Euforia
Quando la conchiglia suonò, come tutte le mattine, Sofia era normalmente già sveglia ad apparecchiare i tavoli per le colazioni o ad allenarsi con Percy ma era daquando erano iniziati i festeggiamenti per l'Ecatombeone che tutte quelle abitudini erano allegramente andate all'Ade.Non che Sofia avesse grandi termini di paragone, visto che l'Ecatombeone ad Atene l'avevavissuto solo di nascosto insieme a Kyros e Paralo, sgattaiolando fuori dalla sua casa quandotutti erano già addormentati o troppo ubriachi per rendersi conto di qualsiasi cosa stesse succedendo ma gli spartani sapevano festeggiare. Fino a quel momento erano stati momenti di incredibile festa ogni notte, con i figli di Apolloe i satiri che intonavano le musiche più belle ed i figli di Dioniso che davano la giusta dose di follia ai festeggiamenti.
Sofia aveva anche perso il conto dei giorni che erano passati.
Avevano passato le notti a ridere, cantare e bere.
Giasone li aveva persino raggiunti da Roma insieme a Regina e Sofia aveva smesso di interrogarsi troppo su cosa stesse succedendo o di controllare minimamente cosa stesse effettivamente succedendo quando, una mattina, si era svegliata completamente nuda con Percy e gli altri due Pretori romani sul letto insieme a lei, incastrati in un caos di arti e coperte, nelle sue stesse condizioni.
Era sgattaiolata via dalla Casa di Poseidone prima che si svegliassero tutti, con una mano a coprirle la bocca e soffocare una risatina eccitata, con il centro che ancora si contorceva perl'incredibile ed inaspettato piacere.Aveva poi scosso la testa, rimproverandosi per quella mancanza di giudizio ed attenzione manon riusciva mai a concentrarsi sul vero problema troppo a lungo.Non sognava neanche più da quando l'Ecatombeone era iniziato, come se qualcuno avessegettato un velo dell'invisibilità sopra la sua mente, impedendole di concentrarsi, calcolare,studiare come avrebbe dovuto.Guardando il soffitto grigio e luminoso della Casa di Percy, lo stomaco le si contorse in unamorsa dolorosa mentre il cuore saltava un battito per l'angoscia.
Quanto tempo è passato, Sofia?
Corrugò la fronte, tentò di concentrarsi ma le fu impossibile. Forse era la vicinanza di Percy. Forse, si rilassava talmente tanto con lui che la sua menteera costantemente confusa, annebbiata ma non poteva permetterselo. Quella era la sua vita, la sua gente, non avrebbe mai dovuto perdere di vista il veroobbiettivo!Fece per rotolare giù dal letto ma prima che potesse anche solo spostare una gamba fuori dalmaterasso, un braccio caldo e forte le si posò sulla vita.Sorrise, sistemando le mani sopra la pelle forte ed abbronzata del figlio di Poseidone al suofianco. Qual era il vero obbiettivo e qual era la sua gente?
Si voltò.
Percy aveva ancora gli occhi ed il volto seppellito sul cuscino. - No - protestò, lavoce soffocata dalla posizione della bocca, schiacciata sulla federa. - Stai qui - continuò, rafforzando la presa contro la sua vita nuda e tirandola più vicino a sé.Sofia rise, scivolando sulle lenzuola fino a che non finì attaccata a Percy che sollevò il capodal cuscino solo per baciarle una spalla, prima di tornare a dormire.- No - disse lei, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo senza troppa convinzione, -devo andare!Con la coda dell'occhio, vide Percy corrugare la fronte, le palpebre ancora serrate. -Dove?Annabeth roteò gli occhi al cielo con un sorriso, - Devo sistemare i tavoli per la colazione, pensare alla lezione di oggi..C'era qualcos'altro di più urgente a cui avrebbe dovuto pensare ma cosa?Concentrati, Annabeth!SofiaConcentrati, Sofia!Ecatombeone. L'Ecatombeone era importante ma perché? Che giorno era diEcatombeone? Il settimo, il secondo? L'undicesimo?Lo stomaco le si contrasse per il terrore.Perché era importante se quello fosse stato l'undicesimo giorno di Ecatombeone?Percy sbuffò al suo fianco e Sofia sorrise. Non c'era niente di più importante di quelloche già aveva, nello specifico, un figlio di Poseidone.- Io sono il capo del Campo.
- Uno dei capi del Campo.
- Silenzio - Sofia scoppiò a ridere. - E io decido che oggi tu non lavori e rimani tutto il giorno qui con me - disse, con la voce ovattata per la bocca ancora schiacciata contro al cuscino. Sofia tentò di protestare ancora, un sorriso sulle labbra. Provò a spingere il braccio diPercy via dal suo corpo inutilmente e rise ancora mentre il ragazzo sbuffava.- Ho capito - disse Percy mestamente, aprendo gli occhi verdi solo in quel momento. Sofia, a quella vista, sorrise un po' di più. - Devo passare alle armi pesanti.
- Eh?
Ma prima che potesse ricevere una risposta, Percy si sollevò sui gomiti e poi la schiacciò al materasso col busto, abbracciandola e sdraiandosi così su di lei conle gambe che, a quel punto, posto diagonalmente sul letto, uscivano fuori dal materasso.
- Percy! - esclamò Annabeth, scoppiando a ridere ancora una volta, cercando dispingere via il ragazzo da sopra di sé che, in tutta risposta, si sistemò semplicemente meglio sul suo busto, posizionando la testa tra i suoi seni comese, quello spazio di pelle gli fosse sempre appartenuto.
Sorrise beato. - Adesso smettila di disturbarci..
- Se tu che stai disturbando me!
- Me e le tue tette
- Perseo!
- Comunque, smettila di disturbarci e riprendi a dormire. Non esistono preoccupazioni durante l'Ecatombeone - le disse il ragazzo.Annabeth corrugò la fronte.
Ecco a cosa stava pensando, all'Ecatombeone. Era laprima volta che ne riceveva direttamente gli effetti e non riusciva a concentrarsi. Non riusciva più a pensare, maledizione.
Tu sei Sofia, figlia della dea Atena e di.. corrugò la fronte. Figlia della dea Atena e di chi altro?
Ricominciò.
Tu sei Annabeth, figlia della.. scosse la testa mentre il panico iniziava a serpeggiarle gelido lungo il corpo e si mise a sedere di scatto, strappando un'esclamazione via dalle labbra di Percy che scivolò con la testa sul suogrembo. Sorrise e le riabbracciò i fianchi. A quanto pareva, per lui non era un problema.
