19 - Wasabi
Il ristorante nel quale erano sedute le due amiche era arredato come una vecchia casa giapponese, pavimenti in legno, tavoli bassi, separatori per ogni postazione. Cecilia e Carola si erano accomodate in un angolo, lontano dagli occhi di qualsiasi altra persona, a eccezione della cameriera che si era accostata a loro per porgere il menù.
A Carola non era sfuggito lo sguardo curioso che la ragazza aveva rivolto a Cecilia, soffermandosi furtivamente sulle tinte della sua pelle, mentre l'amica aveva continuato a tenere gli occhi sulle scritte del menù. Ma, quasi istintivamente, aveva scosso la testa per muovere i capelli ricci e farli ricadere maggiormente sul viso. Per nascondere la sua imperfezione.
Carola si rattristò notando queste abitudini, lei trovata così bella Cecilia e anzi, quella sua caratteristica, la rendeva ancora più bella, particolare, speciale. Perché nessuno la vedeva allo stesso modo? Perché persino Cecilia la nascondeva?
"Grazie" disse Carola alla cameriera, mostrandole un sorriso forzatamente cordiale "possiamo avere dell'acqua?"
Quest'ultima annuì con cortesia e si allontanò dal loro tavolo, lasciandole finalmente sole.
Carola sapeva, nel profondo, che si era inventata una scusa per mangiare con l'amica ma, mentre camminavano a a braccietto fino a quel posto, si era resa conto di non essere pronta per rivelare sé stessa, per insinuare dei dubbi in questa nascente amicizia. Quindi aveva deciso di lasciarla tale per il momento, impegnandosi per impedire che il suo cuore prendesse una strada tutta sua.
In realtà, di un consiglio aveva anche bisogno, non capiva più come poter gestire la situazione con Fabio, le sembrava di illuderlo. Non voleva farlo.
Cecilia stava osservando con attenzione il menù con vari piatti giapponesi ma, nonostante le sue pupille stessero scorrendo sulle scritte scure, la sua mente non riusciva a concentrarsi sul loro significato. L'unica cosa che era in grado di comprendere era la sua presenza in quel luogo, con la sua prima amica.
Poteva sembrare terrorizzata dall'esterno, poteva sembrare a disagio, poteva sembrare preoccupata e, sì, in effetti lo era. Era tutte queste cose, ma era anche emozionata. Un'emozione che non provava da tanto tempo, un'emozione che credeva di aver dimenticato, Cecilia era... felice.
Ma il suo corpo non era abituato a esternare un simile sentimento, la sua mente non era in grado di elaborarlo, perciò la ragazza sembrava impietrita, il viso chino verso il basso, i capelli a oscurarle la pelle, la felpa chiusa fino al collo, le mani che tiravano con ansia le maniche fin sopra le dita, il piede che si muoveva con frenesia sotto al tavolo.
Ma, neanche Carola poteva vederlo, sulle labbra di Cecilia c'era un lieve sorriso, che nemmeno lei poteva controllare. Era lì, tra una macchia e l'altra, timido, insicuro, confuso... ma c'era.
"Ti piace il wasabi?" domandò improvvisamente Carola, che voleva alleggerire la situazione.
Cecilia sollevò lo sguardo sull'amica di fronte a lei e scosse la testa, senza però dire una parola. Aveva paura che l'emozione le facesse tremare la voce, aveva paura che quella sua nuova amica fosse solo un'illusione, aveva paura di restare ferita.
"Neanche a me" commentò Carola con un'alzata di spalle, vagando con l'attenzione sugli altri piatti del menù.
Cecilia seguì il suo esempio e stava per eclissarsi nuovamente, maledicendo sé stessa per non aver ancora detto una parola, quando Carola tornò a riempire il silenzio.
"Una volta, io e mio fratello Bruno" continuò lei, ridacchiando per il ricordo di quella vicenda "abbiamo scommesso su chi sarebbe riuscito a mangiarne di più" fece una pausa per fissare i suoi occhi in quelli di Cecilia e, una volta sicura di avere ottenuto la sua attenzione, riprese "ma era così piccante che finimmo entrambi per piangere durante tutto il pasto"
Concluso quel breve aneddoto, Carola si lasciò andare in una fugace risata cristallina e Cecilia, che non aveva idea di quale fosse la reazione naturale, lasciò che il suo corpo si muovesse in automatico, senza pensare. E sorrise.
Le sue labbra si sollevarono con delicatezza, i suoi occhi si illuminarono leggermente, guidata dal suono gioioso dell'amica e, quando Carola posò il suo sguardo su di lei, si bloccò.
