33 - Purgatorio

Il gruppo sul cellulare, creato da Fabio per orchestrare la festa a sorpresa di Carola, era come una spada che pendeva sul collo di Cecilia. Ogni volta che apriva la chat principale, il nome di Bruno all'interno di quel gruppo le faceva aumentare i battiti del cuore. Quando poi scriveva qualcosa, rischiava seriamente il panico.

Non le era ancora chiaro se fosse una cotta o semplice paura, ma sapeva che quel ragazzo suscitava emozioni troppo forti in lei per poterle controllare. Doveva dimenticarselo, ma il destino, o forse Fabio, sembravano lavorare a suo sfavore.

Il piano che avevano organizzato era semplice quanto fallimentare: Bruno si sarebbe occupato di invitare le persone, Fabio doveva cercare il locale e parlare con il gestore per creare qualcosa di carino e Cecilia doveva solamente distrarre Carola da eventuali sospetti e condurla a destinazione nel giorno tanto atteso.

Il problema era come farlo? Non sarebbe stato plausibile se lei, la ragazza timida e introversa, avesse proposto di recarsi in discoteca e anche un'uscita a cena sarebbe risultata strana, se l'invito arrivava da parte di Cecilia.

Passò il resto della settimana a pensarci, più nervosa del solito, più schiva, più agitata.

Come ci era finita in quello strano quartetto che si era creato? Lei che era sempre stata sola, improvvisamente era circolata da persone chiassose.

E, quando quel fatidico sabato arrivò, Cecilia non aveva aveva ancora escogitato uno stratagemma tuttavia, con un rapido messaggio scritto con dita tremanti, aveva chiesto a Carola di fare qualcosa insieme quella sera e lei, aveva accettato. Era un inizio.

Carola non si aspettava di ricevere un invito da parte di Cecilia, quando il suo cellulare aveva vibrato sulla scrivania in camera sua, credeva fosse suo fratello che le chiedeva uno dei suoi noiosi favori ma, dopo aver dato una sbirciata allo schermo, per poco non aveva gridato.

Cecilia aveva preso l'iniziativa, certo, senza alcun intento romantico, come invece sperava lei, ma almeno aveva espresso il desiderio di vederla e per Carola, era abbastanza. Non si era nemmeno preoccupata di chiederle dove sarebbero andate, cosa avrebbero fatto, non le importava, voleva solamente vedere Cecilia per fare qualcosa insieme.

Cecilia ci aveva pensato, stesa sul suo letto con il diario aperto sul petto, nel tentativo di ricevere una qualche forma di ispirazione da parte di sua madre, ma non le era venuta nessuna idea plausibile.

Perciò aveva optato per la più ovvia, non dire nulla. L'avrebbe portata nel luogo concordato senza spiegarlo a voce.

Con uno scatto si sollevò a sedere e si rese conto che era già buio fuori, aveva già cenato con suo padre, gli accordi con Carola erano di vedersi dopo mangiato.

Prima di alzarsi dal letto, diede un'ultima sbirciata alla lista di sua madre, alcuni punti erano sottolineati e lei li osservava con un certo orgoglio, ma tanti altri erano ancora di completare.

Il prossimo era difficile anche solo da leggere: ballare in mezzo alla gente.

L'occasione era propizia, non c'erano dubbi, chi andava in discoteca senza ballare? Tuttavia Cecilia era quasi sicura che non avrebbe mai trovato il coraggio di fare una cosa del genere, insomma, aveva faticato per alzare una mano, figurarsi sculettare davanti a tutti!

Si accostò al suo armadio con un sospiro stanco e scelse i soliti abiti che la facevano passare inosservata: un paio di jeans, più aderenti del solito perché era pur sempre un'occasione particolare, scarpe da ginnastica bianche, una canotta grigia che le aderiva perfettamente al corpo esile e al seno abbondante, ma subito coperto dalla solita felpa verde, larga e senza forma, perfetta per nascondere ogni curva.

