10. Cassian
Mi scolo un altro bicchiere di vino. Spero che l'alcol mi aiuti a dimenticare che sono alla corte di Enante. Nonostante sia stato cresciuto in un castello, quest'atmosfera così dolce rende la festa decisamente nauseante.
Mi appoggio a un tavolo, alla mia sinistra c'è un cigno di cioccolata; gli spezzo una piuma e me la mangio. Davanti a me passa un ragazzo vestito elegante con in mano un calice di vino. Glielo sfilo, tanto è troppo ubriaco per accorgersene, e ci inzuppo dentro il cioccolato. Ammetto che la combinazione non mi dispiace e di questo ne rimango piacevolmente sorpreso. Così stacco anche un'altra piuma e mi appropria del bicchiere di qualche d'un altro.
Mando giù il liquido che mi riscalda la gola. Sono fortunato a reggerlo bene, altrimenti non avrei resistito sobrio un minuto di più.
Se non fossi la guardia del corpo di quella principessa avrei potuto fare una visitina a Evangeline. Riempie bene le notti, anche se vorrei che fossero riempite da qualcun altro. Ma Evangeline mi permette di liberare la mente e non mi distrae dalla missione come invece fa Alina.
Alina.
Sento gli occhi cercarla tra tutta quella folla. Dovrei esserle vicino, proteggerla. Quando la vedo sento il cuore mancare un battito. Il ragazzo con cui sta ballando, un damerino vestito di tutto punto blu e con i capelli biondo, sembra un vero idiota accanto a lei.
Bevo un altro bicchiere non distogliendo mai lo sguardo da loro due che volteggiano al centro della sala. Mi asciugo la bocca e mi sento estremamente stupido a guardare in questo modo una diciannovenne.
Ripenso ancora una volta Evangeline. È di due anni più piccola di Alina, ma per lei non provo lo stesso che provo per la principessa. E in questo momento ho estremamente bisogno del suo corpo.
Decido che distogliere lo sguardo è la cosa migliore che posso fare al momento.
Tra tutti gli invitati riconosco, o almeno mi sembra di riconoscere, lord Braan. L'ho incontrato spesso nei corridoi, specialmente la sera a cena. Ma oggi mi sembra ringiovanito e molto più allegro. Sta ballando con una giovane ragazza, incorniciata in un vestito rosa e dai fluenti capelli rossi, forse della stessa età di Alina; è molto bella e mi stupisco come sia possibile che balli con un vecchio come lui. Non sembra infastidita dalla differenza di età tra i due, anzi, sembra quasi a suo agio. Poco distante da loro, un uomo vestito di verde, dalla barba rossa e che riconosco come il padre della ragazza, li guarda a braccia incrociate e con occhi colmi di avidità.
Lord Braan è ricco. Se quella ragazza dovesse riuscire a sposarsi con lui, non ci vorrà molto che le Isole Lunghe avranno un erede e, soprattutto, non passerà molto tempo che la giovane si ritroverà vedova.
Abbozzo un ghigno. Qui è pieno di storie del genere, anche se vogliono far credere di stare dal lato giusto e morale del mondo. Ma ovunque gli uomini sono egoisti e predisposti alla ricerca di sempre più ricchezze spinti dalla loro avidità.
Non posso che pensare a Evangeline. Abbiamo così tanti anni di differenza, eppure so di non venire dalla parte marcia del mondo che pensa di essere la migliore. So esattamente da dove vengo e so qual è il mio ruolo. Eppure, come tutti, fingo di essere qualcun altro. Qui ci credono solo un po' di più.
Cammino tenendomi vicino la parete e rubando, ogni tanto, un bicchiere a qualcuno troppo ubriaco per accorgersene. Ho lasciato stare Alina, ma ogni tanto l'occhio cade sulla sua figura. La musica è cambiata, così come il suo accompagnatore, anche se a me sembrano tutti degli stupidi damerini. Non che io mi senta diversamente in questa ridicola armatura. Ho vissuto abbastanza da sapere come muovermi anche senza.
Due guardie entrano nella sala trasportando il pianoforte che sento suonare da Alina tutti i pomeriggi per ore. Re Ramondo cammina verso la figlia con un enorme sorriso stampato in faccia ma lei sembra essere estremamente a disagio in mezzo a tutti quei mormorii di stupore generali.
«Questo pianoforte apparteneva a tua madre, la regina Dafne.» Il re si porta una mano sul cuore «Io so quanto tu sia affezionata alla musica e, credo, che sentirti suonare oggi sarebbe un po' come avere qui anche lei, oggi. Suona qualcosa per noi.»
