14 - Snack al formaggio
Carola era combattuta e non riusciva a placare la lotta interiore che stava vivendo. Avere quella ragazza vicino per tutte le ore di lezione era una tentazione troppo forte. Voleva parlarle, ma allo stesso tempo non doveva.
Aveva avuto l'occasione di trasferirsi, di ricominciare dall'inizio, nessun pettegolezzo, nessun pregiudizio, nessuno sguardo rivolto al suo orientamento sessuale.
Nella vecchia scuola ormai era diventata un'abitudine, aveva imparato a conviverci e anche a non dare alcun peso a tutti quegli aspetti che la sua scelta aveva comportato. Tuttavia, quando aveva scoperto di doversene andare, quando aveva compreso che nella nuova città nessuno la conosceva, si era scoperta sollevata.
Il problema non era che fosse insicura di quello che provava verso le altre ragazze e nemmeno che si vergognasse di sé stessa. Ma in qualche modo, si sentiva sbagliata. O meglio, qualcuno la faceva sentire in quel modo. La stessa persona che faceva arrabbiare suo fratello. Colui che era in grado di far pesare la sue presenza emotiva come un macigno, nonostante la sua assenza fisica.
Eppure, Cecilia, era come la bella copertina di un libro, che lei desiderava sfogliare per approfondire.
Travolta da questi pensieri conturbanti, Carola aveva vagato per i corridoi della scuola senza una meta precisa, proprio all'ora dell'intervallo e, improvvisamente, si era ritrovata lì.
Fabio la stava salutando con un sorriso entusiasta sul volto, una mano rivolta verso di lei, l'altra nella tasca dei jeans chiari. I capelli rossi gli donava un'aria sempre allegra, o forse erano le sue lentiggini sparse sulle guance e sul naso, ma qualche volta, quando si soffermava sui suoi occhi scuri, Carola scorgeva qualcosa che non corrispondeva a quel sentimento.
Istintivamente sollevò una mano per salutarlo a sua volta, ancora confusa sul perché della sua presenza in quel luogo ma, con riluttanza, dovette ammettere che qualsiasi pensiero avesse per la testa, si stava allontanando.
"Cosa vuoi prendere?" le domandò Fabio, indicando la macchinetta con un cenno della testa, non appena la ragazza fu abbastanza vicina.
"Sono solo passata per un saluto..." mormorò lei, non volendo oltrepassare la linea della conoscenza sulla quale stavano transitando.
"Accidenti" esclamò lui, concentrando la sua attenzione al di là del vetro davanti a loro "sono finiti gli snack al formaggio"
Carola sospirò leggermente, Fabio stava volutamente ignorando le sue scuse per allontanarsi in fretta.
"Io vorrei un pacchetto di patatine" una voce maschile sopraggiunse tra loro, entrambi rivolti verso la macchinetta per accorgersi di una figura che era sopraggiunta. Carola si voltò con un certo spavento negli occhi mentre Fabio girò la testa di scatto sorpreso per poi tornare a mostrare la sua solita espressione cordiale.
"Bruno" esclamò contento, dandogli anche una pacca sulla spalla come se il loro rapporto andasse al di là di una semplice chiacchierata.
Fabio era sempre stato un ragazzo amichevole, circondato da amici ma, ad un certo punto, qualcosa era cambiato e lui aveva sentito il bisogno di ritagliarsi un lungo momento per sé stesso, per rimettersi insieme, pezzo dopo pezzo. Tuttavia, da quando questi nuovi ragazzi erano arrivati in quella scuola, aveva ricominciato a sentirsi quello di un tempo e anche a comportarsi come tale.
"Per caso interrompo qualcosa?" domandò Bruno, spostando il suo sguardo curioso dal compagno di classe alla sorella, e soffermandosi su di lei con un sopracciglio alzato.
Carola lo fulminò con gli occhi ma Fabio rispose con tranquillità: "Stiamo solo scegliendo la merenda"
"Non ci sono ciliegie?" continuò Bruno, sempre più divertito dalla situazione, mentre una piccola fossetta si faceva strada all'angolo della sua bocca.
