3. Alina
Risalgo l'edera che è cresciuta intorno alla mia finestra. Anche questa volta, eludere le guardie ubriache è stato facile. Nonostante fossi senza mantello, la notte mi copriva. Quando metto piede nella mia stanza illuminata dalla luce del camino, noto che le mie mani si sono spaccate per l'arrampicata. Un colpo di tosse improvviso mi fa sobbalzare.
«Balia, non ti avevo vista.»
La donna è in piedi accanto al mio letto, una mano sul fianco, l'altra che regge un lungo pezzo di stoffa che riconosco essere il mio mantello.
«Sai la cosa buffa? Che neanche io ti ho vista, ma molti al villaggio hanno detto il contrario, invece. Divertente vero?»
Mentre mi avvicino al letto cercando di sembrare molto stanca affinché la balia mi lasci sola, mi sfugge una leggera risata nervosa.
«Si, balia, decisamente molto divertente.»
Appoggio le mani sul materasso e comincio a sollevare le lenzuola, ma la donna, con uno scatto felino, mi blocca le mani e mi fa sedere accanto a lei.
«Mia cara, dolce e piccola Alina, tu sei la principessa di Enante, l'unica erede al trono. È mio compito crescerti e proteggerti, ma se non me lo permetti...» La balia si alza di scatto portandosi le mani alla testa coperta da una cuffietta bianca. «non voglio neanche pensare a quali cose brutte potrebbero accaderti. Ora è meglio se vai a dormire, domani ti attente una lunga e faticosa giornata.»
Sbuffo.
«Il mio compito sarà solamente quello di scegliere la mia guardia personale e, sinceramente, non ne vedo motivo.»
La balia mi aiuta a sistemarmi sotto le lenzuola e il suo viso cambia.
«Non ne vedi motivo?» La sua voce è alterata «Il popolo dei Plenari ha di nuovo attaccato i villaggi vicini, non ci metteranno molto ad arrivare qui. È anche per questo motivo che non voglio che ti avventuri nel paese senza un accompagnatore. Pensa a cosa direbbe il tuo povero padre. Oh, gli si spezzerebbe il cuore.» Con fare teatrale, la balia si porta una mano sul cuore accasciandosi sul mio letto. «E io? Non pensi a me, al male che mi procureresti.» Mi prende il viso tra le mani callose «Mi dolce Alina, promettimi che non uscirai mai più dalle mura del castello.»
I suoi occhi scuri sono fissi nei miei.
«Te lo prometto.»
Ma la balia mi guarda socchiudendo gli occhi e portando un dito sulla punta del mio naso.
«Quando menti lo arricci.» Sussurra assottigliando gli occhi «Mi aspetto molto da te, principessa. Così come tutti in questo Paese. Buonanotte.»
E così dicendo si chiude la porta alle spalle e mi lascia da sola in un letto troppo grande di una stanza troppo vuota e l'unica cosa alla quale riesco a pensare sono due occhi neri.
Provo, quindi, ad addormentarmi sperando di sognarli per tutta la notte.
♥♦♣♠
Il suono dei miei passi riecheggia nei vuoti corridoi di pietra. La luce naturale che entra dalle finestre, crea giochi di luce con delle decorazioni di cristallo facendo apparire arcobaleni sulle pareti opposte.
«Principessa, fermatevi.»
È da quando sono uscita dalle mie stanze che la balia continua a ripetermi di rallentare.
«Forse dovreste allungarsi le gambe, balia.» Le rispondo stizzita e subito mi pento.
«Alina fermati immediatamente.»
Mi ordina e io non posso fare altro che obbedire. Io sono la principessa, ma lei è la mia balia, l'unica mamma che abbia mai conosciuto.
«Perdonami balia, non volevo.»
La donna mi raggiunge, camminando con la gonna alta per non inciamparci.
«Ammettere i propri errori e scusarsi quando si ha sbagliato è un grande segno di saggezza.» Mi guarda dal basso all'alto con serietà «Ma un grande segno di saggezza è anche quello di non arrabbiarsi, mai. Mai mostrare debolezze, le potrebbero usare contro di voi. E arrabbiarsi è una di queste. Sono stata chiara?» Mi punta un dito contro e io annuisco. «Non ho sentito la risposta.»
