stomaco per sollevare il bacino e allinearsi alla sua lunghezza: un respiro profondo e si calò su di essa, conficcandogli le unghie appena sopra l'ombelico. «Simo...» Un gemito alto mentre lo accoglieva fino alla base. Per Simone fu inevitabile sollevare di scatto i fianchi: una risposta naturale a quella chiusa asfissiante che parve un biglietto di sola andata per il creato. Manuel non ci mise molto ad abituarsi alla sua presenza, quasi immediatamente quel moto ondulatorio divenne svelto, incredibilmente preciso e quella punta di fastidio, prestissimo, svanì dai suoi lineamenti per sciogliersi in un compiacimento primordiale e una beatitudine eterea.

«Guarda quanto sei bravo, guarda quanto sei bello. - ansimò forte, puntando gli occhi sulla punta lucida del suo sesso, che si gonfiava un po' di più ad ogni colpo preciso alla prostata. Prese a masturbarsi, rendendogli la prospettiva dal basso celestiale: era affamato, quasi non fosse venuto solo pochi minuti. - Vai più veloce.» Fu un ordine quello che gli rifilò e, benché Manuel si ritrovò ad assecondarlo, lo guardò con le palpebre assottigliate.

«Muto. - L'agguantò per la gola, imprimendo una pressione atta a regolargli il respiro. E v'era qualcosa d'incredibilmente erotico nella maniera in cui, continuando a cavalcarlo con quella foga maniacale, gli concedeva più o meno aria in base alle contrazioni involontarie del ventre. -  Te devi sta' zitto, Simò. - E col medio gli raggiunse le labbra, per costringerlo ad aprirle. - E non venire prima di me. - Lo redarguì pure. Mi vuoi morto, amore? La domanda scandita da ansiti alti fece sorridere il più grande. - No. Ma voglio venirti addosso. - fu la sua risposta. - E voglio farlo con te dentro di me.»

Quella dichiarazione d'intenti ebbe il potere di spappolargli il cervello e di mandare al diavolo tutto l'autocontrollo che s'era imposto. Si sollevò di scatto, lottando contro la resistenza che il maggiore esercitò in risposta, e affondò con i denti direttamente nella sua gola, finendo per strappargli un urlo dolcissimo. Aprì i palmi sui suoi glutei, i polpastrelli a segnargli la carne, andando ad accompagnare i movimenti per renderglieli meno faticosi. E quell'amplesso divenne una vera e propria lotta per la supremazia. La ferocia di quelle spinte a contrastare con l'adorazione reciproca delle loro bocche che si cercavano ancora e ancora. «Ti amo.» E come avesse fatto a tenerselo per sé anni interi, il sentimento più autentico che avesse mai provato, Simone non riusciva a chiarirselo. Furono la disfatta di Manuel, quelle due parole, che gli si abbandonò contro il petto, riducendosi ad un grumo informe di mugugni e Io amo te, non te lo riesco nemmeno a spiegare quanto ti amo, Simo! Le sue grida di soddisfazione e appagamento andarono a riempirgli la mente e si risolsero nella più pura e autentica sensazione di completezza che avesse mai provato. L'orgasmo di Manuel lo marchiò di nuovo, bruciandogli l'addome e guidando quello di Simone, con una serie di spasmi spontanei, verso la disfatta. Venne nel suo corpo, il proprio seme a riempirlo; venne nella sua gola, i suoi suoi sospiri a mozzargli il fiato.

Poi se lo trascinò giù, tra le lenzuola bagnate d'umori, sudore e saliva e se lo strinse tremante a sé, prendendo a disseminarlo di baci col sol fine di venerare il corpo e vezzeggiare l'anima dell'unico uomo che avesse mai amato.

«Simo. - Lo chiamò, trascinandolo dolcemente lontano dal torpore dell'orgasmo che ancora gli batteva nelle orecchie. Gli rifilò un mh in risposta che lo coinvolse in un sorriso. - Ce sta 'a benzina in garage?» La domanda lo spinse ad aprire gli occhi per cercare i suoi. Erano vispi, apertissimi ad osservarlo.

«Sì, perché?» Manuel gli diede un bacio sulle labbra, prima d'accoccolarsi meglio contro la sua spalla e allungare la mano dal petto al suo viso. Lasciò la risposta in sospeso per qualche istante, premurandosi di lisciargli dolcemente la guancia. Poi vide un sorrisetto appagato piegargli la bocca e inevitabilmente si ritrovò a ricambiarlo.

«Er ragazzo mio, che è il più bello der monno e finalmente s'è deciso a dirmi che me ama, m'ha regalato la moto più bella der monno. - sollevò un sopracciglio, Simone, limitandosi ad una risatina senza azzardarsi ad interromperlo. - Me piacerebbe portarlo a fare un giro.»

«Ti ricordi come si guida, sì? - Si permise di sbeffeggiarlo, ricevendo un pizzico direttamente al fianco e un morso al mento. - E dove vuoi andare?»

«Ce sta 'n ristorante vegano che da quello che ho capito è un po' da fricchettoni, ma pare facciano i meglio tortellini de Roma.»

Finse uno sguardo incuriosito, stando così bene al gioco da guadagnarsi un altro bacio, questa volta più languido. «Mh, mi dice qualcosa... forse lo conosco.»

«Che ne diresti se c'andassimo pe' pranzo? Se prenota online!»

«Non c'ho voglia di vestirmi bene, però.» Ci tenne a specificare. E Manuel s'illuminò di rimando, sollevandosi per poterlo sovrastare. Inchiodò i gomiti ai lati della sua testa, posandogli uno schiocco sulla punta del naso e un altro sull'arco di cupido.

«Se te metti la tuta nessuno dice niente, te l'assicuro. Forse perché te fa un bel culo. - l'agguantò per la vita, Simone, attirandolo tra le proprie braccia fino a sentire il peso del suo corpo schiacciarlo contro il materasso. Gli baciò il lobo e Certo che ci vengo. - E poi... - gli sussurrò, quando i loro occhi furono lontani. - Vorrei che tu mi facessi compagnia. - tentò di distanziarlo per tornare a guardarsi, ma Manuel lo strinse più forte, ora per il collo. - Ce vieni in questura con me?»

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