I'll keep you safe in these arms of mine
«Oh, Simò, statte fermo! - il naso arricciato dal fastidio, mentre scacciava la mano del più piccolo lontana dal proprio viso. Se ne stavano seduti a gambe incrociate, l'uno difronte all'altro, su un muretto all'ombra di un albero. Nonostante il sole ormai stesse tramontando le temperature erano ancora molto alte ché qui è sempre così, l'aveva informato neanche su quell'isola c'avesse preso la residenza nell'ultima settimana. - 'O vedi che sto a mangià, sì?» Oh... sì. Aveva cominciato a prestare particolare attenzione al suo appetito quando l'aveva visto addettare un terzo panino dopo altri due trangugiati voracemente.
E lui ancora non aveva capito cosa fosse successo, perché Manuel non parlava né gli spiegava come si fosse procurato quel taglio sotto l'occhio, impedendogli al contempo di disinfettarlo a dovere. Agitava la mano, ogni qualvolta Simone vi posava lo sguardo, neanche fosse roba da niente. Eppure lui lo vedeva quell'alone violaceo che aveva preso a formarsi lungo il perimetro di quella ferita trascurata.
«Mi dici come te lo sei fatto? - gli domandò per l'ennesima volta, non ricevendo alcuna risposta differente da un'alzata di occhi al cielo e un lamento a guance piene. Si lasciò andare ad un sospiro, Simone, buttando il batuffolo d'ovatta nella busta di plastica del mini market che aveva svaligiato. Poi ne strappò un secondo dalla confezione, che intinse di disinfettante; dunque gli sfilò a tradimento il sandwich dalle mani, allontanandolo dalla sua portata, per sporgersi in avanti e afferrarlo dalle guance. - Dimmelo. - si costrinse ad assumere un tono imperativo che Manuel non prese sul serio e ricambiò con lo scetticismo di un sopracciglio inarcato. Provò a divincolarsi, ma Simone tenne il punto, tenendogli le dita ferme sotto gli zigomi per costringerlo a malincuore a restare immobile. E seppur intransigente nell'impedirgli di scansarsi, si preoccupò d'essere delicato nel medicare quel taglio che per solo una manciata di millimetri non aveva coinvolto la vista. Lo sentì emettere una serie di lamenti mal trattenuti, nonostante i tocchi accorti, e tentò d'acquietarlo con dei sussurri - Lo so, lo so... scusa, ci metto pochissimo. - e gli occhi di Manuel s'aprirono un po' di più, animati da una scintilla di curiosità che si fece viva quando s'incrociarono con i suoi. Forse perché s'aspettava d'essere preso in giro, per quei capricci, solo che Simone non aveva alcuna voglia di scherzare in quel momento. Dopo una giornata d'inferno, un volo preso per il rotto della cuffia, e un viaggio trascorso col panico a contorcergli le viscere, l'aveva trovato nel bel mezzo dell'aeroporto di Santorini in preda al panico e a prendersela con un'addetta dell'infopoint. Si dannava e ancora non conosceva la storia per intero. Allentò la presa, lenendo con un movimento circolare del pollice il punto in cui aveva fatto pressione, per poi lasciar cadere la mano sulle proprie cosce con un sospiro. - Fatto.» Lo informò riluttante. Avrebbe voluto portarlo in ospedale, assicurarsi che non vi fosse necessità d'applicare dei punti di sutura, ma qual testardo non aveva voluto saperne.
Poi Manuel allungò l'indice, a puntarlo nella direzione del panino che gli era stato sottratto e che Simone, suo malgrado viste le risposte scarne che gli erano state fornite, gli restituì con uno sbuffo svilito. «Com'è che te sei imbarcato per la Grecia, comunque? - glielo domandò dopo qualche minuto di silenzio, quando si rese conto che ancora se ne stava a guardarlo di traverso, con le guance piene d'un boccone eccessivamente grande. - M'era parso de capì che nun me sopportassi più, ar telefono.» Si forzò di sollevare un angolo delle labbra, per celare almeno in parte tutta la reale preoccupazione che da quando Anita l'aveva chiamato non aveva fatto altro che crescere esponenzialmente.
