UN TRAGICO NATALE
Elliot guardò Ginger con occhi sognanti.
I capelli di una sfumatura rosata le ricadevano morbidi sulle spalle, il naso a punta sorreggeva lo stelo di una margherita gialla che spruzzava acqua ogni qual volta Ginger provasse imbarazzo, labbra sottili e violacee erano piegate in un sorriso che lasciava intravedere i denti bianchi e lucenti che facevano contrasto con la pelle color blu notte.
Il "ragazzo", se così poteva essere definito, venne bruscamente riportato alla realtà quando, bagnato da uno schizzo d'acqua gelata, fu costretto a distogliere lo sguardo dalla sua amata e ad asciugare le gocce d'acqua depositate sul suo viso con un panno di spugna.
«S-scusa, non volevo» balbetto Ginger, ed Elliot si coprì il viso per evitare di essere bagnato una seconda volta quando intuì il suo imbarazzo.
«Non ti preoccupare» la rassicurò lui con un dolce sorriso.
I loro sguardi si incatenarono, custodi di un amore celato al mondo esterno.
«È pronto!» urlò Fiona, la madre di Elliot, dalla cucina.
Le mani dei due si scontrarono continuamente durante il breve tragitto dal salotto alla cucina e lo sguardo severo di Fiona era fisso in quello imbarazzato del figlio.
I tre si sedettero a tavola e si leccarono i baffi alla vista di tutte le prelibatezze che erano state cucinate con tanto impegno durante il corso della giornata.
«Quindi...sei una collega di Elliot?» chiese Fiona dopo essersi schiarita la voce.
«S-si» rispose Ginger e, in un battito di ciglia, il suo bicchiere fù pieno d'acqua.
Elliot mangiava in silenzio mentre le due continuavano a chiaccherare.
Ginger sentiva lo stomaco brontolare e contorcersi su se stesso, consapevole che non fosse per la fame.
L'agitazione la stava letteralmente divorando.
Sentiva la testa invasa da milioni di pensieri e le mani tremare tanto da far stridere la forchetta di ferro sul piatto in ceramica.
Continuava a chiedersi perché Elliot l'avesse invitata a cena la sera di Natale.
Perché proprio lei?
Ginger era un semplice folletto della notte come tanti altri; non aveva niente di diverso, tantomeno di speciale.
Non riusciva a mantenere il contatto visivo con Fiona; quella "donna" la metteva in soggezione.
Provava imbarazzo perché, nonostante tutti i folletti della notte avessero un incarnato di un colore blu scuro, Ginger era l'unica ad avere un fiore bizzarro posto sul naso.
Fin da quando era piccola le avevano fatto credere fosse un difetto, una maformazione genetica, un qualcosa di cui vergognarsi.
«Scusate se vi interrompo, ma...» iniziò Elliot, però venne subito bloccato dalla madre che, dopo aver finto un attacco di tosse, disse con voce severa: «È maleducazione interrompere una conversazione. Non ti ho insegnato proprio nulla?»
Lui avrebbe voluto ribattere, ma la paura non glielo permise.
La lingua era intorpidita e la testa non era in grado di formare una frase di senso compiuto.
Lo sguardo era fisso sull'immagine che più lo terrorizzava.
Guardava con occhi sgranati e pieni di terrore la luna piena che quella sera splendeva alta nel cielo.
Secondo la mitologia, la luna piena la notte di Natale era segno di malaugurio.
Nessuno ha mai saputo il perché o cosa sarebbe potuto accadere in quella notte, non essendo mai apparsa in cielo la luna piena prima d'allora e a causa delle scarse notizie riguardanti ciò contenute all'interno del grande libro della mitologia di quei piccoli esserini dal colorito tendente ad un mirtillo; tutti i folletti, però, sapevano che avrebbero duvuto prepararsi ad un evento inatteso.
Le due si girarono nella direzione della finestra, dalla quale filtravano i raggi bianchi e candidi della luna.
Fiona si pietrificò sul posto. Le braccia erano tanto rigide da sembrar fatte di gesso e lo sguardo era vitreo.
Tutto accadde troppo in fretta, non fecero in tempo ad accorgersi di nulla che una folata di vento spense tutte le candele che davano luce all'abitazione, lasciando quest'ultima nelle tenebre.