Si spostò in bagno e si sistemò un po' i capelli con la spuma, ma i ricci non volevano saperne di stare al loro posto, perciò rinunciò. Non provò nemmeno a truccarsi, sarebbe stato un vero disastro e sarebbe risultata ancora più ridicola, così si limitò a spruzzarsi del profumo.

Prese la giacca, le chiavi di casa, salutò suo padre, avvertendolo che avrebbe fatto più tardi del solito e uscì di casa. Sergio le aveva già fatto le dovute raccomandazioni del caso, era a conoscenza del luogo nel quale si sarebbe recata, ma si fidava di sua figlia e poi, non gli aveva mai chiesto nulla del genere, quindi non poteva che concederle qualche svago. Tuttavia, non appena la porta di casa si chiuse, si voltò verso essa con sguardo preoccupato.

Cecilia raggiugne l'esterno dell'edificio e qua vi trovò Carola ad aspettarla, perfetta come sempre.

Perfetta agli occhi di Cecilia.

Indossava un paio di pantaloni di pelle molto aderenti, degli stivaletti neri con dei lacci per lato, una maglietta bianca che lasciava intravedere il reggiseno di pizzo e un maglione nero aperto che le ricadeva oltre i fianchi. Si era legata i capelli in una treccia alta e il suo trucco era impeccabile.

Ogni volta che la guardava, Cecilia non poteva che notare l'abissale differenza che c'era tra loro, nell'apparenza, nel carattere, nel modo di vestire, nel modo di parlare, nel modo di pensare. Nel modo di essere.

E ogni volta, Cecilia si scopriva un po' invidiosa di lei. La ammirava certo, ma ne era anche invidiosa, perché avrebbe voluto essere come lei.

Si strinse maggiormente nella sua felpa oversize e la salutò con un timido: "Ciao"

Carola allargò subito la sua bocca in un sorriso radioso e ricambiò con entusiasmo, poi aggiunse: "Dove andiamo?"

Cecilia boccheggiò, presa in contropiede. Non era preparata per rispondere a questa ovvia domanda.

"Di qua" si limitò a dire, indicandole la strada davanti a loro.

"Verso la piazza?" domandò ancora Carola, perplessa e curiosa al tempo stesso.

Cecilia annuì senza aggiungere altro, meno diceva, meglio era.

La vibrazione del suo cellulare le comunicò l'arrivo di un messaggio e, quando apparve il nome di Bruno davanti a lei, per poco non inciampò nei suoi piedi.

Sono arrivati tutti qua alla discoteca. Fabio, dove accidenti sei?

Cecilia deglutì agitata, nulla in quella serata l'avrebbe fatta sentire suo agio, non era solamente uscita dalla sua zona di sicurezza, si stava lanciando oltre essa come un razzo impazzito che non conosceva la sua meta. E nemmeno il suo destino.

Sto arrivando, dovevo gonfiare i palloncini! rispose Fabio con un nuovo messaggio che fece spaventare nuovamente Cecilia.

"Tutto bene?" domandò Carola sospettosa, tentando di sbirciare lo schermo di Cecilia.

"S-sì" balbettò lei, nascondendo il telefono nella tasca, appena dopo aver letto la replica di Bruno.

Palloncini in una discoteca? Compie sei anni, forse?

Lei e Carola camminarono fianco a fianco, come al solito Carola parlava e Cecilia ascoltava, guidandola silenziosamente attraverso le strade di quella cittadina, senza nessun tipo di lamentela da parte dell'amica.

Per Carola era già abbastanza quella passeggiata per essere felice. Mentre riempiva il silenzio, dovette trattenere il suo braccio per evitare che la sua mano corresse alla ricerca di quella di Cecilia.

Così vicina, eppure così lontana.

Il profumo che la riccia emanava, era inebriante, il suo passo era ipnotico, il suo viso angelico. Pulito, innocente, puro.

Accidenti, non poteva continuare così, Carola lo sapeva, eppure non riusciva a controllarlo. Quel sentimento che cresceva in lei. Dannazione, non lo controllava mai.

