15 - Rispondi

Bruno si stiracchiò alzandosi dalla scomoda sedia di plastica, aveva la schiena indolenzita e le sue lunghe gambe soffrivano sempre a restare piegate per tante ore di seguito. Infilò la giacca e sollevò lo zaino da terra, facendolo pendere da una spalla, poi si avviò tra la fila di banchi.

Quando passò accanto a quello di Fabio, lo salutò con un semplice "ciao" ma questo bastò per accendere un'espressine entusiasta sul viso del ragazzo.

"Ciao, Bruno" replicò contento "a domani" concluse poi, tornando a riordinare il suo banco con calma.

Bruno si lasciò sfuggire un lieve sorriso, dopotutto, non era antipatico, Fabio.

Percorse i corridoi tranquillamente e raggiunse il cortile assolato, controllò l'orologio e si rese conto che mancava ancora qualche minuto prima che l'autobus fermasse esattamente davanti alla scuola, perciò si guardò intorno alla ricerca di un posto tranquillo.

Intravide una panchina vicino ad un grosso albero e vi prese posto, ritrovandosi a osservare l'intera facciata dell'edificio che frequentava tutti i giorni.

Estrasse dalla tasca dello zaino un pacchetto di sigarette e un accendino e, dopo essersene accesa una, inalò profondamente quel dannoso fumo. Era un vizio al quale non riusciva a rinunciare, oltre alla boxe, anche le sigarette lo aiutavano a ridurre lo stress.

Allungò un braccio sullo schienale della panchina e sollevò la testa verso l'alto, spostando i suoi scuri capelli dalla pelle chiara. Il sole non poteva dargli fastidio perché era coperto dalle fronde degli alberi, ma improvvisamente, una potente voce femminile attirò la sua attenzione.

"Come ti sei permessa?" stava quasi gridando qualcuno, abbastanza lontano da non essere udito dalle persone nel cortile, ma non troppo per sfuggire alle orecchie di Bruno.

"Mi hai fatto fare una figura di merda" continuò quella voce che il ragazzo trovava stranamente familiare.

"Sei una stronza, mucca" continuò una seconda voce che Bruno stavolta non riconobbe. Curioso, vagò con lo sguardo, alla ricerca di quella fonte di rumori e, dopo una piccola analisi, intravide un gruppo di ragazze nell'angolo più nascosto di quella parte di giardino.

Erano riparate da alcuni cespugli, ma non erano abbastanza alti per coprire visualmente lo sguardo del ragazzo, il quale si rese immediatamente conto di quale fosse la situazione.

Intravide la testa scura di colei che era presa di mira, schiacciata contro la parete dell'edificio, senza alcuna via di fuga dal momento che era accerchiata da altre tre compagne che le chiudevano qualsiasi spiraglio.

Bruno non poteva vedere chi era la ragazza in questione perché era parzialmente nascosta dalla testa bionda che campeggiava davanti a lei. La ragazza sembrava essere al comando della spedizione e fu inevitabile capire chi fosse: la voce stridula, la chioma bionda, la gonna corta: Emma.

"Non parli mai in classe, te la sei proprio cercata stravolta" continuò Emma, spostando una ciocca di capelli dietro la spalla con un movimento di stizza.

"Mi dispiace" mormorò quasi impercettibilmente la ragazza nascosta, abbassando ulteriormente la testa, come a volersi integrare con il muro dietro di lei e scomparire totalmente.

Bruno conosceva quella sensazione, l'impotenza di fronte a certe situazioni, l'aveva provata sulla sua pelle quando era stato bambino, ma sapeva anche che intervenire non avrebbe portato a nulla di buono, né per lui, né per lei.

Emma era una di quelle persone che si appigliano a qualsiasi motivo pur di prendersela con gli altri e, se lui avesse fatto qualsiasi cosa, lei l'avrebbe usata come scusa. Perciò decise di far finta di nulla e lasciare che le cose andassero come dovevano andare.

Lui non era il cavaliere di nessuna dama, solamente di sé stesso. E ci era voluto tanto tempo per diventarlo, per un lungo periodo era stato protetto da qualcun altro, ma aveva imparato che per crescere, bisogna sapersi difendere da soli.

"Alza questa testa quando mi parli" sibilò Emma, afferrando una coccia dei capelli della ragazza e costringendola a sollevare il viso. Bruno, che aveva spostato gli occhi dalla scena, per potersi estraniare, istintivamente tornò a guardare e, questa volta, vide la vittima e potè riconoscerla.

Sul suo viso era dipinta una smorfia di dolore, dovuta alla presa salda di Emma sui suoi capelli ricci, ma non aveva provato a reagire, non aveva sollevato le braccia, non aveva mosso il corpo. Era rimasta inerme, in silenzio, come se avesse saputo che quello era ciò che doveva succedere. Come se si fosse arresa.

"Allora hai capito quello che ti sto dicendo?" continuò Emma minacciosa, lasciando andare finalmente i capelli della compagna, la quale però non rispose, si limitò ad abbassare gli occhi verso terra.

"Mucca" intervenne una della amiche, con tono duro "Emma sta parlando con te" disse poi, dando una spinta poco gentile sulla spalla della riccia.

Bruno si rese conto di aver stretto automaticamente le mani a pugno, forse quella scena gli riportava alla mente ricordi troppo dolorosi per poterla ignorare, ma sapeva che intervenire sarebbe stato peggio.

"Rispondi" esclamò l'altra amica, dando alla riccia una spinta sulla spalla opposta, tanto forte da farla vacillare sul posto. Bruno si alzò in piedi dalla panchina, rimase ancora qualche secondo a osservare la scena, le mani serrate e il fuoco negli occhi.

