Respirare (Parte 1)

Quando la civetta candida si scagliò contro l'avvoltoio, scomparendo tra le sue ali scure, Sofia urlò per l'orrore, allungando le braccia verso i volatili, tentando di correre senza riuscire a muovere un solo passo in avanti.

Gridò per la frustrazione, un attimo prima che la civetta, con gli occhi grigi più furiosi che mai,potesse emergere via dalle ali dell'avvoltoio, volandogli attorno al capo prima di conficcargli lì gli artigli. L'avvoltoio strillò; il becco ricurvo scintillò nel buio e scacciò la civetta via dalla sua testa, volandole dietro mentre quella riprendeva quota, roteando su sé stessa per fronteggiare l'avvoltoio ancora una volta.

Sofia non aveva idea di come una civetta così piccola fosse in grado di tener testa ad un avvoltoio così grande e con l'ardore che mostrava ma quando l'avvoltoio si scagliò nuovamente in avanti con gli artigli sguainati, Sofia provò a lanciarsi in avanti, rimanendo miseramente sul posto. Fu una colomba però, candida persino più della civetta, ad interporsi trai due volatili. Tenendo un piccolo ramo d'ulivo nel becco, si limitò a volare davanti all'avvoltoio, facendolo scontrare contro una barriera invisibile, strappandogli l'ennesimo strillo di frustrazione.

Sofia sbarrò gli occhi, osservando la scena con la bocca aperta per lo stupore, seguendo con lo sguardo la colomba che volava aggraziata verso di lei. Quando fu sopra il suo capo, le lasciò cadere il ramo d'ulivo tra le mani. Sofia se lo rigirò tra le dita, sfiorandone le delicate foglie verdi prima chela colomba potesse tubare profondamente, facendole sollevare di scatto il capo verso di lei.

Il volatile sbatté le ali con urgenza,tenendo il becco rivolto davanti a sé, spingendo Sofia a guardare nella stessa direzione e quando lei vide la scena, il cuore le si spezzò in mille pezzi, sprofondando nel dolore più sordo. Un cavallo, il più bello che avesse mai visto, col manto di lucido ebano, era attorniato da un avvoltoio -non grande quanto quello che teneva impegnato la civetta ma comunque imponente- e tre serpenti dagli occhi rossi. Il cavallo si difendeva bene, colpendolo con gli zoccoli l'avvoltoio e tentando di schiacciare i serpenti che strisciavano infidamente a terra ma non ce l'avrebbe mai fatta da solo. Non importava quanto fosse effettivamente forte, loro erano troppi e quando l'avvoltoio gli infilò gli artigli sul dorso,sprofondando nella carne, il nitrito fu talmente straziante che il cuore di Sofia esplose.

- No! – urlò, allungando le braccia    verso il cavallo. – Lasciatelo stare! – gridò, scacciando via    dal volto le lacrime di frustrazione mentre non riusciva a correre,    gridando per la furia, osservando con orrore gli occhi verde mare    del cavallo che soccombeva all'infido attacco degli animali.

La colomba tubò ancora sopra alla sua    testa e Sofia sollevò il capo, osservandone gli occhi azzurri.

Bambina.

Sofia non seppe come poteva dirlo ma    sapeva, sapeva perfettamente che era stata la colomba a parlare e    quella voce, così amorevole, in una carezza le alleviò il dolore    al cuore spezzato.

Bambina mia, è in pericolo.

- Chi?! – urlò Sofia, sbattendo un    piede a terra per la rabbia e la frustrazione, ignorando le lacrime    che le raggiunsero le labbra. – Chi è in pericolo! – gridò    anche se una parte di lei già lo sapeva. Lo sapeva dal primo    momento in cui aveva posato gli occhi sul manto d'ebano dell'equino.

Il cavallo, ormai assediato dai    serpenti e dall'avvoltoio, continuava a non arrendersi. Gli occhi    verde mare erano colmi di dolore ma illuminati da una determinazione    che scaldò il cuore di Sofia più della voce della colomba.

Svegliati, bambina mia,    continuò la colomba, attirando nuovamente l'attenzione di Sofia su    di sé. Sei la sua unica speranza.

Quando il cavallo nitrì ancora, Sofia    aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi ansimante e seduta sul    letto. Sbatté le palpebre, corrugando la fronte quando, invece del    buio pesto del dormitorio delle schiave, la luce della luna che    filtrava da una finestra le permise di mettere a fuoco una stanza ed    un andrion, dietro a delle tende che -seppur non riuscisse a vederlo    per il buio- sapeva fossero corallo, ormai familiari.

Doveva essersi addormentata mentre    tornava al Campo assieme a Percy sul dorso di Creekos e lui,    ovviamente, invece che svegliarla o riportarla nel suo dormitorio,    l'aveva portata nella sua Casa.

Sofia non riuscì a trattenere un    sorriso davanti a quell'evidenza, abbracciandosi le ginocchia e    poggiandovi la guancia contro. Respirò il profumo intenso del mare,    godendosi il gorgogliare tenue della fontana al centro dell'andrion,    lasciando che, lentamente, i battiti accelerati del suo cuore    potessero calmarsi. I battiti del cuore si calmarono ma il brivido    gelido lungo la spina dorsale non le permise di scacciare via quella    sensazione di precarietà e pericolo che le aveva lasciato il sogno.

