Chi è stato? (Parte 1)
Sofia lasciò andare un sospiro, voltando il capo e sistemando meglio i capelli sul cuscino bollente.
Sbatté le palpebre un paio di volte posando gli occhi, ormai abituati al buio, sulla sagoma di Daphne che dormiva nel letto accanto al suo.
Il movimento regolare del corpo che respirava riuscì ad infonderle un po' di pace e, quando prese un altro respiro, le sembrò un po' più facile.
Era una cosa che faceva con Euleia, quella. La guardava dormire, ne ascoltava il respiro fino a che i battiti accelerati del suo cuore non si regolarizzavano lentamente. Ma, a quel punto, erano giorni che non vedeva Euleia. Riusciva ad intravederla solo durante qualche pasto. Serviva ai tavoli con il volto nascosto dietro ai capelli castani e le spalle curve di quando erano arrivate al Campo per la prima volta.
Si portò un braccio sulla fronte, prese un altro respiro e storse la bocca per la difficoltà nel farlo.
Le sembrava di aver dormito solo qualche minuto. Ci aveva provato per davvero, a rilassarsi dopo la storia di Eirene e del suo amore per la libertà. Ci aveva provato per davvero a cullarsi col respiro leggero di Daphne e col movimento ritmico e calmo del suo corpo vivo ma, quando aveva chiuso gli occhi, troppo stremata persino per i battiti accelerati del cuore ed il vorticare rapido dei suoi pensieri, aveva sognato di essere sott'acqua. Aveva provato ad uscire ma un manto di alghe scure le impediva di salire in superficie e respirare. Aveva sbarrato gli occhi, piombando nel buio con un'orribile sensazione di apnea, portandosi una mano al petto e godendosi l'aria che le entrava nel corpo.
A quel punto, aveva rinunciato a prendere ancora sonno e si era limitata a lasciare che gli occhi si abituassero al buio, ascoltando il respirare leggero delle sue compagne e dimenticandosi, solo grazie a quello, persino del caldo tremendo che le incollava il chitone al corpo.
Quella di Eirene sarebbe stata anche la sua storia?
Eirene aveva un obbiettivo enorme per cui combattere. Aveva la libertà ed il suo povero bambino. Lei che cosa aveva? Egoisticamente, grazie al governo di Percy, lei stava bene. Le sue amiche stavano finalmente bene. Nessuno avrebbe più potuto fargli del male o, quantomeno se l'avessero fatto, sarebbero stati puniti. Finché la sua vita sarebbe stata legata a quella di Percy, lei sarebbe stata bene e, alla realizzazione, corrugò la fronte, prendendo un ennesimo, doloroso respiro.
Era tutto sbagliato. La sua vita non poteva dipendere così tanto da quella di qualcun altro. Non ancora, perlomeno.
Fino a che gli spartani non avevano invaso Atene, la sua vita era stata legata con un filo doppio a quella di suo padre. Era lui che decideva per lei, lui che decideva della sua identità e dei passi che avrebbe mosso solo e soltanto all'interno dei confini di Atene.
E, una volta arrivata al Campo, la sua vita si era legata al volere di Pono e Percy e, a quel punto, solo a quello di Percy.
Non le dispiaceva, però, che la sua vita fosse legata a quella di Percy. Era una condizione diversa da quella in cui versava quando era ad Atene. Ad Atene, seppur muovesse silenziosamente i fili della sua città, era comunque in balia delle decisioni di suo padre. Era convinta di poter prendere decisioni ma il fatto che, in quasi diciotto anni, il posto più lontano in cui si fosse mai spinta era stata la spiaggia, diceva molto più di quanto non le sarebbe piaciuto ammettere.
Era Pericle che decideva per lei. Era Pericle che aveva deciso che lei, no, non dovesse affatto esistere se non all'interno delle mura della loro casa, protette dall'autorità che l'essere il signore di Atene gli conferiva.
Era Pericle che decideva con chi avrebbe dovuto parlare, con chi avrebbe dovuto giocare, dove avrebbe potuto correre.
Lei decideva il destino di Atene. Pericle decideva il suo.
Sofia scosse la testa, lasciandosi scappare un flebile verso di scherno.
Governava una città ma non governava sé stessa.
Era così assurdo.
Era un paradosso.
Ed era ancora più paradossale che lei si fosse accorta di tutto solo una volta diventata schiava.
Scosse la testa ancora una volta e quando il cuore cominciò a batterle con più forza nelle orecchie e contro al petto, si alzò di scatto dal letto, infilandosi le mani nei capelli.
No, non quando era diventata schiava, quando qualcuno le aveva detto fosse una schiava.
Chiusa a Sparta e chiusa anche ad Atene. Incatenata a Sparta ed incatenata anche ad Atene.
Ad Atene aveva la comodità del potere di suo padre, il profumo del mare, l'amore di Aspasia, le risate di Kyros e Paralo e poi, aveva le sue parole. Gli scritti che realizzava per suo padre prima di ogni consiglio, prima di ogni assemblea nell'Agorà della città. Gli scritti che realizzava su come gestire Atene, gli schemi, i piani e le decisioni da seguire perché Atene rimanesse grande.
Però, era una schiava tanto quanto lo era a Sparta.
Era una schiava ad Atene, nella sua stessa famiglia e neanche se ne era accorta.
Forse era per quello che non sapeva se la sua storia sarebbe stata quella di Eirene. Forse era per quello che non sapeva se, alla fine dei conti, avrebbe mai lottato per la sua libertà. Forse perché, prima di arrivare a Sparta, lei non era mai stata davvero libera.
A Sparta, Percy le aveva fatto vedere quanto bello fosse volare.
Non suo padre, non Aspasia, non Paralo, non Kyros. Percy. Il suo peggior nemico. Il capo dei semidei di Sparta. L'unico figlio del dio Poseidone.
Perseo, figlio di Poseidone, il suo peggior nemico, le aveva fatto vedere quanto fosse bello volare e quanti cieli si fosse persa dentro Atene.
Forse, era per quello che lei sentiva di non poter essere Eirene.
Dal modo in cui l'aveva raccontata Kikilia, Eirene aveva combattuto per la libertà che tanto brutalmente le era stata tolta. Lei aveva l'amore di Eracle ma non si sentiva libera.
Sofia, al contrario, aveva l'amore di Percy e non era mai stata più libera di così.
Perché era una schiava ma, in fin dei conti, non lo era poi sempre stata?
Lasciò andare un respiro e poi tornò a sdraiarsi sul letto, sistemando i capelli oltre al cuscino perché soffrisse meno il caldo.
Forse però, Kikilia non sapeva tutta la storia di Eirene. Forse, anche Eirene era felice. Forse, anche Eirene amava Eracle ed il bambino che avrebbero potuto avere.
