41 - Trappola


L'inverno era ormai arrivato e ottobre era appena finito. Ma non prima di aver festeggiato con il tradizionale festival di halloween. E come ogni evento, dalla fioritura di un roseto alla creazione di una nuova melodia, anche la festa dei morti veniva presa molto seriamente dalla cittadina nella quale viveva Cecilia. 

Era da una settimana che la piazza brulicava di persone indaffarate, impalcature montate, addobbi spaventosi esagerati. Cecilia era passata un paio di volte per le vie del centro e si era sentita inquieta con quegli scheletri che la osservavano appesi sopra di lei.

Non era una grande amante dell'orrore, lei era più per il romanticismo, anche se non partecipava mai neppure al festival degli innamorati, il giorno di san Valentino.

Ma forse, a quello avrebbe voluto prender parte, mentre Halloween non la intrigava per nulla. La intimoriva sicuramente, lei che pure i thriller guardava con gli occhi socchiusi, mentre suo padre le spiegava le scene.

"Adoro questa festa!" esclamò Carola un giorno con il naso rivolto all'insù verso una grossa ragnatela che decorava il muro di un palazzo.

Cecilia seguì il suo sguardo e deglutì vistosamente, non le piaceva quello che stava pensando l'amica, poteva intuire la frase che sarebbe venuta subito dopo e, infatti, non si sbagliò.

"Partecipiamo alla festa questo sabato?" continuò Carola con un sorriso sul volto e la speranza negli occhi.

Cecilia le rivolse un'espressione spaventata, gli occhi spalancati e la bocca bloccata.

Vedendo quella reazione, l'amica scoppio a ridere, le poggiò una mano sulla spalla e le disse: "Dai, sarà divertente"

E, come tutte lei volte che Carola le proponeva qualcosa, Cecilia si ritrovò al sabato pomeriggio a specchiarsi in camera sua per decidere cosa indossare.

Sbuffò sonoramente, e lanciò la felpa che stringeva tra le mani sul letto. Perché accidenti aveva acconsentito ad andare? Dalla sua finestra già si infiltrava la musica della piazza, che si faceva strada tra le vie del centro.

Boys and girls of every age(ragazzi e ragazze di tutte le età)

Cecilia prese dall'armadio un paio di jeans larghi e li poggiò davanti alle gambe, piegando la testa di lato.

Wouldn't you like to see something strange? (vi piacerebbe vedere qualcosa di strano?)

Sbuffò nuovamente e buttò anche quelli sul letto.

Come with us and you will see (venite con noi e vedrete)

Tornò con gli occhi sull'armadio e scorse i capi che lo popolavano. Non si sentiva carina con nessuno di essi, ma fino a quel momento non le era mai importato, anzi non voleva farsi notare.

Cos'era cambiato?

This, our town of halloween (La nostra città di Halloween)

Scosse la testa per scacciare quei pensieri, afferrò e infilò un paio di jeans più aderenti sulle cosce che cadevano a zampa sulle scarpe da ginnastica, abbinò un maglioncino blu e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, con le ultime note di quella canzone che le giunsero all'orecchio.

This is Halloween, this is halloween.

Bruno non amava particolarmente quella festività, in realtà non gli importava molto di ciò che faceva paura o meno, perché l'unica cosa che lo spaventava erano sempre stati quei maledetti colori.

Puntò i suoi occhi su una bancarella che vendeva ogni sorta di dolcetti a base di zucca, l'insegna mostrava una serie di disegni colorati, ma per lui erano solo un paio. Ogni sfumatura di verde era sempre stata un problema per lui, così come il marrone e il rosso. Spesso si mischiavano tutti insieme, perciò tendeva a ignorarli quando poteva.

Infilò le mani nella tasche dei jeans, buttò aria fuori dai polmoni formando una nuvola di condensa davanti alla sua bocca e vagò con lo sguardo intorno a sé, mentre i suoi piedi lo portavano per la piazza.

Ogni tanto qualche ragazza gli lanciava uno sguardo, qualche amico lo salutava, ma quella sera Bruno non era particolarmente loquace, forse perché quello stesso pomeriggio aveva avuto una sgradevole conversazione telefonica con il padre.

