Respirare (Parte 2)

Sofia aveva sempre visto Chirone avvolto da una corazza di tristezza ed imperturbabilità perenne.Stava sempre seduto dietro al tavolo a guardare i semidei con occhi tristi oppure presidiava le lezioni che davano lei ed i semidei più grandi con occhio un po' più critico ma sempre avvolto da un alone di infinita tristezza. In quel momento, mentre semidei e schiavi stavano schierati sulla sabbia dell'Arena dei giochi in attesa dei ree del corteo che ci si aspettava da tali figure, Chirone era talmente nervoso che la coda equina si muoveva da una parte all'altra senza sosta mentre galoppava tra le due file di semidei e schiavi in bella mostra, dando ordini da una parte all'altra. Aveva chiesto per almeno una decina di volte dove fosse finito Percy, scegliendo troppo spesso come vittima della sua ansia, un povero Leo che, con gli occhi socchiusi per il sole alto di Sparta, si limitava a cercare l'aiuto del fratello al suo fianco che però, impettito nel chitone candido che gli faceva risaltare la pelle scura, non faceva altro che trattenere le risate. Ma Chirone si agitava per nulla. Era tutto pronto e l'Arena era bellissima. Enorme e luminosa, gli spalti candidi e la sabbia scintillavano sotto al sole, assieme alla pista dei giochi che troneggiava al centro esatto dall'Arena. Gli schiavi avevano impiegato un intero giorno, sotto la supervisione degli spartani, per poter realizzare i giochi nel miglior modo possibile e,ancora, nonostante Sofia fosse stata una delle persone coinvolte nella preparazione, guardando tutti gli ostacoli che gli spartani avrebbero dovuto superare prima di raggiungere uno spiazzo rialzato dove si sarebbe svolto il combattimento finale, non poteva fare ameno di stupirsi. Il percorso iniziava strisciando nel fango, con una rete sopra quella piscina scura per evitare che a qualcuno dei semidei venisse in mente di correre invece che spingersi con la forza delle braccia; dopo, avrebbero dovuto superare una parete degna di quella dell'arrampicata con l'unica differenza che quella nell'Arena,invece che scontrarsi con un'altra, perdeva massi dall'alto, creati appositamente dai figli di Efesto perché potessero avere trappole che si sarebbero attivate una volta lasciati cadere. Una volta scavalcata quella parete, si sarebbero dovuti lasciar cadere su un lago grande e profondo a malapena per poter accogliere una caduta da quell'altezza e, dopo, arrampicarsi nuovamente su una parete costruita in legno, formata da più pedane che vorticavano a velocità incredibili, aggrappandosi a degli spunzoni che uscivano dalle pareti ma che si ritiravano improvvisamente, facendo cadere i semidei in uno spiazzo carico di automi di bronzo celeste creati appositamente per l'occasione. Sofia lanciò uno sguardo ai tori dagli occhi rossi come il fuoco che scintillavano sotto ai raggi del sole e scrollò le spalle, lanciando fugacemente un'occhiata all'ingresso. Le persone che si riversavano dentro l'Arena non erano solo semidei del Campo ma anche guerrieri e parte della popolazione che risiedeva a Sparta e zone limitrofe. I confini del Campo Mezzosangue erano stati aperti appositamente per l'occasione, il che spiegava il perché gli schiavi avessero le catene ai piedi che gli avrebbero impedito la fuga.

Sofia lasciò andare un sospiro,osservando ancora una volta gli automi che gironzolavano nella porzione di terreno che gli era stata dedicata. Un figlio di Efesto, seduto sulla staccionata che li separava dal resto dell'Arena, con una lancia posata sulla spalla e l'aria un po' annoiata, li controllava dall'alto.

Il chiacchiericcio del pubblico, le prime urla di foga, avvolsero familiarmente Sofia che si guardò attorno ancora una volta, strizzando gli occhi sotto ai raggi del sole.

- Sembra quasi di essere a Roma –    scherzò Daphne, dandole un colpo con la spalla, facendo tintinnare    le catene alle caviglie una volta che si mosse verso di lei.

Sofia continuò ad osservare la folla    per qualche altro secondo ancora prima di scrollare le spalle. –    Quasi – disse, anche se l'Arena del Campo Mezzosangue non era    grande od imponente neanche la metà del Circo Massimo a Roma.

- Almeno questa volta non dovremmo    combattere – disse Terentia, strappando uno sbuffo a Grigoria al    suo fianco.

- Santi dei, chiudi quella bocca. Con    questi maledetti semidei non si sa mai cosa aspettarsi. – borbottò    quella.

Sofia trattenne un sorriso mentre Maia    scoppiava a ridere al suo fianco e Daphne faceva un cenno di    assenso. Poi, spostò lo sguardo verso Euleia, a due ragazze di    distanza da lei. Teneva il volto basso, gli occhi chiusi che neanche    avevano la forza di aprirsi e le mani giunte sul grembo.

Sofia strinse i pugni con forza, un    attimo prima che il suono penetrante di una conchiglia potesse far    tacere il pubblico seduto sugli spalti e raddrizzare la schiena ai    semidei schierati accanto agli schiavi.

- Eroi! – tuonò Chirone ed    l'ovazione del pubblico fu talmente tanto potente che Sofia quasi    barcollò. Sparta iniziò a battere i piedi sul pavimento degli    spalti, ad ululare con forza mentre i soldati, schierati lungo le    pareti dell'Arena, battevano ritmicamente le lance sugli scudi.

Suo malgrado, Sofia non riuscì a    controllare la sua fascinazione davanti ad uno spettacolo di    unanimità tale.

- Quest'oggi – disse, mentre la sua    voce risuonava perfettamente nell'Arena, oltre l'incredibile tuonare    del pubblico, – per il Campo Mezzosangue inizia una nuova alba.    Quest'oggi, il Campo Mezzosangue vedrà alcuni dei nostri più    grandi guerrieri sfidarsi per diventare nuovi capi e nuove guide –.    Sollevò le braccia in alto sotto i raggi del sole di Sparta,    sfilando fieramente tra le file di schiavi e semidei. – Diamo il    bentornato ai due re della grande Sparta! – esclamò.

Una fila di figli di Apollo e satiri    perfettamente agghindati suonarono con potenza le conchiglie,    ergendole verso il cielo mentre dieci bighe, contò Sofia, trainate    da dei pegasi candidi, superarono maestosamente le pareti    dell'Arena. Solo una biga attirò davvero l'attenzione di Sofia e    del resto del Campo Mezzosangue ed era quella che, placcata in oro    massiccio, con due saette incastonate ai lati, riluceva sotto al    sole, guidata da due possenti aquile scure.

Non appena quella toccò terra, due    soldati spartani scesero via velocemente mentre le aquile si    sistemavano impettite sulla sabbia, gridando fieramente. Poi, dalla    biga, avvolti da due candidi chitoni e con una corona dorata sulla    testa, scesero i due re di Sparta.

