18 - Proviamo


Cecilia non capiva come fosse possibile ma, dopo quella conversazione in autobus con Carola, era come se la loro amicizia fosse diventata veramente tale. 

Ogni mattina Carola la salutava, durante le lezioni le chiedeva delucidazioni o gli appunti e, quando la campanelle di fine scuola suonava, facevano le scale insieme fino alla fermata dell'autobus. Poi Carola, qualche volta, si andava a sedere in fondo vicino a suo fratello, ma qualche volta restava con lei fino all'arrivo a casa. 

Era così che le ragazze avevano scoperto di abitare nello stesso edificio, anche se in piani diversi, e ciò aveva entusiasmato Carola più del dovuto. Tuttavia Cecilia ancora preferiva prendere l'autobus presto la mattina e, al suono della campanella, si preoccupava quando perdeva la sua solita corsa e doveva prendere quella successiva. Come tutti gli altri ragazzi della scuola. Questo perché tentava sempre di evitare Emma, in qualsiasi caso, in qualsiasi circostanza, con qualsiasi compagnia.

Ma, da quando Carola l'aveva maltrattata, Emma si era defilata.

Per la maggior parte del tempo Carola e Cecilia stavano insieme, era Carola che parlava, Cecilia si limitava ad annuire e rispondere con monosillabi, per lei era ancora difficile comportarsi in maniera normale. Per questo motivo, non si sedeva mai vicino ai due fratelli sull'autobus, non avrebbe potuto gestire due persone contemporaneamente. 

E poi si sentiva tremendamente in imbarazzo con suo fratello.

Quando invece erano solamente loro due ragazze, spesso Cecilia si incantava a osservare la perfezione di Carola, il suo naso dritto, arricchito da quel piercing, le sue labbra carnose, la sua pelle incontaminata. Era quest'ultimo elemento che attiva maggiormente l'interesse di Cecilia. Invidiava così tanto la sua carnagione, la sua sicurezza, la sua socialità.

Forse a passare più tempo con lei, sarebbe stata in grado di imitarla, almeno un po'? 

Tuttavia ancora non era in grado di parlare con lei in maniera spontanea, abbozzare una sorta di conversazione era uno sforzo che richiedeva tanta concentrazione e anche tanto stress. Per questo ogni sera, da sola nella sua camera, Cecilia improvvisava intere coreografie e poi andava a dormire, stanca ma con un lieve sorriso sulle labbra.

Emma aveva cercato di evitarla da quando c'era stato l'incidente in cortile, probabilmente voleva defilarsi per non destare ulteriori sospetti circa il suo comportamento, ma Cecilia sapeva che la questione non era chiusa definitivamente. Qualche volta, nel bel mezzo delle lezioni, sentiva uno sguardo di fuoco su di sé e sapeva che era Emma che bramava vendetta.

Cecilia non poteva abbassare le sue difese, ma non era facile con tutti gli attacchi che compiva Carola, ogni volta che si avvicinava a lei. Piano piano stava facendo oscillare le catene che la tenevano imprigionata. E Cecilia non era sicura di essere in grado di stare senza. 

Era vero che la bloccavano, ma la sorreggevano anche.

La campanella suonò ponendo fine alle lezioni per quella giornata e Cecilia ripose con attenzione le sue cose nello zaino, poi si alzò, infilò lo zaino sulle spalle, dopo aver messo la giacca e fece per avviarsi verso l'uscita della classe. Ma, proprio nel bel mezzo dell'aula, i suoi piedi si bloccarono e, istintivamente, si voltò verso Carola che si stava alzando proprio in quel momento dalla sua sedia, pronta per andare via.

Era la prima volta che si ferma, di sua spontanea volontà, per aspettarla, tuttavia Carola non sembrò sorpresa anzi, per lei era qualcosa di normale. Ormai si era abituata a camminare per quei corridoi con Cecilia al suo fianco. In verità, si era abituata subito alla sua presenza al suo fianco. 

Per quanto silenziosa fosse, c'era. Ed era qualcosa di più potete delle parole. Il suo profumo fiorato era fin troppo prepotente per i sensi di Carola.

Mentre scendevano le scale che portavano al cortile, Carola improvvisamente disse: "Ho bisogno di un consiglio"

Cecilia sobbalzò leggermente, nessuno le aveva mai chiesto qualcosa del genere, veramente voleva un consiglio da lei? Sarebbe stata in grado di aiutarla?

"Va bene" mormorò Cecilia, abbassando lo sguardo intimidita da quella richiesta.

