16 - Amica


Emma rimase impietrita, era la prima volta che veniva tratta in questa maniera, che veniva derisa, sfidata, umiliata a scuola. Nessuno aveva mai osato mettersi contro di lei e il suo brutto carattere. Eppure questa nuova ragazza l'aveva fatto, l'aveva lasciata senza parole con cui controbattere, soprattutto perché le importava quello che pensava di lei, o meglio quello che suo fratello pensava di lei.

Perciò quando Carola si avvicinò a Cecilia e le prese delicatamente il polso con una mano, Emma rimase ferma. E quando la superò, trascinandosi dietro l'altra ragazza confusa, Emma rimase ferma. E quando entrambe le sue compagne si incamminarono silenziosamente verso il cortile, senza voltarsi indietro, Emma rimase ferma.

Solamente nel momento in cui sparirono oltre il cancello della scuola, il cuore di Emma riprese a battere e i suoi muscoli tornarono a rispondere ai suoi comandi.

"Dannazione" mormorò tra sé e sé, stringendo i pugni e digrignando i denti. Si stava solo divertendo con quella stupida ragazza, le piaceva la sensazione di superiorità che le recavano quelle prese in giro, le reazioni di sottomissione che aveva Cecilia quando lei le parlava, la consapevolezza che poteva comandarla.

Le piaceva avere quel potere perciò lo esercitava ogni volta che voleva, senza curarsi se ciò poteva arrecare qualche danno a quella già fragile ragazza.

Tuttavia, questa volta, era stata lei umiliata, e questa sensazione non le piaceva neanche un po'.

Carola aveva istintivamente preso Cecilia per il polso, non voleva lasciarla sola con Emma, non dopo la scena alla quale aveva assistito. L'aveva guidata lentamente verso la fermata dell'autobus e poi sopra esso, senza dire nulla, ma Cecilia non aveva opposto nessuna resistenza. Si erano sedute una di fronte all'altra, sui sedili malconci nella parte centrale del mezzo e avevano atteso che il motore partisse, sempre in silenzio.

Carola guardò fuori dal finestrino con aria pensierosa: la sua battaglia interiore era sempre in atto, ma quando aveva visto Cecilia con le spalle al muro, vittima di quelle perfide ragazze, non aveva avuto bisogno di pensare, aveva semplicemente agito.

I suoi piedi si erano mossi velocemente verso quel gruppetto e la sua bocca aveva parlato prima ancora che un qualche pensiero si fosse formato nella sua testa. Era il suo istinto da sorella maggiore a guidarla, oppure qualcos'altro?

Carola non sapeva spiegarlo con chiarezza ma, tornando a guardare quella ragazza di fronte a lei, il viso oscurato dai capelli ricci, le maniche della felpa tirate oltre le nocche, le spalle incurvate, si sentiva in dovere di proteggerla.

Cecilia intanto non riusciva ancora a capacitarsi di quanto era successo. Nè alle elementari, né alle medie e nemmeno durate tutto l'anno precedente, qualcuno era mai intervenuto per prendere le sue parti. Non un compagno, non un insegnante, non un genitore. L'unica volta che aveva provato a difendersi da sola, era finita in lacrime, non sue. 

Perciò aveva deciso di smettere. Ma ora, improvvisamente, questa nuova ragazza che neanche la conosceva, aveva preso Emma per i capelli pur di salvarla da quella brutta situazione. L'aveva guardata con occhi di fuoco e l'aveva trattata come Cecilia avrebbe sempre voluto fare.

Perché l'aveva fatto, si domandò Cecilia mentre teneva lo sguardo fisso verso il basso. Un profumo di vaniglia la avvolse e un pensiero improvviso si insinuò dentro di lei, prepotente come quella fragranza. Poteva forse essere perché l'aveva salutata? Era bastata quel piccolo e maldestro gesto per attirare la sua attenzione?

Istintivamente Cecilia alzò la testa per sbirciare Carola e la trovò a fissarla apertamente. Una sensazione di disagio la attanagliò come sempre, cominciò a giocare con le maniche lunghe della felpa per attenuare il nervoso.

Carola la stava guardando nel tentativo di districare le sue emozioni, non si aspettava di incrociare i suoi occhi, ma quando ciò avvenne, le sue labbra si aprirono automaticamente in un sorriso.

Cecilia spalancò ulteriormente i suoi grandi occhi notando le labbra della compagna sollevarsi, non era abitata a ricevere quel tipo di interazioni, non sapeva mai come reagire, perciò si affrettò a spostare nuovamente la sua attenzione sulle maniche della felpa.

"Stai bene?" decise di rompere il silenzio Carola, sporgendosi poco verso di lei, mentre l'autobus cominciava finalmente a muoversi.

Cecilia si limitò ad accennare un assenso con la testa, troppo tesa per rispondere propriamente a quella domanda. Non voleva risultare antipatica, né asociale. In realtà aveva sempre sognato di avere un'amica con la quale confidarsi e passare le sue giornata, ma qualcosa dentro di lei, come delle catene che non riusciva a slegare, le impedivano di esternare ciò che desiderava.

