Cap. 41: Una rapida fuga
Il verso stridente dell'Arpia riecheggiò intorno a loro come una maledizione, gelandogli il sangue nelle vene. Quasi all'istante un coro di voci furiose uscì dall'edifico, seguito immediatamente dal suono di numerosi corpi in movimento
- Cazzo!- esclamò Timmi - Taci, stronza!-
Lanciò una sfera di fuoco verso l'Arpia, colpendola di striscio all'ala. Il danno fu minimo, ma sufficiente a farle perdere quota e, in pochi secondi, si schiantò senza controllo tra gli alberi, sparendo alla vista con un verso di dolore.
- Dobbiamo correre!- esclamò Nadine, indietreggiando rapidamente, senza neanche sapere in quale direzione andare.
- Sono troppi, ci prenderanno!- replicò Xander.
- Voi andate avanti!- sbottò Timmi, prendendo la Fiaccola - Io vi raggiungo.-
E, prima che qualcuno di loro potesse fermarlo, svoltò l'angolo e andò incontro ai mostri. Poco dopo, sentirono rumori di lotta e grida di dolore.
- Timmi!- gridò Nadine.
Ma Jo l'aveva già presa per un braccio per trascinarla verso gli alberi. Per un istante lei sembrò voler fare resistenza, ma alla fine cedette, e tutti quanti cominciarono a correre.
Senza guardarsi indietro entrarono di volata nel bosco, schivando i rami bassi e le fronde affilate dei pini. Non fecero molta strada, comunque, e si fermarono dopo una decina di metri, l'edificio abbandonato ancora visibile attraverso i tronchi.
- Dobbiamo tornare indietro!- ansimò Xander, asciugandosi la fronte con la manica.
- Ha... ha ragione.- concordò Nadine, china per riprendere fiato - Dobbiamo... Timmi... dobbiamo tornare...-
- Ci farebbero... a pezzi...- obbiettò Jo, appoggiato contro un albero.
Xander annuì senza rispondere: gli girava la testa, aveva una paura tremenda, ma sapeva anche di non poter lasciare indietro il suo amico.
Cosa diavolo faccio adesso?
***
Tornato davanti all'ingresso dell'edificio, Timmi sguainò la Fiaccola e uccise le prime due creature che ne uscirono, cogliendole di sorpresa prima che potessero reagire. Assicuratosi di avere attirato l'attenzione degli inseguitori, tornò a infilarsi tra le conifere, dalla parte opposta rispetto agli altri, così da allontanare le creature da loro.
Non si voltò indietro a guardare, ma sapeva bene di essere inseguito veramente da vicino: gli pareva quasi di sentire il fiato di quelle cose solleticargli la nuca, e ogni tanto percepiva chiaramente dei movimenti alle sue spalle, artigli troppo lontani solo di pochi millimetri perché riuscissero a ferirlo.
In condizioni ottimali avrebbe potuto seminarli molto più facilmente. Forse sarebbe anche riuscito, in un certo qual modo, a tenerli più o meno a bada usando i vortici e la fiaccola (e, perché no, il demone). Tuttavia aveva già faticato abbastanza: si sentiva di nuovo un principiante, come quando aveva cominciato a imparare a usare i suoi poteri da piccolo, e usava troppa forza o troppo poca, o falliva con gli incantesimi. Era tutta una questione di abitudine, avrebbe avuto bisogno di un altro giorno o due per recuperare l'equilibrio.
Purtroppo, i demoni alle sue spalle non sembravano disposti a concederglieli.
Qualcosa di veloce lo affiancò, cercando di aggredirlo di lato. Lui scartò a sinistra, percependo la minaccia prima ancora di vederla, evitando di poco il nuovo assalto. Ben presto sbucò in una radura, dove le Arpie approfittarono dell'assenza di alberi per piombargli addosso.
- Ma che cazzo...- brontolò, gettandosi a terra.
Rotolò, evitando la picchiata della prima, e protese la Fiaccola alle proprie spalle, trafiggendo la seconda. Le altre lo mancarono o si allontanarono, preparandosi a colpire di nuovo, mentre una grossa creatura canina usciva dagli alberi.
