30 - Calze bagnate

Bruno stava prendendo a pugni il sacco, i guantoni da boxe avvolti intorno alle mani, una fascetta sulla testa per trattenere i capelli e il sudore che minacciava di imperlargli la fronte. I muscoli della spalle che scattavano a ogni gancio, i piedi ben saldati sul pavimento, lo sguardo concentrato, la mascella tesa.

Questo esercizio lo aiutava sempre a sfogare tutta la sua rabbia, ma stavolta c'era anche qualcos'altro che lo agitava, sembrava quasi frustrazione, ma per cosa?

Assestò un destro ben piazzato al sacco e si preparò a sganciare il sinistro, quando una voce alle sue spalle lo fece distrarre.

"Sei ancora così arrabbiato per la sconfitta di ieri?" domandò Fabio, sopraggiunto silenziosamente dietro di lui, abitudine che non aveva ancora imparato a evitare.

Bruno si fermò con il fiato corto, abbassò le braccia lungo i fianchi, poi si avvicinò a Fabio e alla panchina sulla quale stava il suo asciugamano.

"Siete stati bravi" concordò Bruno, passandosi la spugna sul collo e sul viso.

"Carola avrà visto la mia vittoria?" chiese curioso Fabio, sperando che Bruno potesse sapere più di lui.

L'amico si limitò a sollevare la spalle perplesso e ripose: "Non credo"

L'entusiasmo di Fabio si spense leggermente: "Ma Cecilia le avrà sicuramente raccontato qualcosa" cercò di autoconvincersi.

"Non mi sembra di molte parole, in realtà" commentò ironico Bruno, afferrando la sua bottiglietta d'acqua.

Fabio ammutolì, si sedette sulla panca vicino a lui e sospirò frustrato.

Bruno lo osservò pensieroso mentre beveva generosi sorsi d'acqua e, quando ebbe finito, dichiarò: "Ti serve una distrazione, direi"

Fabio sollevò la testa per guardarlo in volto e gli rispose con uno sguardo interrogativo.

"Andiamo a qualche festa questo week end, sarà meglio farti conoscere altre ragazze" concluse Bruno, posizionandosi nuovamente davanti al sacco.

"Non voglio conoscere altre ragazze" tagliò corto Fabio, lamentandosi come un bambino.

Bruno cominciò a tirare nuovi pugni davanti a sé, ma questa volta con meno forza e meno trasporto.

"Inconcepibile" commentò con un sorriso divertito, gli dispiaceva per la sofferenza di Fabio, ma allo stesso tempo doveva ammettere che era ammirevole la sua tenacia. E la sua determinazione lo divertiva un po'.

"Però va bene uscire e fare qualcosa, magari questo venerdì sera?" chiese Fabio, osservando l'allenamento dell'amico con interesse.

"Questo venerdì non posso" rispose con il fiato corto Bruno "è il compleanno di Carola"

Lo disse senza pensarci, concentrato com'era sul suo esercizio ma, quando Fabio balzò in piedi e giunse alle sue spalle, si rese conto di quanto aveva fatto.

"È il suo compleanno?!" esclamò sconvolto lui, gli occhi spalancati e il viso pallido.

Bruno si fermò, abbandonò le braccia lungo i fianchi e annuì stanco. Doveva aspettarsi ormai reazioni da parte di quel suo strano compagno di classe.

"E non me lo dici?" domandò risentito lui, inclinando le sopracciglia con fare minaccioso.

"Scusa" disse Bruno, per nulla preoccupato da quella rabbia che era rivolta a lui "credevo lo sapessi"

"E come posso saperlo" ribatté con tono concitato Fabio "se non me lo dici?"

"Va bene" commentò divertito Bruno "stai calmo, ora lo sai" poggiò una mano sulla spalla di Fabio e applicò una leggere stretta, per confortarlo e farlo tornare un po' in sè.

L'espressione di Fabio, da alterata divenne pensierosa e poi, i suoi occhi si illuminarono.

"Dobbiamo fare qualcosa" dichiarò convinto "dobbiamo festeggiare" ripeté con maggiore enfasi.

"Non credo che Carola voglia fare qualcosa di..." Bruno non potè finire la frase che Fabio intervenne.

"Andiamo a cena venerdì sera allora" concluse poi, annuendo con convinzione e un sorriso soddisfatto sulle labbra.

"Sì" ribadì pacato Bruno "io, Carola e nostra madre"

Fabio corrugò perplesso le sopracciglia e ripetè quasi in automatico: "Vostra madre..."

Bruno rimase in attesa, era chiaro che il cervello di Fabio stava lavorando a una velocità non indifferente, tanto che il ragazzo spostò lo sguardo verso l'alto per acquisire maggiore concentrazione. Ciò fece allargare ulteriormente il sorriso sulle labbra di Bruno.

