Chi è stato? (Parte 2)
Ad Atene, il primo giorno di Ecatombeone era una delle feste più attese dell'anno e il fatto che Sofia se ne fosse dimenticata mentre era a Sparta, la diceva lunga su quanto, il Campo Mezzosangue, l'avesse effettivamente assorbita.
Il primo giorno di Ecatombeone, segnalato dalla prima luna nuova, era l'inizio dell'estate e la festa in onore del dio Apollo; ad Atene era uno degli dei più venerati per cui, almeno fino a che suo padre era stato al governo, i preparativi per la festa iniziavano da almeno un mese prima.
L'Ecatombeone era un mese di festa grandioso, ma il giorno che Sofia preferiva, era sempre stato il dodicesimo e non solo perché, per una notte, schiavi e padroni mangiavano assieme in memoria dei tempi più prosperi del titano Crono.
Sorrise.
Il dodicesimo giorno dell'Ecatombeone era anche il suo compleanno e suo padre e Aspasia andavano oltre ogni limite pur di regalarle, ogni anno, i festeggiamenti più belli di tutto il Peloponneso.
La sua casa veniva addobbata a festa, riempita delle musiche e del cibo più buono e tutti -proprio tutti- lei, i suoi fratelli, Kyros, Aspasia e suo padre e gli schiavi, danzavano e mangiavano assieme a ritmo degli aulii dei satiri.
Non c'erano mai ospiti alle sue feste e, perché Sofia non aveva amici al di fuori di Kyros e Paralo, non le era mai sembrato un problema. Persino i satiriche venivano a suonare erano gli stessi da che avesse memoria e, seppur rivedere quei volti ogni anno le facesse immensamente piacere, fu solo mentre scavava nella terra del Campo Mezzosangue che realizzò quella fosse un'altra mossa del padre per evitare che qualcuno potesse vederla.
Era assurdo quanto essere Annabeth la schiava la rendesse più libera di essere Sofia l'Ateniese.
I ricordi dei suoi compleanni, passati tra balli e cibo, le fecero corrugare la fronte mentre un sapore sgradevolmente amaro le riempiva la bocca.
Scosse il capo, serrando gli occhi prima di riuscire ad aprirli con un sorriso. Due anni prima, prima che Atene cadesse nell'epidemia, la notte del suo compleanno, era sgattaiolata via dalla sua casa addormentata assieme a Kyros e Paralo, fuggendo verso l'Agorà della città per poter vedere i festeggiamenti. E, ancora fino a quel momento, non aveva mai visto un spettacolo di luci e musica più bello di quello. I figli di Efesto e i figli di Apollo di Atene lanciavano palle di luce e fuoco nel cielo notturno, illuminandolo a giorno mentre la musica incalzante degli aulii dei satiri e la voce degli aedi che intonavano storie di festa, accompagnavano quelle magie.
Sofia, seppur col velo dell'invisibilità calato sulla testa, tenendo stretto il chitone di Paralo tra le dita per evitare di perderlo tra la folla, aveva sentito un calore raro nel petto mentre il sorriso le stendeva le labbra, scoprendole i denti.
Atene non era mai stata così bella e così viva e lei aveva avuto il privilegio divedere tale meraviglia una sola volta nella sua vita.
Si asciugò il sudore della fronte, raddrizzando la schiena e posandosi alla pala che aveva usato per scavare fino a qualche istante prima.
Il Campo Mezzosangue era animato attorno a lei, gli schiavi lavoravano ai campi, aiutati da alcuni spartani. Altri guerrieri si allenavano con l'arco a distanza e altri invece, combattevano con i gladi d'allenamento. I figli di Afrodite cavalcavano i cieli con i pegasi assieme ai figli di Apollo, che insegnavano agli spartani a combattere in volo. Le pareti delle scalate si sbattevano ritmicamente tra loro mentre satiri velocissimi guidavano degli spartani lungo le loro insenature.
