18. Cassian

Sono a casa. Siamo a casa.

Finalmente anche Alina potrà godere dei suoi sapori. 

Questo posto è come un magnete per noi. Vedo Alina stringere i pugni, combattere per resistere alla forza immensa che ci attrae in questo esatto punto. È la forza del sangue che ci dice che questa è casa nostra, il posto al quale apparteniamo veramente, tutti e due. 

Ma lei è ancora giovane e ha vissuto lontana da qui abitando in quel mondo che hanno fatto credere a Dafne fosse fatto apposta per lei. 
La lingua mi brucia dal fermento di dirle finalmente tutta la verità, ma so che non è questo il momento e che, soprattutto, non tocca a me.

Di fronte a noi si staglia, imponente, il castello che ci appartiene e che, presto, imparerà anche lei a chiamare casa. 
Guardo Alina avere paura, lo leggo benissimo nei suoi occhi. La prendo per mano ma lei ha un leggero sussulto. Si allontana da me e, allo stesso tempo, mi sorride malinconica in una maniera forzata. Sono sicuro di non essere l'unico a nascondere qualcosa. Ma non posso permettermi di mandare tutto a monte, così evito di farle delle domande. 

Tutto intorno a noi tace. Le tenebre che ci circondano e la luna rossa alta sulle nostre teste ci indicano che è il momento di proseguire. Una folata di vento ci spinge all'interno. Vedo Alina resisterle. Sarà più dura di quanto re Demir non si aspetti. 

Alina si copre il volto con la mano ma resiste imperterrita. 

«Sarò io a decidere quando entrare.» Urla verso il vuoto oltre la porta davanti a noi. Il vento si ferma come se avesse udito le sue parole. 
La ragazza rimane ferma qualche altro secondo prima di allentare i pugni e dirigersi fiera all'interno del castello. Cammina come una vera principessa quale è. Nonostante il tempo passato nel bosco, non ha perso la sua eleganza e regalità. Mai, più di ora, mi era sembrata uguale a Dafne. La guardo ammaliato ma mi rendo conto che sono rimasto indietro. 

Ad accoglierci non c'è nessuno, ma Alina estrae ugualmente la spada e lo stesso faccio io. Camminiamo in un corridoio buio, affiancato da colonne con decori floreali che le percorrono a partire dalla base per arrivare fino la cima e con soffitti a botte decorati con vecchi affreschi che ora cadono a pezzi. Alle pareti di marmo nero, tra una colonna e l'altra, arazzi ritraggono l'ascesa dei Rosethorne, le loro battute di caccia e alcuni dei sovrani che hanno regnato nelle terre Ombra. Alcuni sono andati bruciati nell'incendio avvenuto poco prima che arrivassi, altri si sono salvati non senza danni. 

Mi fermo di fronte a un arazzo importante per me. Su uno sfondo verde, con decorazioni floreali dorate, è rappresentata una donna in una veste rossa, alla vita porta una cinta di rubini, nella mano destra stringe una rosa rossa, nella sinistra un libro aperto. Sulle spalle i morbidi capelli bianchi le ricadono con eleganza donandole un aspetto regale. Il volto, un tempo bellissimo, ora è tagliato in più punti e pezzi di stoffa sono piegati su loro stessi tanto che non è più riconoscibile. 

«Mia amata Dafne, mia cara sorella.» Sussurro sperando che Alina non mi senta.

La ragazza si avvicina a me e si mette anche lei a guardare l'arazzo. 
«Non mi hai mai detto come conoscevi mia madre.»

Le sorrido malinconico. «Ti prometto che quando tutto questo sarà finito te lo racconterò con più calma. Ci sono ancora tante cose che non sai e che ho bisogno di raccontarti.»

Proseguo nel corridoio lasciandola lì a guardare ancora l'arazzo, ma non ci mette molto che mi raggiunge nuovamente.
«Era lei quella dell'arazzo, vero?»

Mi chiede guardando dritta avanti a sé. Negli occhi le arde il fuoco della determinazione, lo stesso che riempiva lo sguardo di Dafne.
«Si.» Non avrebbe senso mentirle anche su questo.
Sembra che questa risposta le basti, per ora, perché non proferisce nessun altro tipo di parola.

