L'orso rosso

Gli orsetti di gomma mi avevano sempre fatto ribrezzo, perché sono gommosi e strapieni di colorante. Odiavo loro e i cugini ragni, squali e coccodrilli, ma quando abiti nella città dove li hanno inventati non puoi dire che non ti piacciono! Quindi mentivo da sempre a tutti, dicendo che ne andavo pazzo.

Essendo Halloween e tutte le caramelle del minimarket vicino casa in sconto, avevo deciso di farne una scorta. Regalando orsetti gommosi a tutti i bambini che avrebbero bussato alla mia porta, speravo di renderli felici e sopratutto che mi lasciassero finire in pace la mia serie tv preferita senza farmi nessuno scherzo. Lo scorso anno non li avevo comprati e mi avevano riempito il giardino di gomme da masticare.
Uno schifo!

Stavo tornando a casa dopo aver chiuso la libreria, pregustandomi una serata in tranquillità con la compagnia degli orsetti, quando scorsi le luci accese alle finestre.

Strano! 

Non ricordavo di averle lasciate accese. Pensai che mi fossero entrati i ladri in casa, dopotutto abito alla fine di una viuzza isolata, in periferia, ma la porta non presentava segni di scasso. 

Con il cuore in gola afferrai l'ombrello che avevo all'ingresso e mi avviai verso il salotto, ma tutto era in perfetto ordine, come lo avevo lasciato.

«C'è qualcuno?» domandai a voce alta.

Nessuno rispose e mi rilassai, quando il mio sguardo cadde su uno dei venticinque pacchetti di orsetti che avevo comperato. Era aperto e gli orsetti erano sparsi un po' ovunque.

Ne trovai uno blu sul bracciolo del divano. Due verdi che si stavano sbaciucchiando sul tavolino di fronte alla tv. Uno giallo sulla playstation. Uno marrone sulla mensola, che fissava la foto di me in campeggio.

Mentre li seguivo raccogliendoli man mano, cercando di trattenere smorfie disgustate, mi accorsi che la scia di orsetti mi stava conducendo verso il bagno.

La porta era semiaperta.

La luce sfarfallò. Sentii il rumore dello sciacquone.

«Chi è là? Chi sta usando il mio gabinetto?».

La voce mi tremolava per la tensione. Sospinsi l'anta con la punta dell'ombrello, preparandomi al peggio, ma il bagno era vuoto.

Mi avvicinai alla tazza di ceramica e ci trovai un orsetto rosso, non gommoso, ma di peluche. Mi sorrideva con il suo pelo bagnato, incastrato nel water.

«Ma che diamine...» sussurrai senza capire.

La luce riprese a sfarfallare, come se la mia casa fosse infestata.

«Amaci» mi rispose una vocina.

«Amaci» le fece eco un'altra.

Sembravano le voci di un bambino.

Solo dopo un momento di smarrimento capii che provenivano dagli orsetti nella mia mano. Li lasciai cadere per terra, spaventato.

Mi stropicciai gli occhi.

Gli orsetti si misero in piedi, uno sull'altro, formando una torre alta quanto me. Altri salirono le scale, saltando come grilli impazziti.

«Amaci o noi mangeremo te!» mi urlò contro un orso rosso, mentre mi appiattivo contro il muro.

Aspirò i suoi compagni, diventando enorme, gonfiandosi. Mi scagliai contro di lui per dargli un morso, distrarlo e scappare via.

Ma lui fu più svelto di me.

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