È in pericolo.

La voce morbida della colomba le    risuonò nella testa ancora una volta ma invece che accarezzarle il    cuore come era successo nel suo incubo, glielo fece accelerare,    spingendola ad alzarsi dal letto per poter distendere i nervi.

Quel cavallo dal manto d'ebano e gli    occhi verde mare non era solo un cavallo; così come la civetta    candida che combatteva contro l'avvoltoio e la colomba che li aveva    divisi, non erano semplici volatili.

Percy.

Si lanciò via dalla sua camera senza    riuscire a togliersi di dosso quell'orribile sensazione di gelido    pericolo via dal cuore e dalle spalle, correndo nell'andrion.    Normalmente, il profumo di mare sarebbe riuscita a calmarla ma non    riusciva a togliersi dalla mente il nitrito di dolore e gli occhi    spaventati del cavallo, né l'urgenza nella voce dolce della    colomba. Andò verso la camera di Percy, scostando violentemente le    tende e lasciando che la luce della luna potesse illuminare un letto    sfatto e vuoto, come se Percy ci avesse passato ore sopra senza    riuscire a trovare il sonno, prima di decidere di alzarsi. Era una    situazione normale. A tutti capitava di non riuscire a dormire, a    lei per prima, ma Sofia era una semidea ed i sogni che facevano i    semidei non erano mai un caso né una mera e banale coincidenza.

Non ci pensò oltre mentre correva    verso la porta d'ingresso, spalancandola e precipitandosi fuori, nel    cuore delle Case del Campo Mezzosangue. Si guardò attorno    freneticamente, senza avere neanche un'idea da dove partire. La    colomba, sopra la sua testa, l'aveva spinta a guardare verso    sinistra e, quando spostò gli occhi verso quella direzione, non    esitò a correre verso il bosco. Non poteva essere un caso. Non    poteva essere un caso che quella colomba le avesse indicato proprio    la sinistra ed estrasse il coltello da sotto ai veli per potersi    fare più luce mentre correva tra gli alberi e le radici, facendosi    velocemente strada su una superficie alla quale era ormai avvezza.

Seppur quella parte del bosco le fosse    sconosciuta, lei sapeva di dover andare da quella parte. Non poteva    essere un caso. Non lo erano mai un caso i suoi maledettissimi    sogni. L'avvoltoio e la civetta che combattevano, la colomba che li    divideva. I tre serpenti e l'avvoltoio più piccolo che attaccavano    il cavallo. Era tutto lì, spiegato in sogni che Sofia già sapeva    come decifrare seppur non riuscisse a dare una spiegazione al perché    stesse succedendo.

Percy.

Percy era in pericolo.

Percy.

Percy.

Accelerò la sua corsa ignorando la    mancanza d'aria e le gambe che le bruciavano per lo sforzo mentre    continuava a correre verso sinistra, dalla parte opposta al ruscello    di Caccia alla Bandiera, dalla parte opposta a quella porzione    minuscola di bosco che conosceva.

È in pericolo.

Il cavallo nitrì ancora di dolore    nella sua testa, crollando su un fianco mentre le serpi iniziavano    ad avvilupparglisi attorno alle zampe e l'avvoltoio continuava a    tenergli gli artigli conficcati sul dorso. Gli occhi verde mare,    colmi di dolore, le strinsero il cuore in una morsa di dolore e    quando il profumo di casa le arrivò finalmente alle narici, strinse    i pugni, inseguendo quel profumo prima che il tenue bagliore del suo    coltello potesse illuminare un'ombra a terra, davanti a lei. Sofia    si fermò di scatto, abbassando lo sguardo ed il suo cuore precipitò    in un punto talmente basso e profondo di sé che, per un solo    istante, si chiese se sarebbe mai stata grado di recuperarlo.    Quell'ombra era Percy, immobile e scompostamente riverso a terra    sullo stomaco, con una spada conficcata nella schiena. Quell'ombra    era Percy. Ed era morto.

No. Non poteva essere morto.

- Percy! – esclamò Sofia,    trattenendo un singhiozzo mentre si lanciava al suo fianco, mollando    il coltello da qualche parte sul terreno, inginocchiandosi accanto    al suo volto, scostandogli i capelli ed avvicinando un orecchio al    suo naso.

No. No. Percy non era morto.

Non poteva essere morto.

Alle orecchie, il respiro le arrivò    talmente flebile che il cuore di Sofia sprofondò ancora più in    basso ma non era morto. Percy non era morto.

Era arrivata in tempo.

Percy poteva ancora farcela.

No. Percy ce l'avrebbe fatta.

- Oh miei dei – mormorò,    passandogli una mano tra i capelli sudati, tentando di trattenere le    lacrime.

Non sarebbe mai riuscita a spostarlo    da sola, non aveva idea in quale parte del bosco fossero e mai, mai    nella vita avrebbe lasciato Percy da solo anche se fosse stato per    chiamare un figlio di Apollo. Finché Percy avrebbe vissuto, lei    l'avrebbe protetto.

Non avrebbe mai lasciato il suo    fianco.

Osservò la spada che gli sbucava    dalla schiena, digrignando i denti per la furia, scacciando però    quel calore per potersi concentrare.