Sapeva anche che Manuel stesse cercando di cambiare discorso, lo conosceva così bene, pertanto decise di assecondarlo solo per un momento: il tempo esatto affinché riprendesse respiro e non si sentisse messo sotto torchio.
«Non ci so stare senza di te, sono imbarazzante. - scherzò, riuscendo a coinvolgerlo in una risatina di cui però non riuscì ad essere specchio. - Tua madre era preoccupata e senza volerlo m'ha messo la pulce nell'orecchio. - andò dissipandosi all'istante, quel sorriso di cui era tanto innamorato, venendo soppiantato da un'espressione di terrore. - T'ha preso il telefono, vero?» Indagò quando capì d'essere riuscito ad aprire una piccola breccia nel muro che aveva issato, cercando d'essere pacato per non spaventarlo ulteriormente. Non voleva che si ritraesse ancora.
Ma Manuel, di nuovo, si forzò al silenzio, gli occhi fissi su quella cena fuori orario che Simone s'allungò nuovamente per provare a sottrargliela. Questa volta il più grande fu fulmineo a tirare indietro il braccio e a minacciarlo col pugno libero chiuso sulla testa. Come se Simone potesse veramente temere d'essere colpito. Nemmeno quando se le davano di santa ragione ai tempi del liceo era mai riuscito a fargli veramente del male, Manuel.
«'N t'azzardà che te meno.» Una minaccia che finì solo per intenerirlo più di quanto non pensava fosse possibile.
Si spinse in avanti, il più piccolo, a baciargli le medesime nocche, che immediatamente s'allentarono al contatto con le sue labbra. E poi vi strofinò contro la guancia, tenendo gli occhi aperti nei suoi.
«Dobbiamo tornarcene a casa. Se non mi dici cosa è successo-» Manuel questa volta lo interruppe prima che la domanda in questione potesse arrivare a destinazione.
«Dobbiamo fa' la denuncia per smarrimento dei documenti e poi anna' ar consolato italiano pe'-» Se voleva ingaggiare una battaglia a chi strappava meglio le parole di bocca all'altro, Simone non si sarebbe tirato indietro.
«E come hai smarrito i documenti, Manuel? - Lo vide sbuffare e lasciar andare l'incarto del panino tra le loro gambe. L'aveva avvilito. - Come ti aiuto se non mi parli, mh?»
«Non li ho smarriti per davvero, - si convinse ad ammettere. - ce li ha Vittorio.»
«E perché Vittorio c'ha pure i documenti tuoi, oltre che il cellulare? - si lasciò andare, quasi involontariamente, ad una risatina nervosa. - Manco t'avesse tenuto sotto chiave... - una battuta un po' infelice, lo doveva ammettere, che però non giustificava la reazione spropositata che ebbe Manuel in risposta. Lo guardò ritrarsi, con le labbra strette e le sopracciglia aggrottate dallo sforzo, quasi si stesse concentrando con tutte le proprie forze per impedirsi di lacrimare di nuovo. E Simone vide rosso. - Non l'ha fatto, vero? - gli domandò, scuotendo lentamente il capo per negare a se stesso quell'idea malsana. E Manuel che ancora non lo degnava di una risposta, si sforzò invece a distogliere lo sguardo, con il volto improvvisamente pallido. - Io lo ammazzo.» E non era una minaccia a vento, in quel preciso momento si rese conto che la vera fortuna di quel tale sarebbe stata non incrociare mai più il suo sguardo.
«Simò, sto bene. - e allora perché gli tremavano le labbra e il mento? - Non m'ha fatto niente.» Non gli credette, come avrebbe potuto? Allungò le mani, per circondargli il volto e fargli alzare gli occhi. Una breve carezza appena sotto il taglio, che questa volta gli causò un principio di nausea a partire dalla bocca dello stomaco.
