Il piano più folle di sempre
La donna si asciugò le goccioline di sudore dalla fronte, lasciandosi della polvere di gesso sulla pelle che aveva una vaga sfumatura arancione dovuta alle fiamme delle candele sparse per la stanza.
Osservò il suo lavoro con aria soddisfatta. «Ti sembra che possa andare bene, Mercy?».
La segretaria e guardia del corpo era rimasta ferma sull'uscio chiuso, con le braccia strette attorno al petto come se sentisse freddo. «È come nel libro, signor Luthor».
Lexy roteò gli occhi. Mercy Graves aveva la brutta abitudine di chiamarla "signore" anche quando non portava la maschera e l'abbigliamento del famoso magnate della LexCorp. Fingersi un vecchio era tutta una copertura per depistare il suo nemico numero uno: Superman. Nessuno sospetterebbe mai che dietro un vecchio ci sia in realtà una donna.
Distese le braccia sopra il pentacolo. Su ogni punta della stella aveva posizionato una preziosa e costosissima pietra verde. Ripensò per un attimo a tutti quei bambini che quella notte erano in giro a fare dolcetto o scherzetto. Era passato di moda travestirsi da strega o vampiro, adesso erano tutti Hulk, Spiderman, Ironman, Batman, Capitan America o Wonderwoman. Ovviamente anche Superman aveva il suo successo.
Una ruga le increspò la fronte, dandole un aspetto molto più vecchio degli anni che aveva.
«Sorgi, oh demone! Exsurge Domine Tenebrarum» recitò a voce alta. «Nella notte in cui i morti tornano a farci visita e la magia ci abbraccia più da vicino, io ti invoco e ti comando al mio volere».
Si tagliò una ciocca di capelli rossi che gettò in una ciotola piena di acqua e sale al centro del cerchio. L'acqua vibrò e le pietre si sollevarono lentamente. Un sorriso trionfante si dipinse sulle labbra di Lexy, finalmente avrebbe ottenuto la sua vendetta.
Qualche ora più tardi Lex Luthor era comodamente seduto sulla terrazza del suo nuovo palazzo ad ammirare la città. La pelle accuratamente invecchiate grazie a del trucco, la maschera che celava il suo vero volto.
«Non è bella la notte stellata?» domandò trepidante a Mercy che gli posava una coperta sulle spalle. La sua voce era quella di un uomo, così diversa da quella di Lexy.
«Sì, è molto bella signor Luthor» rispose la segretaria.
L'uomo picchiettò le dita rugose sui braccioli della poltrona. «Buon Halloween, Superman» sussurrò ghignando come se potesse vedere la scena.
Superman, alias Clark Kent, si era cambiato di fretta in una cabina telefonica non appena aveva capito che qualcosa non andava. Era sicuro che Lois non lo avrebbe mai perdonato per quella sparizione improvvisa. Stava volando tra i palazzi, il vento si mescolava alle urla delle persone che come formiche impazzite correvano sotto di lui, tra i taxi e le macchine.
Un gigante di pietra verde minacciava la città. Era alto quasi come i grattacieli del centro. Dove posava i piedi si formavano dei piccoli crateri.
Doveva assolutamente condurlo fuori dalla città.
«Superman, dove sei?».
Il mostro afferrò un pullman tra le dita, sembrava proprio una caramella nella sua mano, e lo scaraventò lontano. Avrebbe colpito un bar se Superman non avesse afferrato prontamente il mezzo per poi posarlo a terra come se fosse stata una pallina da tennis.
Dalla bocca del gigante uscivano sbuffi di fumo caldo; si stava arrabbiando.
Superman si bloccò interdetto, il mantello rosso che gli svolazzava dietro le spalle. Quel mostro era fatto interamente di kryptonite, il suo unico punto debole. Le cavità oculari del gigante si posarono su di lui. Superman virò, rimanendo a distanza di sicurezza, attirandolo lontano dal centro verso la campagna. Il mostro si mise a seguirlo, cominciando a correre.
Sulla terrazza Mercy tossicchiò. «Signore, dovete preparavi per l'appuntamento con Thor».
«Ah già!». Lex Luthor si batté il palmo sulla fronte. «Speriamo che questo nordico muscoloso attira fulmini non si ritrovi ad essere anche lui un ex» ridacchiò finché della saliva gli andò di traverso.
Superman non poteva volare in eterno. Si fermò cercando di affrontare la sua paura, stava per usare la sua vista di fuoco quando il mostro lo intrappolò con la sua lunga lingua velenosa. Sentì subito che i suoi super-poteri lo stavano abbandonando.
Tentò di liberarsi da quella presa micidiale e il mostro scomparve come un alito di vento, facendolo precipitare sopra ad una balla di fieno. Che cosa stava succedendo?
Si ripulì dalla paglia mettendosi seduto, guardando verso il cielo, in ascolto di un qualsiasi segnale.
Nel grattacielo della LexCorp due paia di tacchi ticchettavano sul marmo e Mercy nascondeva nel taschino della giacca un ciuffo di capelli rossi.
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