Con le ossa si dorme scomodi

Un rivolo di sudore scende lungo la tempia di Maximillian, mentre il suo sguardo vaga dal piccolo schermo del suo EMF K2 al resto della stanza, illuminata soltanto dalla luna che filtra dalla finestra di vetri rotti.

Il suo respiro si condensa in una nuvoletta calda. 

Non c'è traccia di anima viva nel manicomio abbandonato di Saint George, nella contea dell'Hempshire. Dicevano sempre tutti così, fino a quando i giornali locali hanno cominciato a riportare strani eventi nei pressi dell'edificio fatiscente. Passanti affermavano di aver visto pietre volare attraverso il cortile incolto, scritte dipinte di rosso comparire e scomparire sui muri di mattoni e di aver udito diversi lamenti. Soltanto qualche giorno prima, un uomo aveva raccontato al telegiornale che una strana ombra grigia gli aveva tagliato la strada, balzando proprio fuori dal cancello, mentre percorreva tranquillo la tangenziale. 

Stava per mollare, il vecchio Maximillian, cacciatore di fantasmi. Sente i piedi formicolare a causa di tutto il tempo in cui è rimasto accovacciato, lì, nel sottoscala. Si passa una mano sulla faccia, rassegnato e poi finalmente l'apparecchio si attiva e registra il cambiamento nel capo elettromagnetico.

Maximillian si risveglia di colpo e scruta l'oscurità al di là del fascio lunare.

Tomp. Tomp. Tomp.

Qualcuno si sta avvicinando dalla fine del lungo corridoio. Saltella come se avesse i piedi legati o come se fosse dentro a un sacco.

Più si avvicina, più il cacciatore si accorge delle sue fattezze. L'uomo è fatto di fumo biancastro contornato da un'aura azzurrognola e attorno al busto è legato da una camicia di forza che gli contiene le braccia strette al corpo.

Maximillian si immobilizza. Ne ha visti molti di spettri, ma mai senza occhi come quello laggiù. Dalle cavità oculari del fantasma esce un liquido vischioso, nero, simile al sangue.

Il fantasma si ferma a qualche passo da lui.

Maximillian accende la radio che dovrebbe decodificare la sua voce se gli andasse di proferir parola.

«Chi sei?» gli domanda il cacciatore.

La radio vibra, emette singulti. L'uomo sta piangendo.

«Lei piange. Lei non mi lascia mai dormire».

«Chi ti da fastidio?».

«Quella della stanza 125, è un demone».

Maximillian si alza, tira fuori dalla tasca posteriore la piantina di quello che una volta era il manicomio e la consulta alla luce lunare.

«Non c'è nessuna stanza 125». Volge lo sguardo all'uomo che si dimena come un verme.

Il fantasma con la camicia di forza si sta ancora lamentando, guarda fuori, osserva la notte.

«Che giorno è?» chiede tra i singhiozzi.

«31 Ottobre».

«Oggi mi dimettono» dice e poi si lancia con un balzo all'esterno.

«No, aspetta!». Maximillian si dirige alla finestra e si da una pacca sulla fronte. Ha dimenticato di accendere la telecamera notturna per riprendere la scena.

Osserva il giardino, evitando di sporgersi troppo sui pezzi di vetro appuntiti, ma del suo spettro psicopatico non c'è più traccia. Il nastro giallo che teneva chiusa saldamente la ringhiera del cancello oscilla nel vento.

Quando si volta, una striscia di sangue gocciola dal muro, macchiando il pavimento. La scia si dirige su per le scale. Maximillian afferra la telecamera, la scatola traduttrice e si mette a filmare.

Sale i gradini a due a due talmente sono stretti e arriva al piano superiore dove la traccia si interrompe improvvisamente.

Toc. Toc.

Qualcuno bussa alla prima porta a destra. Maximillian la apre e seduta sul lettino trova una bambina dai contorni azzurri. Anche lei sta piangendo e continua ad arrotolarsi un fazzoletto sporco tra le mani.

«I dottori hanno detto che è morta perché ha smesso di prendere i farmici».

«I dottori sono mostri».

Si siede meglio sul materasso, portandosi le ginocchia al petto.

«Oh mammina, perché?» sospira.

Alza il capo e si accorge dell'intruso.

«Il signore che tenta di cavarsi gli occhi ti ha detto di venire qui?».

«Non mi piacciono i dottori».

Sbuffa.

«Non sono un dottore, sono un amico. Ti voglio aiutare» tenta di rassicurarla il cacciatore.

La bambina scuote la testa, i capelli le finiscono davanti la faccia, se li scosta subito con le piccole manine scarne.

«Lei diceva che con le ossa si dorme scomodi» sussurra, posando il mento sul ginocchio destro. Lo ripete come la cantilena di una filastrocca. «Senza ossa si dorme meglio, le mangia il cane, ci fai un rastrello».

La bambina estrae un pugnale ricurvo da sotto il cuscino.

Maximillian fa un passo indietro, ma la sua schiena sbatte contro la porta che si è chiusa bruscamente alle sue spalle.

«Ossa! Ossa! Ossa!».

La telecamera si spegne.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top