Si passò le mani tra i capelli e poi se li portò davanti agli occhi. Erano biondi e ricci. Lei era Sofia,figlia della dea Atena. Suo padre era Pericle, guida della città-stato di Atene.
Lei era Sofia. Sofia.
- Percy - chiamò il ragazzo sotto di lei, ancora accoccolato sul suo grembo ed ignaro di ciò che stava succedendo nella sua testa. - Percy - lo scosse ed il ragazzo si limitò a mugolare in protesta. - Percy, che giorno è?
Per un secondo, sopra di lei, Percy si irrigidì, prima di rilassarsi l'attimodopo. - Non lo so. È l'Ecatombeone. Quando finirà lo sapremo, non preoccuparti, Annabeth - disse sereno e Sofia corrugò la fronte. Era da tempo, ormai che non la chiamava più Annabeth quando erano da soli.
- Percy - lo scosse lei, spingendolo a sollevarsi sulle mani. Gli occhi verdierano dolci, assonnati ed un po' distanti. - è importante! Il dodicesimo giornodi Ecatombeone sarà il mio compleanno..Il figlio di Poseidone sorrise, furbo. - Sei preoccupata che non ti abbia fattoun regalo?Sofia roteò gli occhi al cielo ma non riuscì a fare a meno di sorridere. - No,Testa d'Alghe! La Profezia! Il dodicesimo giorno di Ecatombeone compirò diciotto anni.
Temono i guerrieri la saggezza e la sua prima erede nascos..
- Quale Profezia? - Il cuore di Sofia iniziò a batterle nel pettoall'impazzata per il terrore ma Percy sorrise, sporgendosi verso di lei perbaciarle il naso prima di riaccoccolarsi nuovamente tra i suoi seni. - Sto scherzando, Sapientona. Mi ricordo bene della Profezia che segna il tuo destino e quello di Atene. È ciò che mi ha portato da te - le baciò un seno e poi sollevò il capo verso di lei, cercando i suoi occhi. Sofia scivolò di più sul letto per poterlo guardare, il cuore più calmo a quel punto e ledifese abbassate. - L'Ecatombeone annebbia i pensieri ma non così tanto. Dopo qualche anno, ci fai l'abitudine - continuò Percy, rassicurante. - Perché credi che Giasone e Regina siano qui?
Sofia passò una mano tra i capelli morbidi di Percy, lasciando andare un sospiro. Non ci aveva riflettuto troppo, aveva dato per scontato che fossero lì per i festeggiamenti e quando si guardò la coscia, vide i segni che la notte passata insieme le aveva lasciato, anche se non riusciva a ricordarsi bene quando fosse accaduto esattamente. Ma non era solo per festeggiare che erano lì, allora. Percy li aveva chiamati per avere della protezione in più.Poi corrugò la fronte. - Quindi gli hai detto chi sono? Gli hai detto che sono la figlia di Atena? -domandò, mentre sentiva il calore lasciarle il corpo.
Percy scosse la testa, le baciò il petto ancora una volta. - No, li ho solo esortati a venire e di venire armati. Non sanno il perché ma mi conosco e non hanno fatto domande -.
La guardò negli occhi con quell'espressione preoccupata in volto che gli faceva sempre aggrottare le sopracciglia in modo buffo. - Io sono l'unico a sapere chi sei veramente, Sofia. Il tuo segreto è al sicuro con me.
Il cuore di Sofia si strinse in una morsa per i sensi di colpa. Non dubitava davvero di Percy. Si fidava di lui, aveva imparato a farlo, ma continuava ad averepaura di tutto il resto e Percy, in quel momento, era stato solo un danno collaterale del suo terrore e ad un grande senso di colpa che valicava di gran lunga i confini di quella stanza.
- Lo sai che non possiamo controllare le profezie. Magari, diciotto anni intende il tuo diciottesimo anno di vita, che non dipende dalla data della tua nascita. O magari, non sei neanche tu la prima figlia di Atena - ipotizzò il ragazzo e un moto di fastidio incendiò il corpo di Sofia che si mosse sotto a quello del figlio di Poseidone che, in quel momento, invece di farle piacere le pesava soltanto.
- Sono io la figlia della Profezia - disse tra i denti e Percy sollevò il capo dai suoi seni solo per guardarla divertito in quel momento.Sofia avrebbe solo voluto allontanarlo. Non voleva che le pesasse addosso, non voleva che fosse lì.
Lei era la figlia della Profezia.
La Profezia era per lei e nessun altro.
Le labbra di Percy le si posarono sul collo e Sofia chiuse gli occhi, lasciando andare un sospiro. Che le piacesse o meno, Percy aveva ragione. Una Profezia non poteva mai essere controllata, men che meno in un momento di festa quando le forze di Afrodite, Apollo e soprattutto Dioniso si spiegavano con forza su tutto il Peloponneso.
Sofia posò un palmo contro la guancia di Percy e lui glielo baciò delicatamente, sorridendole con la bocca e con gli occhi verdi. - Staremo bene, Sofia - le promise e, per un secondo, a Sofia parve di crederci per davvero. - Quando usciamo, controlliamo che giorno è, va bene? Il Campo è protetto, tu sei protetta - disse con determinazione. - Staremo bene - ripeté e Sofia annuì.
Avrebbe dovuto salvare il suo popolo. Sparta si era ormai insediata nella sua città, tra le sue gente e lei era lì, a rotolarsi tra le coperte con il figlio di Poseidone e capo di un intero esercito di soldati mezzosangue spartani.
Era tutto sbagliato.
Lei avrebbe dovuto guidare la sua gente contro il governo spartano. Avrebbe dovuto essere la loro stella del Nord.
- Smettila di pensare così tanto - la rimproverò Percy con un sorriso. - Ti posso sentire pensare - le disse e Sofia si lasciò scappare un piccolo sorriso, sospirando.
- Mi sento in colpa, Percy - mormorò, puntando gli occhi sul patio che si apriva sul mare al suo fianco. - Il mio popolo è ancora sotto assedio. Gli eserciti spartani sono lì da chissà quanto ed io sono qui a non fare assolutamente..
- Niente? - completò Percy con un'espressione gentile negli occhi chiari. Sofia annuì ed il ragazzo si sistemò meglio sul letto per poterla guardare più facilmente. - è una cosa che Chirone mi ha ripetuto spesso nel corso degli anni. A volte, non fare niente è un enorme atto di coraggio.
Sofia corrugò la fronte, lo sguardo ancora distante ma Percy attirò la sua attenzione baciandole la mascella. - Tieniti forte e aspetta.
