Micene (parte 2)

A quel punto delle cose, Sofia avrebbe dovuto correre il più velocemente possibile lontano da Perseo.

Non perché ritenesse di essere in pericolo ma per quanto a suo agio e serena si sentisse in sua presenza. E perché nessuno, nessuno era mai buono o gentile senza un altro fine.

Aveva letto di storie simili alla propria troppe volte nei libri che le regalava suo padre. Erano in Grecia, intrisa di inganni e tradimenti e lei era sola, con uno spartano troppo gentile e troppo profumato per essere vero.

Quando Perseo scese dal dorso di Creekos, dandole le spalle mentre osservava la Porta dei Leoni di Micene, ovviamente lei, invece di prendere il pegaso e volare via ilpiù lontano possibile, scivolò sul terreno, affiancando Perseo.

Ovviamente conosceva Micene, Sofia. Ed ovviamente aveva letto tutto quello che avrebbe potuto leggere su quella città, dall'enorme Acropoli alle fatiche di Perseo, il figlio di Zeus, forse il cittadino più famoso che Micene avesse mai avuto.

Sofia trattenne un sorriso mentre osservava la fiumana di gente che, attorno a loro, si dirigeva oltre la Porta di Leoni, il principale ingresso candido della città, con due leonesse col capo girato verso l'esterno.

Vide le ninfe che passeggiavano,tenendo cestini sotto braccio e lasciandosi dietro una scia di fiori,i satiri che, ai lati delle strade, intonavano melodie. I venditori ambulanti che trasportavano carri assieme ai loro cavalli e, soldato con la lambda spartana incisa sugli scudi e le armature.

Guardò Perseo di sottecchi.

Teneva gli occhi verdi puntati sulla strada ed una mano poggiata sul collo di Creekos.

- Hai un bel senso dell'umorismo – lo canzonò, voltandosi poi verso di lui, quando Perseo le dedicò la sua attenzione.

Ridacchiò, portandosi una mano dietro al collo. – Be', non è solo per questo. Micene, oltre essere stata fondata da Perseo, è davvero una bella città ed ho pensato dovessi vedere qualcosa in più oltre Sparta ed Atene. E Roma domani –. Puntò nuovamente lo sguardo davanti a sé, spostandosi leggermente per lasciar passare una donna, iniziando poi a camminare verso la porta. – Si dice che a Micene ci siano i migliori aedi dell'intera Grecia.

Sofia trattenne un sorriso. – Immagino dovremmo scoprire se sia vero oppure no, giusto? Creekos viene con noi? – domandò, voltandosi verso il pegaso che scosse la testa in negazione.

Perseo scacciò la questione con un gesto della mano. – C'è troppa gente per lui –. Il pegaso nitrì e Perseo gli diede un'altra pacca sulla spalla. – E comunque, lui preferisce volare – disse, un attimo prima che, tra la gente, Creekos potesse iniziare a galoppare, spiccando poi il volo, incurante della volta di mortali, semidei e creature magiche che sussultarono quando sbatté con forza le ali, agitando capelli e chitoni.

Sofia lo seguì con gli occhi mentre si liberava nel cielo azzurro, scomparendo, velocissimo.

- Andiamo?

Quando si voltò verso di lui, Perseo sorrideva, indicando la trafficata Porta dei Leoni con una mano. – Micene non è così piccola.

Sofia trattenne un sorriso, cominciando a camminare al suo fianco tra i commercianti, le famiglie e le ninfe. – Ti hanno mai detto che sai essere un po' egocentrico alle volte? – gli domandò, facendo un passo verso di lui per lasciare spazio ad una bambina che correva veloce, seguita dalla madre.

Perseo rise. – La mia speranza è che Micene non ti piaccia. Almeno non scomparirei completamente dietro al primo Perseo – scherzò mentre si avvicinavano all'ingresso della città.