Acqua.

Percy era un figlio di Poseidone.    Aveva bisogno di acqua per guarire.

Non aveva idea di quanto fosse lontano    il ruscello ma era comunque certa fosse più vicino rispetto alla    Casa di Percy od al lago. Era lì che avrebbe dovuto portarlo ma, da    sola, non sarebbe mai stato possibile. Percy pesava almeno il doppio    di lei e, per altro, in quel momento non sarebbe stato affatto    collaborativo.

- Pensa Sofia, pensa – si costrinse,    guardandosi freneticamente attorno, tenendo una mano sulla schiena    di Percy solo per assicurarsi stesse continuando a respirare.

Era nel bosco, non avrebbe potuto    chiedere l'aiuto di nessuno. Ma fu in quel momento che l'evidenza la    colpì dritta allo stomaco, scaldandole il cuore gelido di speranza.

Era nel bosco, circondata da alberi.    Avrebbe potuto avere tantissimo aiuto.

Si lanciò contro il primo albero che    le capitò a tiro, abbandonando dolorosamente Percy per posare una    mano sul tronco robusto, accostando la fronte alla corteccia. – Ti    prego, Ninfa, ti prego. Ti prego con tutto il mio cuore, aiutami a    salvare il mio amico. Ti prego – implorò, arcuando le dita contro    l'albero, lasciando che le lacrime potessero correrle fino alle    labbra. – Ti prego, il mio amico morirà – continuò tremante.

A parte il leggero ronfare di chissà    quale mostro ed il frinire delle cicale, il bosco era avvolto nel    silenzio. L'albero continuava a non fagocitare nessuna Ninfa e    Percy, ad un passo da lei, era in bilico tra la vita e la morte.

Il coltello che aveva abbandonato    prima sul terreno, nella foga di raggiungere il ragazzo, le permise    di vedere il volto cinereo e sudato.

No.

Percy non sarebbe morto.

Sofia si voltò rabbiosamente verso    l'albero, caricando un pugno, canalizzandovi all'interno tutta la    furia di cui era capace. – Senti tu, stup..

Ma in un leggero frusciare di foglie,    una delicata sagoma femminile si staccò dalla sua corteccia.    Avvolte com'erano nel buio, Sofia riusciva a vederne solo i contorni    ma riuscì a guardarla distintamente allungare un braccio verso    l'albero accanto al suo, dal quale si allontanò un'altra sagoma    femminile che ripeté l'azione della prima Ninfa, dando vita ad una    reazione a catena che chiamò a raccolta altre cinque Ninfe.

- Perseo – mormorò la prima    ninfa. – Perseo è sempre gentile con noi – continuò. – Ti    aiuteremo – disse ed anche se Sofia non poté vederla, era    evidente stesse parlando con lei.

Si accorse di aver trattenuto il fiato    fino a quel momento solo quando lasciò andare un sospiro di    sollievo, alzandosi poi di scatto. – Dovete portarlo al ruscello,    vi prego. Io da sola non ce la farò mai ed è l'unico modo per    salvarlo – si portò una mano sulla bocca, trattenendo un    singhiozzo. – Non può morire – mormorò.

-Non morirà – disse decisamente una    Ninfa, muovendo un passo in avanti. – E chiunque gli abbia fatto    del male, la pagherà. Forza, amiche mie, aiutiamo il figlio di    Poseidone – continuò, muovendosi in avanti assieme alle altre    Ninfe che, in un attimo, circondarono Percy, oscurandolo alla vista    ansiosa di Sofia.

In un delicato frusciare di foglie e    rami, le Ninfe si allargarono, permettendo a Sofia di vedere il    corpo di Percy dolcemente adagiato su un letto appena creato con ciò    che il bosco aveva da offrire, grazie ai loro poteri, iniziando a    muoversi l'attimo dopo.

Sofia recuperò il suo coltello da    terra, tenendolo stretto tra le dita mentre si faceva strada con le    Ninfe verso al ruscello. Il cuore le sarebbe esploso nella cassa    toracica se solo avesse continuato ad avere così tanta paura, se    solo non fosse riuscita a controllare la necessità che aveva di    toccarlo solo per assicurarsi fosse ancora vivo.

Respira?

Sta respirando?

Avrebbe potuto chiederlo ma ingoiò la    paura assieme alla sua ansia, seguendo il percorso lievemente    luminoso delle Ninfe, pregando che il ruscello arrivasse in tempo    per salvare Percy.

Era l'unica cosa che contava in quel    momento. Poi avrebbe pensato al resto. Poi avrebbe pensato    all'infamia ed all'infido attacco che l'aveva colto di sorpresa. Poi    avrebbe pensato alla spada che gli sbucava dalla schiena, con l'elsa    rivolta verso l'alto a rappresentare la codardia di chiunque    l'avesse colpito.

I raggi della luna si fecero più    intesi oltre le chiome fitte degli alberi, illuminando la parte    scoperta sopra al ruscello; l'acqua rifletté i raggi argentati e    Sofia trattenne un singhiozzo per il sollievo mentre le Ninfe    affrettavano i loro passi e lei le superava per potergli stare    davanti. Sbucò oltre il filare degli alberi del bosco, lanciandosi    dentro al ruscello, ignorando l'acqua gelida che le bagnò le gambe,    fino alla vita.