Un applauso generale si alza dai presenti. Alina si guarda intorno imbarazzata fino a quando i nostri sguardi non si incrociano. l suo viso si entra in tensione mentre sento i muscoli del mio viso rilassarsi. I suoi occhi sono come dei magneti per me. Mai nessuna aveva avuto questo effetto su di me.
Sento la bocca aprirsi. Bevo un altro bicchiere e penso che mi serva un po' di aria fresca.
Lascio che il calice cada a terra e si rompa, mentre mi allontano da due occhi color azzurro che mi implorano di essere portati via. So che vuole andare via da qui; non chiede di operare alla luce del sole, suona meglio da sola, chiusa nella sua sala da musica con nessuno che l'ascolta se non io. Se ne avesse occasione lavorerebbe di notte...
Esco dal portone e cammino nei corridoi mentre sento la melodia del pianoforte alzarsi dalla sala. Non sono riuscito a portarla via. Sarebbe stata la scusa perfetta.
Continuo a camminare cercando di liberarmi la mente guardando alcuni invitati amoreggiare appoggiandosi alle pareti. Verso di me vedo venire una guardia con un braccio intorno al collo di una ragazza. A giudicare dal vestito elegante viola deve essere un'invitata alla festa.
Tengo la testa dritta, alta senza muoverla quando il mio sguardo e quello di Kyan. Il suo è pieno di rivalità, il mio ricco di indifferenza. Non mi importa se si porta a letto Alina o chiunque altra presenza femminile del castello, può scopare con chi gli pare fino a quando non intralcia i miei piani.
Senza accorgermene raggiungo la sala da musica, ora vuota, illuminata dal chiarore della luna. Non ho idea del perché io sia arrivato qui. So solo che i miei piedi mi ci hanno portato.
Nel silenzio della notte un pianto irrompe impetuoso. Seduta sul davanzale della grande vetrata, una ragazza viene scossa da tremori.
«Signorina?» Rimango fermo sull'uscio per evitare di spaventarla. «State bene? Avete bisogno di qualcosa?»
Avanzo lentamente mentre lei sembra risvegliarsi da un sogno. Si asciuga le lacrime con il dorso della mano, così prendo un fazzoletto e glielo porgo. Mi inginocchio accanto a lei e subito riconosco la giovane fanciulla che ballava con lord Braan. Questa volta nessun sorriso le accarezza il viso. La luna riluce sui suoi capelli e le rende la pelle del colore delle stelle.
«Sono proprio una sciocca.» Dice più a sé stessa che a me accettando il mio presente.
«Perché mai una giovane donna come voi dovrebbe dire qualcosa del genere? Se solo conoscessi l'uomo che ha osato farvi versare anche una sola di queste lacrime, giuro che non troverebbe più pace in questa vita.» Con delicatezza le asciugo una lacrima che le scorre sulla guancia. «Ditemi chi è,» continuo con voce gentile ma decisa, «e farò in modo che non osi mai più ferirvi.»
A queste parole i grandi occhi verdi vengono nuovamente riempiti di lacrime.
«Coraggioso cavaliere, vi ringrazio per queste gentili parole. Purtroppo il mio dolore non potrà essere sanato in nessun modo.» Nel parlare sembra che la speranza, il cui vestito è verde come il suo, abbia abbandonato il suo giovane corpo «Solo la morte potrà avere pietà di me.»
«Mi auguro non la vostra.» Rispondo mostrando interesse.
«Anche se così fosse non sarebbe male: una grossa sventura è comparsa nella mia vita dal giorno stesso in cui sono nata.» Asciuga gli occhi con il fazzoletto che le ho dato. «Io sono Evania Hawkgrove e mio padre è Olmon Hawkgrove, lord dei Boschi Innevati. È da quando sono nata che il mio destino era quello di sposarmi con un altro lord, dargli un erede ed essere semplicemente sua moglie. Nella mia fantasia il lord era un uomo giovane, un forte cavaliere che un giorno mi avrebbe portata con sé nel suo splendido palazzo nel quale avrei vissuto felice. Oggi, invece, la sorte ha voluto tirarmi un colpo mancino e ha voluto che mio padre incontrasse lord Braan delle isole Lunghe. Ho ballato con lui, riso con lui, accettato il cibo che mi offriva, ma non posso accettare le prospettive di un futuro insieme a lui.»
Serro le labbra. In fondo i lord sono tutti uguali.
Le prendo una mano e le accarezzo il dorso con un dito. Il suo sguardo è perso tra le pieghe del vestito.