Non aveva ancora capito, che quelle catene se le era imposte da sola.

"Probabilmente lo sai già" continuò la compagna, mantenendo il contatto visivo e il sorriso sulle labbra "ma il mio nome è Carola"

Il cuore di Cecilia batteva sempre più forte mentre tentava di costringere sé stessa a sollevare la testa per guardare negli occhi la sua interlocutrice, era quasi più difficile di quella volta che le aveva detto ciao.

Carola, in qualche modo, riusciva a capire che Cecilia non era ostile verso di lei, poteva notare nel suo atteggiamento che stava lottando con sé stessa, i muscoli tesi delle spalle, il continuo deglutire, il respiro accelerato.

"Cecilia" mormorò infine, fiera di aver trovato il coraggio di parlare, un po' meno per la codardia di aver tenuto la testa sempre abbassata.

Carola aveva sentito quel nome che già conosceva, mormorato a fior di labbra, ma voleva aiutarla a superare i suoi limiti, perciò si sporse ancora un po' verso di lei e chiuse: "Come?"

Il respiro di Cecilia quasi si mozzò, questa volta doveva raddrizzarsi e parlare meglio. Doveva farlo.

Sospirò per ritrovare la calma, deglutì per prendere tempo, impose al suo sguardo di sollevarsi e alla sua lingua di parlare senza tremori: "Mi chiamo Cecilia"

Il sorriso sul viso di Carola si fece ancora più marcato ma, uno strano presentimento la portò a spostare la sua attenzione verso i sedili in fondo all'autobus, che lei vedeva frontalmente.

Bruno la stava osservando da lontano, le braccia incrociate sul petto, la testa leggermente inclinata, un'espressione divertita sul volto.

Il sorriso di Carola si affievolì un poco, non si aspettava di trovarlo lì, intento a spiare le sue mosse e soprattutto, la infastidiva il fatto che lui avesse già capito quello che provava lei. Lo leggeva nei suoi occhi, lui la conosceva troppo bene e quel riflesso, mostrava a lei ciò che stava disperatamente tentando di negare.

Cecilia le piaceva. Ma come le aveva insegnato il passato, l'amore non corrisposto era il più doloroso di tutti.

Carola, mentre Cecilia vagava con lo sguardo oltre il finestrino, fece una smorfia arricciando il naso, verso il fratello, come a intimarlo di farsi gli affari suoi.

Lui per tutta risposta le mandò un bacio con la bocca, allora lei gli mostrò il dito medio, ma proprio in quel momento Cecilia aveva trovato il coraggio di tornare a guardarla e Carola nascose quel gesto giusto in tempo per evitare di essere fraintesa.

"Grazie" mormorò timidamente la ragazza "per quello che hai fatto oggi"

Carola decise di ignorare i continui sguardi del fratello, sapeva che si mostrava divertito ma in realtà celava una certa preoccupazione, ricordava quando la sorella avesse sofferto per le sue relazioni passate e non voleva doverla consolare per l'ennesima volta.

"È quello che fanno le amiche" rispose con tranquillità, provocando un piccolo sobbalzo sul sedile di fronte a lei.

Amiche... quella parola rimbombò nella testa di Cecilia come un miraggio. Era un qualcosa di spaventoso, ma allo stesso tempo, gratificante.

"Siamo..." balbettò poco convinta Cecilia, abbassando lo sguardo verso le mani e poi riportandolo sul viso di Carola "...amiche?"

Carola trovava quell'atteggiamento impacciato, stranamente tenero, ma stavolta negli occhi della ragazza, non trovò solo paura, ma anche tanta speranza.

"Me ne serve pure una, in quella grande scuola" scherzò, tornando a sorridere con più sicurezza di quanta in realtà provasse.

Cecilia non riuscì a replicare altro, rimase ancora qualche secondo a osservare Carola, forse cercando di capire se stesse parlando sul serio o se fosse l'ennesima presa in giro, ma l'espressione cordiale sul suo volto non lasciava trapelare nulla di male.

Annuì leggermente e spostò la testa di lato per poter guardare fuori dal finestrino tuttavia, incolpevolmente, anche sulle labbra di Cecilia era spuntato un lieve sorriso, che piano piano, divenne sempre più marcato.

Il cuore di Carola era diventato improvvisamente frastornato, aveva superato la linea sulla quale stava camminando da giorni, ma non sapeva se fosse stata una buona mossa o meno. Come a cercare una conferma, la sua attenzione volò verso il fondo dell'autobus dove si trovava Bruno. Ma il fratello aveva il cellulare in mano ed era intento a digitare un messaggio a qualcuno, così Carola distolse lo sguardo e lo potrò anche lei fuori dal finestrino.

Bruno allora sollevò la testa verso di lei, consapevole di non essere notato e osservò la sorella per qualche secondo con un'espressione seria sul volto. Come poteva proteggerla dal dolore, così come era stata capace di fare lei?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top