"Non credo sia una buona idea intromettermi in una cena di famiglia" dichiarò infine Fabio, tornando a guardare Bruno.

"Ci hai pure pensato?" domandò ironico Bruno, piegando leggermente la testa di lato.

"Non ancora, almeno" continuò Fabio, ignorando totalmente il commento dell'amico.

Quella frase fece nascere una risata in Bruno, doveva ammetterlo, Fabio non si lasciava scoraggiare da nulla.

"Allora faremo una sorpresa per lei sabato sera" decise Fabio, stringendo una mano a pugno come per consolidare quell'idea.

"Non prendermi in considerazione per questa..." stava dicendo Bruno, ma come al solito Fabio lo ignorò.

"Stasera ci penso e domani ne discutiamo meglio, devo trovare qualche idea" disse con entusiasmo il rosso, ricevendo come riposta lo sguardo scettico di Bruno.

"Ma ci senti quando parlo?" volle informarsi quest'ultimo, anche se era già consapevole che veniva volutamente ignorato.

Cosa che successe nuovamente.

"Sarà meglio andare" concluse Fabio, guardando fuori dalla finestra "ha smesso di piovere e io non ho l'ombrello. Devo approfittarne"

Bruno seguì la direzione dei suoi occhi e notò il cielo scuro fuori dalla finestra, coperto di nuove che minacciavano pioggia, la quale era caduta copiosamente fino a poco prima.

"Vengo con te" dichiarò, afferrando le sue cose dalla panca e seguendo verso gli spogliatoi.

I due ragazzi si lavarono velocemente e si cambiarono in silenzio. Fabio era troppo occupato a pensare a qualcosa per la festa di Carola mentre Bruno era impegnato a cercare una scusa per fargli cambiare idea.

Nessuno dei due però raggiunse una soluzione, così si trovarono in silenzio sul marciapiede all'esterno dell'edificio.

"Allora ci vediamo domani" lo salutò Fabio "e parliamo del piano"

"Il piano?" domandò con finta confusione Bruno. Aveva intuito di cosa stesse blaterando Fabio, ma non voleva invogliarlo ulteriormente.

"Dai, hai capito" sussurrò Fabio, guardandosi intorno come se Carole potesse sbucare da qualche angolo.

"La festa, intendi?" domandò a voce alta Bruno, assumendo un'aria seria, ma non riuscendo poi a trattenere un sorriso divertito, vedendo l'espressione sbigottita di Fabio.

"Abbassa la voce" lo ammonì Fabio, avvicinandosi a lui.

Bruno si lasciò andare in una risata divertita, la sua gola vibrò e i capelli si mossero sulla sua fronte, ma proprio mentre si stava girando per imboccare la direzione di casa sua, intravide un autobus correre lungo la strada, a una velocità sostenuta.

I suoi occhi si spostarono al bordo del marciapiede, sotto al quale giaceva una grossa pozzanghera d'acqua e si rese conto che, se fosse rimasto dov'era, sarebbe stato colpito interamente dall'acqua.

Fece per spostarsi veloce, prima che fosse troppo tardi, ma qualcuno lo afferrò per la felpa e lo strattonò, obbligandolo a spostare un piede di lato, per evitare di perdere l'equilibrio.

Fu un attimo, l'autobus passò davanti a lui, le sue ruote impattarono con la pozzanghera e uno tsunami d'acque si riversò verso Bruno, investendolo dalla testa ai piedi.

Il ragazzo si portò un braccio davanti al viso e chiuse gli occhi, tentando di ripararsi dall'inevitabile ma, quando li riaprì, sul suo viso si dipinse puro disagio.

Aveva acqua sporca pure nei capelli, luride goccioline cadevano dai suoi ciuffi e si riversavano lungo la sua faccia, i vestiti si erano appiccicati alla sua pelle e pure nella scarpe poteva sentire le calze bagnate.

Strinse le labbra in una linea dura, contrasse la mascella e, lentamente girò su sé stesso. Due mani che non gli appartenevano erano ancora strette saldamente intorno alle sue spalle e, dietro la sua schiena, Fabio si nascondeva accucciato.

Quando aveva visto l'autobus arrivare a quella velocità, aveva avuto la stessa intuizione di Bruno, ma aveva pensato che fosse troppo tardi per allontanarsi. Non voleva davvero farsi scudo del suo amico, aveva agito d'istinto, senza considerare le conseguenze.

Ma, osservando gli occhi di fuoco di Bruno, che lo guardavano dall'alto verso il basso, si rese conto di essere stato un idiota.