E quando Sofia sentì quell'assurdo e familiare calore al petto, la pala le scivolò via dalle dita prima che potesse accorgersene, cadendo miseramente a terra. La guardò, ferma ai suoi piedi nudi, sporca di terra e lasciò andare un respiro prima di chinarsi per poterla riprendere.
Era quasi il tramonto, fra poco gli schiavi sarebbero dovuti andare nel padiglione della mensa per prepararlo alla cena mentre un gruppo di loro avrebbe indossato dei chitoni per i balli e i canti di quella sera e lei si portò una mano allo stomaco. La sagoma familiare del suo coltello le permise di regolarizzare i battiti del cuore impazzito, sciogliendo il nodo formatole si sul petto e quando la conchiglia che chiamava gli schiavi via dai Campi per la cena suonò, lei sussultò ma, tra le dita, tenne ben stretta la pala.
- Sei pronta, Annabeth? – le domandò eccitata Maia, mettendole una mano sulla spalla e spingendola a voltarsi verso di lei.
Gli occhi scuri della ragazza erano illuminati dall'emozione e Sofia sorrise senza scoprire i denti, annuendo. – Certo – ma serrò con più forza le dita attorno al legno del manico.
- Sono emozionatissima per stasera – le confessò la sua amica mentre scendevano verso la valle del Campo.
Sofia, nonostante il nodo che ancora le stringeva il petto, sorrise ancora. – è il tuo primo Ecatombeone? – le domandò.
Maia scosse la testa con la fronte corrugata, come se Sofia le avesse appena rivolto la domanda più stupida del mondo e quella sensazione le fece correre un brivido di fastidio lungo la schiena. – Certo che no! – affermò. – Ma sarà la prima festa qui al Campo.
Sofia la osservò con la coda dell'occhio mentre mettevano piede sul lastricato del Campo, camminando tra spartani e schiavi che correvano da una parte all'altra, troppo emozionati per pensare a dove avrebbero dovuto effettivamente essere.
Corrugò ancora la fronte, portandosi una mano allo stomaco.
Maia si sentiva come lei? Maia sentiva le sue stesse cose?
Ma Maia, a differenza sua, non aveva paura di ciò che sentiva. Le sue emozioni le ostentava con orgoglio negli occhi castani e nel sorriso ampio.
- Allora! – esclamò Daphne da lontano, spingendo Maia e Sofia voltarsi di scatto verso di lei mentre correva nella loro direzione. – Siete pronte per questa sera? – domandò e una volta che fu al fianco di Sofia, ripresero a camminare assieme.
Uno spartano, mentre correva in direzione opposta alla loro, per poco non travolse Sofia ma fu abile ad acchiapparla per le spalle, riassestandola sul terreno. Quando si fermò davanti a lei, un sorriso enorme gli illuminava il volto, arrivando fino agli occhi. – Scusami! Mi farò perdonare! – le promise prima di correre via con l'armatura che riportava il simbolo di Nemesi inciso sopra.
- Ma che succede oggi? – borbottò Terentia, affiancando le ragazze.
Aveva i capelli disordinati di chi ha lavorato fino a qualche secondo prima, gli occhi provati dal caldo eppure, la pelle del volto era distesa come se, nonostante la stanchezza, non avesse alcun pensiero al mondo. – Capisco che per noi schiavi sia la prima festa al Campo, ma per loro? – domandò, schivando di fortuna un satiro che correva nella direzione opposta alla sua e che si scusò con un poderoso "bee" mentre galoppava via.
Daphne scoppiò a ridere osservando la scena e Sofia sorrise ancora mentre il nodo che aveva nel petto si disfaceva lentamente, parola dopo parola. – Sono tutti di buon umore. Non deve esserci per forza un motivo – disse Daphne aumentando, forse inconsapevolmente, il passo per poter arrivare prima al dormitorio delle schiave.