Erano ancora fuori dalle mura ma Sofia sapeva riconoscere della buona architettura da chilometri di distanza. Fu per quello che, ormai davanti alla Porta dei Leoni, non riuscì proprio a trattenersi. – Sai che gli aedi raccontano che sia stato Perseo in persona a costruire questa porta? – domandò retoricamente, senza aspettare che il suo, di Perseo, potesse risponderle. – è uno dei più logici sistemi di costruzione. Un triangolo sopra l'architrave per evitare che il peso delle mura – continuò, indicando i mattoni candidi davanti a sé, – possa schiacciare le due colonne. Vedi? – fece, puntando l'indice contro il triangolo sopra al quale erano incise le teste delle due leonesse. – Quel bassorilievo è poi diventato anche il simbolo della città di Micene. Se dovessimo avvicinarci all'Acropoli, sono certa che lo vedremmo inciso da qualche parte. Sugli scudi delle guardie dei re, magari.

Quando passarono sotto la Porta, si fermò per un istante, posando la mano sopra le pietre candide e fresche.

Era incredibile l'architettura, la forza che trasmetteva, il suo senso di onnipotenza ed eternità.

Gli esseri umani, sulla terra, erano solo di passaggio. Ed anche risorgendo tre volte, nel tentativo di finire nei Campi Elisi, il loro tempo era limitato, sopratutto se erano semidei. Ma ciò che costruivano, rimaneva per sempre.

L'architettura era l'unico modo perché, persino loro, potessero diventare dei.

- Hai fame? – domandò Perseo, facendola sussultare quando se lo ritrovò alle spalle. Le sorrise e gli occhi verdi scintillarono. – Puoi continuare a parlarmi di architettura mentre mangiamo dei pasteli. E magari finire anche quella lezione di latino che hai iniziato qualche giorno fa con i piccoli.

Sofia si portò una mano sullo stomaco quando quello brontolò per la fame che non pensava di avere. – Mi hai convinto al pasteli. Il latino possiamo lasciarlo da parte per un po', che dici?

***

Micene era più adorabile di quanto Sofia avrebbe mai potuto pensare.

Rispetto ad Atene, molto più ampia ed anche un po' dispersiva, la polis di Micene era stretta, con i muri delle case vicini tra loro e decorati da vasi in fiore.

C'erano più commercianti rispetto a Sparta, da quello che aveva potuto notare, ed i pasteli -dettaglio da non sottovalutare- ricoperti di sesamo e mandorle, accompagnati da dell'orzo, erano talmente buoni che, se non avesse avuto un senso d'orgoglio e di dignità, avrebbe anche pianto per la gioia.

Al Campo, i pasteli non erano abbastanza salutari e, comunque, non era certa che li avrebbero dati anche agli schiavi se mai ne avessero avuti qualcuno.

La musica dei satiri accompagnava la visita sua e di Perseo tra le vie della città illuminata dal sole,talmente bella che riusciva persino a dimenticarsi dei soldati spartani che pattugliavano agli angoli delle strade.

- Perseo ha fatto davvero un buon lavoro – decise di dire, osservando un bellissimo bassorilievo del dio Zeus su un muro al suo fianco, intento a scagliare una delle sue folgori.

Il suo Perseo, emise un verso addolorato e, quando Sofia si voltò verso di lui, trattenne un sorriso nel vederlo con una mano posata sul cuore. – Lo sapevo. Era ciò che temevo. Il mio omonimo ha vinto di nuovo.

Sofia nascose il sorriso, addentando un altro pezzo del suo pasteli, chiudendo gli occhi per la bontà. – Potevi portarmi a Tebe o che so io.

Perseo emise un verso di scherno. – Così avrei dovuto competere con Achille? Nossignore.

Sofia osservò una bambina che realizzava un disegno lì vicino. Con le gambe incrociate a terra ed armata di pietra, sembrava stesse disegnando un volto.

Si concesse un minuscolo sorriso. Era un'abitudine che aveva anche lei quella di disegnare anche se, a differenza di quella bambina, lei realizzava templi, anfiteatri e colonne.

- Che ne pensi se – esordì Perseo, attirando la sua attenzione, – per marcare ancora di più le differenze, intendo, non iniziassi a chiamarmi Percy?

Sofia sbarrò gli occhi, corrugando poi la fronte mentre continuavano a camminare. – Non è un nome che possono usare solo i tuoi amici?

- Non lo siamo?

- Dimmelo tu – rispose, voltandosi per poterlo guardare. – Magari rispondendomi sinceramente, una volta per tutte.

- A quale domanda?