Sofia sbuffò. - Non ci riesco ad aspettare - poi corrugò la fronte. Non era del tutto vero. Aveva aspettato nell'ombra, tra le mura della sua casa di Atene per anni fino a che Percy non l'aveva salvata.
Si raddrizzò sul materasso e Percy la guardò in un misto di confusione e divertimento.
Salvata? L'esercito di Perseo aveva invaso la sua città, ammazzato la sua gente. In che modo l'aveva salvata? E come se l'avesse letta nel pensiero, Percy si sedette sul letto e le prese il volto tra le mani,accarezzandoglielo lentamente con i pollici. La pelle era calda, ruvida, familiare.
Era tutto sbagliato eppure, Sofia non aveva mai sentito di appartenere così tanto come in quelmomento.Poi Percy le baciò la bocca e tutto si rimise al proprio posto.
Quando arrivò al padiglione della mensa, alcuni semidei ciondolavano tra i tavoli privi di forze, con le occhiaie pronunciate ed i capelli ancora arruffati. Alcuni avevano i chitoni mal messi, con le spalline calate lungo le braccia e le armi pigramente poggiate sul tavolo, come se non avessero mai avuto un reale utilizzo.Gli unici che sembravano effettivamente rinvigoriti da quei giorni dei festa erano i due figli biondi Dioniso, che sorseggiavano allegramente orzo mentre mangiavano pane e mieli e i figli di Afrodite ma semplicemente perché, su di loro, la stanchezza non si sarebbe mai vista. La loro madre non avrebbe mai potuto permetterlo.
Sofia corrugò la fronte, prendendo uno skyphtos da sopra a un tavolo per versare l'acqua dentro i calici dei semidei ancora addormentati della casa di Efesto.
Cosa avrebbe dovuto controllare una volta al Padiglione? O forse avrebbe dovuto farlo alla Casa Grande?
Scosse il capo quando Leo allungò disperatamente un braccio verso di lei.
Sofia aveva presto imparato che i giorni di Ecatombeone erano gli unici nei quali i ragazzi del Campo fossero autorizzati a bere vino e Leo pareva aver preso quella concessione con incredibile serietà a giudicare dal colore biancastro della sua pelle naturalmente bronzea e gli occhi iniettati di sangue.
- Non smetterò mai di venerarti, Annabeth - annunciò il ragazzo nel modo più solenne possibile quando Sofia gli verso l'acqua nel calice.
Leo la finì in un sorso solo e poi allungo nuovamente il bicchiere verso di lei.
Carlo gli diede un scappellotto abbastanza forte da fargli rovesciare un po' dell'acqua fuori dal calice e Leo si voltò a guardarlo oltraggiato. - Smettila di fare il cascamorto, tanto non ti vuole.
Il figlio di Efesto più piccolo roteò gli occhi al cielo e poi bevve altra acqua. - Il mio cuore appartiene già ad un'altra donna - fece sognante Leo, guardando alle spalle di Sofia che si voltò per seguire il suo sguardo, incontrando il volto sereno e sorridente di Daphne che si destreggiava tra i tavoli dei semidei con cibo e bevande.
- Buona colazione - disse al tavolo di Efesto che rispose con dei grugniti più o meno comprensibili mentre si allontanava.
Al tavolo grande, accanto a Chirone, stava seduta Regina. Se Giasone, infatti, sceglieva di sedersi al tavolo di Zeus, al fianco di sua sorella Talia, lei era sempre lontana. Forse perché sua madre,Bellona che, essendo una divinità romana, non aveva un seggio sull'Olimpo od un tavolo al Campo Mezzosangue o forse perché, da quella posizione, riusciva a studiare meglio tutti.
A Roma, poco prima di entrare a combattere nel Circo Massimo, Sofia le aveva raccontato parte di sé dopo che Regina aveva semplicemente puntualizzato il suo rapporto con Perseo e delle abilità che non avrebbe potuto possedere chiunque. Sofia non si era mai ingannata del fatto che quella conversazione (od il piacere che si erano date qualche sera prima) le avesse fatto abbassare la guardia.Regina la stava ancora studiando ed a lei andava bene. Aveva bisogno di circondarsi di guerrieriattenti e lei, di certo, ne era uno.
Corrugò la fronte, fermandosi nel mezzo del padiglione della mensa.
Ma perché?
Cercò di scrollarsi di dosso gli effetti dell'Ecatombeone, puntando lo sguardo sul tavolo di Ares. A parte Pono ed il loro stesso padre, doveva ammettere a sé stessa che i figli del dio del guerra non fossero del tutto sgradevoli e, quando non si allenavano, decapitando e squartando fantocci senza pietà, erano persone con cui era estremamente facile divertirsi. Ne aveva avuto dimostrazione durante quelle sere di festa, dove aveva cantato e ballato con tutti, persino con loro che, in quei momenti, erano la più pura espressione di felicità ed euforia.
Forse, si disse, ricominciando a camminare e prendendo un vassoio pieno di cibo dal tavolo grande per portarlo proprio a quello dei figli di Ares, era quello il principio dell'Ecatombeone, farti abbassare le difese per far entrare dei nuovi.. amici?Il profumo improvviso di mare le fece chiudere gli occhi, sciogliendole ancora più velocemente la tensione che le si era accumulata sulle spalle. Percy arrivò in mensa in quel momento. Non importava quanto poco tempo prima l'avesse visto, rimaneva il ragazzo più bello e buono di tutto il Peloponneso.
Sapeva di doversi concentrare, di aver nuovamente perso di vista il motivo per cui era lì, nelpadiglione della mensa ma andava tutto bene e lei stava bene e Percy stava bene e le sue amiche ed i suoi amici stavano bene.
Non c'era niente di cui avrebbe davvero dovuto preoccuparsi.
Sofia provò soltanto ad andare verso il padiglione della mensa per la cena e per la festadell'Ecatombeone della sera ma, con grande sorpresa, era stato Leo a portarla via, insieme a Daphne che si era naturalmente appoggiata a lui, con un sorriso enorme sul volto abbronzato.
- Dove stiamo andando? - domandò Sofia confusa mentre Leo le portava verso lestalle ed il sole, su Sparta, iniziava lentamente a tramontare.Era stata una giornata caldissima quella che stava per terminare e Sofia avrebbe soltantoavuto voglia di farsi un bagno nel laghetto -un altro- e poi dormire. A quanto pare, non le era concesso.
- Vedrai! - le disse Leo, gli occhi castani che brillavano per l'eccitazione prima che facessefare una giravolta a Daphne che rise prima di abbracciarlo.