Sofia non li aveva mai visti. Ogni    volta che suo padre aveva un incontro con loro, Sofia rimaneva a    casa a far finta di non esistere e l'unico modo in cui era venuta in    contatto con i due sovrani, era stato attraverso le illustrazioni    sui vasi e sui piatti che suo padre portava ad Atene come ricordo.    Sofia non aveva mai visto dei re nella sua vita e, a suo padre,    nonostante ricoprisse un ruolo di spicco ad Atene, c'era    perfettamente abituata. Si disse che fu per quello che, quando vide    i due re scendere dalla biga, il primo istinto fu quello di fare un    passo indietro ed inchinarsi; fu solo l'orgoglio che la fece    trattenere, irrigidendole però il corpo intero davanti ai due    sovrani che, nel bel mezzo di un'Arena grande quanto quella del    Campo, non solo erano perfettamente a loro agio, ma parevano    riempirla completamente, rendendo inutili il pubblico, il resto dei    semidei e figurarsi loro schiavi. Re Archidamo ed Agido II erano    padre e figlio e, a quella distanza, Sofia ebbe modo di vedere il    perché. Tenevano la schiena perfettamente dritta allo stesso modo,    col mento sollevato e gli occhi scuri ed attenti che non avevano    bisogno di guardarsi attorno e controllare cosa li    circondasse,perché  in qualche modo, tutto ciò che li circondava    era già ai loro piedi. Avevano anche la stessa altezza e l'unico    modo per distinguere il figlio dal padre era grazie al minor numero    di rughe sul volto abbronzato di Agido II e per i capelli più    lunghi ma perfettamente curati di Archidamo II. Come da convenzione,    la barba di Agido II era più corta attorno al mento mentre quella    di suo padre Archidamo II era perfettamente appuntita, conferendogli    l'austerità ed il potere che, nonostante il portamento fiero,    mancavano ancora al figlio.

Chirone andò pomposamente incontro ai    due re, tentando inutilmente di trattenere i movimenti spasmodici    della sua coda ed aprì le braccia.

Sofia corrugò la fronte. Se Archidamo    II era perfettamente fermo, ad osservare Chirone con i terribili    occhi scuri, le mani di Agido II non riuscivano a stare ferme;    continuava a muovere le dita, a stendere i muscoli delle braccia    tenendo un piede fermo davanti all'altro, come se si stesse    preparando per correre.

-Miei grandi re – disse Chirone    avvicinandosi a loro e Sofia sbarrò gli occhi. Agido II non si    stava preparando per correre ma per uno scontro. Sollevò il braccio    destro all'indietro e, nonostante l'ovvia differenza di altezza,    colpì il centauro con uno schiaffo al volto perfettamente. Il    rumore risuonò cristallino all'interno dell'Arena, azzittendo non    solo le ovazioni del pubblico ma anche il suono degli strumenti che    i satiri ed i figli di Apollo avevano suonato fino a quel momento.

La coda di Chirone si fermò    perfettamente mentre i muscoli della schiena si irrigidivano.

Carlo mosse istintivamente un passo in    avanti, il corpo teso ed il capo abbassato, come se fosse stato    pronto a caricare re Agido II senza esitazione ma Leo gli mise    saggiamente una mano sul braccio possente, trattenendolo.

Il silenzio che cadde sull'Arena fece    rabbrividire Sofia che scrollò le spalle, stringendo tra le proprie    dita quelle di Daphne quando la ragazza le avvicinò alle sue, nella    speranza di avere un po' di conforto.

- Credo che mio figlio – intervenne    re Archidamo II con voce possente che fece naturalmente raddrizzare    la schiena di Sofia, riempiendo facilmente l'Arena, – non sia    felice degli avvenimento della appena svolta kryptheia.

Sofia non seppe mai se Chirone avrebbe    voluto rispondere perché il sibilo velocissimo di una freccia la    fece voltare di scatto per la sorpresa mentre i pegasi si agitavano    sul posto e le aquile iniziavano a muovere le ali, senza però    potersi muovere. Il raggio argentato attraversò perfettamente il    corridoio formato da semidei e schiavi, sfiorando il volto di re    Agido II che non riuscì a trattenere un urlo, colto in contropiede,    un secondo prima che la freccia potesse conficcarsi nel muro    dell'Arena dietro di lui. Quando Sofia si voltò, Talia si ergeva,    bellissima e pericolosa, avvolta nel suo chitone argentato e    reggendo il suo arco con un'altra freccia incoccata, all'inizio di    quel corridoio. Una fascia argentata le avvolgeva i capelli d'ebano    raccolti in una treccia mentre gli occhi elettrici erano fieramente    puntati contro il re Agido II che, ancora oltraggiato, si teneva una    mano sulla guancia.

- Sorella mia! – esclamò il re    Archidamo II, rompendo il silenzio, senza traccia di ironia nella    voce possente, allargando le braccia per poter accogliere Talia che    però si limitò soltanto ad abbassare l'arco, rimanendo    perfettamente ferma sul posto. – è un onore ed un piacere    rivederti.

Talia non si mosse e Sofia corrugò la    fronte. Archidamo II era un figlio di Zeus, come Talia, ma Sofia non    aveva idea che si conoscessero fino a quel punto, che fossero    fratelli. – Vorrei poter dire lo stesso – disse Talia con    voce ferma. Poi spostò gli occhi su Agido II, assottigliando le    palpebre. – Ma quando si viene a casa mia, si fa un inchino e ci    si tolgono le scarpe. Non si manca di rispetto alla mia    famiglia.

Talia non ebbe bisogno di alzare la    voce. L'autorità nel suo tono risuonò contro le pareti dell'Arena,    conferendole il rispetto che re Agido II aveva altrettanto    facilmente perso.

- Ti chiedo di perdonare mio figlio –    disse re Archidamo II, senza nascondere il divertimento nella voce,    facendo un cenno col capo a re Agido II che, nel frattempo, si era    ricomposto. – Gli avvenimenti della scorsa notte, durante la    kryptheia, hanno fatto velocemente il giro del Peloponneso. La    nostra autorità ed il nostro potere sono stati messi alla prova –    sorrise senza traccia di divertimento nel volto e nella voce. –    Non è un momento facile per Sparta.

- Non lo è stato neanche per il Campo    Mezzosangue – affermò Talia. – Stiamo ancora cercando di    comprendere cosa sia successo. Nel frattempo, vi invito a prendere    posto nella vostra tribuna d'onore. I giochi inizieranno a breve.

- A questo proposito – la voce di    Pono fece correre un brivido di fastidio lungo la schiena di Sofia,    facendole serrare i pugni mentre digrignava i denti. – Il Campo    Mezzosangue non si fermerà fino a che non sarà trovato il    colpevole – affermò facendo un passo in avanti, ritenendo    necessario che qualcuno sentisse la sua voce invece che starsene    zitto e fare un favore a tutti. – Fino a che il capo del Campo    Mezzosangue sarò io, le ricerche non avranno pace.

Re Agido II sorrise, voltandosi verso    il figlio di Ares. – Sapevo di poter contare su di te e sulla tua    guida, Pono. E sono convinto che la giornata di oggi sarà    fruttuosa.