I nostri passi riecheggiano nel silenzio più assoluto. Non mi stupisce il fatto che re Demir abbia ordinato a tutti di farsi da parte. Alina non è un nemico da combattere. 
Eppure, tutto intorno, posso benissimo percepire gli occhi dei succhiasangue che ci fissano. Piccoli puntini rossi che provengono da ogni angolo oscuro. E anche Alina sembra essersi accorta di loro. Guarda dritta avanti a sé, ma vorrebbe osservare tutti quei volti, dare forma ai suoi incubi. Nonostante ciò sa che quelli che ci stanno osservando sono solo pesci piccoli e che, se non ci attaccano, è perché qualcuno di più grosso ha detto loro di non farlo.

Proseguiamo fino ad arrivare nell'immensa sala da ballo, o che almeno prima lo era, con alte finestre che mostrano la notte scura e il lago nero. Lampadari di ferro scendono dal soffitto e solo candele rischiarano l'oscurità.
Le pareti sono spoglie tranne che per un camino spento. Sul pavimento sono rappresentate le terre Ombra con del marmo colorato. 
Alina sembra continuare a non essere attratta da tali meraviglie. Immagino siano piccolezze per chi è nato e cresciuto in un castello. Invece a me fanno ancora lo stesso effetto di anni fa, quando entrai qui dentro per la prima volta. Questo castello mi affascina e mi attira.
La vedo combattere per resistergli. Forse è per questo motivo che non si guarda in giro. Vuole rimanere concentrata. Mentre io voglio che si senta parte di questo posto che un giorno rifiorirà sotto il suo regno.

«Tua madre amava i balli che si tenevano qui dentro.» La mia bocca parla senza che il cervello le abbia detto di farlo. 

«Davvero?» Alina sorride spiazzandomi. «Com'era qui?» Lascia la domanda leggermente aperta, come se si stesse prendendo un momento di pausa. «Prima di diventare così, intendo.» Aggiunge infine.

«Era bellissimo, ricco di eleganza e la musica riempiva ogni angolo del castello. Qui» Mi avvicino al camino spento. «c'era sempre un gruppo di donne in cerca di marito.» Istintivamente mi viene da sorridere. «Le potevi riconoscere perché parlavano sempre tra di loro. Non si dividevano mai e per i gentiluomini era difficile invitarle. Potrai bene immaginare come poche di loro siano riuscite veramente a sposarsi.» La risata che le esce spontanea mi riscalda e mi riempie di gioia. «Dalla parte opposta capeggiava un lunghissimo tavolo imbandito delle più prelibate pietanze del paese. Il re Edric, tuo nonno, faceva chiamare i migliori cuochi appositamente per questi eventi, dei quali se ne tenevano almeno uno al mese. In quei giorni ovunque c'era aria di festa. Tua madre era certamente la più felice di tutti. Amava questi eventi, ballava per la maggior parte del tempo con quello che sarebbe diventato tuo padre. In molti facevano la fila per lei, ma li rimandava sempre indietro. Diceva che niente la rendeva più felice del suo Ramondo.»

La voce mi si riempie di malinconia, così come l'anima. 

«Le volevi bene?» Mi chiede lasciandomi di sorpresa.

«Come una sorella.» Le sorrido di rimando, ma sento gli occhi inumidirsi. «Sai, sarebbe bello se qui tornasse di nuovo com'era prima.»

«Cos'è accaduto?» Il suo sguardo è duro.

«Tua madre è morta.» Il mio tono sembra volerle rinfacciare qualcosa, infatti Alina indietreggia di un paio di passi percependo il mio fastidio nei suoi confronti. «Quando si sposò con tuo padre qui continuò tutto come al solito, ma piano piano questo mondo andava sgretolandosi. Suo fratello re Demir, allora non era ancora re, non aveva lo stesso entusiasmo di Dafne e, nonostante la sala fosse sempre piena di donne che cercavano di attirare la sua attenzione, con il tempo l'interesse verso di lui andò scemando. Tutte capirono che non aveva intenzione di sposarsi, così trovarono altri disposti a farlo.» Finisco qui la mia storia, ma Alina mi guarda, aspettandone il resto. 

«Saputa della notizia di tua madre, re Edric si ammalò gravemente e non passò troppo che morì di crepacuore. Fu un duro colpo per re Demir, il quale aveva perso le persone a lui più care nel giro di poco. La disperazione lo assalì e il buio prese il sopravvento su tutto.»

Il mio sguardo si perde nel vuoto. Nella mia testa riecheggiano ancora le ultime note di una musica lontana che va via via spegnendosi. 

«Mi dispiace tu debba vederlo in questo stato. Ti sarebbe piaciuto.» Sorrido cercando di buttare via questo velo di tristezza. 