Sofia sorrise mentre li guardava, piegando poi il capo di lato quando, davanti alla porta dellestalle, vide più semidei di quanti non si sarebbe aspettata.
C'era Percy accanto a Giasone e Creekos, che sbuffava infastidito verso un pegaso, vicino al pretore romano, che pareva fosse fatto della sostanza delle nuvole del cielo. Talia, al lorofianco, faceva saettare velocemente gli occhi elettrici dal pegaso di nuvole al cielo, lebraccia incrociate sul petto mentre sbatteva un piede a terra. Regina era vicino a loro e adun enorme pegaso fulvo. C'erano persino Carlo e Silena, la sua fidanzata della Casa diAfrodite, vicino a due pegasi di bronzo celeste che scintillavano sotto i raggi più tenui del sole e, per concludere quel quadro di semidei, Nico e Stefano vicino ad un pegaso fattointeramente di ossa.
Un regalo dall'oltretomba, pensò Sofia.
- Per rispondere alla tua domanda, Annabeth - disse Leo, camminando accanto al fratello e aduno dei pegasi di bronzo celeste, - non puoi dire di aver festeggiato l'Ecatombeone se nonsei stato a..
- NASSO! - lo interruppe Silena, euforica. Era bellissima, con gli occhi blu luminosi per lafelicità ed i capelli neri che le cadevano in onde morbidissime lungo la schiena ed il chitonecandido che aveva deciso di indossare per quella sera.
Sofia corrugò la fronte. Cercò lo sguardo Daphne ma lei era già vicino a Leo ed al loropegaso di bronzo, pronta a montarvi sopra. Allora guardò Percy che le sorrise, sollevando le spalle. - Dove il Dio Dioniso ha trovato sua moglie Arianna - disse Sofia.
- Ed è, da quel momento, città protetta del Dio Dioniso - concluse Talia per lei che, per un istante, sembrò dimentica della preoccupazione di cui l'aveva vista prigioniera appena arrivati davanti alle stalle.
Carlo saltò abilmente sulla sua cavalcatura di bronzo, allungando poi una mano per aiutareSilena, che issò alle sue spalle come se non pesasse niente. - A Nasso è dove il potere del dio Dioniso è più forte, specialmente durante i giorni di festa e chiunque meriterebbe di vedere Nasso durante l'Ecatombeone - le sorrise furbo e Silena la guardò, felicissima, oltre la sua spalla muscolosa.
- Pronta? - le domandò allora Percy, dando una pacca sul collo di Creekos che si girò verso di lui, toccandogli effettuosamente il volto col naso.
Sofia roteò gli occhi al cielo con un sorriso e poi camminò verso di lui. - Ho altra scelta? -domandò anche se, un'altra scelta, non la voleva affatto. Come d'abitudine, Percy le fece spazio sul dorso del pegaso e lei saltò abilmente davanti a lui, sistemandosi sulla groppa.
Guardò Giasone fare lo stesso con la sua cavalcatura fatta di nuvole e poi aiutare Talia a salire dietro di lui che intanto però, aveva assunto un colore verdognolo sul volto.
Leo sollevò un orecchio del suo pegaso di bronzo celeste che, in un sibilo, sollevò anchel'altro prima di spiegare le ali e muovere le zampe, come se le stesse sgranchendo. - Ancora non ci credo che una figlia del dio Zeus ha paura dell'altezza - la canzonò e gli occhi di Talis si illuminarono di elettricità. Un attimo dopo, Leo saltò sul suo pegaso, imprecandoquando le braccia iniziarono a fumargli.
Daphne, dietro di lui, scoppiò a ridere.
- Non vale darmi la scossa! - protestò il ragazzo.
- E tu non farti gioco di me! - rispose Talia di rimando, aggrappandosi con talmente tantaforza ai fianchi del fratello che Sofia fu certa che, una volta smontati, gli avrebbe di sicurolasciato i segni.
Regina montò sul suo bellissimo pegaso fulvo in un movimento fluido e poi, senza aspettare nessun altro, gli fece prendere il volo in un grido. - Siete troppo lenti per starmi dietro? - urlò mentre saliva più in alto, verso il cielo aranciato.
Percy, dietro di lei, imprecò. - Andiamo, bello! - esclamò, dando una pacca sul fianco di Creekos, - facciamo vedere ai romani di cosa siamo capaci!
Creekos non se lo fece ripetere due volte, nitrì prima di spiccare il volo con incredibile potenza e Sofia fu grata, in quel momento, di avere Percy dietro di sé che la tenne ferma, impedendole di rotolare giù.
In grida eccitate, i loro amici presero il volo, inseguendosi nel cielo ricco dei più bei colori del tramonto e Sofia rise mentre Creekos saettava nell'aria, recuperando la distanza col pegaso fulvo di Regina.Di quel passo, sarebbero arrivati sull'isola di Nasso in un attimo o forse, pensò quando Creekos scese in picchiata per superare Giasone e Talia che sfrecciavano sul loro pegaso di nuvole, si sarebbero ammazzati prima per colpa dello spirito competitivo di quel pegaso. E, pensò ancora, forse morire in quel momento, con Percy dietro di lei e le risate dei suoi amici attorno a loro che si perdevano nel vento, non le sarebbe poi dispiaciuto così tanto.
Quando arrivarono a Nasso, la notte era già calata e la festa iniziata e Sofia capì, quando misero piede sulla sabbia, cosa intendessero dire i suoi amici quando le avevano detto chenon avevi davvero festeggiato l'Ecatombeone se non eri stato a lì. La musica incalzante delle lire, dei tamburi e dei flauti arrivava fino alla spiaggia anche se l'Agorà della città non era poi così vicina rispetto a dove si erano fermati loro. Spettacoli di luci e fuoco si innalzavano verso il cielo illuminandolo quasi a giorno mentre le grida di canti e festeggiamenti del popolo di Nasso le arrivavano forti e chiari alle orecchie.
Sofia sentì persino il suo corpo cambiare, pervaso da una forma di euforia tutta nuova, molto più forte di quella che aveva sentito al Campo fino a quel momento. Sembrava che la festastessa la stesse trasportando verso di sé, al centro della città, sotto a quell'incredibile spettacolo di luci.
Le parve di sentire vagamente i suoi amici che congedavano i pegasi, un secondo prima che iniziassero tutti a camminare verso i festeggiamenti.
Leo, da sotto alla sua cintura, estrasse un piccolo skyphtos da cui prese un generoso sorso, prima di passarlo a Daphne. Ne estrasse un altro che lanciò a suo fratello e un altro ancorache invece diede a Nico e Stefano, che camminavano dietro di loro. Stefano lo prese al volo, prima di stapparlo e bere, dando lo poi al figlio di Ade al suo fianco.- Niente come il vino durante la festa - disse.