- Portatelo qui! Portatelo in acqua –    le incalzò, infilandosi il coltello sotto ai veli ed allungando le    braccia verso il corpo inerme di Percy.

- Forza ragazze – disse la voce    della prima Ninfa che Sofia aveva chiamato.

Sotto ai raggi della luna, Sofia    riuscì a distinguerne il vestito di splendide foglie verdi ed i    capelli rossi intrecciati di fiori candidi.

Adagiarono Percy sopra la superficie    del ruscello e Sofia si lanciò verso di lui, spingendolo sotto al    pelo dell'acqua dalle spalle, ignorando il tremore alle mani. –    Grazie – disse, adagiandosi il capo di Percy sulle ginocchia una    volta che si fu sistemava sul fondo del ruscello, sollevando il    mento perché potesse stare oltre il pelo dell'acqua. – Grazie –    ripeté guardando le Ninfe, sperando che potessero cogliere dalla    sua voce il sollievo e la gratitudine per l'aiuto prezioso.

- Noi Ninfe proteggeremo il bosco –    disse decisamente la Ninfa avvolta nell'abito verde. – Tu occupati    di Perseo, a tenervi al sicuro ci penseremo noi da questo momento in    poi.

Sofia annuì, sperando di riuscire a    nascondere l'incertezza nonostante la decisione nelle parole della    Ninfa. Non sarebbe rimasta nel bosco più a lungo del necessario. –    Va bene – disse comunque, posando una mano sui capelli di Percy,    osservando le piccole bolle che gli uscivano dal naso e dalla bocca    schiusa, salendo verso la superficie. – Grazie. Grazie davvero –    ripeté, osservando le Ninfe con insistenza.

La prima annuì, rivolgendole un    piccolo sorriso prima di andare via con le altre, sparendo nel fitto    bosco.

- Oh miei dei – mormorò Sofia,    concedendosi di crollare solo in quel momento, piegando le spalle    mentre accarezzava i capelli di Percy mossi dal leggero fluire del    ruscello, osservando con rabbia la punta della spada che gli sbucava    dallo stomaco. – Bene – mormorò ancora, allungando un braccio    verso la schiena di Percy, ruotando il capo per evitare che finisse    sotto la superficie fredda del ruscello. – Bene – ripeté,    afferrando la spada per la lama, continuando a sorreggere il capo di    Percy con una mano. Prese un respiro profondo prima di strapparla    via, togliendola fuori dall'acqua e riportandosi il capo di Percy    sulla ginocchia.

Era un gladio che usavano per    l'allenamento. Lo capì dal pegaso inciso sull'elsa, simbolo del    Campo Mezzosangue e lo lanciò con rabbia sulla riva del ruscello.

- Andrà tutto bene – mormorò,    osservando il corpo di Percy adagiato sul fondo del ruscello,    continuando a tenergli le dita tra i capelli ed una mano stretta    attorno alla sua, inerme.

Non era troppo tardi. L'acqua    l'avrebbe salvato. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Percy non    sarebbe morto.

Si guardò fugacemente attorno,    tentando di fare il meno rumore possibile mentre stava inginocchiata    dentro l'acqua, riuscendo a tenere a malapena il capo fuori. In    quella posizione, oltre la riva del ruscello, immersa nell'acqua    com'era, non sarebbe mai stata in grado di proteggere nessuno. Se li    avessero attaccati, lei e Percy non avrebbero avuto scampo e, a quel    punto, tra spartani e mostri, non sapeva chi avrebbe dovuto temere    di più.

Poi sbarrò gli occhi, stringendo la    mano di Percy con più forza.

Non tutti i mostri erano cattivi,    però.

- Signorina Licari! – chiamò,    tentando di tenere la voce il più bassa possibile, nella speranza    che oltre lei, non li sentisse nessun altro. – Signorina Licari! –    chiamò ancora, – Dove sei, bella? – riprovò, continuando a    tenere Percy contro di sé, stringendogli una mano.

Poi, dopo secondi che le parvero    interminabili dei passi felpati sulla ghiaia vicino al ruscello ed    un ansimare eccitato, le strapparono l'ennesimo sospiro di sollievo.

- Signorina Licari! – chiamò    ancora, un attimo prima che un'ombra enorme oscurasse i raggi della    luna. Quella stessa ombra sentì poi la necessità di leccarle una    guancia, strappandole una risata prima di spostarsi su un lato,    accucciandosi sulle zampe di davanti mentre agitava felice la coda.    – Hanno fatto del male a Percy – disse. Non era certa che il    segugio infernale potesse capirla ma, in qualche modo, la posizione    si fece più attenta e la coda smise di muoversi. – Ho bisogno del    tuo aiuto, Signorina Licari. Puoi stare qui mentre Percy guarisce? –    domandò, indicandole col capo il punto sott'acqua dove stava Percy.

La Signorina Licari osservò il punto    indicato da Sofia, annusandolo con attenzione prima di darle le    spalle, accucciandosi davanti a loro sulla riva del ruscello.