Sofia roteò gli occhi al cielo. – Sei molto intelligente, Perseo, anche se tenti di far credere agli altri il contrario. Sai benissimo quale domanda.

Il ragazzo sorrise, abbassando per un attimo il capo verso il terreno, osservandosi i bei calzari. – Non lo so –. Sofia cercò il suo sguardo che però Perseo continuò a negarle mentre camminavano. – Credo solo che nessuno meriti di abitare in Grecia e non averne vista neanche una porzione. O che meriti di vivere sola, circondata sempre dalle stesse persone.

Sofia corrugò la fronte, serrando la presa attorno al pasteli per la rabbia. – Ti faccio pena, quindi?

- Eh?! – Perseo si voltò di scatto verso di lei. Provò a toccarle un braccio ma dovette leggere la sua espressione abbastanza bene da desistere. – No che non mi fai pena, Annabeth, oh miei dei! Non intendevo affatto.. – poi, dovette vedere la sua espressione. Dovette vedere gli occhi ilari di Sofia mentre prendeva un morso del suo pasteli e sbuffò, passandosi una mano sul collo senza nascondere il riacquistato buonumore. – Sei incredibile. Mi renderai mai le cose facili?

Sofia sorrise, guardandolo negli occhi luminosi prima di spostare i propri sul cielo azzurro sopra di loro. – Non credo.

Un urlo le squarciò il petto, spingendola a voltarsi di scatto alle sue spalle.

La stessa bambina che aveva visto appena pochi secondi prima disegnare un volto, stava saltellando nel tentativo di recuperare la sua opera dalle braccia di un ragazzo che, più alto di lei, glielo faceva penzolare sopra la testa, ridendo di gusto assieme ad un amico al suo fianco.

La bambina si dimenò disperata, saltellando sul posto, aggrappandosi al chitone pulito del ragazzo per poter recuperare il suo disegno.

Sofia scattò nella loro direzione prima che potesse pensarci, abbandonando il pasteli mentre correva verso di loro.

Sentì la bambina piangere un solo, altro secondo e poi colpì quel ragazzo, che non doveva poi essere più grande di lei, con un manrovescio, facendogli piegare il capo di lato per l'impatto, strappandogli poi il disegno tra le dita.

- È solo una bambina, razza di idiota! – ringhiò, allungando un braccio per poter avvolgere le spalle della bambina, avvicinandosela alla gamba e porgendole il suo disegno.

Sentì la bambina tirare su col naso e fu costretta a trattenere un sorriso quando vide l'angolo del labbro del ragazzo colpito, sporco di sangue.

Entrambi i micenei avevano il corpo di chi si allena per abbastanza tempo al giorno da poter sostenere un combattimento ma le espressioni furibonde ed il comportamento puerile che stavano adottando persino in quel momento, le suggerirono che, pur essendo soldati, non conoscessero affatto la guerra.

Un capannello di gente si era velocemente radunato attorno a loro e il ragazzo che non era ancora stato colpito, assottigliò gli occhi nella sua direzione. – Tu, lurida..

- Lurida non mi pare proprio – fece Perseo-Percy. Il tono era quasi divertito ma Sofia aveva ormai capito che sarebbe bastato un solo secondo perché potesse attaccare.

Continuò ad osservare i due ragazzi senza mai perderli di vista ma non faticò ad immaginarsi Perseo col suo solito sorriso sghembo sulle labbra.

– E qualsiasi fosse il resto della frase, sono certo tu non voglia continuare, vero?

Il ragazzo colpito indicò Sofia con un dito furioso e lei, in tutta risposta, lo colpì con un altro schiaffo.

Esclamò oltraggiato, portandosi una mano alla guancia mentre la osservava con incommensurabile odio. – Guarda cosa continua a fare questa..

- Lei almeno se la prende con qualcuno della sua taglia. Tu con un bambina di.. – Perseo-Percy, si voltò verso la bambina e, solo in quel momento, Sofia si concesse di osservarlo con la coda dell'occhio.

Sorrideva sollevando un solo angolo della bocca, esattamente come si era aspettata. – Quanti anni hai? – le domandò dolcemente.

La bambina sollevò il capo, tirando fieramente su col naso. – Cinque.