Sofia notò, da lontano, uno spartano con del tessuto candido perfettamente piegato tra le braccia che le ragazze, mentre entravano del dormitorio una ad una, prendevano.
Solo quando fu più vicina, capì si trattasse di nuovi chitoni.
Dallo stemma inciso sulla spada appesa alla vita, Sofia vide si trattasse di uno dei figli sempre assonnati di Morfeo che però quella sera, col sole che tramontava lentamente oltre gli alberi del Campo, aveva gli occhi talmente vispi e allegri che dovette sforzarsi per trattenere un sorriso.
Nuovi chitoni! E voi ragazze siete aspettate in sala mensa tra poco! – comunicò mentre Sofia prendeva il suo nuovo chitone.
Dentro al dormitorio del Campo faceva un po' più di fresco rispetto al calore esterno e quando la porta si chiuse alle loro spalle, una volta che tutte le schiave furono all'interno, illuminate dalla luce calda delle torce, i gridolini e le risate eccitate che riempirono il dormitorio furono talmente forti e inaspettate che Sofia sussultò, stringendosi il chitone al petto.
Le ragazze parlavano animatamente, sorridevano e ridevano mentre si spogliavano per poter indossare i nuovi chitoni, iniziando ad intrecciarsi i capelli o decorandoli con nastri di fortuna ricavati da vecchi abiti.
Sofia si lasciò cadere sul letto, sfiorando con le dita il tessuto morbido del chitone che aveva sulle ginocchia.
- Forza Annabeth! – esclamò Maia, attirando l'attenzione alle sue spalle.
Completamente nuda, la sua amica era intenta a infilarsi il chitone dalle gambe e Sofia sorrise annuendo, prima di riportare lo sguardo sulle sue ginocchia, sollevandolo poi sul letto perennemente vuoto davanti al proprio.
Si portò una mano allo stomaco, sfiorando la lama del suo coltello sotto al velo.
Sta bene, pensò, serrando con forza le dita attorno all'elsa dell'arma. Va tutto bene. È con uno spartano che la tratta bene. Va tutto bene, si ripeté.
Quando due mani le si poggiarono sulle spalle con veemenza, sussultò per la sorpresa, voltandosi di scatto solo per poter incontrare gli occhi sempre luminosi di Maia.
- Vuoi prepararti? – le domandò furbescamente, battendole le mani davanti al volto. – Forza, Annabeth! Il Campo Mezzosangue ha bisogno della tua luce! – esclamò, sporgendosi verso di lei per poterle lasciare un fulmineo bacio sulla guancia prima di andare verso un'altra delle ragazze che aveva un disperato bisogno d'aiuto per fare una treccia.
Sofia abbozzò un sorriso, lasciando andare il chitone nuovo sul letto, alzandosi per potersi liberare di quello vecchio. Slegò attentamente i veli via dalla vita, mettendoli accuratamente sopra al letto e facendo attenzione non si intravedesse troppo la sagoma del coltello sotto di essi. Poi, calò il chitone giù dalle braccia, lasciando che le scivolasse via lungo al corpo.
Quando si chinò verso al letto per poter prendere quello nuovo, notò un angolo di pergamena che timidamente sbucava da sotto al cuscino. Era quasi impercettibile. Forse, si sarebbe accorta della sua presenza solo una volta che fosse andata a dormire.
Quando lo prese tra due dita, portandoselo vicino al volto, sorrise e lo stomaco le si contrasse in una morsa emozionata. Il cuore, nel petto, le parve saltasse un battito prima di riprendere a correre velocemente.
Sopra al foglio di pergamena era disegnata un'onda.
***
Sofia rise mentre Maia volteggiava tra i tavoli al ritmo incalzante della musica dei satiri e dei figli di Apollo. Le lire e gli aulii risuonavano per tutta la mensa mentre le schiave e gli schiavi, con bracciali e cavigliere che muovevano a ritmo di musica, volteggiavano in perfetta sincronia.