I capelli d'ebano scintillarono contro    la luce del sole e Sofia piegò il capo, osservando il re. A parte    la spada appesa al fianco, non sembrava avere con sé altre armi ma    dall'impulso che l'aveva colto, dall'abuso così eclatante del suo    potere, Sofia si vide bene dal sottovalutarlo, relegandolo alla mera    figura di un bambino che avrebbe voluto qualche gioco in più. Non    era un futuro re, Agido II, era un re vero e proprio che stava    esercitando la sua carica, lanciando le fondamenta per un governo    terribile.

- Sono certo che il Campo Mezzosangue    non ci deluderà ancora – affermò deciso il re Archidamo II,    muovendo poi un passo in avanti. – Permettimi di salutarti,    sorella mia – disse il re, allargando le braccia verso Talia    mentre le andava incontro. – Da quando ti sei unita alle    Cacciatrice della grande Artemide, è sempre più difficile    incontrarti.

Talia sorrise senza che quello le    raggiungesse gli occhi. – Allora sono riuscita nel mio intento    perfettamente – affermò.

Leo, difronte a Sofia, sembrò essersi    appena strozzato con la saliva a giudicare dal modo in cui aprì gli    occhi, portandosi una mano alla bocca.

Re Archidamo II sorrise, anche se solo    uno stupido non avrebbe colto l'ironia nelle parole di Talia che si    lasciò comunque abbracciare dall'uomo una volta che le fu difronte.    – A te che sarai per sempre bella – le disse. Talia fece un    cenno col capo senza nascondere una scintilla di rispetto negli    occhi elettrici.

- A te che sarai per sempre il più    grande Re che Sparta avrà mai.

Dall'affetto con cui si strinsero le    mani, nonostante l'alterco iniziale, Sofia si chiese quanti anni    avessero vissuto assieme prima che Talia se ne andasse per il Campo    Mezzosangue e poi si unisse alle Cacciatrici della dea Artemide.    Forse abbastanza perché quella schermaglia ricordasse tutte quelle    che avevano avuto quando erano solo due bambini e crescevano    assieme.

Poi, uno al fianco dell'altra,    percorsero il corridoio di schiavi e semidei ed Archidamo II sollevò    un braccio, rivolgendosi verso il pubblico che occupava le pareti    dell'Arena. – Che i giochi abbiano inizio! – esclamò, mentre    Sparta si apriva in un nuovo boato di gioia.

Lentamente, gli schiavi andarono in    fila verso gli spalti. I ragazzi dovevano servire i soldati    sistemati nelle prime file mentre le ragazze avrebbero dovuto    sistemarsi nella tribuna d'onore riservata ai due re.

Il sole picchiava forte su Sparta ma,    nascoste sotto la tribuna, loro l'avrebbero sofferto decisamente    meno rispetto ai ragazzi. I semidei che avrebbero dovuto partecipare    alla competizione si sistemarono a diversi metri dalla linea    d'inizio. Pono, come Sofia aveva scoperto fosse da tradizione,    sarebbe partito qualche passo indietro rispetto agli altri, perché    già capo del Campo in carica.

Carlo, in prima fila, si guardò    attorno e Sofia, in un angolo della tribuna d'onore, non riuscì a    fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo a quel punto.

Sentì i re di Sparta confabulare    sulle sedie dietro di lei, chiamando i due soldati che si erano    portati in tribuna con loro poi, Archidamo II, senza alzarsi, si    limitò soltanto a parlare e la sua voce potente raggiunse ogni    curva dell'Arena. – Dov'è Perseo, figlio di Poseidone?

E per la seconda volta da quando i re    erano arrivati, il Campo crollò nel silenzio. Fu come se, per la    prima volta, tutti si fossero resi conto dell'assenza di Percy.    Avevano dato per scontato fino a quel punto che ci sarebbe stato e    la realizzazione dell'evidenza contraria, li fece agitare sulle    tribune, iniziando a mormorare tra di loro.

Sofia riuscì a cogliere solo qualche    sprazzo di concitate conversazioni, trattenendo a stento un sorriso    orgoglioso un secondo prima che la voce di Pono, dal fondo    dell'Arena, potesse strapparle una smorfia infastidita. – Perseo,    figlio di Poseidone, non sarà qui oggi – annunciò, strappando    un'esclamazione sorpresa a tutto il pubblico.

- No! – Sofia si portò una mano    alla bocca, tappandosela, ma realizzò solo dopo, quando Pono spostò    l'attenzione via dalla tribuna d'onore, fosse stato Leo a parlare e    non lei. – è impossibile che Percy sia andato via – disse    deciso, catturando l'approvazione di buona parte dei ragazzi del    Campo. Sofia, qualche tribuna più in alto rispetto alla sua, riuscì    quasi ad immaginarselo mentre stringeva i pugni, trattenendo le    lingue di fuoco dei suoi palmi.

- Ed invece si! – esclamò Pono    senza riuscire a nascondere la stizza. – è stato visto scappare    ieri notte. Non è riuscito a nascondere la vergogna per gli    incresciosi avvenimenti della kryptheia!

- O forse perché è colpevole! –    urlò qualcun altro dalle tribune. Sofia non fece in tempo a vedere    chi avesse parlato ma, avvolta completamente dalla rabbia, mentre    spostava lo sguardo verso la voce, vide la testa lucida di Nestor.

- Che qualcuno provi ancora a parlare    contro Perseo! – tuonò Talia mentre il vento si alzava    improvvisamente e delle nuvole grigie iniziavano ad oscurare il    cielo. Sofia si voltò di scatto verso di lei solo per vedere gli    occhi elettrici, accanto al fratello, illuminati di mille fulmini. –    E se la vedrà con me.

Il terreno tremò per il rombo di un    tuono che scosse persino l'aria e Leo aprì le mani, generando due    palle di fuoco. – E con me.

- E con me – Stefano, dalla casa di    Apollo, estrasse l'arco, incoccando una freccia e puntandola, senza    troppi complimenti, verso Pono.

Sofia si portò una mano sullo    stomaco, sfiorando il coltello nascosto sotto ai veli. E con me.

- E con me – disse Nico al fianco di    Stefano, senza neanche estrarre la sua spada dalla fodera. La sua    voce però fu abbastanza per far indietreggiare Pono di un passo.

Poi, un nitrito squarciò l'aria,    canalizzando l'attenzione del pubblico verso il cielo. Dalle nuvole    invocate da Talia, una saetta scura si precipitò verso il terreno a    velocità impressionante e Pono cacciò un urlo per la sorpresa,    correndo all'indietro nella speranza di non essere colpito; inciampò    miseramente sulla sabbia e prima che la saetta nera potesse toccare    il terreno, il suo cavaliere saltò via dalla groppa, atterrando    agilmente mentre il pegaso d'ebano riprendeva il volo.

- Ed anche con me – disse Percy,    guardando dall'alto Pono ancora a terra che tentò di rialzarsi il    più velocemente possibile mentre l'ovazione ed i festeggiamenti del    pubblico fecero tremare le pareti e gli spalti dell'Arena.

- Perseo! Perseo! – invocarono e    Sofia sorrise, voltandosi fugacemente a guardare re Archidamo II che    rideva al fianco di Talia ed Agido II che, impettito sulla sua    sedia, non proferì una singola parola.