Le finestre iniziarono a sbattare le une contro le altre lasciando che sferzate d'aria gelida colpissero in pieno volto i tre che con sguardo terrorizzato erano rimasti immobili sulle loro sedie.
Ginger chiuse gli occhi con veemenza, lasciando che la paura si impossessasse di lei.
In un battito di ciglia, la sua caviglia venne afferrata da una coda squamata che la strinse con vigore e che la strattonò tanto da farle perdere l'equilibrio.
Urlò terrorizzata; aveva lo stomaco in subbuglio e faceva fatica a respirare.
Le lacrime minacciavano di sgorgare e forti spasmi percossero la sua esile figura.
Elliot tese una mano a Ginger, la quale la afferrò nell'immediato e la strinse
con forza.
I due si guardarono un'ultima volta, scambiandosi talmente tanto amore da far tremare l'aria che li circondava.
Tutto accadde in un singolo frammento di secondo.
Due occhi rossi come il fuoco illuminarono l'oscurità e fecero tremare di paura i tre folletti.
Quegli occhi erano tanto rossi da ricordare le fiamme dell'inferno, talmente tanto profondi da farti avere l'impressione di poterci sprofondare all'interno e contenevano talmente tanta cattiveria da farti credere appartenessero ad un demone.
Guardandoli, Ginger credette non ci fosse più speranza, per nessuno dei presenti.
Il mostro la trascinò per metà della cucina, facendola andare a sbattere contro ogni oggetto di mobilieria.
Lei gemeva di dolore ogni qual volta un suo arto finisse contro ad uno spigolo, ma il mostro non sembrò accorgersene.
Lasciò che i muscoli si rilassassero, consapevole di non avere ormai alcuna possibilità di ribellarsi o di riuscire a sconfiggere colui che la teneva intrappolata nella sua morsa.
Osservò con la coda degli occhi il fiore colorato che in mezzo a tutta quell'oscurità spiccava come un fascio di luce.
"Inutile. Inutile, inutile, inutile" continuava a ripetersi nella sua mente.
Come per magia, quest'utlimo si trasformò in un pungiglione e, come se esso gliel'avesse urlato a gran voce, Ginger sentì la necessità di utilizzarlo per pungere la coda del mostro che non la lasciava andare.
Un urlo angosciante riempì l'abitacolo.
Le pareti iniziarono a tremare tanto forte da far credere ai tre che da un momento all'altro sarebbero crollate.
Il mostro si accasciò sul pavimento, allentando la presa sulla caviglia della giovane.
Avrebbe potuto liberarsi, scappare e correre dal suo amato, ma un dolore lancinante alla testa non glielo permise.
Si sentiva spossata, stanca, quasi le avessero risucchiato tutte le energie dal corpo.
Elliot corse da lei e in un impeto di gioia la abbracciò.
«È finita! È finita!» esultò guardandola raggiante. Si rese conto dopo, però, che qualcosa non andava.
«Ginger, parlami. Ti prego, parlami» sussurrò con le lacrime agli occhi.
Sentiva una morsa attanagliargli lo stomaco e pensieri di ogni genere passargli per la testa.
«Ci hai salvati, amore mio. Ci hai salvati tutti» sussurrò con voce flebile e rotta.
Ginger accennò un sorriso, ma la stanchezza era troppa.
Elliot sentì un groppi in gola che fece fatica a mandar giù.
Nel profondo, sapeva cosa stava per succedere.
«Magari non potrò cambiare il corso degli avvenimenti, però posso dirti le cose come stanno.
Tu sei speciale, Ginger.
Lo sei sempre stata.
Sei sempre stata screditata, umiliata e Dio sa solo cosa per ciò che in realtà non fa altro che renderti quella meravigliosa ragazza per la quale ho perso letteralmente la testa.
Sei talmente forte da riuscire a trasformare ogni tuo difetto nel migliore dei pregi.
Hai sempre creduto a ciò che ti diceva la gente; hai sempre creduto che quel tuo meraviglioso fiore fosse un qual cosa di negativo.
Stasera, proprio questa sera, ci ha salvati. Tu ci hai salvati»
Una calda lacrima solitaria percorse lentamente una guancia della giovane, la quale boccheggiò prima di riuscire a parlare.
«T-ti amo, Elliot» disse, prima di esalare il suo ultimo respiro, prima di affogare in un dolce tormento.
Prova di Fantasia di Fogliabianca
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