Sofia abbassò il capo, lasciando che    il mento potesse stare sotto la superficie dell'acqua mentre    osservava la sagoma di Percy, continuando ad accarezzargli i capelli    e tenergli la mano stretta nella propria. Con la Signorina Licari    sentiva di avere della protezione in più ma erano comunque troppo    vulnerabili perché lei potesse rilassare i muscoli del corpo e    concentrarsi completamente sulla guarigione di Percy.

Doveva essersi allontanato per    schiarirsi le idee ma lui stesso le aveva detto che, quando avesse    bisogno di farlo, gli piaceva andare sulla cima della parete delle    arrampicate. Non aveva senso che si trovasse così lontano, a meno    che qualcuno non lo avesse spinto ad andare verso quella parte del    Campo, lontano dalle Case e lontano da una fonte d'acqua che    l'avrebbe reso più forte. L'avevano colto alle spalle. L'elsa della    spada gli sbucava via dalla schiena e Sofia digrignò i denti,    serrando la presa attorno ai capelli del ragazzo. Non avevano avuto    il coraggio di sfidarlo frontalmente, avevano dovuto coglierlo alle    spalle per avere una minuscola speranza di batterlo e, anche in quel    caso, non c'erano riusciti comunque.

Nel suo sogno, il cavallo era    impegnato ad scacciare i tre serpenti prima che l'avvoltoio potesse    piombargli alle spalle, sferrandogli il colpo finale e per Sofia non    fu difficile mettere assieme i pezzi di quell'assurdo enigma.    Qualcuno voleva Percy morto e per quanto l'unica prova fosse un    sogno, lei sapeva perfettamente di chi si trattasse.

Continuò però ad accarezzare    lentamente i capelli di Percy, passandogli un pollice sul palmo    della mano che continuava a stringere quando Percy ricambiò la    stretta, serrando le dita tra le sue.

Sofia sorrise, senza smettere di    accarezzargli i capelli. Poi,sbarrò gli occhi mentre il cuore    iniziava a batterle con forza nel petto. – Percy! – esclamò,    facendo voltare la Signorina Licari di scatto per la sorpresa,    acchiappando Percy per le spalle e tirandolo su, fuori dall'acqua.    Percy sbatté le palpebre come se la stesse vedendo per la prima    volta in quel momento e Sofia gli prese il volto tra le mani,    scostandogli i capelli via dalla fronte, nonostante fossero    bizzarramente asciutti. – Oh miei dei, Percy! – esclamò ancora,    prima di stringerlo tra le braccia, seppellendogli una mano tra i    capelli mentre lo stringeva a sé, alzandosi sulle ginocchia per    poterlo abbracciare più facilmente. Respirò il suo profumo di    mare, godendosi le sue braccia attorno al corpo ed il calore del    petto che si muoveva deciso mentre respirava. – Oh miei dei, Percy    – mormorò mentre la Signorina Licari guaiva di felicità vicino a    loro.

- Ann.. – ma Sofia non lo fece mai    finire, si allontanò da lui solo per prendergli il volto tra le    mani, controllandoglielo minuziosamente, spostandogli i capelli    all'indietro per poterlo guardare meglio.

- Stai bene? Ricordi qualcosa di    quello che è successo? Riesci a muoverti? Come ti senti? E perché    sei asciutto?

Percy sorrise, annuendo mentre lei    continuava a tenergli il volto tra le mani, stringendole    delicatamente le dita che Sofia teneva poggiate alle sue guance. –    Uno dei vantaggi dell'essere figlio di Poseidone. Tu stai bene?

Sofia scosse il capo. – Non ti    preoccupare per me – disse decisa, passandogli una mano tra i    capelli ancora una volta, guardandolo nel volto fiocamente    illuminato dai raggi della luna. – Riesci a muoverti? La Signorina    Licari ci da un po' di protezione in più ma siamo comunque troppo    scoperti.

Percy riuscì a malapena a trattenere    una smorfia, guardandosi istintivamente attorno. Poi annuì. –    Proviamo –. Gli bastò sollevare una sola gamba, puntando il piede    sul terreno per alzarsi che barcollò in avanti. La Signorina Licari    sporse il muso in avanti nel tentativo di fermarlo ma Sofia    interruppe prima la sua caduta, sorreggendolo faticosamente tra le    braccia. – No. Non proviamo – borbottò il ragazzo, reggendosi    alle spalle di Sofia nel tentativo di mettersi dritto.

Se persino in acqua, che gli dava più    forza, Percy era così debole, una volta che sarebbero usciti dal    ruscello non sarebbe stato in grado di muovere neanche mezzo passo.

Sofia si fece passare un suo braccio    attorno alle spalle, iniziando poi ad alzarsi lentamente. –    Signorina Licari – la chiamò ed il segugio rizzò prontamente le    orecchie, entrando nel ruscello assieme a loro. Spinse il capo    contro il volto di Percy, leccandogli una guancia e strappandogli    una risata debole prima di infilargli il muso sotto al braccio,    abbassandosi completamente sotto al pelo dell'acqua e lasciando    fuori solo la testa. – Forza, Percy – lo incalzò delicatamente    Sofia, continuando a guardarsi attorno mentre spingeva il figlio di    Poseidone sopra al dorso del segugio.