Gli fu davanti prima che lui riuscisse a muoversi, bloccandogli la strada e ringhiandogli contro. Qualsiasi cosa fosse, nemmeno lui riuscì a identificarlo: aveva un naso da pipistrello e due orecchie allungate e appuntite, e lunghe zanne sottili. Era quasi privo di pelo, più imponente dei Segui Infernali a cui era abituato, e aveva due occhi folli, totalmente rosa e privi di sfumature.
Probabilmente, Ducan non si era limitato a sperimentare sul Kraken.
La creatura latrò furiosa e gli saltò addosso, schiacciandolo al suolo. Timmi gli afferrò il muso con le mani, cercando di tenerlo lontano, mentre con la coda dell'occhio vide una creatura equina che sopraggiungeva: un Incubo.
Merda...
- Hai fame?- ringhiò Timmi - Allora assaggia questo!-
Richiamò due sfere di fuoco nelle mani, ustionando all'istante il mostro canino, che guaì e si divincolò rapidamente. L'incubo nitrì, impennandosi e roteando gli occhi rosso fiamma, ma Timmi lo ignorò e corse di nuovo tra gli alberi, evitando per un soffio la nuova picchiata delle arpie, proprio mentre il resto degli inseguitori entravano nella radura.
Infilò rapidamente una mano in tasca ed estrasse una delle ultime fiale rimastegli, contenente dell'Idropiro. La gettò a terra e quella, infrantasi, generò una grande vampata di fuoco che si espanse per una decina buona di metri in due direzioni diverse, tagliando la strada a numerosi nemici.
Mentre le creature cercavano di aggirare o superare le fiamme, lui si lanciò in scivolata in una piccola conca, riparandosi dietro un albero, nei pressi di un piccolo ruscello. Sfinito, si fermò ansimante per qualche secondo, tendendo l'orecchio: sentiva chiaramente i rumori che annunciavano il loro arrivo. Non avevano rinunciato, né lui li aveva seminati: semplicemente, erano fuori dal campo visivo.
Si tolse immediatamente la maglietta e il gilet, li avvolse in una pietra che trovò lì a terra e li lanciò tra la boscaglia, con quanta più forza aveva, poi si sciacquò rapidamente per smorzare il puzzo di sudore e cominciò ad arrampicarsi su per il grosso pino accanto a lui. Raggiunse rapidamente un punto particolarmente fitto di rami, dove sperava che l'odore di resina riuscisse a nascondere il suo.
Gli aghi del pino erano alquanto fastidiosi, ma rimase fermo dov'era, ansimando per lo sforzo e sorpreso per l'agilità che era ancora in grado di ostentare nonostante la stanchezza.
I suoi inseguitori passarono sotto di lui, veloci come se avessero il demonio alle spalle, e miracolosamente ignorarono la sua presenza sopra le loro teste. Quando anche l'ultimo fu passato, il mezzodemone si abbandonò contro la ruvida corteccia dell'albero, prendendo qualche bel respiro profondo e scoppiando sommessamente a ridere.
Sentì un curioso solletico su per il braccio e, quando guardò, vide un ragnetto che gli si arrampicava sul bicipite.
Ancora ragni? Pensò. Ragazzi, è Nadine l'aracnofobica.
Lo scacciò via seccamente e cominciò a scendere, quando avvertì un movimento sopra di sé. Alzò lo sguardo e vide un altro ragno calarsi lentamente giù, appeso ad un filo sottile e scintillante.
Il problema era che quel ragno era identico a quello incontrato da Nadine giorni prima.
Ah... si era portato un amico...
***
Mentre il grosso delle creature proseguì l'inseguimento, due Orchi tiratardi raggiunsero un albero, piegati in due dalla fatica, e il più stanco di loro si accasciò lungo il tronco, appoggiandoci contro la schiena. L'altro rimase in piedi, tenendo tuttavia le mani sulle ginocchia nel disperato tentativo di riprendere fiato.
