L'uomo nero
Il quadro con il vascello pirata aveva ricominciato a perdere acqua. La marea stava inondando lo sgabuzzino, scivolando come una cascata oltre il bordo di finto oro.
«Un fulmine deve aver colpito l'antenna, ancora!» inveì l'uomo nero sotto i baffi neri. «Che palle! Quanto detesto i temporali, soprattutto quelli che colpiscono le antenne.»
Invece di cercare asciugamani o un secchio, cominciò a tastarsi le tasche interne della tunica nera. Prese un sigaro e se lo accese, sfregandone la punta direttamente sulla parete. Non riusciva a calmarsi se non fumava un po'. Se non faceva almeno una o due tirate non riusciva nemmeno a pensare lucidamente.
L'acqua salata continuò a gorgogliare, bagnandogli i lucidi mocassini neri.
«Va tutto bene» cercò di tranquillizzarsi tra una boccata di fumo e l'altra, lasciando che la cenere cadesse come neve sulla superficie dell'acqua che saliva. «Se anneghi chi si porterà via i bambini?»
Un insetto uscì da un scatolone pieno di tappeti arrotolati. «Caspita, comincia a farsi umido qui dentro» protestò, aprì le alucce e gli svolazzò fin sopra la spalla.
Se fosse stato un esperto di insetti avrebbe saputo dire a quale specie appartenesse, ma lui era soltanto esperto di bambini.
«Che posso fare?» Lanciò il resto del sigaro nell'acqua. La sottile scia di fumo che si spegneva accentuò la sua delusione.
«Cerca una mappa» suggerì l'insetto.
«Una mappa?»
«Certo. C'è sempre bisogno di una mappa quando si comincia un'avventura. Tutto parte da lì.»
«A cosa mi serve? Hanno chiuso la porta di questo sgabuzzino dall'altro lato, per adesso non posso uscire. Non sono mica un fantasma, io.»
La prima volta che quello stupido quadro aveva cominciato a perdere acqua, non ne aveva lasciata cadere così tanta. L'uomo nero si era limitato a salire su uno sgabello a cui mancava una gamba; ma ora il mare intero si stava riversando dentro quelle mura ammuffite.
«Sai, per non finire su una tagliola o in una trappola, è sempre meglio seguire un percorso» continuò imperterrito l'insetto, scuotendo le zampe come un domatore.
«Taci, sottospecie di microscopica tartaruga, alata e mutante» lo schernì l'uomo nero, «Non mi servono questi stupidi consigli.»
«Se non ti muovi a cercare una mappa, credo che io e te ci faremo un bel bagno.»
L'uomo nero guardò da tutte le parti e cercò negli scatoloni abbandonati lì dentro: uno sturalavandini ingiallito, un vecchio carillon a forma di ghigliottina, peperelle di gomma senza gli occhi, un libro per compiere rituali satanici (fradicio), tasti di un pianoforte rotti, tappeti persiani...
L'acqua ormai gli arrivava al collo, il contenuto degli scatoloni galleggiava e lui nuotava.
«Guarda, sembra proprio una mappa!» esordì l'insetto, svolazzando in cerchio davanti a un foglio plastificato con una grossa freccia stampata sopra.
Il simbolo puntava a un pulsantino rosso incastrato tra due armadietti di ferro arrugginito. L'uomo nero lo pigiò. Un allarme li raggiunse da dietro la porta che si aprì.
L'acqua scivolò per il corridoio e l'uomo nero giurò a se stesso di non nascondersi mai più negli sgabuzzini.
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parole: 500
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