Forse, Eirene aveva semplicemente capito che, essere egoista, non l'avrebbe portata da nessuna parte. E non era solo per la sua libertà che aveva combattuto. Non era solo per la sua nuova vita, libera dalle decisioni di un uomo, che aveva combattuto, ma aveva anche combattuto per tutte quelle schiave e per tutti quegli schiavi che avevano bisogno di una guida.
E che ne sarebbe poi stato della sua bella, bellissima e lontana Atene? Senza un capo e sotto l'egemonia di Sparta, che ne sarebbe stato della sua meravigliosa città?
Atene aveva bisogno di un capo e quel capo, mai e poi mai avrebbe potuto essere Sparta.
Era per Atene che avrebbe dovuto combattere? Era per la sua gente che avrebbe dovuto uccidere il suo meraviglioso, grandioso primo amore?
Percy l'avrebbe lasciata andare. Era una certezza che le stringeva lo stomaco con forza. Percy l'avrebbe lasciata andare perché la porta del dormitorio delle schiave era sempre aperta e, protezione o non protezione ai confini del Campo, sapeva perfettamente che con lei non avrebbe funzionato.
Percy le avrebbe per sempre permesso di scegliere.
Era Sparta, però, che non glielo avrebbe mai concesso. Non avrebbe mai concesso a Sofia di scegliere e a Percy di supportarla nelle sue decisione.
Non l'avrebbe permesso Sparta ed i suoi due re. Non l'avrebbe permesso Sparta e la sua monarchia.
E Percy, a chi avrebbe dato ascolto? Alla sua gente o a lei?
Se si fossero mai ritrovati a combattere l'uno contro l'altra, lei e Percy, Sofia a difendere a Atene e Percy a difendere Sparta, avrebbero avuto il coraggio di tirarsi indietro? Di opporsi alle loro città per amore?
O, al contrario, avrebbero avuto il coraggio di opporsi al loro stesso amore pur di proteggere le loro città?
Aveva pensato Sofia, mentre Kikilia ne raccontava la storia, che potesse essere Eirene, che la storia di Eirene potesse essere anche la propria. Ma Eirene sapeva per cosa combatteva. Lei, al contrario, non ne aveva lapiù pallida idea.
L'amore e la paura determineranno la sua sorte,
che sia vita oppure morte
I versi della profezia le riecheggiarono nella mente e chiuse gli occhi, prendendo un altro respiro, ignorando quando le bruciò sotto la pelle, facendole storcere lievemente la bocca e si portò due mani al volto, sfregandosele sugli occhi stanchi che, però, non riusciva a far riposare.
Sentì la porta del dormitorio aprirsi con estrema delicatezza ed un tenue fascio di luce che portava con sé le prime sfumature dell'aurora, illuminò una delle pareti.
Non aspettò che Percy potesse avvicinarsi al suo letto, svegliandola con delicatezza. Si alzò talmente velocemente che, per un secondo, le girò la testa, ma non diede il tempo al capogiro di avere la meglio. Superò velocemente la distanza che la divideva da Percy, fermandosi di scatto davanti a lui, col petto ansante per un fiatone che non si aspettava di dover gestire.
Il cuore le batté all'impazzata nelle orecchie e quando riuscì a vedere il sorriso di Percy grazie alla luce tenue del mattino, respirando il suo profumo di casa, tremò, stringendo i pugni. Assieme al profumo di mare, Percy si portava dietro anche il profumo familiare di orzo e miele e Sofia si ficcò con più decisione le unghie nella pelle, barcollando sul posto e trattenendosi dal stringerlo a sé con forza.
Nonostante fosse tutto ciò che avrebbe voluto fare, gettargli le braccia al collo e stringerlo, respirare il suo profumo di casa ed ascoltare la voce che sapeva di onde mentre la rassicurava e la teneva a sé, rimase ferma dov'era, a guardarlo come se fosse la prima volta.
Quando era a Roma, aveva provato la stessa spinta che stava provando in quel momento. Gli aveva toccato le mani oltre le sbarre della cella che condivideva con Daphne e, per quegli istanti meravigliosi, lei aveva smesso di avere paura e di sentire la stanchezza ed il peso del suo mondo sulle spalle.
- Sei già sveglia – sussurrò lui per non disturbare le altre ragazze che dormivano. – Tutto bene? Hai fame? – domandò, alludendo alla colazione che le aveva portato come quando, nel primo periodo che stava al Campo, andava a prenderla per allenarla.
Era solo da poco che Sofia avesse capito quella fosse solo una scusa per vederla. Se anche lei non avesse avuto la benché minima idea di come tenere una spada tra le mani, Percy sarebbe comunque andato a svegliarla, accucciato accanto al suo letto, con una tazza d'orzo calda tra le mani, solo per poter passare del tempo con lei senza nessuno attorno.
Percy non glielo aveva detto eppure, Sofia ne aveva la più assoluta e completa certezza. Così come, in quel momento, ancora ferma davanti a lui, rigida come un pezzo di legno, aveva la più assoluta e completa certezza di volerlo abbracciare. Lo guardò, sbattendo le palpebre e lasciando che gli occhi potessero lentamente abituarsi a quella nuova luce. Lo guardò ed ebbe la più assoluta e completa certezza che avrebbe potuto abbracciare Percy senza che lui si stranisse o senza che lui la respingesse. Ebbe la certezza che avrebbe potuto abbracciarlo e, un attimo dopo, avrebbe sentito le sue braccia stringerla senza alcuna intenzione di lasciarla andare. Ebbe la più assoluta e completa certezza, mentre lo guardava, che Percy fosse suo. In quel modo totalizzante di cui parlano solo gli aedi e che non avrebbe mai pensato potesse essere reale fino a che non aveva incontrato Percy. Percy era suo e quella sensazione avere il sapore dolcissimo di novità ed assurdità che le faceva battere forte il cuore nelle orecchie e venire il fiatone al solo pensiero di vederlo.
Ne ebbe la certezza mentre lo guardava, con gli occhi verdi luminosi che riusciva a vedere oltre la luce tenue del primo mattino, mentre le sorrideva tenendo tra le mani una tazza d'orzo e due fette di pane perché sapeva che una fetta l'avrebbe sempre lasciata ad Euleia od a Daphne.
- Si, sto bene. Tu? Voglio l'orzo – rispose e prima che allungasse le mani per prendere una fetta di pane e lasciarla a Daphne, Percy gliela mise direttamente sul palmo con un sorriso furbo.
- Forza – disse, facendo un cenno verso l'interno del dormitorio. – è da un po' che non ci alleniamo noi due.
Sofia sorrise, dandogli le spalle. – è colpa del sesso – rispose, con più sfacciataggine di quanto si sarebbe mai aspettata, sentendo il calore salirle dalla testa ai piedi e ringraziando gli dei che fosse buio e che stesse dando le spalle a Percy.