Non sapeva nemmeno per quale motivo aveva risposto, era soprappensiero e aveva fatto un errore. Si era dovuto sorbire una discussione con quell'uomo con il quale condivideva solamente il sangue, il quale era convinto che essere un padre fosse sinonimo di dittatore. Ma non aveva capito che lui non poteva decidere nulla sul suo futuro, cosa studiare, che sport praticare, come vestirsi, con chi uscire. 

Ma ciò che maggiormente detestava era la maniera in cui suo padre tentava sempre di nascondere a tutti il daltonismo di Bruno. Come se fosse qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere a ogni costo. Forse era per questo motivo che Bruno invece aveva cominciato a mostrarlo senza farsi troppi problemi.

Immerso nei suoi pensieri, si fece strada tra la folla che brulicava nella piazza, quando i suoi occhi caddero su una ragazza con indosso un maglioncino blu, i capelli ricci arruffati e lo sguardo perso. Cecilia si comportava sempre in maniera bizzarra dalla prospettiva di Bruno, ma questa volta pareva ancora più strana del solito. Bruno si avvicinò un poco a lei, incuriosito e seguì la direzione dei suoi occhi. Cecilia stava fissando Emma che si dirigendo verso di lei, ma non l'aveva ancora notata.

Era evidente che la ragazza non voleva imbattersi nella sua compagna di scuola, si stava guardando intorno alla ricerca di un nascondiglio che non sembrava trovare, così Bruno, che ormai era arrivato dietro di lei, intervenne.

Allungò un braccio per raggiungere il suo polso con la mano e strinse delicatamente le dita intorno a esso. Cecilia trasalì e si voltò di scatto, incontrando la figura alta di Bruno.

Il respiro si bloccò nei suoi polmoni mentre Bruno la trascinava verso un edificio che era poco lontano da dove si trovavano loro. Varcarono la porta senza prestare attenzione all'insegna sopra esso, Cecilia si lasciò guidare senza dire una parola, questo era l'effetto che le faceva quel ragazzo. 

A metà tra il desiderio e il terrore.

"Da questa parte, prego" disse loro una ragazza travestita da vampiro, facendo segno verso un corridoio. Bruno si incamminò, portandosi dietro Cecilia. Nella testa del ragazzo c'erano tante domande senza risposta sul perché avesse deciso di intervenire in suo aiuto, ma di una cosa era certo, ancora una volta, stava sbagliando.

Il posto dove si trovavano era buio e spettrale, decorato con ragnatele e teschi accasciati contro gli angoli, ma Bruno non si lasciava intimorire da questi particolari e continuava a procedere.

Cecilia, tuttavia, dopo un iniziale momento di smarrimento dovuto alla forte emozione, cominciò a tornare in sé e si guardò intorno. Un senso di angoscia la invase, così forte che quasi si dimenticò di essere a stretto contatto con la mano di Bruno.

"Dove siamo?" domandò con voce bassa, scorrendo con gli occhi intorno e notando un ambiente poco ospitale.

Bruno alzò le spalle senza dare troppa importanza alla cosa, senza fermarsi, e rispose: "Credo sia una casa degli orrori"

Cecilia si bloccò sul posto, strattonando Bruno che non si aspettava una tale reazione e obbligandolo a voltarsi verso di lei.

"Non voglio andarci" ribatté Cecilia, scuotendo la testa spaventata e tentando di sottrarsi alla presa di Bruno. Era la paura che la guidava in quel momento.

Bruno lasciò andare il polso di Cecilia, fece un sospiro e replicò: "Ci sei già dentro, ballerina"

Cecilia si voltò indietro per accertarsi che ciò che aveva appena udito fosse vero e vide solamente un lungo corridoio buio, poi guardò davanti a sé, oltre Bruno e notò lo stesso scenario.

Era in trappola.

Bruno rimase fermo qualche secondo a osservare il comportamento impacciato di Cecilia, trovandolo divertente, tuttavia non voleva passare tutta la serata rinchiuso in quell'attrazione, così tornò a mostrare le spalle alla ragazza e si incamminò nuovamente lungo il corridoio con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.

Cecilia era ancora immersa nelle sue preoccupazioni quando vide la figura di Bruno muoversi davanti a lei e allontanarsi sempre di più. Lo guardò con ansia, non sapeva se era meglio tornare indietro da sola o continuare insieme a lui. Cosa voleva fare veramente?

