12. Cassian

«Alina dobbiamo parlare.» Mi schiarisco la voce. «Principessa Alina dobbiamo parlare. Ma no, idiota, è una principessa, non glielo puoi imporre.» Cammino avanti e indietro di fronte la porta della sua stanza. «Vostra altezza, credo dovremmo parlare. Mh credo vada meglio.»

Mi avvicino alla porta per bussare ma un rumore proveniente dall'interno mi fa desistere.

«Principessa! Sto entrando»

Scuoto la testa. Non dovrei avvisare. E se fosse un ladro o qualcuno che vuole rapire la principessa?

«Smettila di pensare ed entra.»

Do una spallata alla porta ma questa è chiusa. Ne do una più forte e una folata di vento mi travolge. La finestra è aperta e il fuoco nel camino danza. Seduta sul cornicione c'è Alina con indosso dei pantaloni di cuoio, una camicia sporca di sangue e avvolta da un mantello rosso. Volta il suo viso nella mia direzione e, evidentemente spaventata, perde l'equilibrio e cade.
Corro verso la finestra e mi sporgo buttando una mano e prendendola per il polso. I suoi capelli fluttuano nell'aria. 

La ritiro su e la faccio rientrare. Alina si siede a terra con il fiatone, io accanto a lei nelle stesse condizioni. 

«Grazie.»

Faccio soltanto un cenno con la testa.
Sento il cuore martellarmi nella testa e la gola secca. 

Rimaniamo qualche minuto in questa posizione, poi lei si alza e si muove nuovamente verso la finestra.

«No, no, no. Dove credi di andare?» La squadro dalla testa ai piedi. «Sei tu la ragazza che ho visto ieri notte. Tu hai ucciso quei tre. Ma i tuoi occhi...»

«Lo so, uno è diventato completamente rosso.»

Le stringo la mano intorno al braccio.

«Non posso permettere che tu te ne vada. E se ti succedesse qualcosa? Da quanto sei la Paladina Scarlatta?»

Abbassa lo sguardo imbarazzata dalla situazione e si divincola liberandosi il braccio.

«Qualche mese.»

«Qualche mese? È per questo motivo che mi hai chiesto di darti lezioni private?»

Corre verso la porta e la chiude.

«Parla piano: nessuno sa che sono la Paladina Scarlatta. Siediti.» Mi indica il letto e obbedisco. «Sono la principessa erede al trono, è vero, ma ho sempre voluto trovare un modo per difendere la mia gente. È da quando mi hai salvata in quel vicolo che ci penso seriamente. Poi ci sono stati gli attacchi da parte dei Rosethorne e non ho saputo trattenermi. Tu eri lì, non hai obiettato alla mia richiesta, così sono diventata la Paladina Scarlatta.» Fa una piccola pausa. «Non pensavo che in città sarei diventata così famosa. Volevo solo poter fare qualcosa.»

Le stringo delicatamente le mani e i suoi occhi si riempiono di sorpresa.

«Hai fatto molto di più, hai ridato una speranza a quelle persone. Vivevano nella paura, ma ora, grazie a te, non è più così. La Paladina Scarlatta ha cambiato le loro vite.» Mi umidifico le labbra, sento che questo è il momento buono. «Ti ho vista prima, ti ho vista e ti ho sentita. Quello che vuoi fare, partire con l'esercito, è troppo pericoloso...» Alina si agita e apre la bocca come a voler replicare. «è troppo pericoloso da sola. Verrò con te.»

Alina lascia le mie mani e si alza in piedi dirigendosi verso la finestra.

«Allora andiamo. Tra poco sarà l'alba e non devono vederci o...»

L'affetto per un braccio e la stringo a me.

«Fermati. Ho bisogno prima di parlarti.»

Mi allontana da lei con entrambe le mani creando distanza tra i nostri corpi. Il mio volto si fa serio, così come il suo.

«Allora forse è meglio che ci sediamo.»

Non ha posto domande, si è semplicemente seduta come ad aver capito che quello che le voglio raccontare sia importante. 

«Ho immaginato molte volte come sarebbe potuta andare questa conversazione.» Faccio un respiro profondo «Sicuramene quando ci siamo conosciuti ti sarai chiesta come mai un uomo sia venuto da Dalfia soltanto per diventare tua guardia del corpo. La verità è che io conoscevo tua madre, la regina Dafne, quando ancora non era regina.»

«Conoscevi mia madre?» Gli occhi le si illuminano. «E lei com'era?»

Sorrido.

«Era bellissima, e forte, e amava il suo popolo esattamente come te.» Le appoggio una mano sulla guancia e non posso fare a meno di notare la somiglianza con Dafne. «Sono sicuro che sarebbe fiero di quello che vuoi fare. Ma vedi, c'è qualcosa che non sai su tua madre.»

Si porta le mani sulle gambe stringendo forte il tessuto della gonna.

«Sono pronta. Nessuno mi aveva mai parlato di lei.»

Annuisco.

«Dafne era una Rosethorne.» Vedo gli occhi di Alina riempirsi di paura. Si alza in peidi e comincia a camminare avanti e indietro per la stanza. «È da lei che hai preso... l'occhio rosso e quel forte desiderio di sangue. I Rosethorne sono un'antica nobile famiglia che ha vissuto per migliaia di anni nelle terre del nord. Sono creature immortali e possono mantenere questa immortalità soltanto se bevono del sangue. Tu hai il loro sangue nelle vene.»

«No! Io non posso essere una Rosethorne. Questo vorrebbe dire tradire il mio popolo.» Alina mi guarda dritto in faccia e la macchia rossa di sangue nel suo occhio si espande facendoglielo diventare completamente rosso, come una vera Rosethorne. «Loro ci hanno attaccati.»

«Quando tua madre era ancora viva, le due parti del mondo erano in pace. Era stata lei, con un matrimonio, a far cessare tutte le guerre.» Faccio un leggero momento di pausa. «Ma da quando è morta le cose sono cambiate. Ma tu puoi far tornare di nuovo la pace, puoi mettere fine a questi attacchi. Puoi diventare la regina di un nuovo mondo.»

Alina si ferma e mi guarda.

«Io? E come potrei mai?»

Mi alzo mettendomi di fronte a lei e la prendo per le spalle. Ho bisogno di sapere che sappia che io sono davanti a lei, vero come non mai.

«Vieni con me. Andiamo nelle terre Ombra. L'esercito ci metterà settimane, ma io conosco una strada molto più veloce e certamente più sicura dagli attacchi dei Rosethorne.»

Alina si porta il pollice alla bocca e guarda il pavimento pensierosa.

«Se quello che dici è vero non me ne posso stare qui con le mani in mano.» Pensa a voce alta. «Se mia madre era un Rosethorne, allora lo sono anche io. E questo mi aiuterà con i trattati di pace.» Il suo sguardo si fa sicuro. L'occhio azzurro preso dal padre, quello rosso dalla madre. È la perfetta incarnazione di entrambi i mondi. «Andiamo.» Dice prima di calarsi dalla finestra.

Dalla finestra la luna crescente risplende nel cielo, già pronta a calare. Il suo leggero colore rosso mi dice che ho ancora un po' di tempo a disposizione. 

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