Lo sentì trattenere il fiato e fu facile immaginarselo mentre arrossiva tanto quanto lei.
Non fece in tempo a muovere un secondo passo via da lui perché la colpì con una pacca al sedere talmente tanto forte da farla sussultare, costringendola a tapparsi la bocca con una mano per evitare di fare troppa confusione e svegliare tutte.
- Maledetto – sibilò tra i denti, con il ventre che le pulsava per l'emozione e sentì Percy, dietro di lei, sghignazzare soddisfatto.
Camminò velocemente verso al letto di Daphne, lasciandole la fetta di pane accanto al cuscino prima di raggiungere velocemente Percy che la aspettava fuori dal dormitorio.
Si richiuse la porta alle spalle e l'aria frizzante della mattina le fece venire la pelle d'oca sulle braccia.
Percy le porse la tazza d'orzo e lei ci avvolse le mani attorno, soffiandoci sopra prima di prenderne un sorso con un sorriso.
Il Campo Mezzosangue era sempre silenzioso a quell'ora del mattino. Non si sentiva nulla a parte i loro passi ed il ronfare dei mostri nel bosco e Sofia si godette quella calma mentre camminava al fianco di Percy, cacciando in un angolo della sua mente le preoccupazioni che continuavano ad attanagliarle i pensieri.
Il profumo di mare di Percy e la pace che le dava solo camminare al suo fianco, le rendevano più facile far finta che la sua testa non fosse un caos di terrore e insicurezza e, casualmente, scivolò più vicino al corpo del ragazzo, sfiorandone la pelle calda del braccio col proprio. Quando prese un respiro, si accorse non le facesse male.
- Lo vuoi il pane? – le domandò con un sorriso e quando Sofia annuì, bevendo un sorso d'orzo, Percy glielo mise direttamente davanti alla bocca. Sofia ne addentò un morso con un sorriso e Percy rise, muovendo il tozzo che ancora teneva tra le dita perché Sofia potesse staccarne un pezzo.
Si fermarono a metà tra il dormitorio degli schiavi e le case dei semidei e prima che Sofia potesse iniziare a masticare quella delizia di miele, Percy le stampò un bacio sulle labbra, facendole arricciare le punte dei piedi nudi.
Si accorse, solo in quel momento, di essersi dimenticata i calzari affianco al letto.
- Sei pronta per oggi? – le domandò con un sorriso, mentre continuavano a camminare.
Sofia corrugò la fronte, guardandolo con un sorriso sulle labbra prima di prendere un altro morso di pane. – Perché devo essere pronta? Che hai in mente? – domandò circospetta e Percy rise, dandole un colpo con la spalla e sollevando le mani davanti al petto.
- Non ho in mente niente! È solo da tanto che non ci alleniamo. Magari ti sei dimenticata come si combatte.
Sofia si voltò di scatto verso di lui, assottigliando le palpebre e stringendo con più forza le dita attorno alla tazza d'orzo e al tozzo di pane. – Ringrazia che ho questo cibo tra le mai, Perseo, figlio di Poseidone, perché ti avrei davvero fatto vedere chi si è dimenticato come si combatte.
Percy rise e Sofia nascose il divertimento dietro alla sua tazza d'orzo, prendendone un altro sorso mentre attraversavano il cortile delle case dei semidei. Per farlo, passarono tra la profumatissima casa di Dionisio e quella di un verde luminoso della Dea Ecate.
Sofia sorrise osservando la luce della Casa di Artemide affievolirsi lentamente mentre, davanti, quella del gemello Apollo iniziava a caricarsi di luce.
La casa di sua madre, Atena, al centro tra la casa di Artemide e quella di Demetra, era ancora un po' vuota e priva di vita ma, almeno, Percy aveva fatto togliere l'erba che ne infestava brutalmente l'ingresso, i muri non erano più riempiti di crepe e gli occhi dorati della civetta sullo stipite della porta erano vispi e attenti, come se stesse davvero osservando chiunque vi passasse davanti.
Per andare verso l'Arena, passarono davanti alla casa di Ares e un brivido gelido corse lungo la schiena di Sofia, facendola tremare mentre camminava. La forza dell'inquietudine le fece cadere un po' d'orzo fuori dalla tazza, sul selciato e imprecò tra i denti, serrando con più forza le dita attorno alla ceramica.
- Tutto bene, Sofia? – domandò Percy, voltandosi verso di lei mentre camminavano verso l'ormai familiare casa di Poseidone.
Sofia annuì, lanciando uno sguardo alle brutte mura scure ed al cinghiale terribile che dominava la porta di quella casa. Le pareti portavano i segni di lance e frecce come se, quella casa da sola, avesse dovuto sopportare un assalto soltanto un'ora prima. La tinta scura alle pareti era orribilmente scrostata e, in alcuni punti, giurò di poter anche vedere del sangue.
Poi corrugò la fronte e scosse la testa, voltando il capo verso Percy. – No, in realtà – decise di dire, cogliendo di sorpresa persino sé stessa, – questa casa mi fa venire i brividi – sibilò e quando abbassò lo sguardo sull'ultimo pezzo di pane che ancora le rimaneva da mangiare e l'orzo, trattenne un conato di vomito.
La gola si chiuse mentre la bocca si riempì di sabbia, seccandole le guance e la lingua. Si portò una mano al collo, rabbrividendo quando sentì altre dita stringerle la pelle con decisione, mozzandole il fiato. Accelerò istintivamente il passo.
- Sofia! – la chiamò Percy in un sussurro deciso, raggiungendola facilmente e posandole una mano sulla schiena delicatamente. – Che succede? – le domandò.
A quel punto, erano tra la casa di Poseidone e quella di Zeus e, con il profumo del mare ad invaderle le narici, a Sofia risultò più facile respirare mentre due fila di dita ruvide si allontanavano lentamente dal suo collo.
- Quella casa, miei dei – mormorò, scuotendo il capo e le spalle, riprendendo a camminare. – Mi fa venire in mente Pono e Ares che..
Percy si fermò di scatto, spingendola a fare lo stesso con la fronte corrugata per la confusione. – Come hai detto? Pono e Ares? Ares, il dio Ares?
Sofia arretrò col capo, guardando Percy confuso per tutto quell'allarmismo. – Che succede? – domandò, – perché ti stai agitando così tanto?
Percy fletté le dita all'altezza delle sue braccia, come se avesse voluto stringergliele ma sapesse perfettamente che avrebbe dovuto passare sul cadavere di Sofia perché lei glielo permettesse. – Hai sognato Ares, Sofia? – le domandò lentamente, scandendo le parole una per una, come se avesse paura che lei non sarebbe riuscita a capirlo.