"Ti va di mangiare insieme da qualche parte? Così parliamo" le spiegò Carola, mostrandole un sorriso di incoraggiamento.

Cecilia deglutì, colta alla sprovvista, non era mai stata invitata fuori, mangiare in pubblico, stare in giro più tempo del necessario, sotto gli occhi della gente. Poteva farlo?

"Io non so..." mormorò cominciando a respirare affannosamente. Lo sentiva, sentiva quella sensazione tanto odiata, stava entrando nel panico. Afferrò il bordo della manica destra della felpa e lo tirò fin sopra il dorso della mano, come faceva sempre quando era nervosa.

Carola seguì quel movimento con attenzione, notò le guance di Cecilia arrosassi, il suo respiro accelerare, le sue spalle incurvarsi. Era visibilmente a disagio per quella richiesta e non fu difficile per la ragazza intuirne il motivo. 

In quel giorni passati insieme, si era resa conto che Cecilia tentava sempre di rendersi inviabile agli occhi degli altri, ma aveva anche fatto caso a come le persone non mostrassero il minimo tatto nei suoi confronti. A volte la guardavano con disagio, altre volte con curiosità, altre volte ancora con superiorità, ma la guadavano sempre.

"Vorrei provare quel giapponese con gli scompartimenti privati. Così possiamo spettegolare senza essere sentite" disse con leggerezza Carola, portandosi una mano davanti alla bocca per nascondere un sorriso furbo.

Cecilia smise di tirare il bordo della manica e sollevò la testa, mostrando a Carola il suo sguardo spaventato, mentre la sua testa elaborava quella proposta.

Improvvisamente il solito profumo di vaniglia la avvolse e nella sua testa tornò alla memoria la lista e il prossimo punto su di essa: mangiare fuori con qualcuno.

Si era totalmente dimenticata di quel nuovo obiettivo, forse perché l'idea di stare sotto gli occhi della gente più del dovuto l'aveva destabilizzata troppo. Ma quello che le stava chiedendo Carola era accettabile, avrebbe potuto fare un passo avanti nella lista e soprattutto, si scoprì a desiderare di mangiare con un'amica.

Voleva farlo, forse poteva farlo. "Proviamo" sussurrò a fior di labbra, il battito accelerato, le catene sul suo cuore che pesavano come un macigno.

"Andiamo allora" esclamò entusiasta Carola, che non si aspettava che avrebbe davvero accettato la sua richiesta. Prese l'amica a braccetto e la condusse verso il cancello della scuola, continuando a parlare di frivolezze con tono allegro, mentre Cecilia si faceva trascinare, incapace di elaborare tutte quelle novità introdotte nella sua vita. 

Carola era come un mare mosso che Cecilia non era in grado di contrastare, perciò cercava semplicemente di farsi trascinare dalla corrente, tentando di non affogare. Ma Cecilia non aveva mai provato a nuotare, non ne era mai stata capace. Cosa sarebbe successo se ci avesse provato?

Le due ragazze marciarono fino all'uscita, ma anziché attendere alla fermata dell'autobus, svoltarono l'angolo e percorsero il marciapiede, ignare degli sguardi che avevano attirato su di loro.

Poco prima del cancello, Emma le aveva osservate con un misto di frustrazione e rabbia, voleva essere lei la persona a braccialetto di Carola, ma soprattutto pensava che Cecilia non avrebbe dovuto camminare a fianco di una persona come lei, Cecilia era diversa e doveva stare al suo posto, come le ricordava sempre lei. Stava andando tutto nella maniera sbagliata e questo Emma non poteva sopportarlo.

Alla fermata dell'autobus, invece, attendeva annoiato Bruno mentre una ragazza gli parlava della sua interrogazione di chimica, senza riuscire a cogliere la sua attenzione, ma quando sua sorella gli passò vicino a braccetto di Cecilia, Bruno spostò subito il suo sguardo verso di loro e le osservò preoccupato. Carola si stava inoltrando in un percorso spinoso, ma non sembrava esserne consapevole. O forse era lui che si agitava troppo?

Erano ormai arrivate a metà marciapiede, quando Cecilia, che ancora si stava facendo trascinare, ebbe qualche ripensamento, colta da un attacco di paura e lasciò che la sua testa si voltasse in direzione della fermata che l'avrebbe riportata a casa. 

Le sue pupille però si scontrarono con quelle di Bruno e, il poco respiro che ancora aveva, scomparve totalmente. Non sapeva per quale motivo, ma l'espressione seria sul viso del ragazzo, le sue sopracciglia contratte, le sue labbra tese, la colpirono, ma allo stesso tempo la atterrirono. 

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