«Come te lo sei fatto? - questa volta glielo domandò con la voce rotta dalla disperazione, temendone la risposta come poche altre cose al mondo. - È stato lui? - E osservò le sue palpebre sbattere veloci, mentre negava con il capo. - Manu...» Si ritrovò quasi a supplicarlo mentre in cuor suo maturava la convinzione che, in un modo o nell'altro, stesse ancora cercando di difendere l'indifendibile. Non capì se per affetto o per vergogna, ma per non impazzire decise di non volersi soffermare troppo sulla risposta reale.
«S'è rotta 'na finestra. - riconobbe e a Simone non parve una bugia, ma nemmeno una verità per intero. - Ho rotto una finestra. - Corresse poi il tiro. E stava per aggiungere altro, ma si ritrovò a sobbalzare quando i suoi occhi, superate le spalle di Simone, vi guardarono oltre. Il più piccolo si girò di scatto a seguirne la traiettoria, incontrando l'espressione confusa d'un turista al cui braccio s'appese, pochi istanti dopo, una ragazzina con le trecce bionde. Aveva qualcosa che ricordava spaventosamente quello, con la polo celeste e i capelli schiariti da qualche filo d'argento. Ed era bastata quella sola, lontana, somiglianza a far sobbalzare Manuel. - Voglio andare a casa, Simò. - gli sussurrò con urgenza, accasciandosi con un sospiro contro la sua spalla. Non poté fare altro che assecondarlo, limitandosi ad annuire tutto quello che vuoi, e carezzargli il braccio nella mera speranza di risultare quantomeno una minima consolazione. - E voglio chiamare mia madre. Ti prego.»
...
Alla fine era stato costretto a prendere in fitto una macchina e, non con poca fatica, una stanza.
L'alta stagione e il fatto che Manuel fosse senza documenti erano stati due fattori che, combinati, avevano reso quella ricerca una fatica erculea; ma alla fine era riuscito a convincere l'anziana proprietaria di un mini appartamento, che s'era ritrovata senza affittuari all'ultimo minuto, a cedere loro quel monolocale per qualche giorno.
Manuel aveva chiamato Anita prendendo in prestito il suo cellulare e preoccupandosi d'oscurarne il numero dopo aver appreso che la donna ne fosse un possesso. S'era limitato a rassicurarla, informandola del fatto che sia lui che Vittorio avessero avuto dei problemi con la linea telefonica e che pertanto s'erano dovuti arrangiare con una cabina pubblica. Non nominò Simone e fu incredibilmente bravo a fingere, pure mentre le raccontava di quanto si stesse divertendo e di quanto paradisiaco fosse quel posto. Abbiamo deciso di trattenerci qualche giorno in più! Un'esclamazione sorridente che non aveva però coinvolto gli occhi, finendo per spezzare il cuore del minore per l'ennesima volta.
E non era atterrato in Grecia da nemmeno quattro volte.
Manuel era stato agitato fin quando non s'erano chiusi l'ingresso alle spalle. S'era preoccupato di controllare l'unica portafinestra presente, aprendola e richiudendola un paio di volte che «Su quest'isola di merda non funziona un cazzo.» Simone aveva posato il proprio zaino ai piedi dell'unico letto matrimoniale presente nella stanza, ispezionandone successivamente il cucinino munito di mini frigo pieno d'appena un paio di bottiglie d'acqua da mezzo litro. Uno sguardo veloce all'altro, ancora impegnato col controllo quasi maniacale degli infissi, con gli occhi e dita a percorrerne la cornice e a saggiarne lo spessore del vetro.
«Vado a comprare dei vestiti e... - un'occhiata poco convinta al fornello elettrico. - Qualunque cosa commestibile che si possa cucinare su 'sto coso, immagino-» E nemmeno ebbe il tempo di chiedergli se avesse delle preferenze perché Manuel s'era voltato di scatto, in risposta a quel breve passaggio di informazioni, e con le sopracciglia aggrottate aveva attraversato la stanza per circondargli il polso.
«No.»
«No cosa?»
«Nun ci vai, resti qui.»
«Faccio presto.»
«Ho detto de no.»
«Manuel...»
Lo tirò appena più vicino e sollevò il capo per poter piantare gli occhi nei suoi.
«Ti prego...»
«Devi smetterla di pregarmi quando vuoi ottenere qualcosa da me.»