Sofia corrugò la fronte. – Si. Dov'è il problema? – chiese stranita e quando Percy imprecò in modo talmente tanto colorito da far impallidire il miglior pescatore sulla banchina del porto di Atene, fu indecisa se scoppiare a ridere o preoccuparsi.
Decise per la seconda.
- Percy – lo chiamò delicatamente, intrecciando le dita di una mano alle sue, lasciando che il calore del palmo del ragazzo potesse irradiarlesi per tutto il corpo, facendola rabbrividire. – Che succede?
Percy scosse il capo con gli occhi adombrati ed i capelli ad oscurarglieli. – Cosa ti ha fatto Ares nel sogno? – domandò, andando dritto al punto, sollevando gli occhi di scatto nei propri e mozzandole il respiro per la sorpresa.
Sofia deglutì ma le parve che la saliva le rimanesse incastrata nella gola. Si portò una mano al collo e vide Percy seguire quel movimento con gli occhi attenti, serrando la mandibola con talmente tanta forza che, per un secondo, Sofia pensò si sarebbe spaccato i denti.
Sofia si guardò attorno. Fermi tra la casa di Poseidone e quella di Zeus, avvolti dalla luce bluastra del primo mattino, un brivido le corse lungo la schiena. – Possiamo spostarci da qui? – domandò, sentendosi improvvisamente scoperta, desiderosa di celarsi ai mille sguardi sentiva le si stessero poggiando così fastidiosamente sul corpo.
- Certo – Percy non esitò neanche un istante a riprendere a camminare, allungando una mano verso di lei.
Sofia lo guardò confusa e lui agitò le dita, sfiorandole lo stomaco. Solo quando lei ci mise sopra le sue e lui poté finalmente intrecciarle con le proprie, rallentò. Intrecciarono le dita, avvicinandosi fino a toccarsi con le braccia, intrecciando poi anche quelle mentre camminavano verso l'Arena.
Sofia ne vide l'imponente profilo che si stagliava oltre gli alberi del Campo Mezzosangue, occupando il cielo. Lì, con le pareti illuminate dalle torce, la luce era più calda, e smise di rabbrividire solo a quel punto, quando, finalmente, varcarono la soglia dell'Arena, percorrendo il lungo corridoio di sabbia che avrebbe portato fino al centro.
Sofia respirò il profumo familiare della pelle degli attrezzi e del bronzo delle armi appeso alle pareti. La luce calda delle torce accese lungo tutto il perimetro dell'Arena scacciò il freddo che le pareva le fosse penetrato fin dentro alle ossa mentre camminavano.
Percy non le lasciò andare la mano neanche quando entrarono nell'Arena, però e lei posò la ciotola ormai vuota di orzo su un tavolo di legno posto al centro dove, normalmente, si spiegavano le pergamene da allenamento.
- Va' meglio adesso? – le domandò Percy senza lasciarle andare la mano neanche quando Sofia si voltò verso di lui, sentendo il bordo del tavolino vicino ai fianchi.
Lei annuì e quando lo guardò negli occhi verde acqua macchiati d'apprensione, non riuscì a trattenere un sorriso.
Percy sorrise di rimando ed il petto le si scaldò per l'emozione. Quando le posò una mano sulla guancia, lei vi si appoggiò contro, chiudendo gli occhi per pochi attimi.
Si bagnò le labbra con la lingua prima di aprire gli occhi, prendendo poi un respiro. – Il dio Ares mi appare in sogno praticamente da quando sono arrivata al Campo. Prova a.. – scosse la testa, allontanandosi dalla mano di Percy, e portandosi una mano al collo. Scrollò via le dita del ragazzo ancora intrecciate alle proprie, improvvisamente desiderosa di spazio. – strangolarmi, a schiacciarmi a terra. Dice che mia madre non avrebbe dovuto interferire con la profezia, che sono stata nascosta troppo a lungo.
Quando Sofia spostò gli occhi sul volto di Percy, per un attimo le gambe vacillarono. Lo sguardo del lupo. Le palpebre assottigliate per la furia e gli occhi verdi talmente tanto cupi che le parvero neri. I pugni erano serrati lunghi i fianchi, le braccia e le spalle tese sotto al tessuto candido del chitone.
- La dea Atena ha interferito? – sibilò tra i denti, trattenendo a stento a collera. – Lui ti tormenta nei sogni da settimane, però è la dea Atena che ha interferito? – domandò furioso. – Non posso credere che nessuno ne sia al corrente, sull'Olimpo. Agli dei non è più permesso interferire nelle faccende dei mortali dopo la guerra di Troia – continuò ma Sofia abbozzò un piccolo sorriso, scuotendo il capo.
- Ma lo faranno sempre. Interferiranno sempre, Percy. Anche mia madre ha interferito con la profezia, apparendo in sogno ad Aspasia da prima che io nascessi. Sono dei, è quello che fanno. Ed è quello che li rende più fallibili di noi umani –. Percy sbatté lentamente le palpebre, perdendo la durezza del suo sguardo da lupo. – Ci ho pensato a lungo. Non capivo perché il dio Ares mi odiasse così tanto, perché fossi improvvisamente diventata oggetto del suo tormento ma è tutto qui, nella sua necessità di avere guerra e conflitto perché è ciò che lo alimenta.
Percy la guardò con gli occhi verdi improvvisamente luminosi. – ed a te sta bene? Essere una pedina nelle mani egoistiche degli dei? – le domandò, con la voce improvvisamente morbida nonostante la durezza delle parole.
Sofia sorrise, piegando il capo da un lato. – Ho forse altra scelta?
Percy non rispose subito. – Comunque, avevo ragione. Secondo me, si tratta solo di convincersi che gli dei non esistano. A quel punto, smetteranno anche di tormentarci. Io sono fermamente convinto – decise. – Chi è mio padre? – domandò, sollevando i palmi ed alzando le spalle. – Chi lo sa? Non ne ho proprio idea. Mai conosciuto. No.
Sofia scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca istintivamente per coprire la sua risata.
Percy la seguì a ruota. – Chi è mio padre? Non ho un padre. Mamma ha fatto tutto da sola.
Sofia rise ancora più forte, guardandolo, bellissimo e davanti a lei, oltre alle palpebre socchiuse.
Gli occhi verdi brillavano sotto alle torce come se avessero luce propria e quel meraviglioso, enorme sorriso, gli si apriva splendidamente sul volto, scaldandole il petto ed il cuore. Prima che potesse ripensarci, gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sé. Respirò il suo profumo familiare di casa e l'odore altrettanto familiare della sua pelle e, esattamente come si era aspettata, nonostante la paura avesse messo a tacere quella certezza, Percy la strinse un istante dopo contro di sé. La avvolse tra le braccia con vigore e dolcezza infiniti ed a Sofia, stretta contro al suo petto e tra le sue braccia, parve di riuscire persino a respirare meglio.