Poi, mentre continuavano a salire verso l'Agorà, che si faceva sempre più vicina, Leo si voltòverso di loro, tenendo un braccio attorno alle spalle di Daphne. - Volete provarne un po'? -domandò, estraendo un altro skyphtos dalla sua cintura magica.
- Io si! - esclamò Talia, piombando al loro fianco in quel momento, prendendo lo skyphtos dalle mani di Leo e volteggiando mentre lo stappava, bevendone un sorso più che generoso.
Tutti gli istinti di Sofia le dicevano di provare. Non aveva mai assaggiato del vino in vita suama c'era chi lo paragonava al nettare degli dei. Andava tutto bene, era con i suoi amici nell'isola di Nasso col vento che tirava una brezza fresca, il suono dei tamburi che aumentava passo dopo passo insieme alle risate ed ai festeggiamenti della gente. Le luci ed i fuochi, a quel punto, erano diventati talmente forti che era costretta ad assottigliare le palpebre per continuare a guardare lo spettacolo sempre più vicino. Stava per dire sì, allungando una mano verso un nuovo skyphtos che Leo aveva tolto da sotto alla cintura prima che un NO deciso, nella sua testa, potesse farla desistere. Si fermò di scatto sul sentiero, adesso acciottolato che li stava portando verso la festa e Stefano, dietro di lei, le andò addosso. Il figlio di Apollo la stabilizzò velocemente, scusandosi con un sorriso mentre continuava a bere e camminare, Nico sotto il suo braccio che accettava volentieri sia il contatto che il vino che gli porgeva direttamente Stefano dallo skyphtos.
- Stai bene? - le domandò Percy sfiorandole il braccio nudo e Sofia si voltò verso di lui,guardandolo come se lo stesse vedendo per la prima volta.
Avrebbe voluto abbracciarlo, prendere un po' del suo calore, del suo coraggio, della suaforza ma non lo fece. Non si permise di incespicare sui calzari mentre annuiva, riprendendo a camminare verso la festa che era sempre più vicina. - Sto bene - assicurò con un sorriso, con la tensione che le abbandonò le spalle con la stessavelocità con la quale era arrivata. Ma decise di non ignorare quella voce autoritaria efamiliare che le aveva gridato nella testa un attimo prima. Se tutti gli istinti le dicevano dinon avere paura e di lasciarsi andare, c'era quella stretta allo stomaco che, invece, la pregava di rimanere all'erta.Guardò la festa, ormai talmente vicina da render perfettamente visibile il popolo che ballava attorno alle luci ed ai fuochi che venivano scagliati verso il cielo, con i satiri ed i musicisti, semidei e non che suonavano il ritmo incalzante della musica di festa.
- Non voglio bere - si ricordò e Leo si strinse nelle spalle, facendo sparire lo skyphtos vuotoche gli porgeva Daphne sotto alla cintura, stappando quello che aveva offerto a Sofia un attimo prima e continuando a bere.
Percy intrecciò delicatamente le dita alle sue e, a quel punto, il suono e l'euforia della festa avvolsero Sofia lentamente, annebbiandole i pensieri. Sentì le gambe più morbide, i muscolidel collo e delle spalle finalmente sciolti e si voltò di scatto verso Percy, prendendogli il viso tra le mani mentre lo baciava con ardore. Percy la strinse a sé, le strinse i glutei strappandole un sospiro eccitato, un attimo prima che qualcuno potesse brutalmente interromperli. Sofia era pronta a pugnalare chiunque avesse osato fare una cosa simile, un attimo prima dimettere a fuoco il sorriso divertito di Talia e quello furbo di Leo.
- Forza voi due! - esclamò il figlio di Efesto mentre Daphne lo trascinava verso la folla, ebbra di felicità.
Talia e Silena le avvolsero le spalle con la braccia, separandola da Percy mentre andavano al centro dell'Agorà.
La musica incalzante dei tamburi, dei flauti e delle lire la avvolse completamente e chiusegli occhi mentre sollevava le braccia al cielo, roteando a ritmo. Qualcuno le prese una mano, facendola volteggiare e rise quando si accorse forse Daphne. Batterono le mani a ritmo, roteando tra le luci ed i fuochi in un tripudio di calore ed energia.
Qualcuno le passò un calice e lei vi bevve senza pensarci un secondo. Era nettare, nettarepuro, si accorse, quando il sapore del miele le invase la bocca e rise, gettando il capo all'indietro, passandolo a Talia che bevve ciò che rimaneva in un sorso.Persino Regina stava ballando a quel punto, gli occhi luminosi e la bocca aperta in unenorme sorriso. Giasone la fermò per i fianchi, tirandola a sé mentre la baciava, stringendoleuna mano attorno al collo e Sofia rise. Silena le prese la mano, incalzandola a ritmo dimusica e Sofia continuò a muoversi, euforica ed estasiata.
Attorno a lei, il popolo era in visibilio. Calici di nettare e vino si passavano da mano a mano, spettacoli di fuoco e luci si lanciavano verso il cielo. C'erano donne e uomini completamente nudi che ballavano al ritmo della musica, gli occhi girati all'indietro e le braccia spalancate, completamente pervasi dall'euforia, dalla magia e dalla benedizione deldio Dioniso.
Vicino a lei, Carlo si era calato il chitone sui fianchi. Il petto nudo e scuro brillava davantialle luci ed il fuoco e Silena si lanciò su di lui. Il figlio di Efesto la abbracciò senza esitare,sollevandola mentre la faceva roteare, prima di baciarla con passione.
Sofia non aveva mai sentito il potere del dio Dioniso con la stessa forza con cui lo sentiva in quel momento. Era in sua completa balia, senza essere in grado di mettere a fuoco niente senon ciò che aveva immediatamente davanti alla vista. Aveva voglia di ballare e muoversi finoall'alba, aveva voglia di roteare al ritmo di quella musica incalzante, spogliarsi, rimanere completamente nuda mentre la festa e l'euforia prendevano completamente il sopravventosu di lei. Voleva Percy, attorno a lei, su di lei, dentro di lei e, come se le avesse sentito ipensieri, le braccia forti del ragazzo la fecero girare velocemente verso di sé, attirandola contro al suo petto prima di invaderle la bocca con la lingua.