Era da tempo che gli spartani avevano rinunciato a mangiare abbondantemente come al solito per potersi unire alle danze, reggendo calici di vino stracolmi mentre ruotavano e battevano le mani.
Era la prima notte di luna nuova, la festa per il dio Apollo e, dentro al Campo, non si erano risparmiati con i festeggiamenti.
Il padiglione della mensa brillava a giorno con scudi e nastri che portavano inciso il simbolo del dio del sole. I suoi figli, luminosissimi nei chitoni dorati, suonavano e cantavano con meravigliosa energia, volteggiando tra i tavoli, accogliendo con grazia la musica dei satiri che tanto perfettamente si sposava alla loro.
Persino le ninfe, che non lasciavano mai il bosco, erano venute a festeggiare trasformando il padiglione della mensa del Campo Mezzosangue in una moltitudine di fiori e colori e tutti, indistintamente tra schivi e semidei, satiri e ninfe, ballavano assieme.
Sofia vide Stefano e Nico che giravano assieme attorno al fuoco. Stefano che rideva, tenendo il figlio di Ade stretto a sé, col volto rosso e un enorme sorriso ad illuminargli gli occhi scuri, talmente bello mentre stringeva il ragazzo che Sofia, guardandolo, accolse il calore che lesi propagò nel petto naturalmente.
Leo ballava con Daphne che, stretta a lui mentre la faceva girare a ritmo della musica molto più velocemente di quanto non fosse necessario, rideva rumorosamente col capo gettato all'indietro.
Fuori dal padiglione della mensa, le stelle erano alte e luminosissime. Preparavano il cielo per la luna nuova e Sofia, reggendo dei vassoi in una mano e uno skyphtos nell'altra, rilassò i muscoli della schiena, piegandola naturalmente.
Persino Chirone, dietro al suo tavolo, sedeva più tranquillo senza smettere di bere vino, osservando i ragazzi al Campo che ballavano davanti al falò e sotto alle stelle.
Sofia continuò a sentire quel calore dentro al petto, quell'inaspettato abbraccio chele fece anche poggiare un fianco al tavolo vuoto di Afrodite mentre osservava il Campo Mezzosangue festeggiare come mai prima di quel momento.
Rise, osservando Terentia che veniva fatta volteggiare vigorosamente da uno schiavo, ridendo assieme a lui e quando l'amica allungò una mano verso di lei mentre girava, forse per convincerla a raggiungerla, lei si limitò a scuotere la testa senza smettere di ridere, alludendo poi col capo ai vassoi che ancora teneva tra le mani.
Nonostante i muscoli del corpo fossero perfettamente rilassati, i piedi rimanevano fissi a terra. Come se quel calore che sentiva al petto non fosse abbastanza per convincerla ad abbandonare tutto e andare a divertirsi con i suoi amici.
Percy, dal canto suo, ballava assieme a Giasone in modo talmente assurdo che chiunque, una volta che posava lo sguardo di loro, non riusciva a fare a meno di ridere. Si stringevano entrambi con vigore, saltando ovunque aritmo della musica, ridendo e muovendosi incuranti di chiunque colpissero in quell'assurda danza. Gli occhi verdi del ragazzo erano più luminosi che mai, la bocca aperta in un sorriso meraviglioso e, a un certo punto della serata, il chitone si era anche abbassato sui fianchi mentre ballava, lasciandolo a petto nudo sotto le luci del falò e delle torce del Campo.
Quando gli occhi di Percy si posarono su di lei senza smettere di ballare, Sofia scoppiò a ridere e Percy, in tutta risposta, fece roteare Giasone, finendo addosso a un incurante Leo.