Sentiva ogni fibra del corpo di Percy contro al proprio, ogni porzione di pelle che aderiva perfettamente contro la propria, intrecciandosi al punto tale che Sofia non si rese più conto dove iniziasse lei e finisse Percy e, quando la paura le strinse gelidamente lo stomaco, lei la scacciò via, stringendo Percy con più forza.
Quando respirò profondamente, sentì l'aria fluirle con facilità dentro al corpo e sorrise, posandosi alla spalla del ragazzo, baciandogli poi il collo. Una, due volte e Percy arpionò le dita con decisione sulla sua pelle, stringendosela contro ancora di più.
Sofia risalì lungo al suo collo con le labbra, baciandogli ogni porzione di pelle disponibile prima di arrivare alla bocca che trovò già aperta.
Percy la strinse con forza contro di sé e lei gli affondò le dita tra i capelli scuri, sospirando mentre si baciavano con vigore. Quando Percy la spinse contro al tavolo di legno, lasciò andare un sospiro, un attimo prima che potesse caricarcela sopra, issandola per i fianchi.
Sofia imprecò sulle labbra, tirando il chitone di Percy tra le dita, improvvisamente fastidioso, un attimo prima che, senza smettere di baciarla, Percy potesse farle risalire la gonna del chitone lungo le gambe, infilandovisi nel mezzo.
Le bloccò il volto con una mano, baciandola con forza e Sofia gli aprì due mani sul sedere, avvicinandolo a sé con decisione, piegando il capo all'indietro perché Percy avesse un accesso maggiore alla sua bocca.
L'eccitazione le corse lungo il corpo intero, mozzandole il fiato mentre si toccavano e si stringevano, imprimendosi l'uno sulla pelle dell'altra.
Percy le accarezzò le gambe partendo dalle ginocchia. Salì fino alle cosce e Sofia, istintivamente, le aprì e le piegò di più, attirando Percy a sé, sospirando sulle sue labbra senza che smettessero di baciarsi.
Fu a quel punto che Sofia frugò sotto al suo chitone, accarezzandolo prima di prendergli il membro tra le dita, avvolgendolo con decisione e mozzandogli il fiato. Percy sospirò contro alle sue labbra, posando la fronte contro la propria ed aprendo gli occhi solo a quel punto, guardandola mentre Sofia pompava contro di lui.
Percy le sfiorò il centro con la mano, facendola agitare su quel tavolo di legno, rubandole un fremito, un secondo prima di entrare in lei con due dita.
Sofia gli infilò i polpastrelli della mano libera nella pelle della spalla, continuando a pompare su di lui mentre Percy lavorava dentro di lei.
Sofia trovava ci fosse qualcosa di estremamente erotico nel dare piacere mentre lo si riceveva. Ancora non sapeva cosa, di preciso, le piacesse così tanto. Ma ansimare, fremere dal piacere mentre Percy faceva lo stesso per mano propria, era abbastanza per portarla in estasi.
Percy la baciò con forza, facendole aprire la bocca con decisione e riempiendogliela con la lingua un attimo prima che potesse scendere lungo la mandibola e il collo, baciandole le spalle. Tolse via le dita da Sofia con suo grande disappunto ma, con entrambe le mani, le abbassò le spalline del chitone lungo le braccia. Sofia fu rapida a togliersele del tutto, lasciando che il chitone potesse scivolarle lungo il busto, scoprendole il seno.
Percy si abbassò lì con decisione, prendendo quello destro tra le dita e leccandolo con attenzione.
Sofia inarcò la schiena all'indietro, aggrappandosi ai bordi del tavolo con le mani, rovesciando il capo all'indietro e chiudendo gli occhi mentre Percy si dedicava ai suoi seni.
Forse imprecò anche mentre le leccava la pelle, in balia di quell'incredibile piacere, un secondo prima che Percy potesse leccarle anche la pelle dello sterno, sollevandole poi la gonna più in alto lungo le cosce.
- Oh miei dei – mormorò Sofia e Percy, dal basso, sorrise furbescamente, sollevandole le braccia mentre lei, priva ormai di alcun tipo di controllo sul suo corpo, si sdraiava sul tavolo.
Poi, Percy si abbassò sul suo centro, avvolgendo con le labbra e con la lingua quel nodo di nervi, tenendole le gambe ben aperte con le mani e penetrandola con due dita mentre la leccava.
Sofia roteò il capo all'indietro, chiudendo gli occhi e stringendo con una mano il chitone di Percy e con l'altra i capelli scuri. Era una fortuna che fosse troppo presto perché qualcuno fosse sveglio perché, sicuramente, l'avrebbero sentita nell'arco di almeno cento metri.
Le sembrava di impazzire mentre Percy la leccava ed inarcava le dita dentro di lei, facendole toccare picchi di piacere che le scorrevano lungo il corpo intero e facendoglielo tremare con forza.
Le fece toccare vette di estasi talmente alte, con la lingua e con le dita che quando smise improvvisamente, Sofia protestò con ardore, tirandogli la testa ed i capelli perché voleva di più, perché ne voleva ancora. Ma quando Percy, con un sorriso furbo sulle labbra umide e gli occhi luminosi la afferrò per le cosce, tirandola con forza verso al bordo del tavolo, Sofia sussultò, eccitata.
- Pronta? – le domandò e, in tutta risposta, Sofia gli afferrò decisamente il volto con una mano, occupandogli la bocca con la lingua con decisione mentre Percy entrava dentro di lei con una spinta secca.
Quando la riempì, Sofia lasciò andare un'esclamazione soddisfatta ma Percy le tappò ancora una volta la bocca con la propria, mordendole con forza il labbro inferiore mentre muoveva i fianchi contro ai propri.
Sofia infilò le unghie nelle sue spalle, gli morse con forza la pelle in balia di tutto quel piacere e Percy esclamò per il dolore, affondandole le dita nella delle cosce ed afferrandola per il collo con una mano, occupandole la bocca ancora una volta con la lingua.
E mentre si baciavano e Percy spingeva dentro di lei con forza, con spinte secche, Sofia si rese conto di volere ancora di più. Di voler vedere sparire quegli stupidi di chitoni e di voler sentire Percy dentro di sé ancora di più.
- Fermo – ansimò, mettendogli le mani sul petto e Percy si bloccò all'istante, l'euforia nello sguardo sostituita, per qualche secondo, dalla confusione, un secondo prima che Sofia potesse spingerlo via dal petto, scendendo dal tavolo con un saltello. Lasciò che il chitone le scorresse lungo al corpo, rimanendo completamente nuda davanti allo sguardo famelico di Percy che la acchiappò per il seno, chiudendo la bocca attorno ad uno e stringendole una natica con la mano libera.