Perseo-Percy, tornò ad osservare i due ragazzi. – Cinque anni.

Ed il manrovescio che tirò a quello che Sofia non aveva colpito, fu talmente forte ed improvviso che dovette persino trattenersi dal sussultare. – Buona giornata – gli augurò poi, allungandosi verso la testa della bambina ed accarezzandola. – Nessuno ti darà più fastidio. Vieni, Annabeth, andiamo nel teatro. I cantastorie a Micene sono eccezionali.

***

Persino il teatro era una delle cose più eccezionali che Sofia avesse mai visto mentre, camminando verso il centro, continuava a guardarsi attorno famelica.

Il teatro era grande quanto quello di Atene, forse persino di più, in forma semicircolare con i gradini talmente candidi che, per il riverbero del sole, Sofia fu persino costretta a socchiudere le palpebre.

Non era un simposio, né una celebrazione religiosa ma, chissà perché, un uomo con una lunga tunica amaranto, due satiri minuti di flauti e due ninfe che gli ballavano attorno, stava intonando le gesta del Pelide Achille.

Sofia aveva sentito spesso quella storia.

Chiamare un aedo era il modo migliore per permettere ad un bambino di imparare la storia e lei ed i suoi fratelli di aedi, nel cortile luminoso della loro casa, ne avevano visto parecchi.

Normalmente, gli aedi erano soli,accompagnati solo dai loro versi e della lira ma questo, con i capelli scuri che rilucevano sotto al sole e la barba perfettamente curata, si faceva accompagnare da ben quattro aiutanti.

Era evidente che Micene fosse avvezza a quel canto tanto quanto lo era lei perché, quando con Perseo-Percy,raggiunsero le prime file, un paio di bambini, reggendo due gladi inlegno, si sfidavano, cantando le parole dell'aedo.

Alcune donne erano in pura estasi e Sofia si chiese se non fosse poi l'effetto del cantastorie e non quello della musica dei satiri.

- Che storie vi raccontavano ad Atene? – le domandò Perseo-Percy, mentre si trovavano un posto in prima fila, accanto ai due bambini che si sfidavano con le spade giocattolo.

Sofia non trattenne un sorriso. – Ti ricordi la storia di Ares ed Afrodite?

Il ragazzo corrugò la fronte, sorridendole mentre la guardava, annuendo.

– Ad Atene la raccontano spesso quella storia.

Perse–Percy, rise, portandosi una mano sullo stomaco mentre Sofia nascondeva un sorriso.

- Suppongo che sia lecito. A Sparta però, nessuno prova a cantare contro la dea Atena.

Sofia sentì il petto gonfiarlesi d'orgoglio e non nascose il piccolo sorriso che le spuntò sulle labbra. – Persino la forza deve inchinarsi alla saggezza, ogni tanto.

Vide distintamente le spalle di Perseo irrigidirsi, come se avesse appena tirato la giusta leva per bloccarlo e tenne stoicamente lo sguardo fisso in avanti, sull'aedo che gesticolava con ampi gesti e le ninfe che roteavano attorno a lui, lasciandosi dietro una scia colorata di fiori e foglie.

- E quieto adesso, sull'ira funesta del pelide Achille,

per narrare della paura della pallade progenie,

che in numerose vittorie guidò la città del pensiero

e che, perduta, vaga sulle coste del Peloponneso.

Sofia trattenne il respiro.

Non si accorse di aver indietreggiato sino a che non colpì, con le gambe, il bordo del gradone candido degli spalti.

- Cantami, o Musa, il dolore della pallade progenie,

separata dalla sua gente,

spezzata dal dolore per la morte e per una pestilenza senza ragione – intonò l'aedo, un secondo prima che una delle due ninfe, con i capelli rossi, roteasse delicatamente verso di lui.

Le trame leggere del suo vestito seguirono i movimenti delicati del suo corpo mentre i due satiri iniziavano ad armonizzare i loro strumenti con dolcezza.

Sofia aprì la bocca per respirare, sorprendendosi quando, nonostante il dolore al petto, la musica sembrò permetterglielo e, quando si interruppero, quasi bruscamente, una morsa tornò a stringerle il cuore. Almeno fino a che la ninfa, accompagnata dalla delicata danza dell'altra, non iniziò a cantare.

