21. Alina

Suoni di acciaio che collide con altro acciaio risuonano nell'intero castello. La tentazione di voltarmi e correre per tornare da Cassian e aiutarlo è incredibilmente alta.
Mi fermo in mezzo a un corridoio. La luce della luna filtra dalle finestre opache. La mia ombra si proietta rossa sul muro alla mia destra. Sento un formicolio nelle braccia e il potere scorrermi nelle vene.

È oggi il giorno in cui tutto finirà.

Una dissonanza mi rapisce ai miei pensieri e mi fa volgere lo sguardo verso l'esterno, più precisamente verso una piumallegra che si posa su ogni ramo dell'albero di fronte a me. E lo fa come se volesse attirare la mia attenzione. 
Un calore mi avvolge il cuore e sento una lacrima scorrermi calda sulla guancia. 

Il mondo fuori è offuscato dalle lacrime, ma non la piumallegra che ha iniziato a cantare, con le sue note disarmoniche, la stessa melodia che mia madre suonava nel riflesso dello specchio. Semplicemente so che sta vegliando su di me, che mi guida sempre. 
Mi sento di poter fare tutto.

Ho il potere sufficiente per porre fine a una guerra inutile e salvare così migliaia di vite di entrambi gli eserciti. 

Volgo il mio sguardo nella direzione verso la quale sono venuta. Cassian mi proteggerà, ne sono sicura. Ora il suo compito è fare in modo che quel marcio non mi raggiunga. Al resto posso pensarci benissimo da sola. 

Guardo per l'ultima volta verso la piumallegra. Sono sicura i suoi occhi si siano posati nei miei e mi abbiano sorriso. Un brivido mi percorre la schiena. 

«Sono pronta, mamma.»

La piumallegra vola via, lasciandomi sola e una leggera carezza a solleticarmi la guancia. 

Cassiana ha detto di proseguire sempre a nord, e così faccio, fino a quando una musica tragica, proveniente da un violoncello, non mi arriva alle orecchie. Seguo la musica, certa di arrivare esattamente nel luogo nel quale dovrei essere in questo momento.

Mi fermo di fronte all'alta porta di fero nero, con serpenti e rose che, per un gioco di luci, sembrano muoversi. O forse si muovono sul serio, non mi stupirebbe. Faccio un bel respiro prima di aprirla spingendola con entrambe le mani ed esercitando una forza immane. 
La musica proviene esattamente da lì.

La vasta sala dai pavimenti lucidi neri è illuminata di rosso dalla luna che entra da delle vetrate poste tutte sulla parte superiore delle pareti. 
Ma è ciò che si trova al centro, davanti a me, che cattura la mia attenzione. Il trono in ferro nero capeggia in fondo alla stanza e al centro di essa. Seduto, con una gamba piegata sul bracciolo e la testa appoggiata svogliatamente sulla mano, un uomo se ne sta a guardarmi dal suo scanno. Il capelli bianchi gli arrivano fino le spalle, la pelle è grigiastra. Gli occhi risplendono rossi nell'oscurità.

«Ah,» Batte le mani «benvenuta, benvenuta.» Fa un cenno con la mano alla sua destra e un marcio smette di suonare il suo violoncello

Faccio due passi avanti portando una mano alla spada. 

«Ma no, quella non ti servirà mica.» Sorride mostrandomi due canini particolarmente appuntiti. Istintivamente mi passo una lingua sui miei, che stanno crescendo, pungendomi. È incredibilmente bello e assomiglia molto a mia madre. 

Riconosco la sua voce, e subito la associo all'uomo nel riflesso che ho visto nella sala con il pianoforte. Ma c'è qualche altra volta che l'ho ascoltata. Ma dove... nei miei sogni forse.

«Benvenuta, Alina. Ti stavo aspettando, non sai da quanto tempo ti stavo aspettando.» Sulla testa porta una corona rossa a tre punte dalle quali esce del fumo, rosso anch'esso. 

Quello che ormai ho capito essere mio zio, re Demir, si alza dal suo trono per avvicinarsi a me. La sua camminata è sicura. Guarda fisso avanti a sé mentre muove le mani nell'aria. 

Si avvicina abbastanza perché riesca a vedere bene i suoi lineamenti. La mascella pronunciata incornicia un naso dritto. Gli occhi sono affusolati e fiammeggiano accesi su una pelle quasi trasparente. 
Vorrei puntargli la spada alla gola e tagliargliela di netto ma i muscoli del corpo mi si irrigidiscono impedendomi ogni singolo movimento. 

«Perdonami, non mi sono presentato.» Si cimenta in un inchino perfetto, da vero sovrano. «Sono re Demir, tuo zio.» Il sorriso che gli abbellisce il viso gli da un aspetto più affusolato. «Sono passati anni dalla prima volta che ti ho vista, beh... in realtà non mi è mai stato permesso di vederti.» Mi gira intorno portando una mano tra i miei capelli che gli sento scivolare tra le dita. «Hai già iniziato il processo di trasformazione, ti faccio i miei complimenti. Cassian deve averti fatto bere il suo sangue.»

Trovo una forza provenirmi dall'interno e scosto la testa facendogli cadere la presa su di me. 

«Non sai niente, di me o di Cassian.» Gli sbraito contro fissando i miei occhi nei suoi che gli si illuminano sentendomi parlare così.