Sofia sentì i muscoli del corpo rilassarlesi talmente tanto che i vassoi che aveva tenuto tra le mani fino a quel momento, si avvicinarono pericolosamente al tavolo, come se, in un riflesso spontaneo e incontrollato, il suo corpo le stesse suggerendo di andare a divertirsi. E, per un attimo, pensò anche di farlo, pensò di lasciare tutto sul tavolo di Afrodite e unirsi a quel gruppo disomogeneo di esseri umani e creature che, in qualche modo e davanti ai suoi occhi, riusciva a funzionare come il migliore automa del dio Efesto. E forse, l'avrebbe anche fatto. Avrebbe anche lasciato tutto sul tavolo di Afrodite solo per raggiungere quegli splendidi balli e afferrare Percy per le spalle, portarlo via da Giasone e baciarlo lì, proprio davanti a tutti. Incurante dei segreti, degli stigma, dei dogmi. Schiavo, spartiato. Ateniese, spartano. Non contavano assolutamente niente.
Non davanti a un amore così grande.
E i vassoi e quel maledetto skyphtos, a quel punto, erano così vicini al tavolo che lei non sarebbe più stata in grado di fermarsi, avrebbe solo potuto ascoltare quell'impellente, assurdo, bollente e meraviglioso desiderio di raggiungere Percy e lasciarsi stringere fino a mozzarle il fiato.
Ma, con la coda dell'occhio, vide una piccola e veloce figura familiare sgattaiolare accanto alla mensa, col capo coperto da un velo e la schiena orribilmente piegata.
Sofia lasciò andare i vassoi sul tavolo in un solo attimo, scattando rapidamente fuori dal padiglione. Corse sul pavimento lastricato, lasciandosi alle spalle le luci della mensa che non erano abbastanza forti per illuminare il Campo anche a quella distanza ma individuò comunque la sagoma, non veloce quanto lei, davanti ai suoi occhi, allungando poi una mano verso la sua spalla prima di fermarla con vigore.
Euleia sussultò per la sorpresa e lo spavento, barcollando all'indietro. Sofia fu rapida a tenerla ferma anche con l'altra mano, riassestandola sui piedi senza però osare lasciarla andare.
- Euleia! – esclamò, desiderando che ci fossero più luci per poterla vedere in volto, per potersi assicurare stesse bene, per poterla guardare nel viso per la prima volta dopo settimane.
Euleia era completamente scomparsa. Si faceva vedere solo per i pasti che servivano agli spartani, col capo chino per nascondere il volto e la schiena piegata come quando erano arrivate a Sparta per la prima volta.
Ma adesso era lì, davanti a lei, nascosta dal buio ma bloccata dalle dita di Sofia, innaturalmente forti rispetto al resto del corpo di Euleia che, invece, anche solo al tatto, anche senza vederlo, a Sofia pareva potesse sgretolarlesi via dalle dita, sfuggendole ancora una volta come sabbia.
- Lasciami andare – soffiò la ragazza ma, ovviamente, Sofia ignorò la sua richiesta, continuando a tenerla ferma, accarezzandole però le spalle con i pollici nel tentativo di rassicurarla.
- Dove sei Euleia? – le domandò con un filo di voce, sentendo la volontà che l'aveva spinta a lei, lasciando la festa del padiglione, sgretolarsi. Quando Euleia non rispose, Sofia piantò meglio i piedi al suolo, prendendo un respiro profondo. – Stai bene, Euleia? Cosa ti sta succedendo? – domandò ancora, cercando di nascondere il dolore nella voce.
Sentire Euleia così vicino, percepirne il calore familiare sotto alle dita, il respiro che si era abituata a contare e ascoltare durante la notte per la prima volta dopo così tanto tempo, le fece quasi cedere le ginocchia. Ma si costrinse a star ferma, a mantenere la posizione esattamente come aveva fatto con il drakon a Micene, continuando a stringere la scaglia che le tagliava una mano e l'elsa del suo coltello nonostante il dolore.