Sofia non fece fatica ad immaginarsi    il sorriso furbo di Percy mentre guardava Pono con una scintilla    nello sguardo ed un unico angolo delle labbra sollevato. Si    costrinse a tenere le mani impegnate avvicinando un vassoio ricco di    cibo e bevande ai due re per evitare di applaudire od esultare per    l'arrivo del figlio di Poseidone che, esattamente come aveva fatto    sull'Acropoli di Atene, aveva lasciato tutti a bocca aperta.

- Eroi! – Sofia sentì perfettamente    la voce di Chirone dal centro dell'Arena. Era immobile davanti ai    ragazzi, pronto a dargli il via. Sofia aspettò che i re prendessero    un calice di vino prima di allontanarsi con quanta più naturalezza    possibile, avvicinandosi al parapetto della tribuna per poter vedere    i semidei. Percy e Pono erano uno accanto all'altro. Persino a    quella distanza, Sofia poteva vedere quanto fosse longilineo il    corpo di Percy e quando fosse spaventosamente possente quello di    Pono eppure, lei non aveva dubbi su chi scommettere. – Che i    giochi – fece Chirone, – abbiano inizio!

Il Campo esplose in un boato    incredibile e gli spalti tremarono mentre gli spartani si lanciavano    verso il percorso, gettandosi sotto la rete, in quel lago di fango    creato appositamente per l'occasione.

Sofia si aggrappò alla balaustra,    costringendosi però a non farsi vedere troppo coinvolta mentre    tornava dai due re, sperando che le spalle non fossero così rigide    come pensasse mentre gli avvicinava il vassoio perché loro vi    mettessero nuovamente i calici sopra. Li riempì nuovamente di vino,    ridandoglieli gentilmente prima di sistemare, nel tavolino tra i due    troni, della frutta e pane con miele.

Un inaspettato soffio di vento la fece    barcollare di lato, schiaffeggiandole il volto con i ciuffi scappati    dalla treccia e Talia, al fianco del re Archidamo II, si aprì in un    sorriso. – Chi si rivede! – esclamò e quando Sofia si voltò di    scatto, avvolto in una toga viola, incontrò gli occhi azzurri di    Giasone.

- Sono passati solo due giorni, Talia    – disse il ragazzo con l'ombra di un sorriso sulle labbra, dando    poi una pacca sul collo del suo cavallo fatti di venti che, in un    nitrito, prese nuovamente il volo. – Miei re – fece poi,    inchinandosi davanti ai due sovrani che gli rivolsero un cenno della    testa.

- Sei venuto a vedere la gara,    Giasone? – domandò amichevolmente re Archidamo II.

- Portategli una sedia –. La voce di    re Agido II fece rabbrividire Sofia che mosse velocemente un passo    in avanti prima che Giasone potesse fermarla.

- Posso prendermela da solo –    rispose con un sorriso, uscendo dalla loro tribuna d'onore per poi    ritornare con una sedia in legno intagliato che sistemò accanto a    quella di Talia. – Non mi sarei perso la vittoria di Perseo per    nulla al mondo – sorrise con gli occhi azzurri che scintillarono    d'orgoglio. Sofia gli porse un bicchiere con del vino che sapeva    Giasone avrebbe rifiutato prima di tornare, senza remore, in un    angolo della tribuna, facendo finta di aspettare quando, in realtà,    voleva solo guardare la gara.

Percy non fu il primo a riemergere dal    lago di fango. Lo capì perché nessuno degli altri semidei, seppur    a quel punto fossero troppo sporchi per distinguerli gli uni dagli    altri, aveva la sua conformazione fisica. Riconobbe perfettamente    Pono però, che affondò un ragazzo che tentava di uscire da sotto    alla rete, scavalcandolo orribilmente col suo corpo prima di uscire    e correre verso la parete dell'arrampicata.

La folla protestò indignata ma, a    meno che non fosse rimasto ucciso qualcuno, Chirone non poteva    fermare i giochi e nessuno poteva intervenire.

Erano partiti in dieci ma, sulla    parete dell'arrampicata, erano a malapena in quattro. Pono aveva già    iniziato ad arrampicarsi, velocissimo e Sofia digrignò i denti,    puntando gli occhi sul lago di fango dove un inequivocabile Carlo    stava aiutando il ragazzo che Pono aveva tentato di affogare. Lo    tirò fuori dal lago acchiappandolo per le mani, un attimo prima che    anche Percy riuscisse ad emergere, completamente sporco.

Sofia lo vide posare una mano sulla    spalla del ragazzo che annuì, un secondo prima che tutti e tre    potessero iniziare ad inerpicarsi sulla parete. Riuscirono a fare a    malapena due metri, abilmente aggrappandosi alle giunture prima che,    dall'inizio del muro, non iniziassero a rotolare giù sfere di    bronzo celeste. La prima si aprì non appena fu in aria,    spalancandosi sulla schiena di un ragazzo in una gigantesca e letale    ragnatela. Sofia lo sentì distintamente urlare oltre le grida del    pubblico, lottando per rimanere attaccato alla parete mentre la    ragnatela continuava a tirarlo brutalmente giù.

Sofia rabbrividì, osservando Percy    che allungava un braccio verso di lui, un secondo prima che quello    potesse cadere a terra.

- Eliminato Filotete della Casa di    Ermes! – tuonò Chirone mentre dagli spalti si sprigionava un    ululato di dissenso.

- Forza! – Sofia sentì qualcuno    urlare dalla parete ed osservò Percy che, esattamente sotto Pono, a    meno di un metro da lui, si prese un solo secondo prima di    ricominciare a salire.

Una seconda sfera crollò dalla parete    esattamente sopra la testa di Pono che però fu abile a spostarsi,    reggendosi su un solo braccio e lasciando così la via libera perché    potesse precipitare su Percy.

Sofia strinse con forza il bordo della    tribuna, sollevandosi sulla punta dei piedi per poter vedere meglio.    – Vino – chiamò la voce di re Agido II e lei sfregò le unghie    contro la pietra della tribuna, voltandosi di scatto.

Alla sue spalle, si levò un boato di    gioia e quando lei si avvicinò al re, stringendo con forza il    manico della caraffa, sollevò lo sguardo su Giasone solo per    scoprire la stesse già guardando. Quando annuì una sola volta    nella sua direzione, Sofia lasciò andare un respiro che non si era    accorta di aver trattenuto mentre versava il vino, tornando poi nel    suo angolo di tribuna. Pono era sempre più vicino ma Percy gli    stava alle calcagna. Carlo, vicino a loro, nonostante l'imponente    mole, continuava ad arrampicarsi velocemente, fianco a fianco a Pono    fino a che una terza sfera non precipitò ancora una volta dalla    parete; quella volta però, invece che spostarsi, Pono la colpì con    forza con una mano, lanciandola addosso a Carlo che gridò mentre    una nuova ragnatela gli si avviluppava attorno al volto e lui    perdeva la presa.

Il pubblico urlò in protesta, alcuni    si alzarono persino dalle tribune ma Percy acchiappò Carlo per un    braccio prima che potesse cadere.