Sofia sospirò appagata, si aggrappò ai suoi capelli sollevando una gamba, avvolgendo i fianchi di Percy prima di aggrapparsi alle spalline del suo chitone, tirandoglielo giù lungo le braccia con decisione.
Percy sorrise furbo, liberandosi di quell'inutile stoffa in un attimo prima di raggiungerle il centro con una mano, penetrandola ancora una volta con due dita.
Sofia aprì la bocca, chiudendo gli occhi per il piacere, appoggiandosi a lui. – Che fame – le soffiò sulle labbra, mordendole quello inferiore quando Sofia sorrise e si immaginò lo facesse tanto furbescamente quanto Percy.
- Vai a terra –gli ordinò tra gli ansimi, avvolgendogli le dita attorno al membro, pompando un paio di volte prima di inginocchiarsi davanti a lui e prendendolo tra le labbra. Percy risucchiò l'aria tra i denti e Sofia gli infilò le dita contro il sedere teso, lasciandolo andare solo per sorridergli dal basso. – Vai a terra – ripeté e Percy non se lo fece ripetere ancora, sedendosi sulla sabbia senza smettere di guardarla negli occhi.
Sofia si mise a cavalcioni su di lui, puntellandosi sulle mani ai lati della sua testa, sdraiandosi sul suo corpo prima di riprendere a baciarlo con forza.
Percy le aprì le mani sul sedere, stringendo la pelle tra le dita e Sofia scivolò su di lui, strusciandosi contro al suo membro con decisione, ansimando tra un bacio e l'altro. Avrebbe voluto dedicarsi a lui un po' di più ma poi, con incredibile naturalezza, Percy spinse il suo membro con le dita e quando la penetrò, Sofia girò gli occhi per il piacere, gemendo. La riempì completamente, mozzandole il respiro e, senza che le mani forti del ragazzo smettessero di stringerle con forza il sedere, Sofia iniziò a spingere su di lui con decisione.
I loro ansimi ed il rumore dei fianchi che si sbattevano con decisione tra di loro riecheggiarono contro alle pareti dell'Arena e Sofia strinse le dita sulla sabbia, portandosi la treccia da un lato, chinandosi su Percy e lambendogli la bocca con la lingua.
Percy le bloccò la nuca con una mano, tirandole i capelli e facendola gemere mentre la baciava, facendole piegare il capo da un lato.
Sofia si sorprese della scarica di adrenalina che ebbe difronte a quella forza e quando Percy le tirò con più forza i capelli, impedendole di muoversi ed iniziando a spingere i fianchi contro ai propri, raggiunse profondità tali che le parve di impazzire.
Quando le tirò il capo all'indietro, non oppose resistenza, chiudendo gli occhi mentre gemeva con forza e Percy la riempiva con spinte secche, mozzandole il fiato per il piacere.
Solo dopo, Sofia si oppose a quella presa ferrea, chinandosi su di lui e mordendogli il labbro inferiore con forza.
Percy imprecò, spingendo contro ai suoi fianchi con rinnovata decisione, arpionandole poi un seno con una mano e chiudendolo tra le labbra con forza.
Sofia riprese a muovere i fianchi su di lui con più lentezza, seguendo il movimento delle labbra di Percy prima su un capezzolo e poi sull'altro, ansimando puntellata sui gomiti, un attimo prima che Percy potesse bloccarla per le cosce ancora una volta, spingendo con forza dentro di lei.
Sofia si avventò sulla sua bocca, la aprì talmente tanto mentre lo baciava che i suoi gemiti si fusero con naturalezza con quelli di Percy. – Continua – lo pregò, – continua –. E Percy non smise di spingere contro di lei con forza, mozzandole il fiato.
- Pronta? – le disse improvvisamente e Sofia corrugò la fronte. Non fece mai in tempo a fare domande perché Percy la strinse con un braccio, facendola poi rotolare sulla sabbia e strappandole un grido di sorpresa.
Lui scoppiò a ridere e lei, col fiato corto, gli tirò un colpo al braccio. – Ma sei impazzito? – gli domandò prima che lui potesse uscire da lei, prendendola per le caviglie con una mano sola. – Oh miei dei – mormorò lei mentre lui si sistemava entrambe le sue gambe unite su una sola spalla, entrando in lei ancora una volta ed iniziando a spingere.
Con le gambe così strette, sentiva Percy con ogni fibra del suo corpo e piegò il capo all'indietro, cercando con le braccia la sua pelle.
- Sei troppo lontano – ansimò in protesta e, quando aprì gli occhi, vide Percy sorridere.
Le lasciò andare le caviglie che le aveva tenuto ferme con una mano fino a quel momento e Sofia aprì le gambe, accogliendolo contro di sé quando Percy crollò sul suo corpo.
Rimase fermo dentro di lei, accarezzandole il volto con le dita e Sofia si allungò verso di lui, cercando le sue labbra con un bacio.
Fu solo a quel punto che Percy riprese a oscillare lentamente dentro di lei, lasciando che le loro labbra potessero sfregare tra loro con decisione mentre i loro sospiri si confondevano.
Dove inizio io e dove finisci tu?
Sofia gli accarezzò la schiena con le mani, gliela graffiò con le unghie e Percy tremò su di lei, sollevandole una gamba per avere più spazio nelle sue spinte.
- Sei bellissima – mormorò accarezzandole il volto, tirandole poi i capelli sul capo e posando una mano a terra. La baciò e Sofia sorrise, stringendolo a sé. – Sei bellissima, Sofia.
- Anche tu – rispose lei con naturalezza e Percy sorrise, baciandola ancora.
Sofia gli infilò le unghie nel sedere e, in tutta risposta, Percy le morse il labbro inferiore, comprendendo perfettamente l'antifona.
Si sistemò meglio sulle ginocchia, un secondo prima di uscire da lei quasi completamente prima di riempirla con una spinta decisa, mozzandole il fiato e facendole sbarrare gli occhi per il piacere. – Si! – esclamò Sofia, aggrappandosi a lui mentre Percy ripeteva quel movimento ancora ed ancora, raggiungendosi poi il centro con una mano mentre Percy continuava a spingere con decisione, aumentando la velocità.
Fu a quel punto che Sofia si portò una mano alla bocca mentre continuava a stimolarsi con l'altra e Percy continuava a riempirla senza sosta, soffocando le urla di piacere contro al palmo.