Non erano fatti per le lunghe marce o inseguimenti, loro: altre sottorazze, più alte e prestanti, sarebbero riuscite a stare dietro a prede così veloci, ma loro erano più tozzi, più bassi e più lenti.
Mentre si riposavano udirono un rumore di rami spezzati sopra le loro teste; quasi subito fu seguito da un ammasso di capelli, peli, filo e legno in caduta libera, dritti sulla schiena dell'Orco rimasto in piedi, così all'improvviso che l'altro rimase a guardare stupito la scena.
Un umano era impegnato in un corpo a corpo con un grosso ragno gigante, il quale tentava di colpirlo alla faccia con le mascelle velenose, a malapena tenute lontane dal suo braccio sinistro, che spingeva con insistenza appena sotto l'apparato boccale dell'animale.
Intanto, la mano destra cercava di raggiungere una specie di cilindro che gli era scivolato via dopo la caduta, ma troppo lontano da lui perché riuscisse a sfiorarlo. Oltretutto, le sue dita erano state avvolte in una matassa di filo, che gli rendeva difficile i movimenti.
Furioso, l'aracnide inarcò il posteriore per colpirgli la gamba con il pungiglione, ma così facendo lui fu in grado di tirarla via e di puntellare il piede contro il suo addome, liberando il braccio sinistro dalla pressione.
Fu così in grado di afferrare uno dei lunghi coltelli dell'Orco morto sotto di sé, piantandoglielo dritto tra gli occhi scintillanti.
Il ragno gorgogliò, si accasciò da un lato e morì, raccogliendo le zampe sopra l'addome come se fossero raggrinzite.
Finalmente l'umano poté liberare l'altra mano dal filo che l'avvolgeva e rialzarsi in piedi, ansimando. Quando vide l'Orco che lo fissava aggrottò la fronte.
- E tu che hai da guardare?- sbottò.
Detto ciò, raccolse rapidamente un altro coltello e glielo piantò nel collo.
***
Il verso dei mostri gli giunse alle orecchie, così nitido che non riuscì a non preoccuparsi: aveva perso troppo tempo, e adesso si erano accorti del suo trucco. Giusto in tempo per tornare indietro a prenderlo.
Già intravedeva dei movimenti tra gli alberi, e i suoni dei loro passi erano sempre più vicini. In uno sbuffo di fumo nero, l'Incubo che aveva incontrato poco prima ricomparve davanti a lui, scalciando con le zampe anteriori. Timmi non riuscì a evitarlo, prendendosi i suoi zoccoli direttamente sul petto e finendo scaraventato indietro di qualche metro.
Rialzandosi col fiato mozzo, il mezzodemone ricominciò a correre, dirigendosi chissà dove, alla cieca, mentre i demoni tornavano a circondarlo. Accese la Fiaccola, falciando quelli che lo avvicinavano troppo, e presto si ritrovò di nuovo nella radura al cui margine, ora se ne rese conto, c'era un burrone.
Guardandosi attorno si accorse di essere stato completamente bloccato: dagli alberi stavano uscendo troppi mostri, troppe creature oscure e lui non poteva affrontare tutti. Di certo, non in quelle condizioni.
- Dietro di te!-
Non riuscì a riconoscere la voce, né capì da dove veniva, ma giunse giusto in tempo: si voltò verso il dirupo, e vide un rettile volante piombare su di lui, gli artigli protesi per ghermirlo.
Menò un colpo di Fiaccola, recidendo un'ala alla creatura, ma un istante dopo venne spinto in avanti da un demone che gli saltò sulla schiena. Un forte dolore gli prese la spalla destra, talmente intenso che perse la presa sull'arma, la quale cadde nell'erba. Lui finì faccia in giù verso il burrone e la cosa che l'aveva aggredito, a seguito dello slancio, fu proiettata di sotto. Purtroppo, anche lui stava per finire di sotto, e non riuscì ad aggrapparsi a niente.
Sentì un improvviso strattone al braccio sano, ma poi riprese a cadere.
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