Capitolo 18
.18.
GEMMA
Ero sull'orlo della morte. Di nuovo.
Assurdo. Perché mi trovavo in circostanze tanto pericolose in continuazione?
Non ero pronta ad andarmene per sempre – Chi lo era? Non senza aver trovato qualcuno per il quale sarei stata disposta a sacrificarmi.
L'amore l'avevo solo vissuto attraverso gli altri. Silene col suo carnivoro ed Helia con la letale assassina dagli occhi ambrati. E io?
La famiglia mi odiava, gli amici erano scomparsi, e per la mia fazione ero una traditrice. L'unico legame che mi restava era lui. Se fosse morto, non mi sarebbe rimasto nessuno.
Con difficoltà gli rivolsi un'occhiata stentata e incredula: «Tris... stan...», ansimai con fatica, provando a parlargli, ma ero senza fiato. In assenza di ossigeno non sarei sopravvissuta a lungo.
«Allora, cosa vuoi fare, assassino?», riprese l'alfa diurno con fare algido e glaciale. Non vi era traccia della gentilezza e della dolcezza che lo caratterizzavano in passato.
Lui non era Helia Wilde.
«Lascialo sta... ah!», non completai neanche la frase che strinse più forte, serrando la giugulare in una morsa implacabile.
La vista mi si offuscò, oscurandosi quasi del tutto, i suoni sembravano ovattati da cuffie invisibili, e diminuii gli spasmi, affaticata. Ero stanca e avevo sonno.
Liberarsi parve un miraggio più che una speranza. Sarei morta nel peggiore dei modi. E non l'avrei evitato.
Questa sarà un'altra morte stupida.
«Gemma... Gemma!».
Mi svegliai di soprassalto, aspirando lunghe boccate di ossigeno, finalmente libera di respirare.
Sono viva. Io sono viva. Sono viva, ripetevo come un mantra nella mia testa, immersa fra le tenebre.
La paura mi artigliò lo stomaco. No, non di nuovo.
«Gemma, puoi muoverti?», mi chiese Tristan vicino al mio orecchio sinistro. Intuii di essergli appoggiata addosso, sopra il suo grembo.
Scossi il capo, impaurita: «No, non lasciarmi. Ho paura», singhiozzai senza lacrime. Gli cinsi le spalle, confortata dalla sua presenza.
Non mi importava se era il solito mostro. Era meglio del non avere nessuno in quella oscurità.
Troppe volte avevo urlato al vuoto fino a rimanere senza voce. Troppe volte avevo pianto senza che nessuno mi consolasse. E troppe volte ho temuto di morire senza che davvero accadesse.
Lo sentii irrigidirsi fra le braccia, ma solo per pochi minuti. Ricambiò impacciatamente, percependo quanto ne avessi bisogno.
«Dove siamo? Che posto è questo?? È tutto buio», bisbigliai a stento. Avevo un nodo in gola che mi impediva di parlare.
«Temi le tenebre di una prigione fulgida creatura?», mormorò lui, accarezzandomi il capo con delicatezza.
«Fiamma ama rinchiudermi in tuguri come questo da quando ero cucciola. Le temo più di ogni altra cosa», svelai con orrore. Ero un animale diurno, dopotutto.
«Più di me?», domandò contro la guancia, provando a placare la mia angoscia.
Annuii ripetutamente, stringendolo più forte. Tremavo, risucchiata da incubi passati: «Non lasciarmi qui, ti prego».
«Adesso mi implori, Gemma?», dal tono derisorio potevo quasi vederlo il suo ghigno, «Quando stavo per mangiarti non l'hai fatto».
«Morire di paura è molto diverso dal morire e basta», precisai delirante.
Lo sentii fare spallucce: «Sempre di una fine si tratta».
Mi bloccai, ragionando su quel nostro scambio di battute: «È un tuo strano modo per distrarmi da questo incubo?».
«Funziona?», chiese di rimando.
Solo allora mi resi conto che non tremavo più. Un pallido sorriso mi affiorò sulle labbra, rincuorata da Tristan: «Forse un po' funziona, sì».
«Bene, perché ho bisogno di te per uscire».
*Angolino dell'autrice*
Dopodomani pubblicherò il capitolo 19 <3 credevo di averlo concluso ma manca una parte T.T
Chi sa di chi sarà il prossimo punto di vista? X) non vedo l'ora che lo leggiate <3
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