Percy cercò di collaborare il più    possibile ma era ancora troppo debole per riuscire ad essere    veramente d'aiuto quindi Sofia lo spinse da un fianco e da una gamba    con tutte le sue forze, puntando i piedi sul fondo del ruscello.    Quando lo assicurò sul dorso della Signorina Licari, diede una    pacca al fianco del segugio che si sollevò di scatto, uscendo    allegramente dal ruscello.

- Non è il miglior momento per    scuotersi, va bene, Signorina Licari? – fece Percy, stringendo con    forza due ciuffi della pelliccia del segugio. La schiena, fino a che    la Signorina Licari non era uscita dal ruscello, fermandosi, si era    mossa seguendo passivamente i movimenti del segugio, senza riuscire    a rimanere salda. Se solo la Signorina Licari avesse deciso di fare    un movimento troppo brusco, Percy sarebbe volato giù dal suo dorso    in un baleno e non era forte abbastanza da sopportare una caduta.

La Signorina Licari, come se avesse    intuito le disperate condizioni del figlio di Poseidone, rimase    perfettamente ferma, nonostante fosse zuppa. Sofia le balzò    facilmente sul dorso, dietro Percy, avvolgendolo tra le braccia    quando le allungò in avanti per poter stringere due ciuffi di peli    del segugio, un secondo prima che la Signorina Licari potesse    iniziare a correre verso la Casa di Poseidone. Percy scivolò    lentamente in avanti, incapace di tenere la schiena dritta e Sofia    si sdraiò su di lui nella speranza di poterlo tenere il più    saldamente possibile mentre solcavano velocemente il bosco, con ogni    balzo le che serrava il cuore in una morsa sempre più preoccupata,    spingendola a tendere i muscoli attorno al corpo di Percy. Quando    sbucarono poi sotto le luci del Campo Mezzosangue, andando verso le    Case dei semidei, Sofia si permise di respirare.

La Signorina Licari si fermò    esattamente davanti alla Casa di Poseidone e Sofia scese velocemente    giù dal suo dorso, aspettando che potesse abbassarsi per poter    aiutare Percy a scivolare via da lei. Si fece passare un suo braccio    attorno alle spalle, facendosi carico del suo peso, cercando più    stabilità sulle gambe.

- Grazie, Signorina Licari – disse    ancora, accettando di buon grado un bacio dal segugio che non    risparmiò neanche Percy delle sue attenzioni, strappandogli una    risata debole prima che il segugio, dopo avergli rivolto un ultimo    sguardo, potesse scomparire nella notte. – Forza, Percy. Ce la    facciamo – gli promise, avvolgendogli un fianco con il braccio    mentre iniziavano a camminare lentamente.

Percy cercò di gravare su di lei il    meno possibile ma era troppo debole perché per Sofia potesse essere    davvero di alcun beneficio. Sofia strinse i denti mentre salivano i    gradini della Casa di Poseidone, spingendo poi la porta con una    spallata ed entrando nell'andrion.

Nel respirare l'acqua salata, il petto    di Percy si gonfiò piacevolmente mentre pareva quasi che un peso    gli venisse sollevato via dalle spalle.

- Ci siamo quasi – disse Sofia tra i    denti, tenendo Percy stretto a sé mentre camminavano faticosamente    verso la piscina.

- Dopo questa – borbottò Percy,    incespicando sui suoi stessi piedi ed imprecando. – Non potrai più    tenermi all'oscuro delle tue rivolte.

Sofia sbuffò un verso di scherno,    sistemandoselo meglio contro al corpo. – Vedremo. Ti ho salvato la    vita. Adesso siamo pari.

Percy schioccò la lingua contro il    palato, in dissenso. – Dovremmo fare una lista di quante volte io    ho salvato te e tu hai salvato me. A quel punto saremo pari. E tu    potrai tenermi le cose nascoste.

Sofia roteò gli occhi al cielo,    sollevando le spalle per poter avere il braccio di Percy più saldo.    – Neanche in fin di vita riesci a stare zitto tu, non è vero?

- Io non sono in fin di vita – fece    Percy, prendendo un respiro profondo mentre Sofia scostava le tende    chiare della stanza con il braccio libero. – Sono solo    diversamente stanco.

Sofia esalò una risata affaticata. –    Ma per favore – borbottò mentre si avvicinavano alla piscina.    Poi, fu questione di un istante, Sofia tentò di lanciarlo in acqua    ma Percy la trascinò giù con sé, strappandole un'imprecazione    degna di nota mentre finivano entrambi sotto al pelo dell'acqua in    un intreccio fastidiosissimo di arti e chitoni. Quando riemerse, lo    schizzò come se quello potesse avere un reale impatto sul figlio    del dio del mare, strappandogli una risata.

- Sei un vero idiota – borbottò,    avvicinandosi al bordo per poter uscire dall'acqua, dandogli le    spalle e nascondendogli così un sorriso.

- Sei comunque preoccupata per me.    Smettila di nasconderlo dietro all'astio.

Sofia scoppiò a ridere mentre si    issava oltre la vasca, sedendosi poi sul bordo e tenendo le gambe a    mollo. Guardò Percy, immerso nel suo elemento fino alle spalle,    trattenendo a stento una smorfia quando, sotto alla luce delle    torce, si rese finalmente conto di quanto fosse pallido e ciò che    lo angosciò maggiormente fu l'evidenza che, se aveva quel colore in    quel momento, dopo che l'acqua l'aveva già aiutato, che lui ci    scherzasse, era comunque stato più vicino alla morte di quanto    Sofia avrebbe mai voluto ammettere.

