Cap. 25: Cavarsela da solo
Anche se non era freddo, essendo appena iniziata l'estate, Timmi aveva preso l'accetta e si era messo a spaccare la legna per il camino, così da averne una bella scorta per quando fosse venuto l'inverno, e soprattutto per mantenersi in esercizio: ora che il suo fisico era totalmente umano doveva impegnarsi di più per non perdere la forma fisica. Vero, aveva smesso di lavorare, ma non per questo doveva lasciarsi andare per forza.
Erano già alcune ore che continuava a mettere i ciocchi sul ceppo che aveva sistemato in cortile, e già una piccola catasta giaceva accanto a lui. Nonostante quello fosse un lavoro che faceva abitualmente da molti anni, quel giorno stava facendo più fatica e, soprattutto, era meno preciso: con la forza e la vista diminuite prendeva peggio la mira e riusciva a colpire con sempre meno vigore, tanto che già un'ora dopo aver cominciato aveva cominciato a sudare copiosamente fino a togliersi la maglietta, e pur avendo continuato con il miglior ritmo che potesse permettersi di mantenere non era riuscito a spaccare neanche la metà della catasta lì accanto.
Come se non bastasse, gli erano venute delle dolorose vesciche sulle mani, talmente fastidiose che dovette interrompere per pulirsi e incerottarsi un po', dandosi dell'idiota per essersi tolto le mitene.
Promemoria: da oggi in poi i lavori manuali li facciamo coi guanti. Pensò, tornando a sollevare l'accetta.
- Ti diverti?-
Timmi, in procinto di colpire un altro ciocco, posò a terra l'attrezzo e si passò un braccio sulla fronte per asciugarla, voltandosi verso Nadine, appena comparsa con la magia.
- Niente di meglio di un po' d'esercizio fisico per passare il tempo ogni tanto.- disse lui - Ti abbraccerei, ma...-
- Sì, capisco.- annuì seria la ragazza - Cos'hai alle mani?- aggiunse, notando le bende.
- Eh? Ah, niente... qualche sbucciatura.- disse distrattamente.
- Ti sei almeno sciacquato? Potrebbero infettarsi, non sei più immune alle...-
- Sì, lo so!- sbuffò Timmi.
Lei fece un sorrisetto.
- Scusa. Vuoi darti una pulita? Dobbiamo parlare, è importante.-
Timmi annuì, aggrottando le sopracciglia, ma Nadine si voltò ed entrò in casa senza aggiungere niente. Un po' sorpreso, andò in bagno, si fece una rapida doccia e tornò di sotto, dove Nadine lo aspettava seduta sul divano, senza far caso al lieve disordine in giro (non aveva ancora rimesso la televisione al suo posto, né si era preoccupato di togliere i resti del pranzo dal tavolino).
- Mi dispiace per lo sporco.- disse lui, sedendosi sulla sua poltrona preferita - Ho avuto altro per la testa.- si passò una mano tra i capelli, pensando che non si sarebbe mai abituato del tutto al fatto che adesso erano neri - Allora, di che volevi parlarmi?-
Nadine aveva lo sguardo basso e perso nel vuoto, e sembrava essere immersa in pensieri molto complicati, perché ebbe un sussulto quando lui le ricordò del motivo per cui era lì.
- Ah... già.- disse lentamente lei - Io... ho pensato alla tua nuova situazione.-
- Ah sì?- chiese Timmi, sistemandosi meglio - E perché mai?-
- Perché tu sembri avere delle... difficoltà, diciamo.-
Il ragazzo alzò gli occhi al soffitto, sbuffando un po' spazientito e un po' triste.
- Lo so, non serve che me ne ricordi.- grugnì senza staccare gli occhi da una trave sopra di sé - I lividi lo fanno per te.-
- Non sono quelli a preoccuparti.- disse Nadine, che aveva alzato lo sguardo su di lui, anche se Timmi non poteva vederla - Il tuo problema... il tuo problema è la magia.-
Lui aggrottò la fronte e abbassò gli occhi di scatto, incrociando i suoi. Solo allora notò che era davvero in pena, più di quanto avesse immaginato: sembrava che temesse per la sua salute, come se avesse paura di vederlo perdere la testa da un momento all'altro. Non lo aveva guardato così nemmeno quando era ancora un mezzodemone.
- Non è proprio un problema.- disse - Insomma, sì... mi dispiace non poterla più usare, prima era più comodo fare certe cose... ma non è una cosa che non posso superare. Devo solo...-
- Però non riesci ad abituarti a questa cosa, vero?- lo interruppe lei, come se non credesse a una sola parola.
Timmi sospirò, distogliendo per un momento lo sguardo.