- Non mi sta succedendo niente – disse, cercando di divincolarsi dalle mani di Sofia, – lasciami andare – ordinò, col tono di voce sempre troppo basso, con le spalle sempre troppo piegate.
Sofia scosse la testa mentre gli occhi si abituavano rapidamente al buio, permettendole di vedere più precisamente i contorni della figura di Euleia. – Non è vero, Euleia – sussurrò, portandole una mano al volto. E bastò che la sfiorasse per un unico istante perché Euleia potesse sussultare, aspirando l'aria tra i denti per il dolore e muovendo un rapido passo all'indietro nel tentativo di sfuggire al tocco delicato di Sofia. – Chi ti sta facendo questo, Euleia? Ti prego, ti prego, Euleia – la implorò, continuando a tenerle una mano sulla spalla ma prendendo, con la libera, una delle sue. Le strinse la mano tra le dita, senza smettere di accarezzarla nel tentativo di darle più conforto.
Sono qui.
- Sono qui – disse, – per favore, Euleia. Io sono qui – le promise, sentendo gli occhi riempirlesi di lacrime e lasciando che, una volta che sbatté le palpebre, quelle potessero rigarle le guance. – Ti prego, Euleia – la implorò, torna da me. – Io ti voglio bene, amica mia. Ho bisogno di te. Ho bisogno di non saperti più sola. Ti prego – continuò, senza lasciarla andare.
E quando sentì, sotto le dita che aveva ferme sulla sua spalla, i muscoli di Euleia iniziare lentamente sciogliersi, il nodo che le aveva stretto il petto iniziò lentamente a slegarsi. Si sciolse del tutto solo quando Euleia scoppiò a piangere, gettandosi contro al suo petto.
- Oh miei dei – mormorò Sofia, stringendo il piccolo corpo di Euleia a sé con forza, cercando di proteggerla dal dolore che le scuoteva il corpo mentre le mani si aggrappavano al suo chitone come se avesse avuto timore che, da un momento all'altro, il terreno le si sarebbe potuto aprire sotto ai piedi, facendola scomparire.
- Sono qui – mormorò, respirando il profumo familiare della pelle di Euleia mista ad altri odori che non riuscì a ricondurre a niente.
Strinse Euleia a sé senza smettere, prendendosi le sue lacrime e il suo dolore, desiderando di poterle portare via quella sofferenza per sempre.
Le baciò una tempia, non smise di stringerla e poi gliela baciò ancora una volta, appoggiandosi a lei tanto quando stava facendo Euleia.
Mi sei mancata così tanto.
- Cosa sta succedendo, Euleia? – le chiese però, accarezzandole il capo e la schiena con le mani. – Io posso aiutarti – le promise ma Euleia scosse la testa, sforzandosi per potersi allontanare dal corpo di Sofia che, però, non smise di toccarla per paura potesse scomparire ancora.
- No – scosse il capo la ragazza, tirando su col naso. – No, nessuno può aiutarmi. Nessuno. Lui ti ucciderà. Lui mi ucciderà – tremò Euleia, tentando di sfuggire via dal suo tocco ancora una volta.
Sofia corrugò la fronte mentre lo stomaco e il cuore iniziavano a bruciarle per la rabbia. – Chi? – ringhiò. – Chi ti ucciderà, Euleia? – sibilò tra i denti con furia crescente, controllando però le dita che ancora tenevano ferme Euleia.
- Devi andare via da qui – disse Euleia. Sofia la vide mentre si guardava febbrilmente attorno, portando poi la mano sulla sua, nel tentativo di liberarsi da lei. – Devi andare via da qui.
Sentì il corpo di Euleia tornare a irrigidirsi ancora. – Devi andare via da qui. Non sei al sicuro. Devi andare via da qui – le ripeté ancora. – Non sei al sicuro. Nessuno lo è – continuò. – Io non so per quanto tempo potrò ancora... devi andare via da qui – ripeté, quella volta stringendole con affetto la mano che Sofia le teneva ancora sulla spalla. – Devi andare via da qui.