L'espressione di Percy cambiò; la    scintilla divertita che aveva avuto negli occhi verdi fino a quel    momento, scomparve davanti alle sopracciglia aggrottate nel suo    solito modo buffo di quando era preoccupato e nuotò lentamente    verso di lei. – Grazie – disse. – Non so come facessi a sapere    fossi in pericolo, ma grazie – continuò, guardandola dritta negli    occhi. Quando allungò una mano oltre il pelo dell'acqua, Sofia la    strinse nella sua naturalmente, sciogliendo i muscoli tesi del corpo    mentre lo guardava, assicurandosi ancora una volta fosse tutto    intero, che fosse davvero davanti a lei, con gli occhi luminosi, i    capelli disordinati e la pelle che prendeva lentamente colore.

Andava tutto bene.

Percy era vivo. Era davanti a lei e le    stringeva la mano nel suo palmo caldo, come monito che fosse reale.

- Domani è un grande giorno, Perseo    Figlio di Poseidone – disse Sofia, regalandogli un piccolo    sorriso. – Rimettiti in forze. Il Campo ha bisogno di te –, io    ho bisogno di te.

Percy sorrise, annuendo. – Agli    ordini – rispose, sparendo lentamente sotto al pelo dell'acqua.

Sofia si sistemò meglio, togliendo i    piedi dall'acqua e sdraiandosi sul pavimento per poter tenergli la    mano il più a lungo possibile prima di dovergliela lasciare perché    potessero dormire entrambi. Quando provò a sfilare la mano da    quella di Percy, lui la trattenne contro la propria e Sofia sorrise,    posando il capo contro al braccio libero, tenendo quello destro    oltre il bordo della vasca e le dita intrecciate a quelle di Percy.

Sarebbero riusciti sicuramente a    dormire anche in quel modo.

***

Quando Sofia aprì lentamente gli occhi, la luce bluastra dell'alba filtrava tenuemente dalla finestra della stanza e, mentre sollevava il capo, realizzò che avesse il braccio destro completamente addormentato e le dita dello stesso,ancora allacciate a quelle di Percy.  Sorrise, sporgendosi oltre il bordo della vasca per poter vedere il braccio del ragazzo che usciva oltre il pelo dell'acqua e la sagoma scura nascosta sotto la superficie, che continuava a guarire.

Tolse delicatamente le dita da quelle del ragazzo, muovendole lentamente mentre si inginocchiava sul pavimento, stirando poi le braccia verso l'alto prima di alzarsi. Si portò una mano sullo stomaco quando quello brontolò per la fame ed uscì dalla stanza, dirigendosi verso la veranda in legno che si apriva sul mare. Poggiò le mani sulla ringhiera, rivolgendo il capo al primo sole che luccicava sulle onde del mare e sorrise, chiudendogli occhi, lasciando che il vento potesse accarezzarle la pelle.

Non aveva sognato granché quella notte. In verità, neanche si ricordava di aver sognato qualcosa e si chiese se quello non fosse poi l'effetto della serenità che aveva provato una volta che aveva capito Percy stesse bene. Era talmente tranquilla che neanche i sogni potevano farle del male.

Poi, il profumo del mare alle sue spalle la fece sorridere un po' di più mentre prendeva un respiro profondo, rimanendo con gli occhi chiusi a godersi la carezza del vento mentre Percy si sistemava al suo fianco. Lo guardò con la coda dell'occhio senza riuscire a trattenersi.

Quanto tempo è passato, Sofia?

- Hai dormito bene? – domandò il    ragazzo al suo fianco, strappandole un piccolo sorriso. – O hai il    braccio un po' addormentato?

Sofia aprì gli occhi, puntandoli sui    raggi delicati del sole che iniziavano a scaldarsi lentamente. –    Ho il braccio ancora un po' addormentato ma si sta svegliando –    scherzò. Poi prese un altro respiro profondo, lasciando che il    profumo di casa potesse arrivarle fino al centro del petto prima di    voltarsi completamente verso Percy, poggiando il fianco alla    balaustra. Il ragazzo era già voltato verso di lei e Sofia si    godette la luce del sole che gli colpiva gli occhi verde mare,    osservando i capelli scuri mossi dalla brezza.

- Non so chi mi ha colpito alle spalle    – rivelò, perché aveva già capito dove volesse arrivare Sofia.    – Ma Nestor e Makario, quando mi hanno trovato mentre andavo verso    la parete delle arrampicate, mi hanno chiesto di seguirli nel bosco    perché Kalodote, mentre si allenava, era stato ferito da un segugio    – scosse il capo, abbassando lo sguardo. – Ho visto Kalodote a    terra e l'attimo dopo, una spada mi stava trafiggendo lo stomaco.

Un brivido gli scosse le spalle e    Sofia strinse i pugni, trattenendo la necessità di toccarlo. – Io    so chi è stato – rivelò, facendogli sollevare la testa di scatto    per la sorpresa. – L'ho sognato.

Percy corrugò lievemente la fronte,    adombrando gli occhi luminosi. – è per questo che sapevi fossi in    pericolo?