«Tu abitavi qui?» La domanda non mi lascia perplesso. So che prima o poi sarebbe arrivata.

Annuisco. «Da un certo periodo in poi sì. Tua madre è stata gentile con me, più di chiunque altro. Ma preferivo passare la maggior parte del mio tempo fuori, ad allenarmi con la spada. Dovevo diventare un cavaliere e così, eccomi qui.» Le porgo un inchino. «La vostra guardia del corpo al vostro servizio.»

Io sorrido, ma Alina no. Guardo i suoi bellissimi lineamenti indurirsi.
«È davvero così, Cassian?» 

La domanda mi coglie impreparato. Ho rapito la figlia di Dafne e per questo lei potrebbe non perdonarmi mai, ma l'ho fatto per un buon motivo. Secondo re Demir questo è il posto al quale Alina appartiene, e anche secondo me. Mi rendo subito conto che in questa sala siamo soli, non avverto alcun tipo di presenza o di sguardo indiscreto, forse dovrei dirle a cosa sta andando incontro.

Sento il peso del tradimento gravarmi sul cuore. 

Ormai non so più cosa scegliere, chi scegliere. 

Per tutto quello che ho fatto finora Alina potrebbe morire. Sono pronto a pagare un prezzo così alto?
Ho bisogno che lei capisca quale sia il vero motivo per il quale ci troviamo qui. Forse, se glielo dico ora, capirà e avrà più tempo per accettare il vero motivo per il quale si trova qui. 

«Alina?» Sento il suo sguardo pesante su di me. Mi avvicino a lei. La guardo negli occhi, in due occhi rossi come la luna che c'è all'esterno. Passo una mano tra la metà dei capelli che ora ha bianchi. «Che cosa ti ho fatto...» Mormoro a fior di labbra, abbastanza piano da non farmi sentire.

Lei scuote la testa, liberando così i suoi capelli dalla mia presa.

«Cassian, cosa c'è?» È così innocente e io l'ho portata fino qui ma non voglio essere in vita se la trasformazione dovesse avvenire.
Ho preso la mia decisione. Devo solo tenerla lontana fino a quando il sole non sorgerà, solo allora sarà tutto finito. 

«Vieni con me.» La prendo per mano cogliendola di sorpresa e la trascino verso una porta di ferro sulla destra della parete in fondo la sala.

«Dove stiamo andando?» Chiede e sento i suoi piedi cercare di frenarmi sul pavimento. 

«Tu fidati di me. So che può sembrare difficile, vedo come ti allontani da me, ma per l'ultima volta fidati di me.»

Apro la porta e sento che nel corridoio gli occhi sono di nuovo ovunque. Li sento respirare intorno a noi e lugubri risate prendono il sopravvento. Ho solo bisogno di portarla nella torre, nella stanza di Dafne. Là potrà essere al sicuro. 

«Ora basta!» Alina punta i piedi sul pavimento scivoloso e riesce a liberarsi dalla mia presa. «Dove stiamo andando?» 

La porta si chiude lentamente quando la lascio andare. Mi avvicino ad Alina, le guardo ogni centimetro del volto cercando le parole giuste. La prendo per le spalle accarezzando delicatamente il tessuto sotto le mie dita.
La lingua mi pizzica e il fiato mi muore in gola.

«Cassian, mi stai spaventando così. Sarà meglio che continui da sola.» Si scolla di dosso le mie mani e mi supera.

«No!» Al mio urlo si blocca immediatamente, il piede ancora sollevato a mezz'aria. «C'è una cosa che ti devo dire.» Guardo di nuovo quello che le ho fatto e la creatura che sta diventando e un calore di orgoglio mi inonda il petto.

«Stai andando così bene.» La voce di re Demir mi riempie la testa procurandomi un brivido lungo tutto il corpo, fino la punta dei piedi. «Manca così poco e finalmente saremo una famiglia, di nuovo.» Le mani cominciano a tremare, così le chiudo in due pugni. «Portala da me.» 

Indurisco lo sguardo. «La porta di sinistra è quella giusta.» Giurerei che la voce abbia iniziato a incrinarsi e che mi sia morta in gola.

Ma Alina non sembra essersi accorta di nulla e, anzi, lancia un veloce sguardo alle due porte. Non è stupida, aveva capito la stessi portando verso quella di destra, quindi la vedo indurire la presa sull'elsa e dirigersi decisa verso la porta che le ho appena indicato sulla sinistra. 