"Rispondi" ripetè ancora una delle ragazza, dandole una nuova spinta che la fece quasi cadere, ma Cecilia poggiò una mano sul muro, mentre i suoi ricci scuri le andavo a coprire il viso, sbilanciato in avanti.

Non aveva intenzione di reagire, e nemmeno di rispondere.

Bruno chiuse gli occhi e fece un sospiro profondo, lentamente le sue mani si distesero e i suoi piedi si mossero, guidandolo nella direzione contraria rispetto alla scena alla quale aveva involontariamente assistito.

Doveva andarsene da lì.

"Ehi" una potete voce alle sue spalle lo bloccò sul posto e, con le sopracciglia corrugate tornò a voltarsi, questa volta sorpreso. Conosceva quella voce.

Vide Carola avanzare verso quel gruppetto di ragazza con passo spedito, i lunghi capelli scuri che ondeggiavano sulla sua schiena, un'espressione dura dipinta sul volto, le spalle tese.

Riconosceva quel portamento, sua sorella aveva indossato la sua armatura e, ancora una volta, prendeva le difese dei più deboli.

Ignara di essere osservata dagli occhi fraterni, Carola avanzò finché non raggiunse Emma, con una spinta decisa, allontanò la prima della sue amiche che sbarrò la strada e, senza gentilezza, si rivolse alla bionda: "Cosa sta succedendo?"

Emma rimase destabilizzata da quell'intervento imprevisto, non avrebbe mai voluto mostrarsi in quella maniera davanti alla sorella del ragazzo che le piaceva, perciò cercò un modo per rimediare: "Hai frainteso, stavamo solo discutendo pacificamente"

Cecilia aveva ancora gli occhi rivolti verso il pavimento, silenziosa, impegnata nel tentativo di rendersi invisibile, in maniera tale da porre fine a quel supplizio, senza nessuna vittima, oltre lei.

"Pacificamente?" domandò Carola, sollevando un sopracciglio scettica.

Bruno era ancora fermo in piedi vicino alla panchina e si domandava cosa stesse combinando sua sorella, sapeva che stava cercando di restare fuori dal problemi, in questa nuova scuola, ma le cose non stavano andando come aveva programmato.

"Andiamo, Carola, non potrei mai fare qualcosa che..." le parole di Emma le morirono in bocca quando Carola sollevò la mano nella quale stringeva il cellulare, mostrando alla ragazza un breve video di quanto stavano succedendo qualche secondo prima.

Carola non era stupida e aveva esperienza in queste situazioni, qualche volta le parole o le maniere forti non erano abbastanza, qualche volta servivano delle prove.

Gli occhi di Emma si spalancarono, mentre le sue pupille guardavano sé stessa che afferrava i capelli di Cecilia per costringerla a guadarla. Non credeva di essere vista ma, soprattutto, non credeva che a qualcuno importasse tanto di Cecilia da arrivare a minacciarla.

Nessuno aveva mai detto nulla del trattamento che riservava alla compagna e non era sempre stata discreta nei suoi confronti, quindi perché questa nuova ragazza interveniva con tanto interesse?

Sul viso di Bruno intanto si era dipinto un fiero sorriso, nonostante non fosse favorevole alla mossa della sorella, doveva ammettere che nessuno era migliore di lei come cavaliere.

"Io non..." balbettò Emma mentre le sue amiche facevo qualche passo indietro, nella speranza di restare fuori dalla conversazione "insomma, Carola... era solamente per scherzare..."

"Scherzare?" ripetè allibita Carola, riportando il cellulare nella tasca dei pantaloni. Si era ripromessa di non intervenire, si era ripromessa di mantenere la calma, si era ripromessa di essere razionale.

Ma lei non era così, lei era guidata dall'impulsività, dalla passione, dal coraggio, dalla vendetta, qualche volta. Improvvisamente si sentì come quella bambina di dieci anni che difendeva il fratello più grande prendendo a sberle i bulli del parco.

La sua mano si allungò di scatto e le sue dita si strinsero intorno ai capelli biondi di Emma, tirandoli verso il basso. Emma, colta alla sprovvista, si sbilanciò e il suo viso arrivò molto vicino a quello di Carola, una smorfia di dolore sulla labbra e la sorpresa negli occhi.

"Ti sembra divertente?" sussurrò Carola al suo orecchio, tirando sempre più forte.

"No" disse con un ghigno Emma, tentando di liberarsi da quella presa. Era arrabbiata, molto arrabbiata. Ma come poteva fare una mossa falsa proprio con Carola? Voleva forse bruciarsi ogni possibilità di conquistare Bruno?

Il sorriso sulle labbra di Bruno, che osservava ancora la scena in lontananza, non era scomparso, ma allo stesso tempo, era preoccupato per come si stavano svolgendo gli eventi. Era preoccupato per sua sorella e per le conseguenze che le sue azioni avrebbero avuto su di lei.

Infilò entrambe le mani nelle tasche e si girò verso il cortile della scuola, avviandosi al cancello.

Carola finalmente lasciò andare la presa dai capelli di Emma e le lanciò un'ultima occhiata minacciosa, prima di spostare la sua attenzione su Cecilia, per accertarsi che stesse bene.

La ragazza era ancora contro al muro, ma aveva sollevato la testa e aveva osservato la scena che si svolgeva dinanzi a lei con gli occhi spalancati. Due scuri e grandi occhi spaventati, ma allo stesso tempo sorpresi.

Non per ciò che aveva fatto Carola a Emma, non per ciò che le aveva detto, ma perché era intervenuta per difenderla.

Carola era intervenuta per difendere proprio lei. 

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