«Funziona?» Glielo domandò con una malizia scarica della solita scintilla, e Simone si ritrovò a sospirare, passando il polpastrello del pollice sul dorso della sua mano.
«Sì. - Ammise, coinvolgendolo in un mezzo sorriso che avrebbe tanto voluto baciare. Solo che sentiva di non averne il diritto, un po' come se prendendosi le sue labbra, proprio in quel momento in cui gli pareva tanto frammentato, avrebbe finito per minare alla fiducia che erano riusciti a ripristinare così tanto a fatica. E aveva paura, anche, perché Manuel finiva per perderlo sempre nei momenti in cui credeva di non potergli essere più vicino. - Vai a farti una doccia, io vedo se l'asporto funziona. - parve rilassarsi e Simone si ritrovò a sbuffare dal naso, mentre gli lasciava andare la mano con titubanza. - Mal che vada c'è avanzato qualche panino, al resto pensiamo domani, mh?»
«Seh. - Annuì il più grande, passeggiando all'indietro per un paio di piedi, prima di dargli le spalle. S'avvicinò alle tende, per chiuderle esattamente come le avevano trovate all'arrivo. E poi, senza guardarlo, si voltò sulla destra nella direzione del bagno, portando le mani ai lembi della t-shirt per sollevarla e spogliarsene. La lasciò cadere sul parquet chiaro, svanendo oltre la porta con le dita a snodare il laccio dei pantaloncini. Non se la chiuse alle spalle, nemmeno dopo aver aperto la doccia. Simone distolse l'attenzione, portandola al proprio cellulare con la batteria quasi a terra nel tentativo d'annullare qualsivoglia principio di pensiero poco casto. Attaccò lo spinotto alla presa sul lato destro del letto, dunque, messo sotto carica, tentò di concentrarsi su quanto annunciato poc'anzi a Manuel: cercare un locale qualsiasi, che prevedesse delle opzioni vegane da cui ordinare d'asporto. - Simo...» Bloccò lo schermo non appena sentì la sua voce, i piedi nudi di nuovo sul pavimento a seguirne il suono.
«Dimmi.» Non osò oltre il muro, sostò lì per sentirlo meglio e rimase in attesa per interi secondi riempiti unicamente dallo scorrere dell'acqua contro il piatto. E quasi pensò che la mente gli avesse giocato un tiro mancino, tanto era il desiderio di stargli accanto.
«Vieni qui.» Ne interruppe il flusso di pensieri, mozzandogli il respiro.
«Manu, non-»
«Vieni qui. - Ripeté e le cosce gli si mossero per inerzia, oltre la porta. Non credeva che fosse possibile ritrovarsi con l'anima dilaniata dal dolore dinanzi alla nudità di Manuel. Se ne stava accovacciato sotto il getto, con la tempia premuta alle mattonelle e capelli attaccati al collo e alla fronte. Gli occhi persi in un punto indefinito del pavimento non s'alzarono nemmeno quando Simone si fece largo nella minuscola stanzetta. - Vieni qui...» Non osò implorarlo, eppure il corvino era certo di non averlo mai sentito così tanto supplicante prima di quel momento. Si spogliò della maglietta e dei pantaloni, poggiandoli sul lavandino, per poi raggiungerlo oltre il vetro appannato con solo l'intimo indosso. S'abbassò a sua volta, l'acqua tiepida a scorrere pure sulla sua pelle mentre gli portava una mano tra i ricci pregni d'acqua. Stava piangendo.
«Hai già...» Scosse piano il capo in segno di diniego. Allora Simone s'allungò a recuperare il falcone formato viaggio lasciato in dotazione dalla struttura, per versarsi lo shampoo al centro del palmo. Andò a strofinargli piano la cute, invitandolo gentilmente a reclinare il capo affinché la schiuma non gli andasse negli occhi. E lasciò che cadesse addosso a lui, quasi che così facendo potesse lavargli via la tristezza e prendersene un po' affinché il carico fosse diviso in due. Manuel smise quasi subito d'essere rigido, un breve sospiro e si abbandonò con la schiena contro il suo petto.
