21 - Mele caramellate

Cecilia aveva vissuto tutta la giornata con l'ansia per la festa di quella sera ma adesso era l'ora di prepararsi. Si fece una rapida doccia e uscì avvolta nel suo accappatoio lilla, si fermò davanti al lavandino e osservò il suo riflesso allo specchio, un po' appannato per via del vapore presente nella stanza.

Con un rapido movimento del braccio, pulì una parte dello specchio con la mano e la sua immagine le apparve chiaramente, con tutte le sue imperfezioni.

Voleva veramente infliggere a sé stessa questo supplizio e farsi vedere in pubblico più del necessario?

Aprì il primo cassetto del mobile ed estrasse un beauty che non usava praticamente mai, contenete una serie di trucchi. C'era stato un tempo che aveva sperato fosse quella la soluzione, ma non poteva cospargere di fondotinta tutto il suo corpo, perciò ci aveva rinunciato. Ma quella sera c'era un'aria fredda, quindi pensò che solo il suo viso sarebbe stato scoperto: valeva la pena tentare.

Con estrema attenzione applicò ogni prodotto sulla sua pelle, soffermandosi maggiormente dove c'era qualche carenza, mise uno stato di fondotinta, il fard, il blush, un velo di mascara, ma quando si allontanò di qualche passo per osservare il risultato, ne rimase delusa.

Pareva un pagliaccio, non avrebbe saputo dire se l'avessero guardata meno conciata in quel modo, perciò decise di lavarsi il viso e tornare la solita Cecilia.

Con un sospiro triste tornò nella sua camera e si buttò sul letto, non era poi così necessario uscire, se non voleva farlo. Si girò a pancia in sù e immediatamente, gli occhi pieni di speranza di Carola le tornarono alla mente.

Era la prima volta che un'amica le proponeva di uscire insieme, era qualcosa che Cecilia aveva sempre desiderato e finemente era successo. Voleva davvero tirarsi indietro e fare la codarda? Voleva veramente deludere la sua unica amica?

Con una agile movimento si mise a sedere sul letto e fissò il suo armadio chiuso, pensierosa. Forse poteva coprirsi più del solito, poi sarebbe stato buio, questo già l'avrebbe aiutata. Aprì le ante di legno e osservò i suoi indumenti, ne prese alcuni e si posizionò davanti allo specchio lungo della stanza. Sfilò l'accappatoio e si vestì, allontanandosi poi di qualche passo per osservare il risultato ma, anche questa volta, ne rimase delusa.

I pantaloni larghi le stavano troppo lunghi, la felpa oversize le copriva completamente le mani e ricadeva goffamente sul suo corpo. Il cappuccio tirato sulla testa e calcato sulla fronte la faceva sembrare un borseggiatore piuttosto che una timida ragazza.

Con un grido strozzato, la ragazza tornò a buttarsi sul letto, affondando la testa tra i cuscini e battendo le mani su di essi con frustrazione. 

Non sarebbe uscita.

In fondo, aveva passato tutte le sue serate a casa, anche quella non avrebbe fatto differenza. E Carola probabilmente aveva altre amiche con cui andare a quel festival, non sarebbe rimasta ad aspettare lei, probabilmente voleva solamente essere gentile, quando le aveva esteso l'invito.

Mentre si agitava sul materasso, cercando di convincersi a restare nella sua area sicura, un tonfo sul pavimento attirò la sua attenzione. Smise di prendere a pugni i cuscini e spostò la testa per capire cosa fosse caduto e lì, per terra proprio davanti ai suoi occhi, giaceva il diario di sua madre.

Immediatamente, il punto su quella lista che avrebbe dovuto compiere, le apparve nella mente: andare a una festa.

Le si formò un groppo in gola, non avrebbe saputo dire sé per paura, dispiacere o malinconia. Tuttavia, la semplice visione di quell'oggetto, le permise di realizzare qualcosa.

Forse avrebbe potuto deludere sé stessa, avrebbe potuto deludere Carola, ma sicuramente non avrebbe potuto deludere sua madre. Non voleva farlo, anche se lei non c'era più per dirle quanto fosse fiera di lei.

Si alzò, raccolse il diario e lo ripose con delicatezza sulla scrivania, poi tornò davanti all'armadio e scelse altri vestiti, che la facessero sentire in qualche modo carina, anche se la colpivano comunque abbastanza.

Infilò un paio di jeans più aderenti, che aveva forse messo solo un paio di volte, una maglietta bianca a maniche lunghe che tirò oltre ai polsi come era solita fare. Sopra essa optò per un maglione grigio, poco appariscente, che le arrivava appena oltre i fianchi. Ai piedi infilò delle scarpe da ginnastica e, nonostante fosse pronta, decise di non guardarsi allo specchio, per evitare qualsiasi forma di ripensamento.

Uscì velocemente dalla sua stanza, constatando che era in ritardo rispetto all'orario che le aveva scritto quel pomeriggio Carola. Afferrò la sua giacca leggera, girò la maniglia della porta d'ingresso, si voltò verso il padre che era in cucina e gli gridò: "Papà, io vado al festival. A dopo"

Sergio in un primo momento pensò di aver capito male, sua figlia non usciva mai la sera, ma quando sentì la porta chiudersi, spalancò gli occhi. Abbandonò il mestolo sul ripiano della cucina e corse dietro a Cecilia, appena in tempo per trovarla nell'ascensore mentre le porte si chiudevano.

