8 - Idiota


Il sole della domenica mattina illuminò la stanza e si depositò sul viso addormentato del ragazzo che dormiva beatamente nel suo letto. La pelle chiara rifletteva quel bagliore che si spandeva anche sui suoi capelli scuri, adagiati confusamente sul viso e sul cuscino.

Bruno aveva passato la serata a divertirsi con quella ragazza, si erano incontrati, si erano baciati, si erano rotolati tra le lenzuola e poi si erano salutati senza ulteriori promesse. Non si fidava delle persone lui, non voleva mostrare la sua fragilità a nessuno, era stato oggetti di troppe critiche fin da piccolo, quindi aveva costruito un muro di mattoni intorno a sé e e non aveva alcune intenzione di demolirlo.

Niente sentimenti, niente dolore.

Lentamente riemerse dal mondo dei sogni e si stropicciò gli occhi, adorava svegliarsi con la luce naturale, creava l'illusione di non avere orari, obblighi, impegni.

Scostò le lenzuola leggere, rivelando un corpo coperto solamente da un paio di mutande grigie. I muscoli delle cosce si tesero quando fece lo sforzo di alzarsi dal materasso, i dorsali si allungarono quando portò le braccia sopra la testa per stirarsi la schiena, i bicipiti si ingrossarono da una parte e poi dall'altra, quando si inclinò lateralmente per distendersi meglio. Ruotò lentamente il collo, chiudendo gli occhi per ripararli alla luce del giorno e, quando abbassò le braccia, lasciò che le larghe spalle si rilassassero insieme al resto della sua ampia schiena.

Raggiunse il bagno, si lavò, poi tornò in camera e indossò un paio di pantaloncini sportivi larghi, lunghi fino al ginocchio e una canottiera oversize con sopra il logo una squadra di basket a caso. Afferrò il borsone poggiato vicino al suo letto e si diresse in cucina, dove trovò sua sorella e sua madre impegnate a fare colazione.

Prese posto su una delle sedie libere e afferrò un biscotto dalla confezione, masticando in silenzio, ma fu sua madre a rompere la quiete: "Vi siete divertiti alla festa, ieri sera?"

Carola si limitò ad alzare le spalle mentre Bruno decise di proferire le prime parole di quella giornata: "Come al solito"

Istintivamente un sorriso furbo spuntò sulle sue labbra e ciò non sfuggì alla sorella che si affrettò a ribattere: "Questa volta ricordi almeno il nome?"

"Bruno!" esclamò la madre costernata, poggiando la tazzina di caffè sul tavolo, dopo avergli rivolto uno sguardo indignato.

Il ragazzo non si lasciò intimidire e rispose, rivolto alla sorella: "E tu, hai cambiato sponda? Ti ho vista con quel ragazzo"

"Carola!" disse la madre, spostando la sua attenzione su di lei, pensando a chissà qualche azione stesse menzionando il figlio.

"Abbiamo solo parlato" si giustificò Carola, fulminando Bruno con gli occhi.

"Anche noi" scherzò allora lui, provocando nelle due donne un'alzata di occhi al cielo simultanea.

Bruno accennò una lieve risata, addentò un nuovo biscotto e continuò: "Comunque, quel ragazzo, ha un'aria familiare"

Carola sospirò e replicò: "È in classe con te, idiota"

"Paolo?" provò a indovinare il ragazzo, alzandosi dalla sedia.

"Fabio!" lo corresse la sorella, sospirando nuovamente mentre Bruno si chinava per afferrare il borsone che giaceva a terra.

"Questi nomi..." disse poi lui, tornando a raddrizzarsi con la cinghia del borsone che pendeva da una spalla per poi continuare, ma il suo cellulare prese a squillare. Il ragazzo lo sfilò dalla tasca e, non appena vide il nome sullo schermo, la sua espressione divenne di pietra. Chiuse la chiamata senza nemmeno rispondere e uscì della porta d'ingresso mormorando: "vado in palestra"

"Quell'uomo continua a chiamarlo" commentò Carola con uno sbuffo, sorseggiando poi la sua tazza di caffè.

La madre la rimproverò con lo sguardo e replicò: "Non dovresti chiamarlo così, è pur sempre tuo padre"

"Solo biologicamente" precisò la ragazza, rabbuiandosi.

La donna di fronte a lei fece un profondo sospiro e mormorò: "Sta cercando di rimediare al passato"

"Lo so" disse Carola "ma Bruno non può perdonarlo"

"Perché?" domandò angosciata la madre, rivolgendo un'occhiata di supplica alla figlia.

Carola assunse un'espressione dura e ribatté: "Perché deve prima perdonare sé stesso"

"Perdonare sé stesso...?" ripetè la madre, tentando di capirne il senso.