«Mi dispiace. - si sentì sussurrare quando prese a pettinargli i capelli all'indietro con le dita, la voce segmentata dai tremiti. - Sarei dovuto restare con te, quando me lo hai chiesto. Prendo sempre decisioni der cazzo, a quanto pare. - lo lasciò parlare, senza porgergli alcun tipo di domanda. Si limitò a far durare quanto più a lungo possibile quelle carezze, sfiorandogli la nuca e le tempie con leggeri movimenti circolari nel tentativo di tranquillizzarlo. - Fossi in te mi odierei, ma tu sei un cretino quinni, invece de mannarme a quer paese, prendi un aereo a caso e te vieni a 'mpelagà co' me. De nuovo.»
«Meno male che non sei in me allora.» Si limitò a dirgli, recuperando pure il sapone per prendere a strofinargli la pelle a partire dalle spalle. Sentì il vibrato d'una risata bassa contro lo stomaco, che lo spinse ad allungare le labbra per posargli un bacio sulla testa.
«Non m'ha chiuso in una stanza perché c'ha sentiti parlare al telefono. - gli confessò, quando con le mani si spostò sulla schiena. I polpastrelli a percorrere lentamente le vertebre, quasi a volerle contare. - L'ha fatto perché gli ho detto di essere innamorato di te. - e il muscolo a centro del petto gli si arrestò di colpo, assieme ai palmi, trafitto nel mezzo da quelle parole che gli stava dicendo con una tranquillità tale da fargli dubitare finanche che fossero vere. O magari la remora nasceva dal fatto che si fosse convito che in nessuna vita Manuel avrebbe mai potuto ricambiarlo. - Stavo facendo i bagagli per tornare a casa.»
«Ed è vero?» Infranse quella regola auto imposta del "nessuna domanda", troppo preso alla sprovvista per starsene in silenzio.
«Sì, stavo a fa' i bagagli.»
«Non intendo quello.» Manuel si voltò, rivelandogli i suoi occhi. Erano rossi di pianto, lucidi d'un sentimento che Simone a malapena riusciva ad immaginare.
«Che ti amo? - gli chiese piano, spingendolo ad annuire. Sbuffò dal naso, quasi avesse reputato divertente la domanda. - Ho mai amato davvero qualcun altro, io? - Una domanda retorica che a Simone riempì il petto. Aprì le mani sui suoi fianchi, facendoglieli scivolare attorno alla vita per attirarlo in un abbraccio. Parve sciogliersi contro il suo petto, e farsi minuscolo mente nascondeva il volto sotto il suo mento. - Ti amo. - e sentirglielo dire esplicitamente fu ancor più soddisfacente, ché lo aveva aspettato così tanto, per così tanto. - Scusa. - le labbra di Manuel a sfiorargli la gola. - Scusa se t'ho fatto credere d'essere la seconda scelta quando sei sempre stato l'unica. - venne scosso da una serie di singhiozzi, Simone, di cui si vergognò enormemente. Perché toccava a lui essere la controparte forte, in quel momento, eppure non riusciva a trattenersi dal piangere. Di sollievo, perché Manuel stava bene ed era lì con lui. Di felicità, perché lo amava e finalmente smetteva di nasconderglielo. Di tristezza, perché non era riuscito a proteggerlo e aveva permesso che qualcun altro lo facesse a pezzi. - Ce metto un po' ma se me applico c'arrivo.»
«Adesso però resti con me. - e non fu un quesito, bensì una pretesa che gli impose salendo a carezzargli le guance per allontanarlo il giusto affinché potessero guardarsi negli occhi. - Adesso ci penso io a te.» Le iridi di Manuel rimbalzarono tra le sue, quasi divertite dalla presa di posizione, seppur tutte turgide e lucide. Ma non s'azzardò a prenderlo in giro. Non questa volta. Tanto di occasioni ce ne sarebbero state ancora e ancora. Allungò il collo, facendo toccare le loro fronti e le punte dei nasi.
«Ed io a te.»
...