- Sentite oggi la storia di una ragazza scomparsa,

persa nell'oblio.

Mietuto il suo cuore, un giorno salpò,

alla ricerca dell'idillio.

I flauti presero ad accompagnare la sua voce con dolcezza e Sofia stese le dita contratte. Quel suono le scaldò il cuore, al punto tale da spingerla a muovere dei passi in avanti, sollevandola dal peso che le aveva gravato sulle spalle fino a quel momento.

- Nuvole e brezza, isole e mari – cantò la ninfa, roteando su sé stessa mentre lasciava, attorno a sé, una scia di petali rosei come il suo vestito. – Montagne di pioggia e sole.

Tutto ciò che conosceva, tutto ciò in cui credeva,

tutto ciò che era, non esiste più.

Ed intonò il ritornello ancora una volta, con quella melodia bollente che le scaldò il cuore, abbracciandola mentre quella ninfa, con i capelli che parevano prendere fuoco roteando sotto al sole, raccontava di lei.

La pallade progenie con gli occhi di tempesta, cercata dal suo popolo.

E, quando cantò il ritornello, Sofia scoprì le parole fossero diverse.

- Vi canterò di una ragazza scomparsa,

temuta dai re con la spada.

D'animo puro, un giorno salpò,

per vendicare ciò che era perduto.

Mare e sapienza, fulmini e lance,

ad una lotta darà vita.

E tutto ciò che conosceva, tutto ciò in cui credeva,

tutto ciò che era, non esiste più.

Quella canzone non doveva essere nuova solo a lei, perché il popolo di Micene si levò in boato, applaudendo mentre le due ninfe roteavano ancora ed il profumo di fiori e bosco riempiva le narici di Sofia.

- Dovresti fidarti delle canzoni.

Sofia sussultò per la sorpresa, voltandosi di scatto e trovando gli occhi vispi e luminosi dell'aedo. Non si era accorta del momento in cui si era spostato al suo fianco ma l'espressione del suo volto, quasi malandrina, era incredibilmente familiare. Come se, per tantissimo tempo, avesse passato ore ad osservare un volto che era l'esatta copia di quello dell'uomo che aveva difronte.

Così vicino, si accorse fosse più giovane di quanto credesse e corrugò la fronte quando si accorse che i sigilli sulla sua tunica portavano incisi due lucenti soli.

Socchiuse gli occhi quando un raggio di quello vero colpì le fibbie in bronzo, facendole brillare innaturalmente.

- Sopratutto se sono io a scriverle – sorrise l'uomo eloquentemente. – Anche se, ultimamente, mi sto davvero appassionando agli aiku. Dovresti leggerne qualcuno.

- Eh? – borbottò Sofia. Era vero che tutti gli aedi erano un po' scellerati ma quello davanti a lei, doveva esserne proprio il capofila. – Che cosa..?

- Scriveranno canzoni su di voi. – Roteò gli occhi scuri al cielo. – Tantissime! Ma almeno questo darà particolare fastidio a qualche fratello ladro di mia conoscenza.

Sofia sentì il profumo del mare prima della voce di Perseo–Percy. – Annabeth, tutto bene? Vi conoscete?

- Tutti conosceranno presto voi, però! – risposte il cantastorie, senza smettere di sorrise. I denti brillavano così tanto che, per un istante, fino a che non chiuse la bocca, gli occhi di Sofia furono indecisi se rimanere accecati dalle fibbie in bronzo o da loro. – Un consiglio per, be', un futuro molto vicino – si chinò verso di loro con fare cospiratorio, guardandosi fugacemente attorno, anche se erano tutti troppo presi dalle ninfe per preoccuparsi di quell'assurdo trio. – Chiudete gli occhi e fategli aprire la bocca.

Poi si sollevò di scatto, facendo sussultare Perseo, prima di allontanarsi. – Devo andare. Queste canzoni non si scriveranno mica da sole e c'è bisogno del mio solare talento ed incredibile bellezza per comporle! – puntò un dito contro Sofia, accecandola poi col suo luminosissimo sorriso. – E buona fortuna Sof..Annabeth! Buona fortuna, Sofannabeth! Ne avrai bisogno. E non dimenticarti degli aiku! E che gli dei siano con te – concluse, strizzandole un occhio, complice.