Carola attese qualche secondo che la madre capisse cosa intendeva dire, lo leggeva nei suoi occhi che sapeva, ma non voleva dirlo a voce alta, non voleva crederci davvero, perciò preferì stare in silenzio. Non era mai stata una donna che affrontava le situazioni difficili con impulso. Ci aveva messo anni per divorziare dal marito, nonostante non lo amasse da molto tempo.

Carola però non voleva lasciare quel discorso in sospeso, così concluse: "Bruno deve prima perdonare sé stesso per essere nato sbagliato"

Dopodiché si alzò, senza guardare la madre che aveva trattenuto il respiro e si ritirò in camera sua, stanca di quella conversazione pesante già di primo mattino.

Si buttò sul letto e ripensò alla sera precedente, era sopravvissuta alla sua prima festa in quella città nuova, aveva fatto amicizia e si era pure divertita. Fabio era stato uno piacevole scoperta, carino, simpatico, amichevole.

Avevano mangiato zucchero filato, avevano chiacchierato, lui le aveva mostrato la piazza addobbata con tanti fiori e lucine, mentre lei gli aveva descritto com'era la città nella quale viveva prima. Ma ogni volta che lui l'aveva guardata, Carola aveva notato quella scintilla nei suoi occhi, era interesse.

Interesse verso di lei.

Le sue guance si erano colorate di rosa ogni volta che lo sguardo di lui si era depositato su di lei, ma non era per timidezza o entusiasmo. Carola era a disagio perché non le piaceva ricevere quel genere di attenzioni dai maschi, non voleva rivelare già la sua propensione verso le ragazze, non voleva essere quella strana già all'inizio di quell'anno scolastico.

Ma sapeva che non poteva nemmeno illudere quel povero ragazzo, doveva chiarire prima ancora che le cose si evolvessero, ma non voleva leggere la delusione sul viso di Fabio. Era stata l'unica persona gentile con lei fino a quel momento e si era pure offerto di aiutarla a recuperare le materie che lei trovava più difficili.

Forse poteva aspettare ancora un po', poteva trattarlo come un normale compagno di scuola, accettarlo come amico senza andare oltre.

Forse avrebbe funzionato. Quello che non funzionava invece, era il suo desiderio di vedere quella persona anche quando non era a scuola, seduta di fianco a lei. Quella pelle macchiata così particolare, quel viso perfetto nelle sue imperfezioni, quell'espressione impaurita che nascondeva negli occhi enigmatici.

Carola aveva cercato Cecilia tra la folla di quella festa, aveva sperato di scorgere i suoi ricci scuri, non per stare con lei o parlarle, non voleva certo spaventarla. Semplicemente avrebbe voluto scorgerla, le bastava questo.

Chiuse le palpebre e sbuffò sonoramente. Doveva smetterla di pensarci. Si sollevò a sedere, poggiando la schiena sullo schienale del letto e afferrò il telecomando, pigiando il pulsante di accensione.

Il viso tondo di Bridget Jones le apparve sullo schermo, proprio mentre lei stava dicendo che si sentiva una perfetta idiota di fronte al suo spasimante, Mark.

Anche Carola si sentiva una perfetta idiota in quel momento, perciò decise di non cambiare canale e continuò a seguire quella conversazione.

"Non penso affatto che tu sia un idiota" disse improvvisamente Mark, proprio mentre Bridget stava per uscire dalla casa "oddio, è vero che c'è qualcosa di ridicolo in te, nei tuoi modi e tua madre è piuttosto imbarazzante. E devo ammettere che sei veramente pessima quando ti capita di parlare in pubblico, e tutto quello che ti passa per la testa lo fai uscire dalla bocca senza tener tanto conto delle conseguenze. Certo, mi rendo conto che quando ti ho conosciuta al buffet di tacchino al curry di Capodanno sono stato imperdonabilmente scortese e avevo addosso quel magione con la renna sopra... che mi aveva regalato mia madre il giorno prima. Ma il punto è... quello che cerco di dirti... in modo molto confuso... è che, in effetti, probabilmente, malgrado le apparenze... tu mi piaci. Da morire"

Bridget alzò gli occhi al cielo, un po' irritata, e rispose: "Ah! A parte il fatto che fumo, che bevo e che ho una madre volgare e... soffro di diarrea verbale..."

Mark, con un'espressione seria sul volto, la interruppe per confermare: "No, tu mi piaci da morire, Bridget, così come sei"

Il viso di Cecilia tornò prepotente nella testa di Carola. Accidenti, anche a lei cominciava a piacere, così com'era. 

Buonasera mie care lettrici, questi aggiornamenti settimanali sono troppo scarsi, mi mancate comunque! Purtroppo non ho ancora abbastanza capitoli da parte per aumentare le pubblicazioni, ma prometto di rimediare presto a questa mancanza. 

Essendo questa una storia che esce un po' dai miei soliti schemi, adesso che ci siamo addentrati un poco nelle vite dei protagonisti, sono curiosa di sapere cosa ne pensate. Qual'è il vostro personaggio preferito finora? 

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