S'era messo seduto per terra ai piedi del letto, con l'accappatoio bianco che gli scendeva morbido sulla spalla sinistra e la schiena incastrata tra le sue cosce. Gli aveva offerto aiuto per asciugare i capelli, Simone, e Manuel non aveva opposto alcun tipo di resistenza. Pure se il phon faceva schifo ed era talmente piccolo da non potersi nemmeno considerare tale. Ché tanto il corvino voleva solo una scusa per coccolarlo quanto più a lungo possibile e quel vecchio attrezzo dell'anteguerra era stato il primo mezzo che gli era capitato a disposizione tra le mani per perpetrare il suo fine.
Tanto l'asporto, da quello che gli era parso di capire tramite l'inglese becero e a malapena masticato del tizio che aveva preso la sua chiamata, non c'avrebbe messo poco ad arrivare.
«Me ce potrei abituare.» Lo sentì mormorare, mentre con la guancia trovava poggiò sul suo ginocchio e con le unghie gli grattava distrattamente il dorso del piede.
«Abituati.» Lo assecondò, aprendogli con la mano le ciocche sul retro per curarle una ad una, con l'indice e il medio a seguire la piega naturale del riccio.
«Poi 'n se torna indietro, lo sai?» La fece passare per una battuta, ma Simone rimase serio. Perché era vero. Voleva prendersi cura di lui e permettergli di fare altrettanto. A tempo indeterminato. Per tutta la vita, se solo gliel'avesse concesso.
«Lo so. - confermò. - Abituati.»
«Mh, sicuro?»
«Assolutamente.» Lo disse solo per farsi prendere in giro
«Assolutamente. - lo scimmiottò, difatti, immediatamente. - Che hai fatto poi co' la casa?»
«Ho avanzato la proposta e ricevuto una controproposta dai proprietari, - percepì i suoi muscoli tendersi, in allarme, e si ritrovò a sbuffare una risatina soddisfatta dal naso. - ma l'ho rifiutata.» Non inveì oltre, pure se in altre circostanze l'avrebbe fatto solo per il gusto di starsene a guardarlo mentre si dannava.
«Troppo cara?» Gli domandò a bruciapelo e Simone, suo malgrado, si mise a ridere ancor più forte e di gusto finché non lo udì lamentarsi.
«Ce l'ho già una casa. - e Manuel reclinò il capo all'indietro per poterlo guardare, con gli occhi sbarrati dallo stupore neanche Simone gli avesse fatto chissà che tipo di confessione. Eppure pensava d'essere stato chiaro, nonché brutalmente onesto, quando gli aveva assicurato che se l'avesse scelto avrebbe mollato tutto. - E visto che ho deciso di non restare a Napoli mi pare inutile caricarmi di un mutuo. - Gli scostò qualche capello dalla fronte, prima d'abbassarsi per baciargliela con uno schiocco. - Che c'è?»
«Quindi eri serio? - gli domandò con le iridi che parevano brillare. - Torni a Roma?»
«Se tu torni con me, sì. - inclinò la testa, senza lasciar andare i suoi occhi neppure per un istante. - Se domani decidi che vuoi andare in Olanda, allora andiamo in Olanda. - Manuel lo ascoltò in silenzio, risalendo con le dita ad accarezzargli lentamente il polpaccio. - Vuoi raggiungere tuo padre in Giappone? Vengo pure lì. - si lasciarono andare entrambi ad un sorriso, quello di Manuel condito d'uno stupore capace di mandargli in brandelli i muscoli. - Non è Roma. - Avvampò, il più grande, quasi gli avesse letto nel pensiero. - Casa mia è dove ci sei anche tu, quindi fai un po' te.»
«Dico che Roma è una perfetta. - mormorò di rimando. - È proprio da noi.»
...
Alle fine con gli accappatoi c'erano rimasti e Simone aveva lavato alla meglio i vestiti di entrambi con quello che aveva trovato in casa per poi stenderli sul minuscolo terrazzino che dava su una strada d'aperta campagna.