Poi, scomparve dalla folla talmente velocemente e facilmente che, per un secondo, Sofia dubitò anche di averlo conosciuto ma quel brivido gelido, congelato lungo la schiena, fu abbastanza per riportarla sulla terra.

Quell'uomo la conosceva. Sapeva perfettamente chi era.

- Oh miei dei – borbottò Perseo alle sue spalle, cogliendola stupidamente di sorpresa. – Ma è accaduto davvero? Cos'è un aiku? E a chi dobbiamo aprire la bocca? Chi era quel tizio?

- Un dio della poesia – borbottò Sofia, cercandolo con lo sguardo tra la folla, senza riuscire a vederlo. – Lo sai che sono tutti un po' scellerati. E che sanno uccidere, ancora in fasce, i serpenti.

Sentì gli occhi di Perseo sulla nuca, un attimo prima che quello potesse lasciare andare un sospiro un po' rassegnato. – Forse il sole è davvero troppo forte oggi.

Sofia trattenne un sorriso, guardando il ragazzo davanti a sé. Strizzava gli occhi per la luce troppo forte e, sotto le carezze del sole, la sua pelle quasi sembrava brillare. Era incredibilmente bello, di quella bellezza che ti portava ad osservarlo per ore, nella speranza di trovare un nuovo dettaglio e di imprimersi bene nella memoria quelli già trovati. E Sofia avrebbe passato ore a guardarlo, stringendosi le ginocchia al petto come faceva col mare, lasciando che il vento ed il profumo potessero accarezzarle il volto.

Ma come il mare, Perseo-Percy, era anche incredibilmente pericoloso. Ed imprevedibile. E, fino a che le onde leggere le avrebbero bagnato le caviglie, Sofia poteva contare sul suo miglior alleato ma, se mai le onde si fossero tramutate in cavalloni, non aveva idea di come si sarebbe potuta comportare.

Al mare non piaceva essere limitato.

O sconfitto.

E lei aveva la sapienza ma cosa ne poteva la sapienza contro una delle più pure forze della natura?

L'accortezza, forse, di saperla sfruttare a suo piacimento.

O, magari, non sfruttarla affatto e lasciarsi semplicemente trasportare.

- Continuiamo il giro? Magari possiamo trovare un'altra bancarella di pasteli. Che dici? – sorrise Perseo-Percy e Sofia annuì, affiancandolo mentre iniziavano a camminare per poter uscire dal teatro.

Che poi, tutti sembravano aver paura del mare ma, chissà perché, Sofia riusciva solo a contemplarne la meraviglia.

Non erano stati gli unici a decidere di andarsene in quel momento, per la fine dello spettacolo del dio Apollo e delle ninfe e lasciare il teatro fu più complicato del previsto.

- Non la conoscevo quella canzone – fece poi il ragazzo di punto in bianco, costringendola a tenere lo sguardo davanti a sé per evitare di guardarlo.

- Neanche io – mentì Sofia. La canzone non la conosceva ma la storia che raccontava, quella la conosceva eccome.

Non aveva idea del perché il dio Apollo avesse realizzato una canzone simile, dandole anche quell'assurdo consiglio. E neanche capiva il perché la stesse -forse- aiutando dopo che aveva lanciato quella terribile epidemia su Atene.

C'erano troppe cose che non capiva e a quelle, Sofia non era abituata. Che non fosse stato poi il dio Apollo a lanciare l'epidemia? Che qualcuno avesse rubato le sue frecce?

A qualche fratello ladro di mia conoscenza.

Ma quello era un affronto gravissimo. Era proibito dalle più antiche leggi a chiunque, umano, semidivino o divino, rubare le armi degli dei.

Chi avrebbe mai osato fare qualcosa di simile?

- Però era bella. E quella ragazza, chissà se sta bene – mormorò Percy, – se è al sicuro.

Sofia non rispose e Percy dovette interpretarlo come mancata comprensione. – La figlia di Atena – continuò, portando Sofia a voltarsi istintivamente verso di lui con uno scatto. – Parlavano di lei, era ovvio. Pallade progenie e la sapienza e tutto il resto – sorrise, come se non avesse appena creato una voragine nel petto di Sofia. – Spero solo che stia bene, ovunque lei sia. Voglio dire, se sta soffrendo, che almeno non sia sola nel suo dolore.