«Oh, io so molto più di quanto immagini. So che tua madre, mentre era incinta di te, ha deciso di smettere di bere sangue per prevenirti dal diventare una succhiasangue, come se esserlo fosse una condanna; so che sei cresciuta credendo che un giorno saresti stata in grado di appianare qualsiasi conflitto ci fosse tra Eone e le terre Ombra; ma so anche che sei destinata alla grandezza, a governare molto più che un semplice regno di umani. Alina,» Si porta avanti a me, mi prende le spalle con le mani ossute e avvicina il suo volto al mio. Nel suo sguardo vedo la follia pura, cresciuta in anni di solitudine continua «tu sei destinata a diventare la mia regina, destinata ad unire due mondi. Devi completare la missione che tua madre non ha avuto il coraggio di portare a termine.»

Tutto intorno a noi la presenza di diversi marci che escono dalle ombre si fa preponderante. Sono circondata, ma non m'importa; la rabbia mi divampa nel petto diffondendosi per il volto che diventa caldo.

«Mia madre ha avuto il coraggio di amare e di opporsi a te.» Mi piego nella sua direzione, anche se Demir mi ha già voltato le spalle allontanandosi. 

«Coraggio di amare.» Demir sbuffa stimolando le risate dei marci intorno a noi che si zittiscono nel momento esatto in cui lui alza una mano. «L'amore è una debolezza.»

Gli occhi gli ardono di dolore.

«Vorresti farmi credere che l'amore è una debolezza,» Sorrido, «ma è per amore che hai iniziato una guerra contro mio padre. Hai creato un nuovo mondo perché amavi mia madre, anche se la tua concezione di amore è sbagliata, lo è sempre stata e ancora continua ad esserlo.» Lo incalzo. «Non potrei mai essere regina accanto a te.»

Demir appoggia una mano su uno dei braccioli del trono accarezzandolo delicatamente. 

«Ti sbagli.» Le sue parole sono quasi un sussurro. «Tu sei nata per amore, ma loro,» Allarga le braccia indicandomi tutti i marci che sono usciti dalle tenebre. «loro sono nati dall'odio.» Vorrei ribattergli, ma una scintilla sfuggente nel suo sguardo mi destabilizza. «Tuo zio, Cassian...» Il mondo mi crolla addosso. Indietreggio di qualche passo barcollando. A vedere dalla sua espressione ha ottenuto quello che voleva. «Non lo sapevi vero?» Sbatto gli occhi velocemente cercando di risvegliarmi da questa situazione.

Cassian non può essere mio zio, lui ha detto di essere vissuto in una fattoria e poi... e poi che sono arrivati un nuovo fratello e una nuova sorella. Come ho potuto essere così stupida? Come ho potuto credergli per tutto questo tempo?

«Ah l'amore.» Demir cammina intorno a me con le mani dietro la schiena. «Lui amava tua madre, un amore profondo dico sul serio, ma è stato l'odio per aver perso quell'amore che gli ha permesso di aiutarmi a creare i succhiasangue.» 

Mi guardo intorno. «Cassian ha creato i succhiasangue?» I loro volti grigi e gli occhi neri si fanno spazio nell'oscurità. Muovo qualche passo all'indietro. «Lui non l'avrebbe mai fatto.»

Ma Demir sorride. «Dici di no? E che mi dici di te? Tu lo ami eppure ti ha tradito.» Le sue parole sono solo un sussurro nelle mie orecchie. 

Le mani cominciano a tremarmi e la vista si fa appannata. Non Cassian. Non quando avevo ricominciato a fidarmi di lui.

«È stato lui a condurti da me, Alina. Il suo unico compito è sempre stato quello di riportarti a casa, qui nelle terre Ombra alle quali appartieni.» Intorno a lui aleggia una strana ombra nera e rossa o forse sono solo i miei occhi che non vedono più bene. 

Demir mi tocca nuovamente i capelli facendovi cadere qualcosa da in mezzo. Abbasso lo sguardo attirata dal petalo rosso che finisce a terra silenzioso. Credo che il cuore mi si fermi per qualche istante. Grosse lacrime cadono dai miei occhi accanto al petalo. Mi piego tremante a raccoglierlo. 
È un petalo di rosa.
Cassian mi aveva detto che non eravamo arrivati in nessun campo di rose, che era stata la nebbia a farmi svenire dopo essere riuscita ad attraversarla. Perché mai avrebbe dovuto mentire? 

«Sai le rose erano il fiore preferito di tua madre,» Demir se ne sta a distanza, con una mano dietro la schiena mentre si osserva attentamente le unghie dell'altra. «erano il suo simbolo. Ogni volta che usciva dal castello vi rientrava con almeno una rosa che qualche abitante del villaggio le aveva regalato. Così ho deciso di farti un regalo: ho piantato ogni singola rosa che le fosse stata donata e le ho incantate affinché durassero in eterno.»

I miei occhi vagano passando dal petalo di rosa al volto di Demir ancora avanti a me. 

«E tutti quei sogni che ho avuto... non erano sogni, erano le memorie di mia madre.»

Demir annuisce sorridendo. «Ho fatto in modo che le rose trattenessero anche quelle. Ora sai che Cassian ha sempre cercato di portarti via da lì e solo perché mi ama.»

Sento la rabbia ribollirmi nelle vene. Calde lacrime mi scivolano sulle guance mentre estraggo la spada e la punto dritta verso Demir. 

«L'amore che Cassian prova nei tuoi confronti è un amore malato, esattamente come il tuo. L'hai manipolato.» Avanzo nella sua direzione impugnando la lama con entrambe le mani. «Gli hai fatto credere che mia madre fosse stata obbligata da mio padre a smettere di bere sangue quando in realtà lo ha fatto per me, perché non voleva che diventassi il mostro che sei tu ora.»

Demir mi viene incontro appoggiando la punta della mia spada sul suo petto. Una nube rossa lo avvolge trasformandosi, nella sua mano destra, in una spada di sangue.

«Benvenuta a casa, Alina.» Sorride.



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