Vedere quell'espressione sul viso di Cecilia, le fece perdere qualche balzo al cuore, era così pura, da sembrare quasi fragile. Come se la minima parola sbagliata potesse rompere quel viso delicato, e così era.
Il silenzio avvolse il tavolo mentre le due ragazze si guardavano negli occhi, Carola rapita da un sentimento che cercava di domare, Cecilia ingenuamente spaventata di aver sbagliato reazione.
La cameriera, fortunatamente, arrivò per prendere l'ordinazione e riportò Carola alla realtà. Dopo aver scelto i vari piatti, tutti senza wasabi, Carola decise di intraprendere una vera conversazione da amiche.
"Allora" esordì, schiarendosi la voce "c'è questo ragazzo, Fabio"
Cecilia si mosse sul posto per trovare una posizione comoda e prestare la massima attenzione a quanto stava ascoltando, ma quella felicità inaspettata, continuava a riempirle tutta la testa.
"Credo di piacergli o qualcosa del genere" continuò Carola, agitandosi un po' per trovare le parole giuste da usare.
Cecilia notò che qualcosa nell'atteggiamento dell'amica era cambiato, non sembrava più così sicura come era solito mostrare, somigliava più a lei e, in qualche modo, questo le diede più coraggio. Con un filo di voce, Cecilia riuscì a dire: "È una bella cosa"
Carola rimase un attimo sorpresa per quell'intervento, si aspettava monosillabi o cenni, come ogni volta che parlavano, ma questa volta aveva sentito una vera frase. Tuttavia dovette ribattere: "No, non per me"
"Perché?" replicò ancora Cecilia, neanche lei sapeva da dove usciva tutta quella voce, ma si stava realmente interessato all'argomento.
"Perché a me lui non piace" rispose subito Carola e nella sua mente, nell'immediato, si formò un seguito: a me piaci te.
No, Carola si impose di non esprimere quel pensiero a voce alta, tirò un sospiro per riprendere il controllo e continuò: "Cioè, mi piace, ma come amico. Non lo vedo in modo romantico"
"Ah" sussurrò un po' delusa Cecilia, già si immaginava una fantastica storia d'amore, che avrebbe potuto osservare da vicino.
"Ma" tornò a dire Carola, assumendo un'espressione un po' confusa per la reazione dell'amica "lo sto illudendo, credo"
Cecilia si rattristò, conosceva bene quella sensazione, l'illusione. Abbassò gli occhi sul tavolo per non mostrare a Carola quanto al suo cuore fosse familiare quell'argomento e rispose piano: "Non dovresti farlo"
"Lo so" ribatté con rammarico Carola, non le serviva realmente un consiglio, sapeva già quello che andava fatto, ma forse le serviva una piccola spinta per farlo.
"Devo parlare con lui, vero?" domandò in maniera retorica Carola a Cecilia, attirando nuovamente i suoi occhi su di sé. Quegli occhi grandi, scuri, innocenti, le stavano chiedendo di non far del male a nessuno.
Cecilia annuì debolmente, ma non serviva nessuna risposta da parte sua, bastava l'espressione sul suo viso per capire quale fosse il suo pensiero sulla questione.
"Va bene" concluse Carola con un sospiro "gli parlerò alla festa di sabato, il festival dei fiori. Ci sarai, vero?"
Cecilia, sentendo quella domanda, spalancò gli occhi spaventata. Un festival in piazza, pieno di luci, pieno di gente, pieno di sguardi. Su di lei.
No, non ci era mai andata, non ci sarebbe stata. Stava per scuotere la testa per negare la sua presenza, quando le sue pupille si posarono sul viso di Carola. Il suo sguardo era un misto di supplica e speranza.
Poteva, Cecilia, deludere così la sua unica amica?
Quasi senza rendersene conto, il movimento della sua testa divenne un assenso e, poco prima che la cameriera arrivasse con le loro ordinazioni, sulle labbra di Carola era già sputato un sorriso contento.
Esporsi volontariamente in mezzo ad una folla, questa felicità che Cecilia stava provando, le stava forse dando alla testa?
Quella sera Cecilia, chiusa nella sua camera da letto, stesa sul materasso, gli occhi piantati sul soffitto, il diario di sua madre aperto sul petto, la mente satura di sensazioni e avvertimenti, si chiedeva come avesse potuto oltrepassare tanto il suo limite di sicurezza.
Quella lista, quel profumo alla vaniglia, quella sua nuova amica, la stavano cambiando, la stavano spaventando, la stavano elettrizzando. Il quarto punto sulla lista di sua madre, era proprio ciò che mai avrebbe pensato di fare: andare a una festa.
Cecilia sospirò, un misto di frustrazione e speranza, un misto di felicità e paura, un misto di profumi... no, quello era solo uno: vaniglia.
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