Mentre uscivano dal teatro, quelle parole le riempirono il cuore di tenerezza, strappandole un sorriso che si ritrovò costretta a nascondere. Respirò profondamente ed il profumo del mare di Percy parve quasi abbracciarla stretta, catapultandola dolcemente sulla riva delle spiagge di Atene, con le ginocchia strette al petto ad ascoltare il mare.

Quasi le parve di non sentire neanche più gli artigli delle arai sul cuore. Aveva fatto del male ma -forse- stava riuscendo a fare anche del bene. Perlomeno, ne stava ricevendo.

- Sta bene – decise allora di dire, senza riuscire a trattenersi mentre continuavano a camminare e la folla, che tra le vie candide e fiorite di Micene, si diradava.

Percy si voltò verso di lei. Gli occhi verdi luminosi, che sapevano di mare, a guardarla sorridenti. – Quindi ti andrebbe un altro past.. – una spallata lo colpì con talmente tanta forza da farlo indietreggiare di un paio di passi per la sorpresa.

Sofia si voltò di scatto mentre Percy esclamava, colto in contropiede, mettendo istintivamente mano allo stilo sotto la cintura. Lo strinse tra le dita, senza trasformarlo in spada, osservando con la fronte corrugata, il ragazzo che l'aveva colpito.

Con un ghigno, era evidente l'avesse fatto di proposito e l'espressione confusa di Percy, per poco non fece scoppiare Sofia a ridere.

- Sta accadendo davvero? – domandò il figlio di Poseidone, osservando incredulo il ragazzo che, nella via più isolata, venne subito affiancato da un altro, con lo stesso chitone candido, i capelli scuri e gli occhi che rimandavano ad un'incredibile stupidità latente.

Sofia sollevò le spalle, girandosi poi alle spalle quando sentì dei passi, alzando le sopracciglia nel notare i due ragazzi che avevano schiaffeggiato lei e Percy quella stessa mattina.

- Percy – lo chiamò, spingendolo a lanciare un'occhiata alle sue spalle.

Il ragazzo sbuffò. – Io volevo solo un pasteli –.

Sofia, istintivamente, si affiancò a lui e si sorprese quando il suo naturale movimento venne seguito da un altro di Perseo, fino a che non si ritrovarono spalla a spalla, fronteggiando i quattro ragazzi.

Sofia assottigliò le palpebre e dovette sembrare minacciosa abbastanza da far indietreggiare il ragazzo che Percy aveva schiaffeggiato quella mattina. L'amico, al suo fianco, lo acchiappò per l'orlo del chitone, strattonandolo in avanti e Sofia roteò gli occhi davanti a quella scena pietosa.

- Percy.. – sentì uno dei ragazzi dire alle sue spalle come se, in qualche modo, ne stesse saggiando il nome. – Percy.. – come se avesse una risposta sulla punta della lingua.

- Si, è il mio nome – borbottò il figlio di Poseidone, annoiato e Sofia non riuscì a trattenere un sorriso.

Osservò i due ragazzi davanti a lei. Reggevano due spade che, a primo impatto, sembravano troppo pesanti per le loro braccia, come se non avessero avuto tempo per farsi forgiare un'arma che avrebbe davvero potuto salvargli la vita in battaglia. Forse avevano la sua età, magari erano di poco più giovani ma erano così inesperti ed arroganti che il cuore le tornò nuovamente stretto nella morsa gelida delle arai.

Strinse i pugni, impedendosi di portare una mano sul petto per l'improvviso dolore.

Li guardò. I volti erano giovani, privi della peluria di un uomo, e l'orgoglio era ferito negli occhi scuri. Quelle erano le ennesime persone che Sofia riusciva ad umiliare e, per l'ennesima volta, ne pagava le conseguenze, trascinando nel prodotto della sua arroganza, anche Perseo.

- Percy..Per.. Oh miei dei! – esclamò uno dei due ragazzi alle sue spalle. – è Perseo, il figlio di Poseidone! Il capo del Campo Mezzosangue! – i passi affrettati precedettero le sue parole. – Mi dispiace, Ertemios. Lui è il guerriero migliore degli ultimi trecento anni! – ma la sua voce era già lontana, accompagnata dallo scalpiccio della sua corsa.