"Bruno, scusa" si affrettò a dire, raddrizzandosi e constatando che l'amico era fradicio "io non volevo..."

Bruno assottigliò gli occhi e lo fulminò con lo sguardo: "A me sembra esattamente il contrario"

"Sì" concordò Fabio, portando entrambe le mani davanti a sé come per proteggersi "può sembrare, ma..."

Non fece in tempo a concludere la frase, che una voce femminile giunse alla sue spalle: "Bruno! Stai bene?"

Carola avanzò a passo spedito verso di loro, provocando un congelamento istantaneo in Fabio, il quale era già in agitazione per quanto successo con Bruno, non poteva gestire anche la presenza di Carola.

"Certo" ribatté ironico lui "non si vede?" così dicendo allargò le braccia per mostrare lo stato dei suoi vestiti, che continuavano a rilasciare goccioline contro il marciapiede.

"Ciao, Carola" la salutò impacciato Fabio, non osando sollevare lo sguardo su quello di lei, che probabilmente aveva assistito a tutta la scena. Poi notò una ragazza appena dietro di lei e continuò: "Ciao, Cecilia"

Carola guardò prima uno, poi l'altra e domandò perplessa: "Vi conoscete?"

Cecilia, che non aveva ancora sollevato gli occhi dal marciapiede, si limitò ad annuire mentre Fabio rispondeva: "Siamo compagni di squadra"

Carola corrugò le sopracciglia confusa ma decise di lasciar perdere, in quel momento era più preoccupata per il malanno che avrebbe potuto prendersi il fratello.

"Sarà meglio rientrare, fa freddo" commentò quindi, rivolta a Bruno, il quale stava tentando di arginare la situazione, scrollandosi acqua dai capelli.

"Direi" rispose lui, lanciando una nuova occhiata di fuoco a Fabio, che incurvò le spalle dispiaciuto.

Cecilia allora, che nonostante la timidezza e il risentimento verso Bruno, aveva anche una certa curiosità, decise di alzare gli occhi su di lui per vedere quanto fosse grave la situazione.

Non appena le sue pupille si posarono sul ragazzo, le sue guance si arrossarono automaticamente. Bruno aveva afferrato il bordo della sua maglietta e della felpa, sollevando entrambe un poco, nel tentativo di strizzarle.

Così facendo la sua pelle chiara, i suoi muscoli scolpiti, le linee del ventre, erano ben visibili a Cecilia.

Subito la ragazza tornò a fissare il pavimento e, istintivamente, coprì i suoi polsi con le maniche della giacca.

Bruno si avvicinò alle ragazze di qualche passo, determinato a tornare a casa sua, quando uno starnuto lo costrinse a fermarsi.

Lentamente si voltò verso Fabio che era proprio alle sue spalle e, con fare minaccioso, lo ammonì: "Se domani sono malato, sappi che mi sarai debitore per un mese intero"

Fabio spalancò gli occhi spaventato mentre Carola accennava un sorriso divertito, alla fine la scena alla quale avevano assistito lei e Cecilia, mentre erano quasi giunte a casa dopo un pranzo insieme, era stata particolare.

Bruno tornò a guardare davanti a sé per riprendere la sua strada, ma quando lo fece si ritrovò davanti il braccio teso di Cecilia, un fazzoletto di carta stretto in mano, la testa bassa per evitare qualsiasi incontro di sguardi.

Bruno osservò prima quella mano esistiate, la giacca grande che copriva ogni forma del suo corpo e poi i capelli ricci scompigliati che le coprivano il viso.

Cecilia si rese conto che il ragazzo stava esitando e cominciava a sentirsi stupida, ferma in quella posizione, così mormorò: "Per asciugarti"

Bruno sollevò le sopracciglia, improvvisamente divertito, allungò la mano verso quella di lei e prese il fazzoletto che le stava porgendo.

Con quel misero pezzo di carta avrebbe asciugato la sua faccia forse, serviva a poco o nulla, ma trovò quel gesto più tenero di quanto si sarebbe mai aspettato.

Si chinò leggermente verso la testa della ragazza e, con un sussurrò, le disse all'orecchio: "Grazie, Cecilia"

Poi si raddrizzò e si avviò verso casa, pulendosi il viso con il fazzoletto che aveva appena ricevuto.

Ancora una volta, aveva sbagliato.

Gli occhi grandi di Cecilia era spalancati, ancora fissi sul marciapiede sotto di lei, il suo cuore aveva preso a battere più forte nonostante il controllo che lei aveva cercato di esercitare su esso. Le sue guance si erano scaldate, la sua testa aveva cominciato a ronzare.

Ancora una volta, si era lasciata trascinare. 

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