Sentì l'estasi risalirle lungo le gambe e, come se avesse appena sciolto un elastico, in un milione di brividi, il piacere le si propagò per il corpo intero, facendole sollevare la schiena dalla sabbia, aggrappandosi al braccio di Percy e lasciando che un forte gemito di piacere potesse unirsi a quelli di Percy ed ai fianchi che si scontravano. Le pareti di Sofia si strinsero attorno a Percy che si aggrappò con più forza ai suoi capelli, spingendo con decisione mentre lei continuava a stimolarsi per prolungare il piacere, un attimo prima che il ragazzo potesse irrigidirsi contro di lei prima di lasciarsi andare.
Sofia gemette ancora assieme a lui, muovendo i fianchi per prolungare il piacere di entrambi, guardandolo con gli occhi sbarrati ed aspettando che Percy potesse aprire i propri. Quando lo fece, due tornado verde acqua la disarmarono. Non era la prima volta che vedeva quelle iridi così da vicino eppure, per qualche motivo, la lasciarono senza fiato mentre continuava a roteare i fianchi contro ai suoi, accarezzandogli il volto.
Percy la guardò con gli occhi luminosi, appagati e così intensi che Sofia gli sfiorò le ciglia con le dita, assicurandosi che fossero veri quando Percy li chiuse istintivamente.
Poi, il ragazzo crollò tra le sue braccia, sul suo corpo e tra le sue gambe e Sofia sorrise, accarezzandogli la schiena.
. Miei dei – lo sentì mormorare e Sofia sorrise. – Voglio rimanere qui.
Sofia corrugò la fronte. – Dove? – sorrise, – dentro l'Arena?
- No – Percy sollevò il capo a quel punto, inchiodandola con lo sguardo alla sabbia. – Dentro di te.
Il ventre di Sofia si contorse in una morsa eccitata. – Oh miei dei – mormorò.
Percy le sfiorò le labbra con le proprie e quando rotolò su un fianco, portandola con sé tra le braccia, uscì tristemente da dentro di lei. Intrecciò le gambe con le proprie e Sofia si rifugiò contro al petto, baciandoglielo prima di cercare le sue labbra ancora una volta.
Percy le scostò via i ciuffi sfuggiti alla treccia con due dita mentre la guardava, baciandole poi la punta del naso. – Tu, Sofia, figlia di Atena – le disse solennemente, strappandole un sorriso divertito, – mi fai proprio una gran paura.
Sofia corrugò la fronte senza trattenere una piccola risata. – Io a te? Perché? – domandò, sfiorandogli il profilo del naso con le dita, facendogli chiudere gli occhi al suo tocco.
Percy la guardò così intensamente che Sofia, davanti ai suoi occhi, rabbrividì. Percy le accarezzò il viso ancora una volta. – Perché non avrei mai pensato potessi sentire così.. – poi, i suoi occhi si spostarono di scatto oltre di lei e Sofia si voltò in un istante, alzandosi sulle ginocchia verso la porta dell'Arena.
Alle sue spalle, anche Percy era accucciato a terra con le braccia tese, pronto ad alzarsi se fosse stato necessario.
- Cos'hai visto? – gli domandò, voltandosi ancora una volta verso l'arco vuoto dell'Arena. Quando Sofia si girò, Percy stava scuotendo la testa e, ormai in piedi, aveva recuperato i loro chitoni. Quando le lanciò il proprio, Sofia lo recuperò al volo, stringendo l'elsa del suo coltello tra le dita prima di infilarlo sotto al velo.
- Non lo so – rispose Percy mettendosi il suo chitone e roteando le spalle. – Mi era sembrato ci fosse qualcuno ma sarà sicuramente stato un gioco di luci – poi sorrise, avvicinandosi a lei e prendendole il volto con una mano prima di stamparle un bacio sulle labbra che la fece sorridere ancora. – Se c'era qualcuno, spero si sia almeno goduto lo spettacolo – disse e Sofia arrossì, dandogli un colpo allo stomaco col dorso della mano.
- Iniziamo ad allenarci ed a tenere la bocca più chiusa, che dici? – domandò ironica.
Percy, in tutta risposta, con un sorriso a mezz'asta ad illuminargli gli occhi furbi, le fece un occhiolino.
Quando Sofia arrivò in mensa, una volta dopo essere sgattaiolata via dall'Arena con Percy, l'eccitazione era talmente palpabile che avrebbe potuto tagliarla via con il suo coltello. Corrugò la fronte, prendendo un piatto vuoto dal tavolo della Casa di Apollo per poterlo riempire con dell'orzo.
Era un'eccitazione diversa rispetto a quella che c'era stata per la kryptheia. Quel giorno, l'eccitazione nervosa degli spartani era palpabile ma il terrore degli schiavi vi si mischiava con prepotenza, avvolgendole il corpo gelidamente e facendole venire i brividi nonostante il calore esterno.
Quella mattina però, pareva che né gli schiavi né i semidei fossero in grado distar fermi. Gli schiavi roteavano velocemente tra i tavoli, riempivano piatti e scodelle con dei sorrisi grandiosi sulle labbra mentre gli spartani, seduti alle loro panche, scherzavano tra loro con foga, saltavano da un tavolo all'altro, violando quelle che erano regole non scritte del Campo che Chirone, con un sorriso bonario, permetteva venissero infrante.
Quando Sofia intercettò Terentia, che aveva appena lasciato un vassoio di pane al tavolo dei figli di Ecate, saltellando prima di riprendere a camminare, corrugò la fronte con ancora più enfasi. – Qualcuno può dirmi che succede? – domandò, lasciando distrattamente un vaso pieno d'acqua sul tavolo dei figli di Efesto.
Leo, per l'emozione, per poco non bruciò la ceramica e solo quando uno dei suoi fratelli gli versò dell'acqua sulle mani, furono in grado di impedire il fattaccio.
- Come che succede? – esclamò Terentia, voltandosi di scatto verso di lei, osservandola come se le fosse improvvisamente spuntato un terzo occhio.
Sofia chiuse i pugni davanti all'espressione sconvolta della sua amica, scrollando le spalle nel tentativo di nascondere l'irritazione. – Si, che succede? – domandò lentamente ancora una volta, sperando che potesse spiegarle tutto senza fare ulteriori commenti velati sulla sua ignoranza.
- Non riesco a credere tu non sappia che succede – fece Terentia con gli occhi castani sbarrati.
A quel punto, Sofia afferrò la ciotola d'orzo che Leo stava per portarsi alle labbra. – Ma insomma! – protestò il figlio di Efesto.
- Scusa, Leo. Devo spaccarla sulla testa a Terentia – asserì decisa, portando il braccio all'indietro per caricare il colpo.
Una mano salda le si chiuse attorno al polso, bloccando i suoi tentativi di ledere Terentia. Una piccola scossa le corse lungo il braccio, strappandole un'esclamazione di sorpresa per il dolore e lasciò andare la ciotola d'orzo di scatto.