Sofia lo sentì urlare per lo sforzo    persino a quella distanza mentre un altro ragazzo si sistemava sotto    al figlio di Efesto, tenendogli le gambe attaccate alla parete.    Quando una quarta sfera cadde, quella volta esattamente sopra Carlo,    una spartana spiccò un salto dalla sua parete, andando addosso al    bronzo celeste con tutto il corpo, proteggendo gli altri mentre lei    cadeva assieme alla sfera.

Il pubblico urlò ancora con tutto il    fiato che aveva e Sofia sbarrò gli occhi, osservando Carlo che, più    indispettito che altro, si levava con uno strattone la ragnatela via    dal volto, lanciandola nel vuoto. Si girò verso lo spartano sotto    di lui, annuendo prima che riprendessero a scalare assieme.

Pono aveva già raggiunto la cima    della parete ma, invece che continuare, era fermo in piedi,    esattamente sopra Percy e Carlo ed al resto degli spartani che gli    stavano attorno. Quando una sfera uscì dalla parete, lui la    acchiappò tra le mani, lanciandola con forza sopra la testa di    Percy.

Il pubblico urlò, qualcuno lo    maledisse anche ma Percy saltò abilmente nella porzione di parete    accanto alla propria, aggrappandosi alla sporgenza con una sola mano    mentre la sfera cadeva nel vuoto.

Carlo si affrettò nella sua scalata    mentre Percy riprendeva e quando un'ennesima sfera uscì dalla    parete, Pono la riprese nuovamente tra le mani, lanciandola su Percy    ancora una volta che decise però di deviarla con le mani, facendola    sbattere alla parete e distruggendola.

- È sleale! – urlò qualcuno.

- È un bastardo! – gridò Talia    alle sue spalle e Sofia si voltò di scatto solo per vederla in    piedi, davanti alla sua sedia, ad inveire contro al figlio di Ares    che continuava a lanciare sfere contro Percy e Carlo senza pietà.

- Sta solo giocando – disse con un    sorriso furbo sulle labbra il re Agido II.

Giasone non lo degnò neanche di uno    sguardo mentre precedeva Talia, risparmiando il re di tutti gli    insulti possibili nel Peloponneso. – Sta giocando sporco contro la    sua stessa gente – tenne lo sguardo fisso davanti a sé, sui    giochi che stavano avendo luogo nell'Arena. – Quello non è un    capo, è un verme.

L'ennesimo urlo del pubblico spinse    Sofia a voltarsi nuovamente verso la parete dove una sfera,    aprendosi, si era appena avviluppata attorno al braccio di Percy. Il    cuore le saltò un battito per lo spavento mentre vedeva il figlio    di Poseidone tentare di distruggerla sbattendola inutilmente alla    parete, riportando il braccio faticosamente su ogni volta che il    peso ed il potere della sfera lo tiravano verso il basso.

Carlo iniziò ad avvicinarsi    velocemente a lui, muovendosi lateralmente un attimo prima che    un'altra sfera potesse sbucare dalla parete e Pono la prendesse    nuovamente tra le mani. Percy era già indebolito ed appesantito    dalla prima sfera, un'ennesima avrebbe significato la fine dei suoi    giochi e quella fu una consapevolezza che ebbe anche tutto il resto    del Campo che urlò indignato, in una sola voce, iniziando poi ad    invocare il nome di Percy con potenza. Pono però non riuscì mai a    tirare la sfera su Percy. Monika, della casa di Demetra, gli si    gettò contro con tutta la forza che aveva, gettandolo a terra e    facendogli prendere la presa sulla sfera che rotolò lungo la parete    prima di crollare, troppo lontana dai semidei perché potesse    scalfirli. Pono era talmente concentrato su Percy da non essersi    accorto che un'intera squadra di spartani stesse giocando contro di    lui.

Monika però, non poteva competere con    un uomo delle sue dimensioni, in uno scontro corpo a corpo per    troppo tempo ed infatti, che il figlio di Ares la colpì, facendola    rotolare via dalla parete ma regalando secondi necessari a Percy che    riuscì a far scattare la sua spada, spezzando i filamenti di bronzo    celeste che gli tenevano bloccato il braccio di sinistro,    lasciandoli cadere. Ritirò velocemente Vortice, scambiandosi un    cenno con Carlo prima che potessero riprendere entrambi a salire    mentre un altro spartano si gettava sopra Pono, bloccandolo dal    prendere un'altra sfera.

Le ovazioni del pubblico furono    sorprendenti, potenti ed avvolsero Sofia nella loro euforia. Vide    Pono levarsi di dosso anche quello spartano con un calcio ma quando    tentò di lanciarlo via dalla parete, Percy e Carlo avevano appena    scavalcato in cima. Lo caricarono con furia mentre il pubblico    esplodeva e Pono, vigliacco, si lanciava giù dalla parete, verso un    lago d'acqua che avrebbe dovuto pulirli dal fango e dal sudore prima    dell'ennesimo gioco.

Pono forse pensava di essersela    scampata ma Percy non aveva ancora finito con lui. Mentre Pono    cadeva verso il lago, Percy sollevò un braccio e l'intera massa    d'acqua si sollevò in un'onda terribile, inglobandovi all'interno    il figlio di Ares prima di scaraventarlo contro all'ultimo gioco.    Poi, l'onda tornò verso Carlo, Percy e i due spartani rimasti in    gara, trasportandoli dall'altra parte.

Il pubblico urlò ancora, esplose    nella gioia più pura e Sofia sorrise, ficcando con forza le unghie    nella balaustra della tribuna tribuna mentre osservava Percy scalare    la nuova montagna, roteando attorno ai pali di legno, usandoli come    slancio per poter salire sempre più in alto. Era una furia e si era    rigenerato con l'acqua. Il chitone, candido per l'occasione,    spiccava contro il colore scuro del legno e si muoveva rapidissimo,    inarrestabile.

Pono, nel frattempo, si era ripreso    dall'incredibile botta presa prima ed aveva incominciato a scalare.    Un palo, quando sbucò, lo colpì dritto allo stomaco e Talia,    dietro di lui, gridò con talmente tanto entusiasmo che re Archidamo    II e Giasone scoppiarono a ridere. Sfortunatamente però, nonostante    fosse un uomo orribile, era anche molto abile e riuscì ad    aggrapparsi ad uno spunzone di legno e ricominciare la sua faticosa    scalata. Asterio però, della Casa di Demetra, era troppo vicino a    lui e Pono si aggrappò alla sua caviglia, usandolo come appiglio    per salire più alto e buttarlo giù. Lo spartano precipitò,    sbattendosi contro al legno prima di crollare nel recinto di automi    in bronzo celeste.

- Oh miei dei – mormorò Sofia,    portandosi una mano alla bocca mentre osservava la scena. Quando il    figlio di Demetra precipitò nel recinto, gli automi si voltarono di    scatto verso di lui.

- Alzati – sussurrò Sofia, tenendo    gli occhi puntati sul corpo immobile dello spartano. – Alzati.