"Non fare tardi" le disse a gran voce, con un misto di felicità e timore per quella novità. Si chiese cosa avesse spinto la figlia a compiere una mossa così coraggiosa per le sue abitudini.

Tornò sui suoi passi con un accenno di sorriso sulle labbra e riprese a cucinare con tranquillità. Era contento che Cecilia non avesse più problemi così grandi come quelli che aveva dovuto superare in passato ed era convinto che avesse qualche amica a scuola. Durante le loro cene a casa, lei gli parlava sempre di alcune sue compagne e le definiva sue amiche, gli raccontava aneddoti e battute.

Sergio in cuor suo nutriva qualche dubbio, ma Cecilia in casa era sempre allegra e solare, non poteva fingere tanto bene, perciò l'uomo aveva accantonato le sue perplessità. Tuttavia era da qualche giorno che aveva notato una nuova scintilla negli occhi della figlia, qualcosa che la rendeva più felice, poteva leggerlo sul suo viso.

E se lei era contenta, lo era anche lui. Si mise a fischiettare mentre girava il sugo nella pentola, avrebbe atteso Cecilia mentre guardava un film alla televisione e, se avesse tardato, avrebbe potuto chiamare e far finta di arrabbiarsi. 

Ma in realtà, avrebbe sorriso.

Le porte dell'ascensore si aprirono con un cigolio e lo stesso fece il cuore di Cecilia quando, svoltando l'angolo, intravide dalla porta d'ingresso dell'edificio, il profilo fermo di Carola.

La stava ancora aspettando.

E per Cecilia fu come se, il suo cuore fermo da tanto tempo, avesse riconciato a battere. Questo voleva dire, avere qualcuno per il quale sua presenza era importante.

Si avvicinò silenziosamente e, quando Carola si voltò verso di lei, sobbalzò. Si portò una mano al petto ed esclamò: "Accidenti, Cecilia, non ti avevo sentito!"

"Scusa" mormorò lei, abbassando lo sguardo sul marciapiede, ma subito Carola sostituì la sua espressione sorpresa con una gioiosa. Prese Cecilia sottobraccio e si incamminò lungo il marciapiede, parlando del festival al quale stavano per partecipare.

Cecilia non si trovava a suo agio, cercava di evitare il contatto visivo con le persone che incrociavano e non aveva mai fissato tanto le sue scarpe bianche. Che, tra l'altro, avevano dei graffi a rovinare le punte.

Carola invece, non vedendo arrivare l'amica, aveva quasi perso le speranza, perciò la sua presenza in quel momento, le bastava per darle tutta la carica di cui aveva bisogno. E non aveva ancora smesso di parlare da quando si erano incontrate.

Raggiunsero il centro della piazza, passando per le vie meno affollate, Carola optava sempre per il percorso con meno gente, per aiutare Cecilia a stare meglio. Cecilia, dopo alcune virate brusche da parte dell'amica per deviare il loro tragitto, si era resa conto di quale fosse il piano di Carola e, per questo, le era grata.

Così, dopo aver passato quasi un'ora tra bancarelle, fiori, cibo e chiacchiere, Cecilia stava quasi cominciando ad avvertire meno tensione e le sue spalla si stavano rilassando.

Era la prima volta che le accadeva in pubblico. Forse erano le luci sopra di loro che creavano un'atmosfera magica, forse era quel misto di profumi che si spandeva nell'aria, o forse era il braccio di Carola, sempre stretto intorno al suo, come a trasmetterle la sua sicurezza.

"Queste mele caramellate sono la fine del mondo" commentò Carola, addentando la sua dalla stecca nella quale era infilata.

"Sono buonissime" ribatté con voce meno entusiasta Cecilia, imitando il suo gesto.

"Se potessi, mi nutrirei solo di frutta caramellata" continuò Carola, pienamente convinta di questa sua affermazione.

A Cecilia sfuggì una leggera risata, spontanea, come poche volte nella vita le era capitato. Ma cos'aveva questa ragazza al suo fianco, da renderla questa nuova persona? Lanciò una fugace occhiata all'amica, come per trovare una risposta alla sua domanda, e si scontrò con gli occhi di Carola, puntati sul suo viso, intensi, confusi.

Perché la stava guardando in quel modo?

Cecilia, improvvisamente, provò imbarazzo, non era in grado di sostenere quello sguardo così profondo, perciò spostò la sua attenzione davanti a sé e, nel mezzo della gente che popolava quella via trasversale, intravide dei capelli rossi.

"Quello è Fabio?" domandò, non avendolo mai visto, non era sicura fosse lui, ma Carola lo aveva descritto fisicamente quindi c'era qualche possibilità. E poi Cecilia, voleva distogliere gli occhi di Carola da sé.

Il suo diversivo funzionò perché Carola girò la testa e posò le sue pupille sul ragazzo in questione. Fabio era vicino a un banchetto e stava ordinando un gelato, la testa era leggermente china verso il vetro che riparava il dolce, una mano sul fianco e l'altra sotto al mento, si poteva leggere la concentrazione sul suo viso.

"Sì" mormorò Carola, continuando a guardarlo "dovrei parlarci" continuò poi con tono meno convinto.

Cecilia rimase qualche secondo in silenzio, vide Fabio allargare le sue labbra in un sorriso cordiale mentre comunicava quali gusti voleva, e provò dispiacere per lui. Non tanto per il rifiuto che stava per ricevere, ma per l'illusione che probabilmente si era già creato nella sua testa.

"Dovresti" ribatté Cecilia e, questa volta, nella sua voce non c'era neanche un tremolio. 

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