Capitolo 19

.19.

HELIA

«La mia cara sorellastra si è rivelata una risorsa sorprendente. Chi l'avrebbe mai detto», blaterò Fiamma Cooper, ridacchiando tra un discorso delirante e l'altro a cui non prestai attenzione.

Il mal di testa mi divorava le cervella. Avevo degli attacchi da quando ero stato guarito con un nuovo farmaco sperimentale. Il SAV-AGE.

«Hai ancora forti dolori?», udii a malapena.

«A volte diventano insopportabili», biascicai, «Fortuna che non è successo quando eravamo sotto attacco». Nauseato, addossai le spalle contro al muro per mantenere l'equilibrio.

«Ricorda, hai subito una commozione celebrarle dovuta alla rivolta avvenuta il mese scorso. Le nostre tecnologie all'avanguardia hanno rigenerato il corpo, ma lo spirito richiede tempo», espose.

Il flash di uno sguardo ambrato e ammaliante mi attraversò la mente. Dal risveglio accadeva spesso. Sprazzi di memoria sconclusionati si presentavano in lampi fugaci, annebbiandomi. Il suono di una voce femminile che bisbigliava il mio nome, l'odore acre e pungente del sangue, la carezza di una lunga coda nera, e il profumo della notte quando era pieno giorno. Sensazioni che scuotevano le radici dell'animo.

«Ho bisogno solo di qualche minuto», liquidai, massaggiandomi le tempie e provando a placare la sofferenza.

«Più tardi ti farò recapitare altre compresse. Ricorda che devi prenderne una al giorno per almeno quarantacinque giorni consecutivi. Ne sono passati a malapena venti», ribadì come se stesse parlando a un cucciolo insofferente. «È importante che tu prenda seriamente la cura», continuò, «Non vorrai mica disubbidire agli ordini del medico, vero?», scherzò infine, ma il tono fu quasi astioso.

"Helia... sei bellissimo anche tu".

Una fitta di dolore intensificò l'emicrania, l'eco del ricordo divenne un'onda che mi sommerse, strappandomi una smorfia sofferente. Avevo solo la voce di un'estranea in testa.

Che diamine.

Annuii: «No, certo che no. Mi farò prescrivere il necessario prima che tu possa intervenire. Grazie comunque, Fiamma», mi congedai con un saluto frettoloso, barcollando fuori dalla stanza degli interrogatori.

"Sei bellissimo anche tu".

Serrai la mascella.

Stupida voce.

LAILA

«Gav, spiegami cosa vuoi e fai in fretta, odio quando tergiversi», commentai caustica, lanciando nell'ennesimo pugnale scintillante fra la boscaglia.

Centrai il bersaglio per la quinta volta di seguito in dieci minuti. Accennai un sorriso soddisfatto – il primo da molto tempo. Riacquistavo precisione e forza a ogni nuovo giorno di riposo.

Il mio amico si limitò a un lungo fischio di apprezzamento, ignorando il tono con cui avevo parlato.

«Ebbene?», lo incitai.

Combattuto se rivelare o meno qualcosa, alla fine optò per la scelta giusta – non ero mai stata un animale paziente. «Ascolta. So bene che Jude e Seth ti hanno affidato il compito di sorvegliare questo avamposto di fortuna in cui ci siamo rifugiati, ma ho bisogno di aiuto in territorio nemico», disse tutto in una volta, «Ho bisogno di te».

Il sesto pugnale mi scivolò dalle mani.

Il nostro alfa e il suo vice erano stati categorici sulla mia posizione difensiva. Sapevano quanto volessi dare fuoco all'Est diurno solo per vederlo bruciare – e tutto per vendicare la morte di Helia – ma credevo che non si sarebbe presentata l'occasione tanto presto.

E invece...

Un ghigno diabolico mi squarciò il viso bronzeo: «Non aggiungere altro, sono a tua disposizione. Cosa ti serve?».

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