Quando arrivarono davanti alla discoteca, improvvisamente Cecilia si bloccò. Non aveva la minima idea di quale scusa inventare per entrarci, ma proprio mentre Carola stava per chiederle il motivo di quella pausa, da un angolo sbucò un ragazzo dai capelli rossi, con una miriade di palloncini che svettavano verso l'alto, tenuti insieme da una serie di fili che stringeva nella mano.

Appena Fabio le vide, si congelò sul posto, Cecilia trattenne automaticamente il respiro e Carola spalancò gli occhi sorpresa.

Un tempismo davvero disastroso.

Mentre il tempo sembrava essersi fermato davanti all'ingresso di quella discoteca, dal portone principale uscì una figura che Cecilia riconobbe all'istante.

Bruno giunse davanti a loro con lo sguardo chino sul cellulare, intento a digitare qualcosa mentre imprecava tra sé e sé: "Dove si è cacciato quello là?"

Proprio mentre pronunciava quella parole, sollevò la testa e notò la scena davanti a lui, tutti erano immobili nelle loro posizioni, con diverse espressioni sul viso, ma ciò di cui fu sicuro Bruno, fu che la sorpresa non era più tale.

"Ma..." esordì Carola con un nascente sorriso sulle labbra "che succede qua?"

Bruno la guardò con ovvietà, poi spostò brevemente la sua attenzione su Cecilia e infine si rivolse a Fabio, che era ancora fermo con i palloncini tra le mani: "Sei un idiota"

Fabio aveva la delusione stampata sulla faccia, non poteva crederci che si era impegnato tanto ed era stato proprio lui a rovinare tutto. Per quei dannati palloncini che ora vibravano sopra la sua testa, inutili quanto tutte le sue accortezze.

"Cecilia" chiese Carola, voltandosi verso di lei "come mai siamo qua?" era ovviamente, una domanda retorica. Carola aveva già intuito tutto quanto, ma voleva comunque una conferma.

Cecilia la guardò titubante, non aveva saputo come agire fino a quel momento, quindi continuò a improvvisare in maniera pessima.

"Sorpresa" sussurrò timidamente, rivolgendole uno sguardo sfuggente. Bruno, sentendo quella flebile risposta, si lasciò sfuggire un sorriso divertito, mentre Fabio sembrava riattivarsi dal suo stato di pietra.

Si avvicinò con ritrovato entusiasmo a Carola e decise di arginare i danni, porse i palloncini con un sorriso a Carola e le augurò buon compleanno, con il cuore che scoppiava per l'eccitazione.

Carola osservò tutti con occhi sognanti, non si aspettava un tale impegno per lei, la ragazza nuova di quella piccola cittadina. Rimasero a parlare qualche secondo fuori dalla discoteca, poi Bruno, con il suo solito modo sbrigativo, domandò: "Entriamo?"

Lo strano quartetto si avviò verso il portone principale, dove c'era un buttafuori che controllava gli ingressi, il quale lasciò passare tutti senza troppe storie, in fondo avevano organizzato quasi tutto alla perfezione.

Mentre Bruno faceva il suo ingresso nel locale e Fabio si prodigava a raccontare a Carola come erano andate le cose, la musica invase le loro orecchie e una miriade di compagni di scuola si diressero verso Carola per accoglierla.

La maggior parte di essi la vedevano per la prima volta, ma l'atmosfera festosa rendeva tutti più euforici.

Tutti tranne una persona: Cecilia.

Mentre avanzava per ultima, non riusciva a trovare una buona combinazione tra respiro e battito cardiaco, non riusciva a ignorare le occhiate che già le rivolgevano, non riusciva a impedire alle sua gambe di tremare e alla sue mani di sudare.

Mentre veniva divorata da quel luogo per lei così inusuale, non poteva fare a meno di domandarsi come avesse potuto varcare volontariamente le porte dell'inferno.

Ancora non sapeva che quello, era solamente il purgatorio.

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