L'asporto era arrivato a notte fonda, ché tanto su quell'isola gli orari non parevano esistere per i turisti e di conseguenza neanche per i lavoratori locali. E avevamo mangiato direttamente sul letto, seduti l'uno di fronte all'altro con le gambe incrociate, a rubarsi rispettivamente dai piatti. Che fai me diventi vegano pure te? L'aveva preso in giro nel rendersi conto che Simone avesse ordinato unicamente portate senza carne e derivati. E s'era morso il labbro inferiore, quando in maniera tanto naturale gli aveva risposto che così possiamo dividere, no?
E satolli, stesi sul copriletto, con le teste a sfiorarsi e le spalle unite, Manuel s'era deciso a raccontargli, per filo e per segno, cosa fosse accaduto tra lui e Vittorio. Non l'aveva guardato negli occhi neanche una volta, limitandosi a tenere le pupille fisse sul soffitto e l'indice carezzargli il dorso come a volersi fare forza da solo.
Simone non s'era permesso di interromperlo nemmeno una volta, timoroso che una parola di troppo poi avrebbe finito per arrestare prematuramente quel flusso di coscienza a voce alta.
E ci mise tanta, tantissima, forza di volontà, ché il suo unico e martellante pensiero, mentre le parole di Manuel gli riempivano le orecchie, era che l'avrebbe trovato. Trovato e spaccato quella faccia da finta anima pia che osava sbandierare in giro.
«Passi tanto tempo co' 'na persona e alla fine scopri che è 'n'estranea. È de questo che nun me faccio capace, Simò. - disse, quando il più piccolo di voltò sul fianco per poterne osservare il profilo. - E non riesco a capire se m'ha preso bene per il culo o se so' stato io così cieco da non renderme conto del tipo di persona che c'avevo vicino. - piegò le labbra all'ingiù, scuotendo piano il capo. - Pe' l'amor del cielo, pure io avrei fatto il pazzo se te m'avessi detto d'esserti innamorato de n'altro. Ma mica da pazzo pe' davero.» Sollevò un angolo delle labbra, nel vederlo avvampare mentre prendeva coscienza delle parole usate.
«Mi devi dare l'indirizzo del vostro alloggio. - Manuel scosse il capo, rifiutandosi a labbra strette. - Sì invece. Mi devi dare l'indirizzo, così posso recuperare i tuoi documenti e il tuo telefono. - si sollevò sul gomito, per cercare i suoi occhi. - Poi andiamo in questura.»
«A fa che se te voi fa' giustizia da solo?» Una domanda sarcastica che gli fece storcere il naso.
«Al massimo glie posso tirà un ceffone. - sospirò, coinvolgendolo in un'alzata di sopracciglia. - Ma tu lo devi denunciare, Manuel.»
«Ma quale denuncia e denuncia, Simò... - mormorò, la lingua a schioccare sotto il palato. - Me ne voglio tornare a casa e dimenticare 'sta storia.» Portò le dita alla base del suo mento per potergli girare il volto.
«Guardami. - gli impose, quando ancora si rifiutava di immergersi nelle sue iridi. - Lo devi denunciare.» Ripeté quando finalmente lo accontentò, seppur di malavoglia.
«Per cosa? - parve quasi volerlo sfidare con il tono. - Pe' esse' stato chiuso in una stanza sì e no un giorno, Simò? Nun m'ha fatto niente, manco m'ha sfiorato.» Si stava innervosendo e Simone non voleva assolutamente incentivarne il sentimento. Ma nemmeno lasciar correre, dopo quello che gli aveva raccontato.
«È comunque sequestro di persona. - lo disse provando ad essere pacato, ma s'alterò al solo pensiero di quello che aveva dovuto subire. - Cristo, quello stronzo t'ha affamato!»
«Tecnicamente no.»
«Non ci credo che lo stai giustificando.»
«Non lo sto... giustificando. Ma lui potrebbe giustificarsi così.»
«Se non ci va lui in galera ci finisco io.»
«Non dire stronzate.»
«Non dirle tu. - lo rimproverò, seppur con dolcezza. - Se credi che lascerò correre, dopo quello che t'ha fatto, allora hai veramente una considerazione pietosa di me.»
«Che palle, Simò.»
