6. Cassian

Mi sveglio con Evangeline ancora abbracciata a me. La sua candida pelle sembra brillare della luce della luna che entra dalla finestra.
Non credevo sarebbe stata felice di vedermi di nuovo. Le sfioro una spalla con la punta delle dita. Non voglio svegliarla.

Scivolo lentamente lontano da lei e incomincio a vestirmi.

«Mi stai abbandonando?»

La sua voce è assonnata e questo mi fa sorridere.

«Ho una principessa che mi attende.» Le spiego bisbigliando. «Continua a dormire.»

«Va sempre a finire così,» rigetta la testa sul cuscino e spalanca le braccia dandomi libero accesso ai suoi seni «le principesse si prendono sempre il meglio.»

Mi avvicino e le lascio un bacio sulle labbra morbide. 

«Tu hai avuto la parte migliore di me.» Le sorrido.

«E spero di averne ancora.» Mi piace la sua sfrontatezza.

Senza guardarmi indietro la lascio ancora nuda sul letto sfatto. 

♥♦♣♠

A testa alta e con passo deciso, Alina... la principessa Alina, corre da una parte all'altra del castello senza sosta. L'armatura è pesante e mi fa sudare. 

Solo questa mattina ha partecipato a una estenuante riunione del consiglio. Si vedeva bene che non si aspettarselo un suo arrivo, ma non deve essere la prima volta che vi partecipa.
Non avevo mai visto una principessa come lei: non si è lasciata perdere d'animo quando le hanno fatto notare che una principessa non dovrebbe occuparsi di guerra, anzi ha risposto come si confà a una vera regina. 

Secondo quanto è stato riportato a Dax, i Rosethorne continuano ad avanzare nei territori dei Cassarof. 
Sento gli angoli della bocca incuranti verso l'alto ogni volta che ci penso.

«Perché sorridete?» Nonostante stia leggendo i suoi occhi guardano qualunque cosa.

«Perdonate principessa,» qualunque scusa è buona in questo momento «stavo solo pensando a quanto fossi fortunato ed essere qui oggi.»

«Mi auguro che vorrete rimanerci per molto ancora.» Il suo sguardo non si stacca dalle pagine.

Annuisco e basta. Non può essere mia l'ultima parola.

I capelli neri le risplendono alla luce del sole. Il vestito viola è in contrasto con la pelle bianca. Delicatamente volta le pagine di quel libro che improvvisamente chiude. Lo lascia sul tavolino di metallo al centro del giardino e, senza dire nulla, si alza allontanandosi dal posto che fino a quel momento la ospitava.
Cammino dietro di lei, precisamente a 8 passi di distanza, non uno di più, non uno di meno.
Noto che non solleva il vestito, ma tiene le mani giunte in grembo. La sua camminata è sicura ed elegante. Non oscilla mentre porta un piede avanti all'altro.
Nei lunghi corridoi del casello tutti si inchinano a lei. Dopotutto è la principessa.
Il suo viso è duro e privo di emozioni. Mi viene da sorridere. Solo io ho avuto la fortuna di guardarlo nella più pura delle forme, quando era semplicemente una ragazza al villaggio.

Quando giungiamo a un portone dorato volta per un attimo il suo sguardo su di me, come a volermi dire qualcosa. Ma rimane in silenzio.
Entro insieme a lei nella sala vuota eccetto che per un pianoforte.

«Tu puoi rimanere vicino la porta.» Non è un ordine, lo dice con estrema delicatezza.
La porta dietro di noi si chiude quando siamo entrambi dentro la stanza.
Alina si siede al pianoforte bianco e comincia a suonare una malinconica melodia. Le sue dita sembrano muoversi da sole sui tasti. Davanti alla vetrata che da sul giardino, lei sembra parte della natura stessa.
Così delicata, così elegante, eppure così letale.
Rimaniamo così per quelle che sembrano ore: lei che suona, io che la ascolto in piedi e il sole all'orizzonte che tramonta lentamente illuminando la sua figura.
Quando poi il sole sembra quasi sparire dietro le siepi, Alina si ferma nel bel mezzo di un accordo.