Leo la afferrò prima che potesse infrangersi contro il tavolo ma Sofia non vide mai l'espressione che fece, si voltò di scatto verso il semidio che l'aveva fermata ed elettrizzata così sdegnosamente.
Gli occhi di Giasone erano gentili seppur l'espressione fosse mortalmente seria e un'altra scossa, completamente diversa rispetto a quella che aveva subito, le fece tremare il corpo. Giasone era fermo davanti a lei e lei si portò una mano allo stomaco, aprendo le dita sul suo coltello. Quando il semidio aprì la bocca per chissà cosa dire, si avvicinò a lui in uno spasmo, arrivandogli ad un palmo dal volto. Giasone aveva lo stesso odore che sentiva quando cavalcava il cielo con Creekos e Percy ma, quella somiglianza, non le fu di alcun conforto anzi, la fece infuriare ancora di più.
- Dammi un'altra volta la scossa, figlio di Roma – disse, – e ti pianto il mio coltello dritto in gola.
Gli occhi di Giasone non tradivano alcun tipo di emozione così come il corpo, perfettamente controllato mentre sfiorava il proprio per la vicinanza a cui Sofia aveva costretto entrambi. Era perfettamente immobile. Perfettamente fermo davanti a lei, come se niente avrebbe mai potuto turbarlo e quello infastidì Sofia persino di più.
Era troppo perfetto e quell'unico pensiero bastava a farla rabbrividire.
- Va bene – fece Leo a quel punto. Sofia sentì la panca spostarsi, un secondo prima che il corpo del figlio di Efesto potesse interporsi fra lei e Giasone, spingendo entrambi a fare un passo all'indietro. – Per tutti gli dei – sbuffò, – avreste potuto ghiacciare il sole, voi due. Guardate! – esclamò, sollevando le mani davanti al volto mentre Sofia continuava a tenere gli occhi fermi sul volto di Giasone che, ancora perfettamente immobile e perfettamente imperturbato, faceva la stessa cosa. Quando Leo schioccò le dita di entrambe le mani senza riuscire a scatenare nient'altro se non qualche misera scintilla, Sofia rilassò i muscoli delle spalle.
Forse, in una condizione normale, avrebbe battuto una pacca sulla spalla di Leo, prendendolo in giro ma, in quel momento, con Giasone così vicino a lei e i resti della scossa che aveva osato darle che ancora le contraevano la schiena, non riuscì a rilassarsi del tutto.
- Oggi ci sarà la luna nuova dopo il solstizio d'estate – le spiegò Leo, – festeggiamo il primo giorno dell'Ecatombeone.
Sofia annuì, trovando finalmente risposta all'eccitazione palpabile del Campo che aveva percepito fino a quel momento poi, il terreno parve mancarle da sotto ai piedi e sentì le ginocchia cedere orribilmente. Poggiò un fianco al tavolo, nascondendo agli occhi dei ragazzi che aveva davanti, l'agitazione.
Chi aveva davanti però, erano due semidei formidabili. Leo corrugò la fronte e Giasone assottigliò lo sguardo, studiandola con più attenzione. La pelle le si ricoprì di brividi ma la scossa che sentì lungo al corpo in quel momento, fu completamente diversa rispetto a quella che aveva sentito solo qualche minuto prima. Se la scossa di prima l'aveva fatta sussultare per il fastidio, questa le trasmise un calore completamente diverso rispetto all'afa spartana a cui faceva ancora fatica ad abituarsi. Fu come una coperta di lino attorno al corpo, a proteggerglielo, bagnato dall'ultimo tuffo, dalla brezza marina del calare del sole.
- Stai bene, Annabeth? – domandò Leo. – Sei improvvisamente più pallida di Giasone.
Il figlio di Giove roteò gli occhi al cielo ed un sorriso gli fece stendere le labbra. – Sei proprio un imbecille.
- Guarda che secondo me hai un problema bello grosso, amico mio. Col sole e col caldo che fanno a Roma, tu hai comunque la pelle tanto chiara quanto il figlio di Ade laggiù – continuò indicando, con un cenno del volto, Nico seduto al tavolo di Apollo accanto a Stefano.
Giasone, in tutta risposta, gli diede una spinta col braccio, facendolo barcollare di lato e strappandogli una risata. – Io lo dico per te, mica per me che ho uno splendido colorito bronzeo.
- Oh miei dei – borbottò Giasone divertito e Sofia, prendendo la ciotola d'orzo ormai finita del figlio di Efesto, diede le spalle ai due semidei.
A pochi tavoli di distanza, Percy chiacchierava con Talia seduto sulla sua panca. Quando sentì gli occhi di Sofia sul volto, sollevò lo sguardo e lei iridi verdi, accoglienti e calde come al solito, fecero tornare il suo cuore a battere normalmente.
Abbozzò un sorriso che lui ricambiò con semplicità e poi lasciò andare un sospiro, costringendo a muoversi.
Il cuore aveva anche ripreso a batterle normalmente.
Angolo Autrice:
Ciao fiorellini!
Ovviamente è passato tantissimo tempo ma questo perché ho iniziato a lavorare full time ed è iniziata anche la sessione estiva, quindi ho i capelli dritti.
Però, eccoci qui eheheheh se il capitolo vi sembra tagliato in due è perché lo è ahahahah era troppo lungo e non volevo diventasse una lettura troppo pesante.
Il Campo Mezzosangue è emozionato per la festa dell'Ecatombeone, prima festa della Luna Nuova che si teneva davvero ad Atene e vedremo poi più avanti qual è l'idea di Sofia a riguardo.
Relativamente alla prima parte del capitolo, Sofia sta semplicemente cercando di gestire gli attacchi d'ansia. Ed è ancora combattuta perché è divisa tra l'essere ateniese e l'amare Percy. La scena di sesso è perché, ogni tanto, va bene pure descrivere due persone che bombano. Tanto, dico io, è tutta nature.
Il conflitto Annabeth Jason mi ha sempre interessato. Su tumblr ho visto spesso persone scrivere fosse assurdo che Annabeth non avesse mai avuto reali problemi con Jason e qui, ho provato a far vedere un po' cosa ne pensi lei. Diciamo che Jason non sia proprio nelle sue grazie ma, non appena la vede in difficoltà, è subito pronto ad aiutarla.
La seconda parte del capitolo la posterò soon enough, nel frattempo, grazie mille davvero per continuare a seguirmi e leggere le mie storie. Io vi voglio bene davvero.
A proposito, ma voi il capitolo come lo vedete? Perché quando lo apro dal cellulare è pieno di spazi mai messi e parole attaccate a caso.
Ci sentiamo prestissimo.
Eli:)
P.s. Alexander Ludwig e Gaia Weiss che sono il mio Jason e la mia Annabeth del cuore
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