«Che palle niente. - lo rimproverò a bassa voce, scendendo con le dita lungo la linea della gola per approdare sul lembo di pelle scoperto dall'accappatoio. E sostò lì, col palmo aperto contro il suo cuore. - Non ti sto dicendo che devi farlo subito, ma non escludere l'idea a priori solo perché credi sia la strada facile.»
«Qual è la strada facile, Simò? Nun ce sta 'na strada facile. Me faccio male in ogni caso.»
«Ed io ti starò vicino, in ogni caso. - lo rassicurò, sollevando un angolo delle labbra. - Preferibilmente fuori dalla galera, ma fai te.»
«Ma che devi fa che 'n sei capace. - lo prese in giro, circondandogli il polso di quella stessa mano con le dita per poi far forza fino ad invertire le loro posizioni. Lo inchiodò al materasso, il braccio piegato ad angolo al lato del volto mentre lo guardava dall'alto. - 'N sei stato capace manco de darmi un bacio, a dirla tutta.» La voce più bassa, mentre scendeva a guardargli le labbra, le pupille appena più dilatate. E Simone lo osservò passarmi la lingua lungo il perimetro della bocca, per poi schiuderla, standosene però immobile. In attesa d'un consenso, o forse di una risposta.
«Ogni volta che ti bacio finisce che scappi.»
E Manuel sgusciò sul suo corpo, sedendoglisi cavalcioni sui fianchi del tutto incurante della nudità esposta. Ed era così bello, con la spugna bianca a scendergli lungo le braccia e il nodo lento a non reggere i lembi. Seducente, pure, con quegli occhi animati dalla malizia che lo corteggiavano silenziosamente affinché gli concedesse quanto richiesto.
«Non scappo, - gli giurò, prendendogli anche l'altra mano per intrecciarla alla propria sul cuscino. - non scappo più.»
«Nel dubbio evito. - assottigliò lo sguardo. - Per ora.» E a Manuel la risposta non piacque, così prese ad ondeggiare con i fianchi, fino a sentire l'erezione di Simone premergli tra le natiche.
«Pure se te lo chiedo?» Una domanda soddisfatta, a cui il minore rispose con un'alzata d'occhi al cielo.
«Pure se me lo chiedi.»
«Non mi vuoi?»
Simone sollevò un sopracciglio, assestando un'unica spinta dal basso per dimostrargli quanto fosse in errore con quella domanda. «Ti voglio da morire.»
«Vedi? Non puoi mica morire...»
«Fai il bravo, Manu.»
«E se te baciassi io? C'avresti er coraggio di rifiutarmi?» Simone si mise a sedere, divincolandosi dalla sua presa per circondarlo dalla vita, il volto a strofinare dolcemente contro il suo petto. Poi s'allungò a spegnere la luce della lampada sul comodino dal proprio lato, trascinando successivamente Manuel giù con sé.
«Dormi.» Gli impose e il più grande, di tutta risposta, strinse ancor di più le cosce attorno al suo corpo; le braccia a circondargli il collo mentre si lasciava andare ad un lamento infastidito.
«Non ho sonno.» E seguitò con un morso alla spalla, che Simone accolse con un sibilo dolorante e una risatina soffusa.
«C'hai due occhiaie che suggeriscono il contrario. - La mano a carezzargli i ricci alla base del collo e le labbra incollate al suo orecchio. L'ennesimo capriccio gli strappò un sorriso, e lo convinse a percorrere la sua guancia fino ad atterrargli sulla bocca per accontentarlo. Un bacio innocente, che ne zittì le proteste lasciando che il silenzio dei respiri lenti avvolgesse entrambi. - Dormi. Sei stanco. - e questa volta fu Manuel a spingersi sulle sue labbra, per dargli un bacio gemello a quello che aveva ricevuto: stessa intensità, stessa durata; solo che stavolta Simone sentì cedergli il ventre, in preda ad uno sfarfallio che pensava d'essersi lasciato dietro assieme all'adolescenza. - Domani chiudiamo 'sta storia, mh? - e lo vide annuire, pure se le sue intenzioni ancora non gli erano del tutto chiare. - Adesso dormi, amore mio.»
«Domani sto ancora qui.»
E qui erano le sue braccia.
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