- PONO! – l'urlo fu talmente potente    che Sofia spostò lo sguardo di scatto, puntandolo sulla cima della    torre di legno che Percy aveva appena raggiunto. In un grido, il    lago si sollevò dal suo bacino ancora una volta, gettandosi contro    gli automi e spazzandoli contro la parete del recinto prima che    potessero raggiungere il figlio di Demetra tramortito. Poi l'onda,    con la stessa potenza, inglobò Pono per una seconda volta. L'acqua    lo rinchiuse all'interno delle sue spire e Percy sollevò il vortice    in alto, al centro esatto dell'Arena, oscurando il sole.

Sofia non aveva idea se Pono stesse    respirando lì dentro e non era certa le importasse qualcosa della    salute di Pono ma di quella di Percy le importava eccome. –    Lascialo andare – mormorò, portandosi le mani alla bocca. –    Lascialo andare – lo pregò, un attimo prima che Percy potesse    far precipitare il vortice sulla cima della torre, in un boato che    fece crollare l'Arena nel più mortale silenzio. Poi, fece scattare    la spada. – Alzati, vigliacco – disse, rivoltando il corpo di    Pono con un piede perché potesse stare prono ed alzarsi più    facilmente. – Alzati – sibilò e nel silenzio del Campo, la sua    voce raggiunse ogni lato dell'Arena. – Alzati, Pono perché oggi,    è tra me e te.

Pono tossì.

A Sofia parve che persino il vento    avesse smesso di soffiare solo per poter osservare quello scontro.

- Qualcuno gli dia dell'ambrosia –    disse poi Percy, roteando Vortice tra le dita. – Non vorrei che il    combattimento sia sleale ed approfittare della tua debolezza, non è    vero, Pono? – sorrise ma quando parlò, non c'era alcun    divertimento nella voce. – Non è così che si gioca,  ho ragione?    Qualcuno può portare dell'ambrosia?

A bordo di un pegaso candido, un    figlio di Apollo si avvicinò alla cima della torre di legno,    lasciando cadere sul palmo aperto di Percy, un sacchetto marrone    prima di volare via, tornando sul terreno dell'Arena. Percy lanciò    il sacchetto sotto al volto di Pono che, sollevato sulle braccia, lo    prese con una mano prima di sedersi sulle ginocchia e prendendo un    quadratino di ambrosia.

Percy lo osservò dall'alto. Per Sofia    fu facile immaginarsi gli occhi stretti in due fessure furiose    mentre stava davanti a Pono. La superficie sulla cima della torre    era ampia abbastanza perché potessero starci comodamente entrambi    eppure, era evidente che, in realtà, fosse troppo piccola.

Pono prese un altro quadrino di    ambrosia prima di alzarsi, saltellando sulle ginocchia    improvvisamente stabili, estraendo poi la sua spada a due mani dal    fodero che aveva sulla schiena. La tenne sollevata davanti a quella    di Percy che sorrise. – Siamo sempre stati noi due, non è vero? È    sempre stata tra noi due.

Poi, con un grido, Pono mandò la    spada di taglio verso Percy che la evitò con talmente tanta    facilità che il figlio di Ares si fermò per un secondo prima di    attaccare nuovamente con rinnovata e nociva furia. Ma per Percy non    ci fu mai bisogno di parare. Scartò velocemente all'indietro,    muovendosi poi di lato e colpendo Pono col piatto della lama sulla    schiena, facendolo barcollare in avanti e strappandogli un grido    indignato. Aspettò che Pono si voltasse nuovamente verso di lui e    tentasse di attaccarlo ancora per potergli rotolare velocemente    sotto alle gambe, colpendolo ancora una volta col piatto della lama.    Quando Pono roteò con la spada tesa, in un grido furioso, Percy lo    colpì con piatto della sua al braccio, al petto e poi al volto,    facendolo barcollare all'indietro mentre un rigolo di sangue gli    schizzava via dal naso.

Non c'era competizione. Forse non ce    n'era mai stata e quando anche per Percy quello fu abbastanza,    incrociò la lama col quella di Pono, premendo velocemente il piatto    di Vortice contro quella del figlio di Ares, piegando poi il polso e    disarmandolo in un attimo.

- Sei fuori, Pono – disse    semplicemente. – Hai perso.

L'ovazione del pubblico fu talmente    tanto forte che Sofia sussultò per la sorpresa e Talia, alle sue    spalle, balzò in piedi, lanciandosi contro il bordo della tribuna.    – L'hai voluto tu, figlio di puttana! Percy! Percy! – iniziò ad    urlare, venendo poi seguita dal resto dell'Arena che si unì in una    voce unanime e potentissima, invocando il figlio di Poseidone.

Sofia non sentì Pono urlare, lo vide    solo attaccare, abbassare il capo e caricare Percy come un animale    ed urlò oltraggiata. Gli spartani ancora appesi sulla torre si    agitarono, tentando di scalare più velocemente ma, tra Pono e    Percy, non c'era mai stata una competizione. Percy scartò di lato,    evitandolo facilmente prima di colpirlo con un calcio alla schiena,    facendolo volare giù dalla torre.

Sofia sperò di vederlo spiaccicarsi    al suolo ma qualcuno ritenne che da quell'altezza, anche un semidio    sarebbe morto quindi, una biga d'allenamento del Campo lo prese al    volo ma, l'auriga figlia di Ermes, calcolò il salvataggio al    millimetro, facendo sì che Pono, invece che cadere dentro la biga,    si scontrasse orribilmente contro il bordo. La figlia di Ermes lo    guardò, senza preoccuparsi di assicurarlo sul carro in alcun modo    mentre riprendeva la sua discesa verso il terreno dell'Arena.

Carlo raggiunse Percy sulla cima della    torre ed il Campo piombò in un silenzio tutto nuovo; l'elettricità    dell'aspettativa fece tendere Sofia sulla punte dei piedi che guardò    i due ragazzi con gli occhi spalancati. Carlo estrasse la sua spada    e Percy si sporse oltre il bordo della torre, guardando gli altri    spartani ancora appesi che, in un silenzioso accordo, annuirono    verso il figlio di Poseidone. Percy incrociò la spada con quella di    Carlo poi, simultaneamente, entrambi piantarono le loro armi sul    terreno.

- A Perseo, figlio di Poseidone e    Carlo, figlio di Efesto – tuonò Chirone dal basso dell'Arena, –    i nuovi capi del Campo Mezzosangue.

E l'Arena esplose di gioia.

***

Sofia sorrise quando, ritirando un vassoio dal tavolo di Efesto, Leo si alzò in piedi sulla panca,regalando l'ennesimo brindisi inebriato dal vino a Carlo che, suo malgrado, scoppiò a ridere, nascondendo il capo tra le enormi mani scure mentre il padiglione della mensa iniziava a battere le mani ed i piedi. Silena, al ritmo della musica incalzante dei figli di Apollo e dei satiri, roteò fino al suo fidanzato, abbracciandolo da dietro,sorridendo quando il ragazzo le cercò il volto, stampandole un bacio sulla guancia e rubando l'ennesimo boato di gioia dal tavolo di Efesto che trascinò facilmente anche il resto dei semidei.

