Capitolo 32
.32.
SETH
Mancavano cinque ore all'alba. Tristan e io, eravamo in territorio nemico d'almeno altre tre, e malgrado quel posto brulicasse di guardie armate a ogni angolo, nessuno ci aveva avvistato. Avrei dovuto gioire dell'essere ancora libero - e soprattutto, vivo - eppure, non riuscivo a pensare ad altro se non che fosse l'ennesima conferma sui dubbi del mio amico. Ero stato un ingenuo a non sospettare niente sulle sorti della cerbiatta, accecato dalle buone intenzioni nel salvare Nathaniel. E non ero riuscito nemmeno in questo. E se avessi fallito anche nel tacito tentativo di soccorrere la mia Silene? Provai una fitta in mezzo al petto, ma scacciai l'ombra di quella sgradevole sensazione. Non era né il luogo, né il momento adatto per rifletterci. Lei era viva e stava bene. Doveva esserlo. Appiattito contro la parete della villa, aspettavo il segnale del cobra, arrampicatosi sul tetto in precedenza.
Il cielo, tinto di nero, e trapuntato da una miriade di stelle, riluceva di evanescente chiarore. La brezza gelida, come una carezza sgradita, scompigliava i capelli e frusciava le foglie degli alberi vicini, riempiendo il silenzio di mormorii notturni. L'inverno impiantava radici profonde quando si trattava di gelo.
Appena scorsi il cenno che aspettavo, raggiunsi in cima alla tettoia, scalando i forti arbusti che contornavano le mura dell'abitazione.
«Il balcone delle ssstanze di Lene è sssituato poco più avanti, ssse entriamo da lì, eluderemo le sssentinelle all'interno», mi riferì, sistemandosi gli occhiali da sole alla radice del naso.
Annuii: «Va bene, ma togliti le lenti scure dalla faccia che mi sembri un cretino a indossarle di notte», brontolai, precedendolo nella direzione indicata.
«Ssspiritoso. Già che ci sssei applauditi in faccia», borbottò con sagacia, ma non gli diedi retta, occupato a calarmi dal cornicione e monitorare i paraggi. Annussai l'aria, e affinai l'udito. Mi introdussi nella camera da letto, trovandola deserta. I colori, bianco e lilla, dominavano l'arredo, pregno del profumo di lavanda. Ovunque posassi lo sguardo, mi sembrava di vederla. Quella stanza la rappresentava in ogni sfaccettatura.
Ammiravo le decorazioni intarsiate del soffitto quando Tristan mi strattonò all'interno del bagno - anch'esso intonato alla determinata sfumatura di viola. Udimmo dei passi sommessi; a giudicare dagli scalpicii, due donne e la voce di una, era quella di Silene. Inconsciamente sorrisi nell'ascoltarla. Non mi importava di cosa potesse dire, amavo la musicalità della voce.
La scorsi entrare in camera sua, livida di apprensione. Si era cambiata d'abito, indossando una comoda tuta scura: «Credi che Seth e Tristan stiano bene?», domandò all'altra erbivora, stringendomi il cuore.
«Silene, per l'amor del cielo, smettila di preoccuparti per loro. Sono predatori, i più letali che abbia mai visto da vicino, e io stavo per diventare lo spuntino notturno di uno di loro!», si lagnò l'altra, in tono accusatorio.
«Tristan non ti avrebbe fatto nulla», disse soprappensiero, tentando di rasserenarla, ma l'altra femmina sembrava tutto fuorché calma.
«Oh, certo Lene, ero proprio al sicuro fra le sua braccia, figuriamoci. I serpenti non mangiano piccoli roditori, no signora, loro si nutrono di rugiada mattutina e pupù d'api!», sbraitò contro di lei.
Non resistetti e scoppiai a ridere. Fu più forte di me, immaginando il povero Tristan nutrirsi di escrementi pollinacei, spaventando in questo modo le due prede.
«Seth!». Silene mi buttò le braccia al collo quando sbucai fuori dal mio nascondiglio, stringendomi più forte che potesse e allacciando le sue gambe al mio bacino. Somigliava più a un'adorabile koala, che a una piccola cerva: «Che ci fai qui?! Stupido, Stupido, Stupido». Risi sommessamente dei suoi insulti, coccolandomela. Era talmente tenera che non riuscivo a non sorriderle. «C'è una certa follia nell'amare ciò che potrebbe uccidermi», mi confidò in tono ironico, tirando su col naso, ancora stretta a me. Aveva concluso le parolacce e adesso si era acquietata, ma c'era poco da stare allegri.
«Allora siamo in due ad essere folli», risposi. Di una cosa ero certo, amare Silene equivaleva alla condanna a morte, ma starle lontano, e non sapere se fosse al sicuro fra gli erbivori, la sua gente, era infinitamente peggio. E la mia invasione a casa del nemico, era la prova vivente che i sospetti di Tristan erano più che fondati.
*Angolino dell'Autrice*
Raga ma secondo voi, le api fanno la cacca?
IL PROSSIMO CAPITOLO È UN ALTRO DI QUELLI DOVE SETH E SILENE FANNO LE COSACCE. SAREBBE IL COLMO FARLO USCIRE A NATALE... X)
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