«Si.» La mia voce è ferma.
«Bene,» la balia si sistema la gonna prima di riprenderla «ora direi che possiamo anche andare.»
Riprendo a camminare mentre con la coda dell'occhio mi guardo intorno. Osservo i lord e le lady che si spostano e inchinano al mio passaggio. Ma appena passo loro d'avanti tornano a configurare tra di loro, sempre raccolti a gruppetti, mentre io sono da sola.
Anche se vorrei abbassare lo sguardo, guardo sempre dritta d'avanti a me. Lo so che parlano di me, lo capisco dai loro sguardi, dai loro movimenti. Non mi mostrerò debole.
Continuo ad andare avanti per i corridoi del castello, che mai come oggi mi sono sembrati infiniti, fino a quando non mi trovo d'avanti una grossa porta di legno intagliata e decorata con foglie di edera. Ai suoi lati due guardie vestite con i colori nero e viola della mia casata si mettono sull'attenti. Al mio arrivo la porta si apre rivelandomi un salone pieno di armature che si dividono in due metà lasciando aperto un corridoio centrale non appena si accorgono della mia presenza.
Non li degno di uno sguardo. Avanzo tenendo fissi i miei occhi su mio padre seduto sul trono alla fine della sala. Mi concentro sulla corona poggiata sulla sua testa: un cerchio dorato impreziosito da venti zaffiri viola e neri, troppo grande per la sua testa è quindi rimpicciolito con una fascia di velluto rossa.
Se ne sta sempre con la schiena appoggiata allo scanno e le braccia lasciate morbide sui braccioli di legno con le dita che tamburello fastidiosamente.
Arrivo d'avanti a lui ed eseguo un inchino perfetto prima di prendere posto sul trono alla sua destra.
«Alina, è meraviglioso vederti questa mattina, figlia mia.»
Credo che mio padre sia la persona più gentile che conosca. Se dovessi mai diventare regina, spero di aver imparato quante più cose possibili da lui.
«È lo stesso per me, padre.» I sorrisi che mi fa spuntare sono sempre sinceri, ma tutti questi uomini un po' mi spaventano «Sono loro i candidati per diventare la mia guardia?»
Mio padre li indica con entrante le mani aperte.
«Sono venuti da ogni dove appositamente per te. Su su, non fare quella faccia. Vedrai che troverai l'uomo adatto per questo compito.»
Deve aver visto la paura nei miei occhi, ma sorrido ugualmente anche se alle mie orecchie giunge un «Ci mancava solo che fosse una donna a scegliere il migliore tra noi.» seguito da diverse risate.
Così annuisco decisa al re.
«Bene.» Sorride ma sono sicura l'abbia sentito anche lui. «È tempo di dare inizio allo spettacolo.» Sembra più emozionato di me. Così si alza e nella sala cala il silenzio. «Benvenuti a tutti. So che avete fatto un lungo viaggio per essere qui oggi. È mio dovere informarvi che solamente uno di voi sarà scelto in seguito a prove che metteranno a dura prova il vostro fisico e la vostra mente. Vi porteremo fino a un punto di rottura. Come qualcuno di voi avrà già capito, sarà mia figlia, la principessa Alina Cassarof, a scegliere chi di voi diventerà la sua guardia personale. E ora, che vinca il migliore.»
Tutti gli uomini nella sala alzarono le loro armi e gridarono all'unisono.
«Viva re Ramondo Cassarof. Viva la principessa Alina Cassarof.»
Uno alla volta gli uomini avanzano d'avanti a me e a mio padre, si inginocchiano e cominciano la tiritera del: chi sono, da dove vengono e che non vedono l'ora di mettere al servizio la loro spada per proteggermi.