Persino Nico, seduto accanto a Stefano che suonava allegramente una lira, sporgendosi verso di lui e lasciandogli spesso baci sul naso che lo facevano arrossire,sorrideva come Sofia l'aveva visto fare solo poche volte.

Non c'era mai stata un'atmosfera così incredibilmente ludica e piacevole al Campo da quando era arrivata e le fiamme del falò erano talmente alte che superavano addirittura le colonne del padiglione della mensa, ardendo di un rosso intenso.Persino Chirone faceva di tanto in tanto dei sorrisi, al centro tra i due re di Sparta che, da quando si erano seduti al tavolo, almeno due ore prima, non avevano mai smesso di bere.

Sofia fece per prendere un vassoio dalle mani di Daphne e portarlo in cucina prima che una figlia di Afrodite potesse acchiappare la sua amica per un polso, facendola roteare sotto al braccio prima che iniziassero entrambe a ballare al ritmo allegro della musica. Daphne, dopo un attimo di incertezza,scoppiò a ridere, limitandosi a seguire i movimenti felici della figlia di Afrodite che, con una mano, decise di incitare anche il resto dei semidei a fare lo stesso.

Leo balzò agilmente giù dal tavolo,camminando pericolosamente verso Sofia che, abilmente, gli pose Grigoria esattamente tra le mani che, senza riuscire a trattenere una risata, iniziò a ballare con l'allegro figlio di Efesto.

Sofia rise, portandosi una mano alla bocca per nascondersi mentre ferma, al centro della sala, i semidei si alzavano dai tavoli, invitando gentilmente gli schiavi a ballare aritmo della musica dei satiri.

- Forza! – esclamò Monika, –    formiamo tutti un cerchio! – esclamò, tenendo per mano uno    schiavo, acchiappando poi il polso di un figlio di Morfeo mentre    indietreggiava. Durante le feste, era tradizione ballare il    kalamantianos.

- Vieni qui, Annabeth! – esclamò    Maia, col volto accaldato per le danze e gli occhi lucidi per le    risate. – Balla con noi! – la incalzò ancora, non prendendo la    mano di Talia al suo fianco, lasciando il cerchio aperto per Sofia    che sorrise, scuotendo il capo.

- Magari al prossimo giro – promise.    Maia ebbe un solo secondo per farle una smorfia prima che Talia le    prendesse la mano, chiudendo quel cerchio strepitoso di semidei e    schiavi ed iniziando a ballare, battendo le mani e muovendo i piedi    a ritmo della musica.

Sofia si guardò attorno col cuore    colmo di una gioia sconosciuta. Non c'erano più semidei seduti ai    tavoli né schiavi che li intrattenevano. Ballavano tutti assieme    come se si conoscessero da una vita. Si portò una mano allo    stomaco, sfiorando il coltello con le dita, chiedendosi dove fosse    Euleia che, assieme a quasi tutta la casa di Ares e di Ecate, non si    era fatta vedere per la cena. Aveva pensato che la causa dei suoi    lividi fosse da ricondurre a qualcuno appartenente ad una di quelle    due ma non aveva né una prova tangibile né un misero sogno che    potesse aiutarla.

Osservò quell'assurdo connubio di    schiavi e semidei che avevano occupato il centro del padiglione    della mensa, ballando assieme a ritmo di una musica che non sentiva    più mentre continuava a sfiorarsi il coltello con le dita, un    attimo prima che quella vista le venisse bruscamente oscurata.    Trattenne a stento un sussulto, facendo istintivamente un passo    indietro quando mise a fuoco la figura del re Archidamo II,    corrugando la fronte quando la musica le riempì nuovamente le    orecchie.

Non aveva ancora visto il re da così    vicino, ma sarebbe stata cieca a non trovarlo magnetico. Con gli    occhi scuri intelligenti e delle leggere rughe d'espressione e d'età    che gli abbellivano bizzarramente il volto, aveva il fascino che    solitamente lei attribuiva alle statue, quel magnetismo che    solitamente aveva qualcosa di troppo perfetto per poter essere reale    od a malapena terreno. Le spalle erano ancora forti, larghe sotto il    tessuto del chitone candido e la pelle abbronzata era tesa sotto ai    muscoli allenati.

Re Archidamo II emanava potere, forza    e quando le parlò, facendola rabbrividire, si disse fosse a causa    dell'elettricità come figlio di Zeus e non per la profondità della    sua voce e per la cadenza quasi melodica delle sue parole. –    Balliamo – e spinta da una forza primordiale, mentre la testa    smetteva di rispondere a suoi comandi, seguendo blandamente quelli    del re, Sofia lasciò andare il vassoio che aveva retto fino a quel    momento, su un tavolo, finendo poi tra le braccia del sovrano    l'istante dopo.

Aveva un buon profumo, un misto di    rose e mirto ma corrugò la fronte, arricciando il naso. Era un buon    profumo ma non era quello di casa e quando scosse la testa,    precipitando bruscamente al suolo, si rese conto di quanto quella    vicinanza con il re le desse fastidio.

- Sei famosa qua dentro – esordì    l'uomo. La voce fu un'ennesima carezza sulla pelle ma a Sofia fu    necessario concentrarsi sul suo odore per non perdere il contatto    con la realtà. Un figlio di Zeus non avrebbe dovuto farle    quell'effetto, non inebriarla al punto da tale da inibirle i sensi.    – Voci mi hanno comunicato tu sia la figlia del grande Pericle.

E della sua compagna, Aspasia,    avrebbe voluto aggiungere Sofia prima che l'evidenza la colpisse con    un umiliante schiaffo. Come aveva fatto a non ricordarlo prima? Re    Archidamo II era figlio di Zeus e di Afrodite. L'uomo che le    aveva inebriato i sensi e col quale stava ballando, aggrappandosi ad    un profumo che non le piaceva per non lasciarsi trascinare via dalle    sue spire, era la progenie del padre degli dei e della forza    primordiale più letale di tutte, l'amore.

- Sono io – rispose però,    costringendosi a non distogliere mai lo sguardo via dagli occhi di    quell'uomo. Non poteva fargli capire volesse fuggire via da quella    situazione il più in fretta possibile.

Re Archidamo II la guardò con un    sorriso senza che vi fosse però alcun divertimento nei suoi occhi    scuri. Sembrava avesse voglia di aprirle la testa a carpirne ogni    suo segreto. – Pericle era un grande uomo. Mi dispiace che Atene e    Sparta non abbiano mai raggiunto un accordo.

La rabbia montò, bollente nel petto    di Sofia che fece istintivamente un passo all'indietro, allentando    le presa così salda dell'uomo su di lei. – Atene e Sparta avevano    raggiunto un accordo – sibilò, senza riuscire a trattenersi. –    Prima che Sparta si approfittasse di un momento di debolezza della    mia gente – disse a denti stretti, assottigliando lo sguardo.