Fabio questa volta spalancò gli occhi, destabilizzato e Carola non riuscì a trattenersi: "Che ne sai te della ciliegie?"
"Io so tutto" dichiarò Bruno con aria misteriosa, raddrizzando la schiena e sollevando il mento verso l'alto.
"Non è vero!" si affrettò a specificare Fabio, non voleva che Carola pensasse che parlava di lei con suo fratello. Anche se effettivamente così era stato.
"Forse, a te sfugge qualcosa" continuò vago Bruno, guardando di traverso la sorella con fare assertivo. Sul volto di Fabio si dipinse la confusione, mentre Carola sollevò un piede senza farsi notare e assestò un calcio nello stinco del fratello.
"Non devi tornare in classe?" domandò con tono duro Carola, accennandogli con la testa di sparire, non voleva che insinuasse dei dubbi nell'unica persona con la quale era riuscita a fare amicizia. Non era ancora pronta per aprirsi.
"No" ribatté deciso lui, continuando a sorridere divertito.
Carola sapeva che Bruno non lo faceva con cattiveria, lui tentava solamente di aiutarla a essere sé stessa. Quando era piccolo si nascondeva continuamente a causa del suo problema ma, da quando aveva acquisito fiducia, pretendeva che tutti fossero in grado di compiere lo stesso passo.
Intanto Fabio aveva smesso di ascoltare il loro battibecco e aveva inserito delle monete nella macchinetta, pigiando poi uno dei tanti tasti luminosi che lampeggiavano davanti a lui.
"Allora vai al bagno" stava dicendo Carola, sempre più infastidita dalla presenza del fratello.
"Ci sono appena stato" replicò lui "forse mi sono dimenticato di lavare la mani" commentò poi, accarezzando il viso della sorella che subito si ritrasse schifata.
"Scherzavo" mormorò allora lui, facendole l'occhiolino.
"Tieni, Carola" si intermise Fabio, allungando verso la ragazza un pacchetto di patatine che aveva appena prelevato dal macchinario davanti al quale sostavano.
"Ah" sussurrò la ragazza, colta alla sprovvista "grazie" gli rivolse un sorriso cordiale, ma quando spostò i suoi occhi sull'espressione scettica di Bruno, il sorriso scomparve del suo viso.
Fabio intanto non si rendeva conto della tensione tra i due fratelli, troppo contento com'era per quell'incontro nel quale non aveva sperato molto. E poi Carola era così bella che si perdeva osservando la sua figura.
La campanella suonò, decretando la fine di quell'imbarazzante conversazione così, dopo brevi saluti, ognuno si girò verso la direzione che intendeva prendere. Fabio avrebbe voluto chiedere un nuovo incontro a Carola, ma davanti a suo fratello non si era sentito abbastanza sicuro perciò, dopo un'ultima occhiata verso la ragazza, si era incamminato verso la sua aula.
Carola aveva mosso qualche passo per recarsi nella direzione opposta, ma il fratello l'aveva tirata per il gomito e costretta a soffermarsi ancora.
"Cosa stai combinando?" le chiese, questa volta con tono più serio.
"Non so di cosa parli" replicò secca lei, liberandosi dalla sua presa.
"Fabio" si limitò a dire Bruno, rivolgendole uno sguardo eloquente. Se c'era qualcosa che il ragazzo non tollerava era illudere le persone. Nonostante tutte le ragazze che aveva frequentato nel passato e nel presente, si era sempre preoccupato di chiarire ogni questione fin dal principio. Avevano giocato tanto con i suoi sentimenti quando era bambino, perciò non intendeva fare la stessa cosa.
"Siamo solo amici" precisò Carola, cercando di essere convincente, con scarsi risultati.
"Forse per te" dichiarò lui infatti "ma da come ti guarda, lui non la pensa allo stesso modo. Se vuoi uscirci ancora, parla chiaramente con lui" concluse, poi si voltò dandole le spalle e si affrettò verso la sua aula, con il corridoio ormai vuoto.
