Misteri nel bosco
«Dofe sfiamo andando, Amy?» chiese Jack alla ragazza che aveva organizzato la festa.
La sua voce era alterata dai numerosi drink che aveva bevuto. Forse aveva esagerato, ma gli serviva un po' di coraggio per dichiararsi alla ragazza che gli piaceva. Faticava a rendersi conto che lo aveva invitato, proprio lui, ad allontanarsi dalla festa a cui aveva preso parte quasi tutta la scuola, per starsene in santa pace da soli.
In tutta risposta lei sollevò le braccia verso quella cupa notte impigliata tra le chiome degli alberi. Nuvole nere si susseguivano sospinte dal vento, coprendo a tratti il cerchio di luna piena.
«Lo scoprirai presto» rise giocosa. Gli prese il polso e lo incitò a camminare più svelto, oltre il sentiero di ciottoli che si snodava dietro la casa. «Non è un bel posto dove appartarsi? Nessuno ci disturberà qui, vedrai».
«Mmmh» bofonchiò il ragazzo, improvvisamente imbarazzato. Gli aghi di pino continuavano a graffiargli il viso, i rametti del sottobosco lo facevano inciampare, rendendolo impacciato. Che bisogno c'era di spingersi così distante?
La casa ormai era lontana. La musica non si udiva più, lasciando spazio al fruscio del vento e al respiro del giovane.
Amy lo condusse nel cuore del bosco, ai piedi di un grosso albero rugoso. «Eccoci qui. Ora farai come ti dico. È un posto speciale».
Il ragazzo annuì di nuovo contento.
«Da bravo, sdraiati!».
«Ma è bagn-afo!» biascicò lui.
«Fallo e basta!» gli ordinò brusca e qualcosa nella sua voce gli disse di non fidarsi.
Una cupa nebbiolina grigiastra li stava avvolgendo. In lontananza si udirono degli ululati che lo destarono all'improvviso dal torpore dell'alcol.
«Ci sono i lupi! Amy! Aspetta... Ci sono i lupi qui?».
Sbatté le palpebre più volte e si strofinò le maniche per scaldarsi.
«Amy?» la chiamò, con la sensazione di averla seguita fin lì, ma la testa gli girava e tutto era confuso. I rami oscillavano gli uni sugli altri, come onde del mare impazzite, sbatacchiando fra loro in modo sinistro.
Amy era scomparsa e non sapeva per quale motivo era disteso a terra sulle foglie umide.
****
«Avete visto mio fratello?» domando a voce alta, portandomi le mani attorno alla bocca con la speranza che possa davvero aumentarne il rumore.
Nessuno mi da retta. Tutti continuano a ballare e farsi i fatti propri, schiacciati come sardine, nei loro ridicoli travestimenti da vampiri, mummie, o fantasmi. La musica è così alta che fa vibrare i vetri delle finestre. Un cantante che non conosco grida parole senza senso su una melodia rock, ma sembrano perlopiù versi animaleschi.
«Qualcuno ha visto mio fratello in giro?» ripeto seccata, per poi scendere con un balzo dalla sedia.
Roland mi passa vicino urtandomi con un bicchiere di plastica stracolmo di birra. Lui è uno dei pochi che come me non si è mascherato per la festa di Halloween. «Ops!» si scusa.
«Roland, hai visto Jack?» gli chiedo speranzosa, avvicinandomi al suo orecchio per farmi sentire.
«È con Amy, li ho visti ballare» mi risponde: «E temo che abbia proprio alzato il gomito stasera».
Mi porto una mano alla fronte, sconsolata.
Una ragazza gli salta sulla schiena ed è proprio Amy. Il cappello da strega le cade a terra nel tentativo di salire in groppa a Roland.
«Yu-huuu!» ride mimando un gesto da cowboy: «Jack ha un fagiolo magico!».
«A quanto pare non è l'unico» sorride Roland verso di me, mentre posa la mano libera sulla gamba di Amy per non farla cadere. «Mi dai una mano?».
Annuisco ma poi mi blocco, mentre milioni di possibili immagini mi vengono in mente su che fine potrebbe aver fatto mio fratello da ubriaco. Se Amy è in questo stato, figuriamoci lui. «Solo se poi mi aiuti a cercarlo e a farlo salire in macchina».
«Andata!» accetta volentieri il mio compromesso.
****
Jack tentò di rialzarsi, ma lo stupido mantello che aveva deciso di indossare continuava ad aggrovigliarsi attorno a lui.
No, non era il mantello...
Guardò meglio e nonostante la patina biancastra che gli sfocava la vista, notò le radici che si sollevavano da terra e lo intrappolavano. Più cercava di muoversi e più loro si aggrovigliavano attorno alle sue gambe e ai suoi polsi, stringendo la presa.
«Se è un scherzo, vi giuro...» proruppe arrabbiato, finché sentì delle voci femminili litigare fra loro dietro a un tronco.
«Lo mangio io, allora?».
«No! Tocca a me».
«Ma io l'ho portato qui e non è stata una passeggiata, sorelle».
«Fa in fretta allora, il suo odore è succulento. Io non resisto».
Il ragazzo urlò: «Amy finiscila, non ti prenderò mai più in giro! Te lo giuro!».