Sentì Percy fare spallucce al suo fianco mentre quello che doveva essere Ertemios, davanti a lei, non riuscì a nascondere la sorpresa e la paura nello sguardo.

– è stato facile – fece il figlio di Poseidone, voltandosi verso di due ragazzi. – Volete scappare anche voi o..

Ma non riuscì mai a finire quella frase. Un ruggito, talmente forte da far tremare il pavimento, scosse le ossa di Sofia, facendola tremare. La paura le corse gelida lungo la schiena e le urla che seguirono il ruggito, la spinsero a puntare la sguardo verso l'orizzonte.

Percy, accanto a lei, si irrigidì, spostando gli occhi verso le urla di terrore e l'ennesimo ruggito.

I due ragazzi si abbassarono sulle ginocchia, lanciandogli un'occhiata veloce prima di fuggire via, superandoli.

- Ma che.. – borbottò Percy, un attimo prima che una folla terrorizzata ed urlante potesse riversarsi sulla strada, andandogli paurosamente contro.

Sofia acchiappò Percy per un braccio, tirandolo verso il muro di una casa per poter sfuggire ai Micenei terrorizzati. Vide madri che tenevano in braccio i loro figli spaventati mentre correvano, satiri che sgusciavano agilmente tra la folla e ninfe che trasformavano in alberi nel mezzo della via, causando non pochi incidenti quando la gente vi si sbatteva contro.

- Alle armi! – gridò una poderosa voce di uomo oltre tutto quel caos, che Sofia non riuscì però ad individuare. – Alle armi! – urlò ancora, oltre le urla del popolo.

- Drakon! Drakon! – strillò una donna mentre correva, inciampando dritta su Percy che però riuscì a sostenerla prima che potesse rovinare a terra. Il volto era arrossato per la corsa e gli occhi scuri colmi del terrore più puro. – Drakon! Drakon! – gridò ancora, aggrappandosi spasmodicamente alle braccia di Percy prima che il drakon potesse ruggire ancora una volta e lei strillare per il terrore, fuggendo via in un battibaleno.  


Angolo Autrice:

Ciao amichetti miei!

Come va? Ho dato un esame mercoledì ed ho ricevuto il voto proprio oggi. Volevo aggiornare direttamente mercoledì, poi però ero troppo stanca ed avrei voluto farlo giovedì però poi, ieri sono andata al mare ignara di star per vivere due dei giorni più assurdi della mia vita. In sostanza, ci si è bloccata la macchina in un paesino assurdo della mia regione ed abbiamo girato per le vie di questo posto dimenticato dal signore, pregando le persone perché aprissero i loro b&b chiusi e ci dessero una stanza.

Quindi, la morale è, fatevi sempre, SEMPRE controllare la macchina prima di fare un viaggio, mettevi la crema solare se non volete fare la fine delle mie gambe bruciate e, nei momenti di crisi, potreste trovare e ricevere più umanità di quanto potrete mai pensare.

Tornando al capitoloooo. è ovviamente il proseguo di quello pubblicato precedentemente. Percy ed Annabeth sono a Micene a mangiare fino a che, il dio Apollo in persona, in decide sia il caso di far sentire Annabeth un po' meno sola. La canzone che canta la ninfa è palesemente ispirata alla sigla della serie "Outlander". Per chi abbia voglia di guardarsi una serie televisiva mezzo storica e mezzo fantasy, Outlander fa proprio al caso vostro ehehehe

Ovviamente, visto che è una parte di capitolo, sembra lasciata un po' a metà ma il resto arriverà presto ehehehe

Percy chiede anche ad Annabeth di essere chiamato Percy e lei trova molto conforto nel suo profumo che sa di casa. Ho cercato di accennarlo in questo capitolo anche se Annabeth stessa ci rifletterà più avanti.

Spero tanto che questa parte di capitolo vi sia piaciuta.

Io vi voglio tanto bene e vi auguro una buona lettera eheheh

Un bacio,

Eli:)

P.s. è arrivato il voto del mio esame di mercoledì e non era buono, di più!

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