«Da domani voglio che mi insegni a combattere con la spada.»

La richiesta mi coglie alla sprovvista, ma non mi lascia nessun modo di rispondere che riprende a suonare come se nulla fosse accaduto.

♥♦♣♠

«Questo piede più avanti.» Le do un leggero calcio al piede destro. «E questo braccio più teso.» Le sollevo il braccio che impugna la spada.

Faccio un giro intorno a lei, analizzando ogni minimo dettaglio. Il suo volto è serio e concentrato.

«Hai fatto grandi progressi.» Sorrido mentre le porto dell'acqua. «Probabilmente vinceresti se combattessi contro uno della guardia. Lui, ad esempio.» Guardo fuori dalla piccola finestra nella stanza buia in cui ci troviamo e indico Kyan, il ragazzo a cui Dax mi ha detto che posso rivolgermi e che scambia sguardi con Alina.

«Lui è troppo forte per me.» La ragazza solleva le spalle e si allontana, voltandomi le spalle. «Tu puoi essere un degno avversario.» Mi punta la spada contro e sorride.

Non posso che ricambiare quel sorriso e assecondarla. Per i primi minuti riesce a tenermi testa, ma ben presto la spada diventa pesante nella sua mano e il braccio inizia a tremarle.

«Se vuoi possiamo fermarci.»

«Solo quando ti avrò battuto.» La sua grinta è innegabile.

«Immaginala come una danza.» La mia mano si muove da sola mentre osservo i suoi piedi. «È un ballo a due, ma tu devi condurre. Se è il tuo avversario a decidere quali mosse farti fare, non riuscirai mai a disarmarlo. Devi...»

Alina scivola con il piede destro dietro al sinistro e, aggrappandosi con entrambe le mani al mio braccio, si lascia scivolare sotto le mie gambe, puntandomi la spada contro la schiena.

«Credo di aver vinto.» Sorride compiaciuta.

«Non ancora: ho ancora la spada in mano.» Le ricordo, voltandomi.

Le nostre spade si scontrano in un clangore. Con un gesto rapido del polso, lei arrotola la sua spada intorno alla mia e me la fa volare via di mano. Il mio sguardo si sposta immediatamente verso l'alto, ma è un grosso errore. Alina, con un leggero movimento della mano, afferra la mia spada con quella libera e, mentre lo fa, la cinghia dei miei pantaloni si rompe, lasciandomi quasi nudo davanti a lei. La principessa alza un sopracciglio.

«E va bene, hai vinto.» Non posso evitare di ammettere, sorpreso.

«Oh santi numi.» La balia ha aperto la porta senza chiedere permesso, trovandomi senza pantaloni. Si porta una mano alla bocca, ma non riesce a distogliere lo sguardo.

La balia, imbarazzata, esce velocemente dalla stanza. Alina scoppia a ridere, il suono cristallino che riecheggia nelle mura di pietra.

«Non ridere troppo forte,» le dico mentre raccolgo i miei pantaloni. «O finirai per attirare l'intera corte.»

«Potrebbe essere divertente,» risponde lei con un sorriso malizioso. Poi, la sua espressione si fa più seria. «Ma davvero, grazie. Non solo per l'allenamento, ma per credere in me.»

Mi infilo di nuovo i pantaloni e le sorrido. «Non è difficile credere in qualcuno che ha tanta determinazione.»

Alina si avvicina, con la spada ancora in mano, e mi guarda con un misto di orgoglio e gratitudine. «Continueremo ad allenarci?»

«Certamente. Ma la prossima volta, magari cerca di non mirare alla cinghia dei miei pantaloni,» rispondo, facendo l'occhiolino.

Ridiamo entrambi mentre ci avviamo verso la porta. Il sole del pomeriggio inizia a filtrare dalle finestre, illuminando il corridoio. Lei si allontana, ignara del mio sguardo calcolatore che la segue. Il mio piano è già in moto, e presto ogni pezzo sarà al suo posto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top