«Lady Evania,» La guardo negli occhi aspettando che lei ricambi «alla festa ho visto bellissime fanciulle, nessuna bella come voi.» Ho la sua attenzione «Siete ancora giovane, i matrimoni poche volte in questo mondo possono essere definiti per amore. Voi avrete la fortuna di sposarvi un uomo vecchio ma gentile. Gli darete uno, forse due eredi, dopodiché sarete libera.» Il verde delle sue iridi si riempie di speranza. «Lasciate dunque che vi mostri cosa vi attenderà un volta che avrete ottenuto la vostra libertà.» Le macio delicatamente le dita della mano e la sento sussultare «Potrete» Un altro bacio sulle nocche «avere» Sul dorso «tutti» Sopra il polso «coloro» due sull'avambraccio «che vorrete» uno sul braccio e uno sulla spalla «possedere.»
Mi avvento sul suo collo e la vedo chiudere gli occhi. Mi stringe la mano e apre la bocca ansimando. Sento un leggero sorriso comparirmi sul volto.
La stringo ancora di più a me avvolgendola con un braccio mentre l'altro vaga sulle sue gambe. È una giovane lady che sta per sposarsi con un vecchio e che non ha mai conosciuto l'amore, non ho intenzione di rovinarmi portandomela a letto.
Sento le sue dita stringersi intorno alla stoffa del vestito. Sento l'odore di gelsomino provenire dai suoi fluenti capelli inebriarmi il naso. Sento il cuore batterle accelerato.
All'improvviso si scosta dalle mie labbra poggiandomi una mano sul petto.
«Come questo scorcio di piacere potrebbe farmi sembrare più lieto il futuro?» Mi chiede con gli occhi languidi.
«Un marito non è sempre la stessa cosa di un amante.» Le rispondo sorridendo.
Evania mi prende il viso tra le mani sorridendomi di rimando per poi baciarmi con foga. Le sue mani vagano tra i miei capelli e la mia schiena, ma un rumore tra le frasche mi obbliga ad aprire gli occhi. Nell'oscurità un'ombra si aggira furtiva.
Interrompo il bacio e mi alzo lentamente lasciando Evania senza parole. La persona in giardino si guarda intorno, più per vedere se viene seguita da qualcuno che per capire dove deve dirigersi. È, quindi, già tata qui e conosce bene il posto. Per nascondersi frutta le ombre degli alti alberi che vengono proiettate dalla luna.
Per un attimo la sua figura viene illuminata e io riconosco Alina. Ma cosa fa da sola, di notte, nel bel mezzo del giardino.
«Perdonami,» Do un veloce bacio sulle mani di Evania guardandola negli occhi. «ma ora devo proprio andare. Promettetemi, però, che un giorno assaporerete la libertà e che non la abbandonerete mai più.»
La ragazza mi prende il volto tra le mani attirandomi a sé lasciandomi un delicato bacio sulle labbra.
«Te lo prometto.» Sussurra e io la lascio lì dirigendomi verso la principessa.
Cammino a grandi passi dietro di lei cercando di non farmi sentire, ma i miei pensieri sono così rumorosi che ho paura potrebbero uscirmi dalla testa ed esplodere in mille suoni. Dovrei comportarmi come un adulto, dovrei essere fedele alla missione. Però è notte, e mi sto ritrovando a inseguire il bersaglio di tutti i piani organizzati negli ultimi 18 anni.
Alina corre, reggendosi l'ampio vestito, verso un labirinto di giorno verde, ma che di notte sembra nascondere i più oscuri segreti. Mi fermo all'ingresso mentre lei vi entra dentro. Il rumore del vento tra le fronde non sembra spaventarla. Cammina spedita e io faccio fatica a rimanerle dietro senza perdermi. Credo giriamo un paio di volte a destra, poi perdo il senso dell'orientamento in quell'intrico di arbusti.
Giriamo per almeno una decina di minuti prima che i corridoi ci portino a uno spazio ampio, sicuramente il centro del labirinto, una piazza quadrata con al centro la statua di una donna nuda che si lava con l'acqua che esce dalla brocca che ha in mano. Nella vasca intorno al lei, ninfee galleggiano sull'acqua rischiarate dalla luce lunare. Rimango nascosto in modo che Alina non mi veda.
«Callum? Sei qui?»
Dall'ombra del corridoio di fronte al mio vedo una figura uscire e, prontamente, porto una mano sull'elsa. Solo quando si porta vicino alla statua mi rendo conto che è quel damerino con il quale Alina stava ballando.