Sofia scosse il capo, portando la mano libera sullo stomaco e aggrappando l'elsa del suo coltello. – Chi è Euleia? Chi ti sta facendo così tanta paura? – ringhiò furiosa. – è Pono? è Nestor? – domandò ancora.
E fu in quel momento che Euleia gridò, talmente tanto improvvisamente e con talmente tanta forza che Sofia la lasciò andare per la sorpresa e il dolore. – VAI VIA! – urlò Euleia, forse senza timore di essere sentita dal resto del Campo per il volume della musica della luna nuova. – Tu... tu sei solo un problema, Annabeth! Solo un enorme problema! – gridò, spingendola con forza dalle spalle, facendola sussultare ancora. – Mi hai picchiata, mi hai umiliata, mi hai derisa! – urlò ancora Euleia, colpendola al petto senza che Sofia avesse la forza per reagire. – Hai approfittato del tuo privilegio per farti strada tra gli spartani, per essere sicura che non potesse succederti niente mai hai fatto morire talmente tanti schiavi, nel frattempo, che ho perso il conto! – continuò Euleia e le ginocchia di Sofia tremarono. Cercò di stringere il coltello che aveva sullo stomaco ma le dita erano prive di forza. – è tutta colpa tua! Tutta colpa tua! Atene è colpa tua, la morte di Kyros è colpa tua, di Neilo. È colpa tua se siamo finiti qui! Tutta colpa tua! – gridò. – devi andare via da qui! VAI VIA! – urlò Euleia. – Via!
Corse via senza che Sofia ritrovasse le forze per fermarla ancora una volta, barcollando all'indietro e ritrovando l'equilibrio sui suoi piedi solo di fortuna.
Quando poi cadde sulle ginocchia, neanche provò a mettere le mani nel tentativo di fermarsi. Sentì il cuore spezzarlesi nel petto e si portò le mani al volto, scuotendo il capo con forza.
Vide Kyros morire davanti a lei per l'ennesima volta ancora. Lo spartano ferirlo su una guancia prima di pugnalarlo senza esitazione, spegnendo la luce fiera via dai suoi occhi azzurri.
Vide la spada sbucare dallo stomaco di Paralo, gli occhi castani riempirsi di terrore e la bocca di sangue prima che potesse venir spinto a terra. Sentì perfettamente il rumore secco del corpo che si scontrava al pavimento, le ossa sbattersi al terreno mentre il sangue si spargeva attorno al suo corpo.
Vide Santippo morire. Vide suo padre venir pugnalato alle spalle, senza la concessione di una lotta e ne vide l'ultimo sguardo, gli occhi macchiati di dolore e colpa che non avrebbe mai più potuto espiare. Aspasia, a pochi passi da lei, si conficcò la spada nello stomaco e Sofia, sul lastricato del Campo Mezzosangue, morì ancora una volta.
Angolo Autrice:
Ciao fiorellini miei!
Il ritardo è solo giustificato dal caldo. O forse non c'è affatto una giustificazione ahahha
per chiunque si fosse lasciato ingannare, convinto che la festa sarebbe stata rosa e fiori, ovviamente si sbagliava.
Io, personalmente, Euleia la amo infinitamente. Neanche riesco a trovare qualcuno che me la rappresenti perché, mentre scrivevo di lei, mi immaginavo la ragazza di un mio amico (per cui, per ovvi motivi, non posso mettere la foto) e forse è per questo che sento di esserci così legata.
La morale del capitolo è che, quando pensi che le cose ti vadano bene, alla fine ti vanno male e poi, vanno pure peggio, che è poi la piega che ha attualmente preso anche la mia vita, non solo quella di Annabeth.
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e io spero di tornare presto col prossimo.
Vi voglio bene!
Eli:)*
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