Sofia annuì lievemente. – Non ho    sognato te, propriamente, ho sognato un cavallo, con il manto nero e    gli occhi verdi. Cercava di scacciare tre serpenti prima che un    avvoltoio lo colpisse alle spalle. – Decise di omettere la parte    dove una civetta ed un enorme avvoltoio combattevano; non c'era    bisogno di dargli troppe informazioni sul conflitto divino tra Ares    e sua madre. – I serpenti sono alcuni degli animali protetti dalla    dea Ecate e l'avvoltoio..

- è uno degli animali protetti da    Ares – disse Percy a denti stretti, passandosi una mano tra i    capelli già disordinati. – Peccato che un sogno non sia    abbastanza per giustiziare Pono una volta per tutte – ringhiò.

Sofia lasciò andare un sospiro,    spostando brevemente lo sguardo sul mare al suo fianco. – Pensi    sia lui? – domandò, anche se la sua idea era la stessa. Non    potevano essere altri che lui e cercare di colpire Percy la notte    prima dei giochi per l'elezione dei nuovi capi del Campo, era    un'azione talmente tanto meschina che lui avrebbe potuto    perpetrarla.

Percy sollevò le sopracciglia in    scherno. – Ne sono convinto.

Sofia esitò sul suo volto per ancora    qualche secondo prima di spostare lo sguardo verso i raggi del sole.    – Devo andare. Fra poco inizia la colazione – disse, voltandosi    nuovamente verso Percy, piegando il capo da un lato quando ne vide    la fronte aggrottata e le palpebre assottigliate. Poi scosse il    capo, passandosi una mano tra i capelli, annuendo.

- Certo – mormorò, schiarendosi    innaturalmente la voce. – Ci vediamo ai giochi, allora.

Sofia corrugò la fronte senza    riuscire a trattenere un piccolo sorriso di soddisfatta    comprensione, facendo un cenno col capo.

Percy le regalò quel suo solito    sorriso sghembo e Sofia esitò davanti a lui, stringendo i pugni    lungo i fianchi prima di costringersi a muovere un passo lontana da    Percy ed evitare di sfiorarlo. La notte prima l'aveva visto in fin    di vita; voleva solo assicurarsi che il colorito sano e bronzeo    della pelle e gli occhi vispi non fossero una visione; voleva solo    assicurarsi  Percy fosse reale. Ma si trattenne. Era ovvio Percy    fosse reale e lei stava impazzendo. Camminò via da lui con le    spalle tese nel tentativo di non voltarsi a guardarlo un'ultima    volta per cercare di imprimersi nella mente quanti più dettagli    possibile nella speranza di ricordarli tutti e mentre andava verso    la porta, si figurò il suo volto. Si ricordava tutto, invece. Si    ricordava della sfumatura degli occhi quando li colpiva la luce del    sole e quella che assumevano quando, invece, si incupiva o di come    si assottigliavano quando rideva; del modo in cui si passava una    mano tra i capelli che sembravano sempre reduci da una passeggiata    in riva al mare; del modo in cui sorrideva con furbizia, sollevando    un solo angolo delle labbra o del modo in cui serrava le dita,    irrigidendo impercettibilmente le spalle quando si innervosiva.

No, lei di Percy si ricordava tutto e    quando aprì la porta d'ingresso, uscendo nell'aria che iniziava a    scaldarsi del Campo Mezzosangue, si chiese come avrebbe fatto da    quel momento in poi.    





Angolo Autrice:

ciao fanciullini!

Come va? Io mi sono resa conto di non capirci più un cazzo. Ero convinta di aver aggiornato settimana scorsa invece, poi guardo la data e sono passati quasi dieci giorni, ceh. Vabbé, in ogni caso, ecco qui il nuovo aggiornamento ehehhe la notte è la stessa in cui Percy ed Annabeth sono andati a Milo e, come dice poi Annabeth, lei si è addormentata e Percy l'ha portata nella sua cabina. In sogno, Annabeth vede Percy stia venendo attaccato e quando arriva nel bosco, è esattamente quello che è successo. In una quella che è una tendenza spartana, è stato attaccato alle spalle ma, per fortuna, Annabeth è arrivata in tempo eheheh

Non aveva idea da quanto tempo avessi in testa questo capitolo. Scriverlo era diventato ormai un bisogno fisico e quando l'ho fatto, è stato togliermi un peso dal petto ahahaha Annabeth è preoccupatissima. Non ha avuto troppo tempo di riflettere sulle sue emozioni ma la reazione che ha, quando vede Percy in quelle condizioni, è talmente forte che neanche riesce a trattenersi ma scoppia a piangere. Questo capitolo per dirvi che, prima di tutto Percy ed Annabeth non siano per niente al sicuro e due, che Annabeth è una gran sottona!

Spero tanto vi sia piaciuto. Io vi voglio bene e vi ringrazio tanto.

Vi mando un bacio enorme!

Eli:)*

P.S. sto provando a caricare una maledetta foto ad inizio capitolo ma ovviamente wattpad mi sta cacando il cazzo

P.p.s. Sono riuscita a caricare la foto ma voi il capitolo come lo leggete? È tipo pieno di spazi inutili tra le parole o è ok?

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