Si portò una mano davanti alla bocca, tentando di pensare velocemente, quando da uno degli altoparlanti posizionati lungo quel corridoio, partì un urlo spaventoso.

Cecilia saltò letteralmente per aria e brividi di paura corsero lungo il suo corpo, facendole accapponare la pelle. Il suo cervello si oscurò totalmente e la sua istintiva reazione fu di correre verso Bruno senza alcuna esitazione.

Raggiunse il ragazzo in poco tempo e si affiancò a lui con il respiro affannoso e il cuore che batteva alla velocità della luce.

Bruno le lanciò un'occhiata di sbieco, la flebile luce di un sottile neon gli permise di notare il terrore sul volto della ragazza e le spalle un po' tremanti. Il suo istinto fu quasi di tornare a stringerle il polso per darle conforto, ma si trattenne dal compiere quel gesto.

Tornò a guardare davanti a sé, continuando a camminare, ma diminuendo la velocità del suo passo, per adattarlo a quello di Cecilia.

Il percorso che fecero, poco illuminato e poco originale, era cosparso di trucchi orchestrati per spaventare, rumori inquietanti e figure lugubri. Cecilia camminava vicino a Bruno con il fiato sospeso, si guardava intorno circospetta e al minimo suono si irrigidiva. Bruno invece procedeva tranquillo, le reazioni di Cecilia gli facevano sorgere qualche sorriso sul volto, di tanto in tanto, ma quella casa non riusciva a fargli paura nemmeno un po'.

Ad un tratto, da un armadio posto all'angolo di una stanza, saltò fuori come una molla la riproduzione in plastica di uno scheletro che finì quasi davanti ai piedi di Cecilia.

La ragazza lanciò un grido di terrore, saltò sul posto e afferrò saldamente il braccio di Bruno, senza nemmeno pensarci. Rimase ad osservare quello scheletro con gli occhi spalancati, tentando di riportare il suo cuore a un battito non normale, ma almeno umano.

Bruno inizialmente rimase interdetto per quella reazione che lui trovava esagerata, ma poi non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, una risata genuina che fece vibrare tutto il suo corpo e risuonò profonda dalla sua gola.

Cecilia lo osservò in imbarazzo, alzò la testa sul suo viso e, nella penombra, vide le sue labbra aperte, le fossette agli angoli della bocca, quel bellissimo viso cosparso di ombre. E ne rimase affascinata.

Poteva una ragazza come lei, amare uno come lui?

Bruno si ricompose, guardò di sbieco Cecilia e dovette soffocare una nuova risata che stava nascendo in lui. Non voleva che lei fraintendesse perché lui sì, stava ridendo di lei, ma per il semplice fatto che stare in suo compagnia si stava rivelando più piacevole di quanto si sarebbe mai aspettato.

Il ragazzo riprese a camminare senza aggiungere altro e Cecilia si sentì trascinare a causa della mano che ancora stringeva intorno al braccio di lui. Fu in quel momento che realizzò davvero ciò che aveva fatto e si affrettò a ritrarre il braccio per interrompere quel contatto. Un po' per imbarazzo, un po' perché temeva di infastidire Bruno.

Continuarono a camminare fianco a fianco, in silenzio, quando un urlo agganciante scaturì dall'altoparlante proprio sopra di loro e Cecilia, ancora una volta, si spaventò.

Bruno non dovette nemmeno guardarla per notare la sua reazione, tanto evidente era, perciò si morse il labbro inferiore per nascondere il suo divertimento. Il braccio di Cecilia sfiorò il suo perché la ragazza si era inconsapevolmente avvicinata, così Bruno, senza pensarci troppo, mosse poco il polso e avvolse la sua mano intorno a quella di Cecilia, guidandola verso la fine di quella casa.

Quando Cecilia sentì le dita lunghe di Bruno chiudersi intorno alle sue, non riuscì più a capire se quello stato di confusione che provava dentro di sé fosse dovuto alla paura degli scheletri o alla paura per Bruno.

Tuttavia, il calore che scaturiva da quel semplice contatto, si spanse nel suo cuore e arrivò a colorarle le guance. Forse un ragazzo come lui, poteva veramente amare una come lei? 

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