La seguo ma rimanendo qualche passo dietro a lei. Se voglio completare la mia missione ho bisogno di prendere le distanze, sia fisicamente che emotivamente. 

«Alina,» La chiamo ancora, deciso a compiere un'ultima gesto di bontà nei suoi confronti, e lei si volta a guardarmi ancora con gli stessi occhi che aveva prima di partire. Non importa il loro colore, lei è Alina, la principessa che ho promesso di proteggere e riportare a casa e presto sarà del tutto parte della nostra famiglia. «un'ultima cosa.» Mi guarda mostrando interesse, anche se il tempo che le rimane a disposizione è poco. «Stai attenta al sole.»

Non sembra aver compreso bene le mie parole, ma annuisce ugualmente prima di aprire la porta e sparirci dentro. 

La guardo camminare attenta a ogni singolo passo. Sono certo che anche lei percepisca gli occhi che in questo momento ci tanno fissando. 
Da dietro, i capelli metà neri e metà bianchi si muovono lentamente. È come se assistessi alla scena a rallentatore. 

«Ci sei quasi, ancora qualche metro e sarà tutto finito.» Re Demir ha un potere su di me non indifferente ed è sempre stato così, non posso negarlo. Ogni sua parola per me è un ordine. Gli sono così riconoscente per avermi salvato la vita. «Tra poco Alina sarà nostra. Immagina cosa accadrà quando diventerà regina. Tutti i popoli saranno sotto il nostro potere. E finalmente saremo, ancora una volta, uniti come una famiglia.»

Delle fiaccole si accendono nel corridoio avanti a noi illuminandoci la strada. Le creature della notte, spaventate, si ritraggono nei loro antri d'ombra tra bisbigli e sussurri. 
Alina, pronta con la spada in mano, si volta nelle mille direzioni dalle quali quei rumori spiacevoli provengono. Io, invece, me ne rimango immobile al centro del corridoio, dietro di lei a fissarla.

Alina si accorge che non la sto più seguendo, che il mio sguardo è perso in un punto vuoto avanti a me. «Cassian, tutto bene?» Mi guarda con compassione. Vedo il suo volto mutare alla luce di quei fuochi. Le sclere degli occhi le diventano nere e cominciano a piangere sangue; la bocca le si allarga in un sorriso minaccioso; i denti si allungano trasformandosi in punte acuminate; i canini gocciolano sangue sul tappeto. 

Terrorizzato di fronte a quello scenario raccapricciante, istintivamente muovo la spada in direzione del suo collo, fermandomi appena in tempo. La lama, però, le ha procurato un graffio. La sua morbida pelle bianca è ora colorata dal sangue.
Le mani mi tremano e la vista si fa appannata. Spaventato abbasso la spada.
Alina si porta una mano sulla ferita, sporcandosi le dita di sangue. Lo guarda stupita, come se non avesse mai pensato che una come lei potesse sanguinare. Alcune gocce cadono a terra procurando un rumore sordo nelle mie orecchie.
Vorrei prendere il viso di Alina tra le mani e baciarla, dirle che mi dispiace e che va tutto bene. Ma la verità è che non sono ancora pronto a vederla trasformata. 
Indietreggio di qualche passo, sicuro di averla spaventata. 

«Perdonami.» Le sussurro.

Vorrei aggiungere altro ma dalle mie spalle un potente vento ci travolge, seguito da un crudele urlo di donna. Entrambi ci copriamo il volto con le braccia. La guardo per un'ultima volta, il suo volto è tornato quello bellissimo di sempre. 

Devo lasciarla andare da sola. Sono solo una zavorra per lei.

«Scappa, Alina! Scappa!» Glielo urlo con tutto il fiato che ho in corpo sperando di riuscire a superare l'urlo e che lei riesca a sentirmi. 

La guardo un'ultima volta negli occhi. Estraggo la spada che avevo rimesso nel fodero e mi volto verso il luogo dal quale il vento e l'urlo di donna provengono. 

Do un ultimo sguardo alle mie spalle. Alina indietreggia con occhi lucidi per poi voltarsi e andare via da qui. 

Corre lontana da me e, una volta che la sua figura sparisce nell'ombra, il vento si interrompe, così come l'urlo.
Rinfodero la spada guardando nell'esatto punto in cui Alina è sparita.

Chiudo gli occhi e inspiro profondamente.
Queste pareti, questo odore, tutto mi riporta a una tranquillità che non sentivo da molto. Intorno a me ogni cosa sembra respirare.