«Re Ramondo, principessa Alina, è per me un onore essere alla vostra presenza oggi.» Il cavaliere che ho di fronte è molto giovane, potrebbe essere anche più piccolo di me, tanto che l'armatura che indossa non è la sua e potrebbe starci due volte dentro. «Sono Celsio Lortam, secondogenito del defunto lord Lortam, delle terre di Postonia.» Gente di mare quindi. «Dalla morte di nostro padre, mio fratello maggiore è diventato il nuovo lord di Postonia, sotto la reggenza del nostro amato Re Ramondo. Così, appena saputo che la nostra principessa necessitava di un protettore, ho lasciato la mia famiglia e sono corso a dedicare la mia spada per la protezione dell'erede.»
Devo avere uno sguardo piuttosto annoiato perché mio padre mi lancia un'occhiata che potrebbe accendere un rogo.
«La corona vi ringrazia per il vostro spirito di servizio.» Dico in automatico.
Il fratello di lord Lortam si alza, si esibisce in un inchino per nulla elegante e ritorna tra la mischia di candidati.
Quello che viene avanti, invece, è un uomo piuttosto vecchio, i corti capelli grigi gli crescono quasi a macchie sulla testa mentre le gambe a malapena gli reggono. Alzo il mio sguardo sulla folla solo per vedere come molti di loro stanno ridendo. Memorizzo i loro volti: un uomo con una cicatrice sulla guancia, uno con l'armatura rossa come i suoi capelli, un altro dal naso particolarmente adunco e molti altri.
«Mio amatissimo re Ramondo, gentile principessa Alina,» L'uomo si inginocchia lentamente tanto che potrei credere che stia per cadere da un momento all'altro «ho viaggiato a lungo per essere qui. Sono lord Braan, delle isole Lunghe. Mi rendo perfettamente conto di non poter essere scelto come guardia personale della principessa, e vi chiedo perdono per il tempo che sto rubando a tutti voi in questo momento.»
«Bravo vecchio, vai via.» La voce proviene da un uomo in fondo alla sala dai lunghi capelli biondi e il sorriso sbilenco.
«Mia moglie è morta lasciandomi senza eredi, e a me non rimane molto tempo da vivere. L'ultimo mio desiderio era vedere di persona il mio amato sovrano e la principessa che governerà con giustizia e nobiltà questo regno. Re Ramondo, sono stato reso lord da re Attaviano, vostro padre, e non potrò mai dimenticare come lo sguardo della regina ha reso più leggero questo incarico che mi fu dato. Tornerò nelle isole Lunghe, consapevole che la morte arriverà, ma che lo farà dopo aver visto voi che amo.»
Nel silenzio della sala decido di alzarmi in piedi.
«Lord Braan,» Uso la voce solenne che mi ha insegnato mio padre e il silenzio torna a riempire la sala «voi siete l'esempio di come un vero lord dovrebbe essere. Il viaggio che avete fatto per venire fino a qui e la vostra fedeltà sono quanto di più prezioso un re e una principessa possano chiedere al loro popolo.» Il mio sguardo vaga su tutti i presenti prima di tornare nuovamente su lord Braan «Per questo motivo saremmo più che lieti se decideste di rimanere al castello, il tempo che vorrete, come nostro ospite.»
Il volto di lord Braan muta per lo stupore: gli occhi diventano più grandi, la bocca si spalanca come a voler dire qualcosa, ma le parole gli muoiono in gola.
«Non c'è bisogno che diciate nulla, lord Braan.» Provo a toglierlo dall'imbarazzo. «Avrete modo di deliziarci con le vostre parole questa sera a cena.»
Il lord si alza in piedi cercando di mantenere l'equilibrio e non cadere davanti a tutti.
«Vostra maestà,» L'uomopadre piuttosto agitato «Le mie parole non potranno mai essere abbastanza piene di significato per poter esprimere la mia gratitudine. »
A dire dal suo volto ora rilassato, il mio sorriso deve essere pieno di calore e apprensione.
«La vostra fedeltà e la vostra presenza al castello sono il modo migliore nel quale potrete farlo.»
E senza aggiungere altro, con un inchino, lord Braan lascia libero il posto davanti ai trono. Torno quindi a sedermi. Mio padre mi prende la mano sorridendomi fiero per quello che ho appena fatto.
Ma nel momento in cui volto il mio sguardo verso i candidati, due occhi neri che conosco mi guardano con intensità mettendomi a disagio.
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