Carola sospirò pesantemente e percorse la strada che la portava alla sua classe. Non voleva rovinare un'amicizia che neanche era nata ma, nonostante per lei fosse difficile ammetterlo, sapeva che il fratello aveva ragione: doveva parlare con Fabio.
La lezione di storia era così noiosa che Carola faticava a tenere gli occhi aperti, non era mai stata brava con le date e i nomi dei personaggi storici. Perciò poggiò entrambe le braccia sul banco, e vi abbandonò la testa.
Cecilia invece seguiva con attenzione ogni parola della professoressa, conosceva la maggior parte delle nozioni che stava ascoltando, ma era sempre affascinante conoscere la storia passata. Forse era perché aveva trascorso tanto tempo nella sua camera, nascosta dal mondo, che il mondo la affascinava tanto. Anche quello passato.
"Quindi, come ricorderete" stava spiegando la professoressa, in piedi davanti alla cattedra, occhiali sul viso e sguardo rivolto alla classe "Colombo era convinto di poter raggiungere le Indie in nave. Invece arrivò in America. Qualcuno si ricorda in che anno?"
Nella classe calò il silenzio, Cecilia sapeva la risposta, ma dopo la figura di quella mattina in mezzo al corridoio, ogni briciolo di coraggio aveva abbandonato il suo corpo, nonostante il persistente odore di vaniglia che continuava a percepire.
"Nel 1480" la voce fiera di Emma sovrastò tutta la classe, catalizzando gli occhi della professoressa sulla sua postazione.
Sbagliato pensò Cecilia, abbassando le maniche della felpa sulle mani.
"Sbagliato" disse a voce alta la professoressa, facendo ammutolire Emma. La ragazza detestava commettere errori, le piaceva essere elogiata, le piaceva pavoneggiarsi, non le piaceva sbagliare.
"Qualcuno vuole correggere Emma?"
No negò subito Cecilia nella sua testa, sarebbe stata come una missione suicida ma, quasi senza rendersene conto, dalla sua bocca fuoriuscì qualcos'altro.
"Come?" domandò la professoressa, tentando di indovinare da dove fosse venuto quel flebile suono "Chi ha risposto?"
Cecilia si fece piccola sul suo banco, sperava di diventare invisibile, malediceva la sua stupida bocca che era stata zitta sempre e decideva di agire da sola nel momenti peggiori. Ma subito, quel persistente e dolce odore di vaniglia le fece tornare nella mente la lista. Sua mamma avrebbe avuto il coraggio di parlare davanti a tutti. Si sarebbe raddrizzata sulla schiena, spostando i lunghi capelli setosi, e avrebbe risposto con tono sicuro.
Cecilia chiuse gli occhi indecisa. Forse era impazzita, forse era guidata dallo spirito di Valeria, ma piano piano, portò la sua mano verso l'alto, sollevando il braccio per richiamare l'attenzione della professoressa.
"Cecilia" disse quest'ultima, sorpresa per quell'intervento "vuoi rispondere?"
Cecilia trovò da qualche parte il coraggio di alzare gli occhi dal banco e, senza aggiungere ulteriori dettagli, ribatté: "1492"
"Corretto" esclamò entusiasta la donna, rivolgendole un sorriso di incoraggiamento "brava, Cecilia" aggiunse poi, avendo notato che la ragazza aveva difficoltà a esprimersi.
Cecilia tornò a respirare un poco, si sentiva fiera di sé stessa ma, allo stesso tempo, percepiva anche gli sguardi della maggior parte dei compagni di classe su di sé.
Era sicura che sarebbe finita in quel modo e non le sembrava una sensazione piacevole, girò la testa prima a destra, dove intravide Carola che la osservava incuriosita e subito dopo verso sinistra, verso l'angolo che più temeva.
Il cuore di Cecilia smise di battere per diversi secondi, la paura si impadronì del suo corpo e l'unico pensiero che le invase la mente fu quando fosse stata stupida: l'aveva sfidata.
Emma la stava fissando con uno sguardo di ghiaccio che prometteva una sola cosa: vendetta.
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