«Sono qui, mia principessa.» Il sorriso sul suo volto è viscido, così come la mano che porta sulla guancia di Alina. «Siete pronta per il vostro regalo?»
Alina indietreggia, con quel tipo sempre attaccato a lei, fino a quando non si appoggia al bordo della fontana.
«Ho aspettato questo momento un anno intero.» Non sembra turbata né infastidita da lui.
La principessa si siede sul bordo circolare di pietra mentre lui si inginocchia lentamente guardando alle sue gambe che sta scoprendo.
Alla vista di questa scena sento le mani formicolare e le vene del collo ingrossarsi. Non posso permettere che qualcuno la tocchi in questo modo.
Preso dal fervore del momento sbatto un paio di volte gli stivali sul terreno, come se stesse venendo qualcuno nella loro direzione.
«Chi va la?» Domando ingrossando la voce.
Alina alza la testa, mentre il damerino si volta con l'espressione in volto più brutta che abbia mai visto. Con dei versi, simili a un piagnucolio, si alza spaventato e corre via lasciando Alina con la gonna sollevata e le gambe scoperte.
Corro verso di lei e le prendo le mani.
«Stai bene?» Le chiedo mentre lei si affretta a coprirsi con la gonna.
«Che ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi?» Mi chiede invece di rispondermi.
«Ho visto qualcuno vicino a voi e pensavo foste in pericolo.» La ragazza si alza bruscamente e si dirige verso uno dei corridoi, ma le afferro una mano e lei si volta «Il mio compito è proteggerti, per questo ti troverò sempre, ovunque tu sia.»
Il suo volto cambia espressione diventando più rilassato. Passa qualche secondo prima che lei getti le sue braccia intorno al mio collo e mi baci con passione. Sento le sue labbra morbide muoversi con foga.
Stringo le mie mani intorno alla sua vita e la sollevo con facilità poggiandola sul bordo della fontana.
«Devo farmi perdonare per aver interrotto qualunque cosa fosse.» Le sorrido ma lei sembra spaventata. Le porto una mano sulla guancia. «Se vuoi.»
Annuisce e io le bacio il collo. Scendo sulle spalle e sulle braccia. Le bacio ogni singolo dito mentre le mie mani le accarezzano le gambe. Le sollevo l'abito e ci infilo sotto la testa.
Alina porta le sue mani tra i miei capelli stringendoli e spingendo più dentro la mia faccia. Ci vuole poco che la sento ansimare dal piacere. La sua mano sinistra si stringe al bordo della fontana. Quando poi inserisco due dita dentro di lei, il respiro si fa più affannoso e dalla gola le escono vere e proprie grida di piacere che via via diventano sempre più forti.
In altre circostanze le avrei tappato la bocca, ma dubito che qualcuno potrebbe sentirci adesso.
Continuo a darle piacere con le dita mentre le bacio delicatamente il collo salendo lentamente fino le sue labbra schiuse. Ha gli occhi chiusi e io non posso fare a meno di pensare a quanto sia bella e quanto sia così simile a sua madre.
È questo pensiero a fermarmi.
«Non posso.» Le dico allontanandomi da lei.
Il suo volto cambia espressione. Sembra confusa e ha tutte le ragioni del mondo per esserlo, ma non posso fare questo a Lilian.
«Io non capisco.» Balbetta confusa coprendosi. «Cosa ho sbagliato?» Gli occhi le si riempiono di lacrime.
«Niente, non hai sbagliato niente.»
«E allora perché? È per quella donna?» Indica il nastro azzurro.
«No, Evangeline non c'entra niente e questo non è un pegno d'amore. Ci incontriamo solo per...»
«Se non è per lei è per un'altra?» Il labbro inferiore le trema.
«Si...»
Grosse lacrime ora le scendono sulle guance.
«Ti ho guardato da lontano per tutto questo tempo per quel nastro. Ora che mi dici che non è niente di importante non mi vuoi perché hai un'altra. Non voglio avere l'esclusiva, ma davvero non capisco,» Agita le mani con furore cercando di trattenere la voce dallo spezzarsi «con le altre si, ma con me no.»
Sospiro. Mi avvicino a lei e le prendo il volto tra le mani.
«È più complicato di così.» È arrivato il momento di dirle tutta la verità «Quando...» La guardo negli occhi ma qualcosa mi blocca.
I suoi occhi, di solito limpidi e azzurri come gemme preziose, oggi sembrano diversi. Un'ombra inquietante si sta facendo strada nella sua iride destra, una macchia nera che si espande lentamente, come se volesse inghiottire il loro splendore naturale.
«Tu hai bevuto del sangue.» Riesco solo a dire.
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