Sofia piegò il capo per dargli più spazio, per accoglierlo quanto meglio poteva mentre siattaccava a lui, cercando di entragli sotto la pelle. Voleva strappargli via quel chitone di dosso,vederlo sparire mentre si beava del suo corpo nudo e lo fece, glielo abbassò lungo i fianchi, scoprendogli il petto bronzeo. Lo toccò con mani avide, allontanandosi da lui solo per poterlo guardare meglio ma Percy la attirò a sé ancora una volta, sollevandole il tessutoinutile e fastidioso del chitone, infilando due dita dentro di lei. Sofia ansimò per il piacere,cercando aria che Percy le negò mentre continuava a baciarla e toccarla e le sollevò unagamba attorno ai suoi fianchi per avere più spazio.
Annabeth ansimò, gettò il capo all'indietro mentre Percy continuava a toccarla, a riempirlacon le dita e il nodo del suo piacere si sciolse in un secondo, contraendosi attorno alle suedita, aggrappandosi a lui mentre il corpo tremava.
Quando aprì gli occhi, trovò i suoi, verdi, luminosi, inebriati della sua stessa euforia e Percyle infilò tra le labbra le dita che sapevano di lei. Annabeth le succhiò senza smettere di guardarlo, roteandovi la lingua attorno e gemette quando Percy le spinse più infondo dentro la sua bocca.
Lo voleva. Lo voleva così tanto che le parve di impazzire o, forse, impazzita lo era già.Gli strinse il membro da sopra il chitone, sfregandovi il palmo contro e Percy piegò le ditadentro la sua bocca, socchiudendo le labbra e le palpebre per il piacere, tirandole il voltoverso il proprio. Poi, la portò via. Le estrasse le dita dalla bocca e la trascinò via, tra i corpi sudati, alcuni nudi di chi ancora ballava, portandola via dall'Agorà e sullo stesso sentiero di ciottoli che, dalla spiaggia, avevano solcato per arrivare fino a lì.
Annabeth lo abbracciò, cercò la sua bocca con forza mentre camminavano chissà dove, spingendogli il chitone lungo le gambe fino a che Percy, nel buio, con la festa ormai alle loro spalle, rimase completamente nudo difronte a sé. Il figlio di Poseidone scavalcò ilchitone senza pensarci un attimo di più, stringendole i seni mentre riprendeva a baciarla, facendole spalancare la bocca con la lingua e gemere per il piacere.
Superò con le mani calde e ruvide il tessuto del chitone, stringendole i capezzoli ed Annabeth lasciò andare un gemito acuto per il piacere, un attimo prima che Percy potesseriprendere a baciarla, senza smettere di toccarla.La liberò del chitone nell'istante in cui misero i piedi sulla sabbia, protetti dal buio edilluminati solo dalle stelle e dalla mezzaluna nel cielo e rotolarono sulla sabbia, stretti l'uno all'altra.
Annabeth vide la sagoma di Percy armeggiare alle caviglie e sentì il tonfo leggero deicalzari che venivano lanciati sulla sabbia. Poi, fece lo stesso con i suoi, lanciandoli al lorofianco prima di baciarle la caviglia sinistra. Salì lungo la sua gamba lasciandole una scialanguida di baci sulla pelle ed Annabeth aprì le gambe, trattenendo il fiato mentre Percy sisdraiava, coprendole il centro con la bocca. Annabeth sospirò per il piacere quandocominciò a leccarla, abbracciandole le cosce con le braccia forti.
Seppellì le mani nei capelli scuri del ragazzo, tirandolo a sé mentre muoveva i fianchi,accompagnandolo nei momenti della lingua, delle labbra e dei denti.
Si accorse a malapena dell'onda fredda che le bagnò i piedi e le caviglie e gettò il capoall'indietro, sulla sabbia, continuando a stringere i capelli di Percy, mugolando, implorandolo di continuare, di non smettere mai di darle quel piacere incredibile.
E poi, il nodo del suo piacere si sciolse per la seconda volta in un forte gemito che non si sarebbe mai preoccupata di trattenere in quel momento. Sollevò le gambe piegate, stringendole mentre spingeva via Percy, troppo sensibile per poter essere toccata ancora mail ragazzo le aprì le cosce ancora una volta, leccandola tra le labbra un'ultima volta ancoraprima di inginocchiarsi tra le sue gambe aperte.
La testa di Annabeth girava ancora ma non se ne preoccupò mentre si solleva a sedere, inginocchiandosi e prendendo il membro di Percy tra le labbra. Percy le infilò le mani tra i capelli, glieli strinse mentre ansimava e lei pompava con ardore, accompagnandosi con una mano lungo la sua lunghezza.
Era inebriante. Il potere di tenerlo in bocca in quel momento, il potere di stargli dando tuttoquel piacere mentre il suo centro ancora pulsava per ciò che le aveva fatto prima. Vi giro attorno la lingua, stringendolo con le labbra, pompandolo con la mano e la bocca, infilandogli le unghie di quella libera nella coscia forte.
Poi, Percy la tirò per i capelli, riportandola dritta, avvolgendole il collo con una mano forte prima di baciarla con ardore. - Voglio fotterti - le disse sulla bocca ed Annabeth sussultòper l'eccitazione, buttandosi con la schiena sulla sabbia ed aprendo le gambe. Inginocchiato,Percy la prese per le cosce, la tirò a sé e poi entrò dentro di lei in un'unica spinta, mozzandole il fiato. La riempì meravigliosamente ed Annabeth gli infilò le unghie nei glutei, gemendo e mugolando per l'incredibile piacere. Percy uscì da lei completamente, rientrando con una spinta decisa ed Annabeth urlò ancora, gettando la testa all'indietro.
Non aveva mai provato così tanto piacere, così tanto trasporto mentre Percy spingeva dentrodi lei con forza e con passione, stringendole le gambe e mozzandole il fiato. Uscì da lei eprima che Annabeth potesse anche solo pensare di protestare, le afferrò le gambe, facendola rotolare sulla sabbia. Annabeth puntò le mani sulla sabbia, sollevò i fianchi un attimo prima che Percy potesse entrare in lei ancora una volta ed urlò in balia delle sue spinte, delle sue mani, dell'euforia e di quel piacere smisurato e fuori controllo.
Di più. Di più.
Imprecò mentre Percy continuava spingere dentro di lei, tirandole i capelli mentre il piaceree la passione continuavano ad inebriarla.
Avrebbe dovuto sentire qualcosa, la musica, i canti, le risate di festa ma sentiva Percy, soloPercy, dietro di lei, dentro di lei perché non esisteva nient'altro a parte loro due in quel momento così incredibilmente perfetto.