Re Archidamo II sorrise ancora e Sofia    si chiese quanto sarebbe stato bello spegnergli quel sorriso con il    suo coltello. – Ci sono dei meccanismi che sono fuori dalla tua    comprensione, bambina mia – disse, con lo stesso tono languido che    aveva usato su di lei dall'inizio, tentando di soggiogarla. – Una    comprensione che valica le tue capacità. – Sofia lo guardò    indignata, spalancando la bocca per l'ardore di quell'affermazione,    fermandosi di scatto. Tentò di sfuggire alla presa dell'uomo ma    lui, più saldamente di quanto Sofia non si fosse accorta fino a    quel momento, la trattenne prepotentemente contro di lui, facendola    avvampare per il disgusto. – Vedi, bambina mia – continuò,    senza smettere di sorridere senza alcun divertimento. – Le    profezie sono complicate. Possono avverarsi subito, oppure possono    avverarsi secoli dopo che vengono pronunciate.

- Lo so – sibilò Sofia. – Questo    non valica la mia comprensione – sputò, ottenendo    in risposta, la risata del re.

- Ma vedi, bambina mia, quello che    valica la tua comprensione è il perché il dio Apollo vi abbia    colpito con l'epidemia, ed il perché Sparta abbia deciso di    attaccarvi –. Un brivido gelido corse lungo la spina dorsale di    Sofia, mozzandole il fiato. – E quello che valica la tua    comprensione è che, con un padre come il tuo, che vuole a tutti i    costi che tutti siano uguali – disse, con la bocca che si    storse quando pronunciò l'ultima parola, allungando poi un braccio    verso il cerchio di semidei e schiavi che ballavano allegramente    assieme, prima di riportare l'attenzione su Sofia. – Ma che ha    tenuto nascosta la sua unica figlia femmina per quasi diciotto anni,    ha obbligato Sparta ad attaccare, sopratutto se ha il sospetto che    Pericle stia nascondendo molto, molto di più di una semplice figlia    femmina per mera e becera gelosia.

Il cuore di Sofia saltò un battito.    L'affabilità che il re aveva mostrato fino a quel momento, sembrava    dimenticata davanti alle necessità despotiche di un sovrano che    rafforzò la presa su di lei, stringendole le braccia ed il fianco    tra le dita forti. Ma Sofia rimase ferma, non sussultò, si aggrappò    agli ultimi strascichi di rabbia che la paura aveva orribilmente    soffocato, accogliendo con sollievo il calore familiare della furia.

- Mia madre – scandì bene Sofia,    con voce ferma, – Era Aspasia, figlia di Afrodite, la più grande    consigliera e stratega che il Peloponneso avrà mai –. Si avvicinò    al volto del re, fissandolo negli occhi scuri mentre gli arrivava ad    un palmo dal naso. – Dovrebbe fare meglio le sue ricerche, mio Re.    Almeno, così, eviterebbe di fare un clamoroso ed imbarazzante buco    nell'acqua – sibilò.

Re Archidamo II non cedette davanti    agli occhi di Sofia, né allentò la presa sul suo corpo ma Sofia    non aveva paura, non in quel momento. Era tutta la vita che lottava    per farsi rispettare da uomini con un ego gigantesco e complessi di    inferiorità. Re Archidamo II era solo uno tra i tanti che Sofia    aveva facilmente vinto. Respirò profondamente, chiudendo gli occhi.

– Mio re! – Spalancò le palpebre,    voltandosi di scatto quando trovò le iridi verde mare di Percy. –    Venite a ballare con noi, forza! – esclamò, barcollò sulle    gambe, giustificando con il vino la mano che mise sul braccio di re    Archidamo II.

- Devo dissentire! Il momento è    vostro – disse affabilmente l'uomo ma Percy non mollò la presa.

- Mi ritrovo ad insistere! Come capo    del Campo Mezzosangue, voglio che il mio Re balli con noi! –    insisté. Barcollò ancora sulle gambe, tenendo però gli occhi    perfettamente fissi in quelli del re.

- Forza, fratello! – esclamò Talia    oltre il volume della musica, attirando l'attenzione su di lei. –    Non farti pregare e vieni qui! – continuò, abbandonando il    cerchio per poter poi correre verso di loro. Senza troppi    complimenti e con più decisione di quanto Sofia non si sarebbe mai    aspettata, li tirò via uno dall'altra, infilandosi al centro tra    loro due. – Arriva il re! – urlò, – andiamo Percy! –    esclamò ancora, acchiappandolo con forza per una mano,    allontanandolo da quella tesa di Sofia e sistemandolo tra sé stessa    e re Archidamo senza troppi complimenti, allontanandolo da lei.

Raggiunsero velocemente il cerchio che    si era aperto per inserirli nel ballo e Sofia prese un altro respiro    profondo, tentando di sentire ancora una volta il respiro di casa,    scuotendo il capo quando si accorse che oltre a quello di sudore,    falò e cibo, fosse irraggiungibile.

Quando si voltò a cercare lo sguardo    di Percy, si accorse lui la stesse già osservando oltre Talia e re    Archidamo, e riuscì a regalargli un sorriso mentre cominciavano a    ballare, roteando a ritmo di musica e tenendosi per mano; poi, Percy    scosse la testa, senza nascondere il sollievo ed un rinnovato    divertimento, ed a Sofia parve di respirare più facilmente.


Angolo Autrice:

Ciao fanciulliniii!

Lo so, sono in ritardo ma questo è un bel capitolo e, a mia discolpa, la vita mi sta mettendo un po' alla prova in questo periodo ahahaha comunque, ecco qua il capitolo d'oro. I ragazzi competono per diventare capi del Campo e, alla fine, Percy sbaraglia Pono, ponendo finalmente fine al suo regime di terrore di merda. Beckendorf non ha avuto troppa giustizia nei libri di zio Rick quindi, ho deciso di dargliela qui ed adesso, nella mia storia, nella speranza che sia quantomeno abbastanza.

Per chiunque pensasse che il problema sarebbe stato Agido II (per altro, sia Agido ed Archidamo sono esistiti davvero ma mi sono presa la licenza di poetica di renderli padre e figlio cosa che differisce dalla realtà), diffidate sempre da chi parla troppo. I pericolosi sono sempre quelli silenziosi ahahahha Archidamo ha fatto un po' di due più due ma Percy è intervenuto, almeno per ritardare un po'. Tra Percy ed Annabeth ci sono ancora un sacco di parole non dette. Il capitolo andava diversamente. Percy ed Annabeth riuscivano a toccarsi, era lui a prenderle la mano, Talia non arrivava mai ma ho deciso di cambiarlo. Ci sono ancora un sacco di parole non dette e c'era bisogno che continuassero a non dirsele ancora per un po'.

MA VOI FIDATEVI DI ME. Che conoscete me e le mie storie. Che di parole non dette ce ne sono ancora tantissime ma quando vengono dette, sarà una liberazione un po' per tutti.

Nel frattempo, vi ringrazio tanto e vi voglio tanto bene!

Vi mando un bacio enorme,

Eli:)*

P.s. ovviamente, il mio Beckendorf non poteva che essere il one and only John Boyega che già ritenevo un gran gnocco de' mamma ma dopo quel discorso che ha fatto per le proteste del Black Lives Matter a Londra che, pandemia o no, mi ha fatto venire voglia di prendere un aereo ed andare lì a protestare contro la police brutality con lui, Beckendorf non poteva essere altri che lui.

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