- No.- ammise un po' amaramente - Non ancora, ma immagino che...-
- Questo è il punto.- spiegò lei, pazientemente, interrompendolo ancora - A te da fastidio non poter più fare le cose come le facevi prima. Una volta avresti usato un incantesimo per pulire i piatti, e io non li avrei trovati qui. La legna qui fuori sarebbe già ridotta a segatura, con la tua vecchia forza. E non avrei dovuto soccorrerti, l'altro giorno, quando hai inseguito quel ladro.-
Timmi aggrottò la fronte: perché cavolo insisteva nel ricordarglielo? Per farlo stare peggio?
- Senti, ho capito!- sbottò - So di avere qualche problema di adattamento, piantala di insistere!-
- Sto solo cercando di dirti che non riesci ad abituarti di essere l'unico a non potere più usare la magia.- spiegò lei, ancora più paziente di prima - Non è forse così?-
- Io...- non sapeva cosa rispondere, e distolse lo sguardo, a disagio.
Tutto sommato, lei poteva anche aver ragione: l'idea che Trys, Darth, Skin e Raven, i suoi vecchi compagni di molte missioni pericolose, continuassero con le loro vite immerse nella magia come se niente fosse gli procurava un senso... non di fastidio, no... di solitudine, magari. E Liz, che si era così arrabbiata... le ci sarebbe voluto molto per riuscire a perdonarlo. Anche Daniel, pur avendo reagito in modo molto più maturo, gli era parso deluso. Di certo, senza i suoi poteri non poteva raggiungere facilmente nessuno dei due per chiarire la situazione.
Era rimasto solo, e tra l'emergenza che stavano vivendo tutti quanti e la sua assenza di poteri non era in grado di fare niente per rimettere insieme i pezzi.
- Sì.- ammise - Io ho rinunciato alla magia, ma loro no. Possono continuare senza preoccuparsi di niente, e io rimango indietro. Ho avuto la normalità, ma ne sono stato privo così a lungo che ora non so come conviverci.-
Nadine annuì lentamente, poi si appoggiò completamente allo schienale del divano e lo guardò negli occhi.
- Infatti.- disse - Quindi, stavo pensando... non potresti trovare un compromesso? Che ne so... una via di mezzo tra il mezzodemone e l'umano.-
Timmi aggrottò la fronte.
- Cosa?- grugnì - Una via di... Nadine, un mezzodemone è già una via di mezzo!- sbottò - Come faccio a trovare una... via di mezzo per una via di mezzo?-
Lei alzò le mani, in un gesto di resa.
- Scusa. Mi sono espressa male.- disse - Voglio solo aiutarti, lo sai.-
- Sarà anche vero, ma sto bene!- sbuffò - Te l'ho detto e ridetto, mi serve un po' di tempo! Tra qualche giorno sarà tutto passato, okay? E smetti di farmi da infermiera!- aggiunse, scocciato.
Nadine aggrottò la fronte.
- Come hai detto?- chiese, mentre la sua voce si faceva ostile.
- Ho detto che non mi serve una babysitter!- esclamò Timmi - Ho più anni di te, me la cavo da solo da tutta la vita e so come badare a me, quindi smetti... di... accudirmi!- scandì, allargando le braccia.
Lei spalancò la bocca, arrabbiata e offesa.
- Cosa?- soffiò - Ma... ti stai sentendo? Io ho solo cercato di renderti le cose più facili...-
- Beh, non te l'ho chiesto io!- urlò furente lui. Ad essere sincero, non sapeva nemmeno perché si stava arrabbiando così. L'unica cosa certa era che non voleva la sua pietà - Posso farcela da solo, d'accordo?-
- Tu...- ringhiò Nadine, alzandosi a sua volta - Bene.- disse con freddezza - Se le cose stanno così, perché non provi a tirare avanti senza di me? Dopotutto, tu hai tutto sotto controllo...- ridacchiò con amarezza.
- Già, molto spiritosa!- sbuffò Timmi, incrociando le braccia - Se credi di essere così divertente, perché non fai cabarét? Ho visto che al Pyne cercano nuovi intrattenitori il giovedì!-
- Ah, perché no?- ribatté lei, furente - Magari lì apprezzeranno i miei tentativi!-
- Bene... allora vai! E mentre ci sei, portati via quello schifo di tavolino!- aggiunse, facendo un cenno verso il mobile di vetro.
Per un istante rimasero a fissarsi in silenzio. Giugno parve diventare Dicembre.
- D'accordo.- disse alla fine Nadine - D'accordo, me ne vado.- ripeté, avviandosi verso l'uscita - Chiamami quando sarai pronto a crescere.-
E, prima che lui potesse ribattere, se ne andò sbattendo la porta.
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