Una voce ridacchiò. «Sentite quanto batte forte il suo cuore».
«Per favore, sorella mangialo o lo farò io».
«Amy, smettila... Ti prego!» piagnucolò Jack. L'ansia gli premeva sullo stomaco e un sapore acre lo avvisava che la manciata di arachidi che aveva mangiato poco prima minacciava di risalire.
«Non avere paura» cantilenarono le tre voci in coro e dalla penombra sbucò una strana creatura.
Era molto alta.
Aveva sembianze umane e capelli neri, lunghi, che le scendevano fino alle spalle e si sollevavano in due grandi corna sulla testa. Teneva le palpebre abbassate come se stesse dormendo. Non aveva labbra ma denti affilati che le sporgevano dal punto in cui si trovava la bocca.
«Amy?» domandò stordito il ragazzo.
«Non sono quella sciocca umana» ridacchiò la creatura: «Io sono un wendigo e tu sei la mia preda».
****
«Appena lo troviamo lo uccido con le mie mani» sospiro frustrata.
«Non ti preoccupare, sarà steso a dormire da qualche parte» cerca di rassicurarmi Roland.
Ci siamo appena ritrovati nel corridoio d'ingresso dopo aver perlustrato tutta la casa di Amy. Non c'era traccia di mio fratello. Dove cavolo poteva essersi cacciato?
Il campanello si mette a suonare insistente. Mi dirigo verso la porta per controllare chi sia, ma Samantha, la cugina di Amy, sbuca come un'apparizione dall'arco che conduce alla cucina e mi precede.
«Dolcetto o scherzetto?» gridano due bambine all'unisono, mentre apre la porta.
«Abbiamo finito le caramelle» risponde seccata Samantha.
«Per favore» la supplica la bambina: «Almeno fareste felice la mia sorellina. Si è spaventata tanto per colpa del vostro orribile spaventapasseri».
«Ma non abbiamo nessun spaventapasseri. Non abbiamo nemmeno messo fuori le zucche».
Io e Roland ci scambiamo uno sguardo perplesso. Che stessero parlando di Jack? Dopotutto non avevamo ancora cercato nel giardino.
«Se si mette a girovagare per strada brillo sicuramente farà qualche danno» mi preoccupo.
Superiamo Sam che sta ancora negoziando con le due bambine travestite da gatto, e usciamo nella fredda notte di Ottobre.
****
Ad ogni suo passo, dai piedi del wendigo fuoruscivano scintille di fuoco che rischiaravano il buio.
Jack gridò aiuto finché la gola gli fece male, ma erano troppo lontani, lì nel bosco. Nessuno corse a salvarlo.
La creatura si posò cavalcioni sopra di lui e gli piantò i denti nel torace.
Nel momento in cui il sangue della sua preda sgorgò zampillante, la pelle del wendigo iniziò a scaldarsi, assumendo un colore umano, rispetto all'azzurro ghiaccio precedente.
Si deliziò di quello stolto, mentre dilaniava a morsi il suo tenero cuore e le sorelle, ancora celate dall'albero, borbottavano invidiose.
****
Roland è più veloce, corre verso la strada, oltre il vialetto, chiamando mio fratello.
Si ferma. Torna indietro verso di me, mentre l'ho quasi raggiunto.
«Non guardare» apre le braccia e mi accoglie tra le pieghe della sua giacca. «Ssssh, non guardare» ripete, accarezzandomi i capelli.
Eppure la curiosità è troppo forte e decido di sbirciare oltre la sua spalla.
Alla luce della luna noto delle scarpe penzolare da un ramo di un albero che dà sulla strada. Assomigliano molto a quelle di mio fratello. Non mi ricordavo di quella decorazione.
Sollevo lo sguardo sulla figura, ha un foro nel petto nel punto in cui dovrebbe esserci il cuore e sangue secco rappreso su tutta la camicia.
«Liz, no!» tenta di fermarmi, accorgendosi del mio gesto.
Jack non sta dormendo. Ha gli occhi aperti, uno sguardo sbarrato, le labbra blu e penzola nel vuoto, sorretto soltanto dal cappuccio del mantello.
Se Roland non mi stesse tenendo mi accascerei al suolo. Che cosa sta succedendo?
«Altri due pasti» gracchia una voce che sembra provenire dall'interno dell'albero.
Percepisco Roland rabbrividire contro il mio corpo. Lo ha sentito anche lui?
«Torniamo dentro» mi suggerisce nervoso.
«Non possiamo lasciarlo lì» sussurro scioccata, senza ancora rendermi conto che mio fratello è stato ucciso da qualcuno o qualcosa.
«Liz, dobbiamo chiamare la polizia».
Roland scioglie l'abbraccio e cerca di convincermi a tornare in casa, ma lo evito e mi avvicino all'albero. La strada è stranamente deserta per essere Halloween.
Sto per toccare una scarpa di mio fratello quando una mano mi afferra il polso. Urlo.
Delle urla provengono anche dalla casa, sembrano un'eco della mia.
«Andiamo nel bosco! Presto!».
Non è più una voce gracchiante o femminile a pronunciare quelle parole, ma la voce di Roland.
«Nel bosco saremo al sicuro» mi sussurra dolcemente, ed io come stregata non posso fare altro che annuire.
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