Percy rafforzò la presa sulla sua nuca ed Annabeth lo sentì irrigidirsi dietro di lei prima chela potesse riempire con l'apice del suo piacere. Anche lei gemette per l'euforia di quelmomento, un attimo prima di crollare sulla sabbia, Percy ormai al suo fianco, fuori da lei.
Ansimarono entrambi ed Annabeth accolse con piacere la sabbia fresca sul volto.
In un secondo, i suoni della festa non così distante da loro le riempirono le orecchie e lei sbatté le palpebre, cercando di mettere a fuoco la figura di Percy accanto a lei.
Sofia. Lei era Sofia.
No, lei era Sofia. Ed era anche Annabeth.
- Oh cavolo - mormorò e, al suo fianco, sentì Percy sorridere. Il suo corpo era caldo, sudato e bellissimo anche se, nel buio, con la sola luce della luna e quelle in lontananza della festa, non riusciva a vederlo bene come avrebbe voluto
.- Stavo pensando la stessa cosa - disse Percy, un sorriso nella voce.
- Non voglio più andarmene - le parole le scapparono via dalla bocca prima che potessefermarle.
- Voglio rimanere qui con te per l'eternità a fare l'amore, il bagno e fare festa.Sentì Percy sorridere ancora al suo fianco.
- Sono d'accordo. Rimaniamo a Nasso, io e te.
Sofia sorrise, l'idea che prendeva sempre più forma nella sua testa e nel suo cuore ma, unaparte di lei, quella voce familiare ed ormai incredibilmente fastidiosa, le suggerì che non fosse possibile. Non poteva rimanere lì.
Ma perché? Cosa c'era di più importante di Percy e del suo amore per lui?
Si sollevò sui gomiti e lo baciò sulle labbra, lo sfiorò prima di crollare sul suo petto che sapeva di mare e sudore e Percy la avvolse con la braccia. Sofia lo baciò ancora, uno schiocco dopo l'altro e Percy rise, scostandole via i capelli sudati dal volto mentre continuava a farsi baciare.
- Forza, amore mio - le disse con sconcertante naturalezza e, per un attimo, l'euforia di Sofia parve abbandonarla solo per permetterle di comprendere cosa le avesse appena detto.
Amore mio.
Si alzarono entrambi e Percy la prese in braccio, facendola ridere. Sofia gli avvolse le gambeattorno ai fianchi, le braccia al collo e lo baciò ancora mentre entravano in acqua.
- Dobbiamo lavarci - le disse Percy tra un bacio e l'altro. - e poi, con te, non ho ancora finito.
Sofia scoppiò a ridere quando il ragazzo li fece cadere entrambi sotto la superfice dell'acqua,stringendolo e senza smettere di baciarlo.
Sofia, ancora non lo sapeva che quella felicità sarebbe stata distrutta prima di quanto sisarebbe mai potuta immaginare.
Quando tornarono al Campo, il cielo stava iniziando a rischiararsi con le prime luci dell'alba che lo tingevamo dei più tenui colori di azzurro ed arancione.
Percy era addormentato, con la testa posata sul collo di Creekos mentre lei lo teneva saldo con le gambe e le braccia.
I suoi amici volavano placidamente al suo fianco. Silena e Carlo dormivano, abbandonati sul loro pegaso di bronzo celeste ma legati con delle cinture che il figlio di Efesto aveva far dovuto costruire in previsione di quel momento. Talia sonnecchiava davanti a Giasone, che la assicurava sul pegaso in un abbraccio. Regina, sul suo pegaso, che Sofia aveva scoperto si chiamasse Scipione, volava al loro fianco, parlando con Giasone con la schiena più piegata del normale sotto al peso della stanchezza.
Daphne e Leo, con le stesse protezioni di Carlo e Silena, stavano accoccolati sulla loro cavalcatura di bronzo mentre Nico e Stefano chiacchieravano, stanchi e sorridenti.Sofia aveva realizzato di quanto realmente fosse stanca solo quando si era seduta su Creekos, che era arrivato a prenderli, insieme agli altri pegasi, una volta che Percy aveva fischiato verso il cielo.
Una volta in aria, l'euforia della festa era passata, la magia del dio Dioniso si era fatta meno intensa e lei aveva realizzato solo a quel punto cosa avessero fatto e vissuto. Come toccarsi in un'Agorà piena di gente, spogliarsi e fare sesso senza neanche assicurarsi che non ci fosse nessuno.
Ma quella era la più pura essenza della festa e dell'Ecatombeone, la guardia era abbassata, le amicizie nuove e consolidate. Loro stavano bene.
Vide il Campo Mezzosangue in lontananza e Creekos iniziò placidamente a planare verso le stalle.
- Percy - lo chiamò delicatamente, scuotendolo per una spalla. - Siamo arrivati.Il figlio di Poseidone aveva i capelli più arruffati del normale, gli occhi iniettati di sangue per la stanchezza e Sofia rise, accarezzandogli un braccio.
- Non vedo l'ora di mettermi a letto.Vieni con me? - le domandò mentre si avvicinavano sempre di più al Campo.Sofia scosse la testa, sorridendogli.
- Torno nel dormitorio - si portò una mano sul ventre,poi corrugò la fronte. - Che giorno è oggi?
Percy sbatté le palpebre, cercando di concentrarsi oltre il sonno. - Non lo so. Ieri non abbiamo controllato. Perché?
Sofia sbarrò gli occhi. Quand'era l'ultima volta che aveva avuto le perdite?
I giorni durante l'Ecatombeone le erano parsi fusi insieme ma non permise al panico di sopraffarla. Avrebbe controllato in quel momento. Sarebbe andata alla Casa Grande, dovete tenevano il conto dei giorni e dei mesi che passavano ed avrebbe controllato lì. Era sicuramente passato meno tempo di quanto potesse immaginare. Era solo stanca ma sisarebbe aggiustato tutto.
Non appena Creekos toccò terra, lei vi saltò giù. Era pronta a correre verso la Casa Grande ma le voci assonnate dei suoi amici la fermarono sul posto.
- Annabeth - la chiamò Daphne, sfregandosi gli occhi con i pugni dopo che Leo l'ebbe aiutataa scendere dal loro pegaso. Bastò abbassargli un orecchio perché, con la stessa velocità concui aveva preso vita, il pegaso si spegnesse. - Vieni nel dormitorio? - le domandò.
Sofia annuì, battendo nervosamente un piede a terra, incrociando le braccia al petto neltentativo di nascondere le mani che avevano iniziato a tremarle. - Si. Ho solo bisogno dipassare alla Casa Grande prima.Daphne sbadigliò e si stiracchiò. Rise quando Leo le avvolse i fianchi con un braccio,attirandole a sé e baciandole una tempia.