«Come hai potuto, fratello?«
A pochi centimetri di distanza da me una figura eterea, bianca e trasparente, aleggia a metà aria. Il lunghi capelli bianchi fluttuano nell'aria immobile; la gonna del vestito segue una corrente inesistente. Il volto di Dafne è triste, quasi sofferente.

«Dafne, come sei arrivata qui?» Mi avvicino a lei tendendo le mani nella sua direzione sperando di poterla toccare ancora una volta.

Lei mi indica il sangue di Alina caduto sul pavimento.
«Io sono sangue del suo sangue, vivo nella sua memoria e sarò dentro di lei fintanto che avrà bisogno della mia forza per andare avanti.»

Il solo vederla mi inumidisce gli occhi.
«Oh Dafne, Alina è una ragazza così coraggiosa. Saresti fiera della donna che sta diventando.»

«Ma io lo sono, fratello.» La sua voce è grave e severa. «Mi sto solo chiedendo come tu, fratello mio, abbia potuto tradirmi così, privare Ramondo e la sua gente di Alina e portarla da Demir.»

Dentro di me sento qualcosa spezzarsi.
«Ma come..." Cerco di capire. "L'ho fatto per te, per Alina. Ho fatto esattamente quello che volevi tu. Io e Re Demir...»

Dafne si avvicina con il viso al mio mozzandomi le parole in gola. È esattamente come la ricordavo, la sua bellezza per sempre congelata nel tempo.
«Oh Cassian,» La sua mano si poggia delicatamente sul mio viso, ma l'unica cosa che riesco a percepire è la guancia pizzicarmi e diventare fredda. «Non sei mai riuscito a staccarti da lui. Non hai mai accettato il fatto che io me ne sia andata a Enante.»

«Tu ci hai abbandonati entrambi,» Le urlo contro, colpito dalla freddezza delle sue parole. «esattamente come hanno fatto tutti gli altri. Mia madre, mio padre, i miei fratelli.»

Gli occhi di Dafne si riempiono di lacrime cristalline. «Perdonami se ti sei sentito così abbandonato. Non ho mai avuto intenzione di lasciarti. Volevo che venissi con me, a Enante. Ma Demir te l'ha sempre impedito.»

«Non è vero.» La mia voce è piena di rancore, così mi allontano da lei.

«Quando io tornavo qui era solo per portarti con me, e Demir, ogni volta, ti mandava via per qualche missione. Non mi era mai permesso stare insieme da soli, e poi ti ha convinto che mi avessero fatto un qualche lavaggio del cervello e da allora sei venuto a trovarmi solamente per portare me e Alina nelle terre Ombra. Ma ora guardami, sono ancora una volta davanti a te. Non ho mai voluto che Alina assomigliasse a noi, che fosse obbligata a sopravvivere grazie al sangue.» I lineamenti del suo volto si ammorbidiscono. «È naturale che lei faccia parte della nostra famiglia, così come te, ma il suo futuro non è qui. Ti prego, aiutala. Demir ha sempre avuto un ascendente su di te, ma mi hai promesso che avresti protetto Alina. Questo è il momento.

«Ma re Demir mi ha promesso che Alina avrebbe regnato sull'intero mondo e che sarebbe stata felice.» Sono convinto di quello che dico, ma la mia voce non molto.

«Il suo posto non è qui nelle terre Ombra. Tu l'hai conosciuta, hai visto com'è la sua vita a Enante. Qui non potrà mai essere felice con tutta questa oscurità. Demir ti ha sempre mentito, lo faceva quando eravamo piccoli per costringerti a recarti nei sotterranei e lo fa ancora adesso obbligandoti a rapire una bambina da suo padre.»

Dentro di me è come se avessi due anime in lotta tra di loro. Sarò eternamente grato a re Demir che mi ha cresciuto e mi ha permesso una nuova vita nelle terre Ombra, ma è stata Dafne quella che realmente mi ha salvato. Ho ricercato in loro per così tanto tempo delle figure genitoriali, che non mi sono reso conto di quello che realmente mi stavano facendo. Mentre Demir mi stava lentamente distruggendo, Dafne cercava di salvarmi.

Sento le mani sporche del sangue di Alina.

«È questo che realmente vuoi?»

Guardo Dafne dritta negli occhi e lei annuisce, gli occhi lucidi e le mani giunte al petto.

«La proteggerò.» 

E questa volta lo farò sul serio.

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