- È stata una bella serata ma adesso vado a dormire - annunciò Talia, scendendo dal loropegaso. Barcollò sulle gambe instabili ma ritrovò facilmente il suo equilibro, passandosi unamano tra i capelli neri ed arruffati per il viaggio.
Giasone annuì. Regina, al suo fianco, sembrava aver voglia di fare qualsiasi cosa meno che rimanere ancora in piedi. Silena era addormentata tra le braccia di Carlo e gli unici che sembravano non aver subito alcun effetto dei festeggiamenti di quella sera erano Nico e Stefano .- Buonanotte a tutti - sussurrò Carlo nel tentativo di non svegliare Silena che, tra le suebraccia, dormiva serenamente.
Percy la attirò a sé con un braccio, baciandola sulle labbra prima di lasciarla andare. - A dopo- le sussurrò e Sofia annuì, dimenticandosi, per un solo secondo, dell'angoscia che provava.
Dopo aver salutato Leo, Daphne allacciò un braccio al suo mentre, nel silenzio del Campo,camminavano verso la Casa Grande.
- Perché stiamo andando lì? - le domandò Daphne,sbadigliando.Sofia si portò una mano sul ventre.
- Devo controllare che giorno è. Ho perso i giorni con la festa - ammise, rimproverandosi mentalmente ancora una volta.
Daphne corrugò la fronte, cercò di pensarci senza riuscirci e poi si arrese, scrollando lespalle.
Sofia vide in lontananza le colonne della Casa Grande e la parete dove ogni mattina, un satiro teneva conto dei giorni che passavano. Da quella distanza, non riusciva a mettere benea fuoco i numeri. Strizzò le palpebre, l'ansia che le stringeva lo stomaco in una morsa mentreil cuore le batteva nel petto all'impazzata. Non si accorse di aver allungato il passo fino ache Daphne, al suo fianco, non protestò, cercando di fermarla.
Poi, finalmente riuscì a leggere.
- Sofia, figlia di Atena - sentire quella voce fu una lama gelida che veniva sfregata contro unaroccia, un sibilo gelido che le corse lungo la spina dorsale.
Sentì la freccia arrivare alle sue spalle prima che potesse voltarsi. Ebbe solo il tempo dispingere via Daphne, facendola cadere a terra e le freccia si conficcò sul muro tra loro due. Estrasse il suo coltello, il suo prezioso coltello, da sotto ai veliche teneva legati attorno alla vita e lo scagliò con forza, roteando su sé stessa, verso il suo nemico.Purtroppo per lei, Re Archidamo II era abile. Si spostò e la lama del suo coltello gli graffio solo un orecchio, conficcandosi in un albero alle sue spalle.
Gli occhi perfidi e scuri del re erano puntati sul suo volto, la barba era appuntita e curata come siricordava e quell'aura di forza che aveva sentito dal primo giorno che l'aveva incontrato, non lafece inchinare in reverenza solo per la rabbia e la paura che la aiutarono a rimanere in piedi.
Al suo fianco, c'erano suo figlio Agido II in tenuta da battaglia e, dietro di loro, dieci soldati spartani con gli scudi e le spade sguainati che portavano, incisi, il simbolo della città di Sparta.
Alla sua destra, ad indossare solo un chitone e un sorriso arrogante sul volto pieno dicicatrici, c'era Pono. Non indossava neanche un'armatura, non stava neanche impugnando la spada, come se lei non rappresentasse alcuna una minaccia per lui.
Non aveva tempo di interrogarsi su come l'avessero scoperta ma solo di combattere il peso della Profezia che minacciava di farla capitombolare sulle ginocchia.
Aveva visto la data prima di scagliare il suo coltello.
Stupida, stupida, stupida Sofia.
Stupida, imprudente Sofia.
Era il dodicesimo giorno di Ecatombeone, lei aveva appena compiuto diciotto anni e la Profezia, con incredibile precisione, era appena iniziata.
A diciotto anni verrà stanataQuindi, davanti ai volti di tredici spartani armati fino ai denti e Daphne che aveva saggiamente scelto di rimanere a terra ma che non avrebbe mai potuto proteggere da sola, Sofia fece l'unica cosa sensata.
Urlò.
Angolo Autrice:
GUESS WHO'S BACK, BACK AGAIN!
no, scherzi a parte, SONO TORNATA! e non potrò mai scusarmi abbastanza per tutta questa attesa. La scrittura e l'ispirazione proprio non riuscivano ad arrivare ed io ho seguito la corrente di ciò che diceva il mio cuore e la mia testa.
Ho vissuto così tanto in questi ultimi anni. Ho amato, sofferto, pianto, riso, cambiato lavoro (o meglio, il lavoro è sempre lo stesso, ho cambiato scuola). Sono cresciuta così tanto ma, fast forward al 2024, torno a casa in Sardegna per le ferie e decido di rileggere tutta la casa di Percy Jackson e gli eroi dell'Olimpo e quindi, be', eccoci qui.
Anche questi Percy ed Annabeth meritavano una conclusione che avevo sempre sentito vicinissima ma che non riuscivo mai a mettere per iscritto.
Tornando al capitolo, ho voluto rendere una festa come un modo per gli dei per influenzare la gente. Nella mia testa è come se, durante la festa, vi partecipassero persino gli dei, rilasciando il loro potere che è il motivo per il quale Sofia non riesce a concentrarsi e perde di vista il vero obbiettivo, arrivando completamente impreparata allo svelarsi della Profezia.
Non so quanti capitoli mancano all'epilogo, dipende quanto la battaglia finale sarà lunga (ovviamente ce ne sarà una, come in tutte le mie storie) ma so che esiste. Nella mia testa ha già preso forma, tutto fino alla fine e ne sono davvero felice. Aldilà della festa, mi piaceva anche che Annabeth, per una volta nella sua vita, semplicemente avesse la sua età. è giovane, si gode il fidanzato ed i suoi amici e, quando sei giovane (ed a volte anche quando inizi ad essere meno giovane), inizi a perdere un po' di vista l'obbiettivo finale, focalizzandoti sul viaggio che, a dirla tutta, va bene ugualmente sopratutto se, nella vita di tutti i giorni, non rischiamo la morte, a differenza di Annabeth. Ma questi sono dettagli.
Caldo permettendo, spero davvero che il prossimo aggiornamento arrivi prima.
Un grazie gigante a chi c'è stato, a chi c'è e continua ad esserci. Spero di non aver deluso l'attesa.
A presto!
V i voglio bene,
Eli:)
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