Parte terza - Desiderio
Selwyn chiuse gli occhi e sospirò riadagiandosi piano sul cuscino.
Tornare a essere un uomo, dopo essere stato un mostro spaventoso, era stato difficile. Non era mai riuscito a perdonarsi la scelta di entrare nella Confraternita, fonte di tutto il male, le imperdonabili colpe, la disperata angoscia e i laceranti rimorsi.
Dopo i crimini commessi - tutte le vite cui aveva sottratto il caldo soffio vitale succhiandone avido il sangue, fino all'ultima goccia - non aveva più diritto a vivere, a essere felice e ad amare.
Aveva congelato ogni speranza e desiderio, ogni anelito del cuore, trasformandolo in un insensibile pezzo di ghiaccio. Aveva vissuto in solitudine, allontanando gli altri con i suoi modi sgradevoli, negandosi ogni gioia della vita: aveva trascinato l'esistenza nello stesso gelido e monotono freddo della morte che aveva crudelmente inflitto alle sue vittime innocenti.
Era stato giusto così, per tanti lunghi e tristi anni. Finché era arrivata lei, a riportare il calore dell'amore nella sua vita e a sciogliere il ghiaccio del suo cuore.
Vivian.
Chiuse gli occhi e sospirò piano: la sua Vivian, la sua dolce, delicata, adorata Vivian!
L'accenno di sorriso dischiuse appena le labbra sottili e Selwyn mosse piano la mano cercandola tra le lenzuola.
Fu quel fastidio che lo bloccò, il leggero bruciore sulla pelle, là dove il Sigillo era tornato dannatamente vivo.
Odiava il sangue, e le proprie imperdonabili colpe.
Deglutì a fatica.
Gli faceva ribrezzo.
L'incubo era ricolmo di sangue, caldo e pulsante.
Gli dava il voltastomaco.
Il rivolo di sangue sulla guancia, nel sogno, il suo aroma penetrante...
Lentamente aprì un poco la bocca, secca, e con la lingua inumidì appena le labbra.
Erano orribilmente vere, le parole del sogno: non era più chi credeva d'essere, non era più un essere umano.
Aveva sete, un'arsura tremenda: il Sigillo ardeva nelle sue vene e una tragica consapevolezza si abbatté con forza tremenda su di lui.
Di nuovo bramava il sangue!
No, non avrebbe più fatto del male, non si sarebbe più trasformato nel mostro disumano che si dissetava con il sangue delle proprie vittime. Il Signore del Sigillo poteva anche ritornare, il Sigillo di nuovo arroventargli le vene come un tempo, ma non avrebbe mai più ceduto: avrebbe saputo resistere, rinnegando e respingendo l'istinto bestiale che il vecchio padrone stava implacabilmente risvegliando nel suo corpo.
Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, i denti serrati con forza sulle labbra.
Gli sembrava d'impazzire. Percepiva l'odore del sangue, il profumo, l'aroma caldo e invitante che penetrava nelle narici.
Non sarebbe di nuovo precipitato in quel macabro orrore, non avrebbe perso il controllo, non avrebbe mai più fatto del male a nessuno.
Sarebbe riuscito a dominarsi, per quanta lacerante sofferenza potesse costargli, per quanta straziante sete avesse mai potuto di nuovo provare; anche se si sarebbe sentito morire ogni volta che il richiamo del Sigillo avesse risuonato nella sua carne trasformando le vene in torrenti di fuoco, che solo sangue fresco e pulsante avrebbe potuto estinguere.
No, non avrebbe ceduto, mai più!
Era già riuscito una volta a sottrarsi alla macabra dannazione e non sarebbe ripiombato nel baratro di disperazione.
No, non voleva, non poteva, non doveva!
Ora c'era Vivian al suo fianco: lei, più d'ogni altro, avrebbe corso un rischio terribile.
Il pensiero gli attraversò la mente, lancinante e terribile, e come un dardo infuocato si conficcò nel cuore, in profondità, spaccandolo in due.
Vivian.
La sua tenera, splendida, amata Vivian.
Non le avrebbe mai fatto del male.
Doveva proteggerla.
Doveva allontanarla dal mostro che stava tornando a essere.
Non poteva correre rischi.
Se l'amava, doveva perderla: solo così l'avrebbe salvata.
E lui amava Vivian, intensamente, più della sua stessa vita, più del sangue che sentiva pulsare sotto la nivea pelle e colorava di rosso intenso le piccole, sensuali labbra.
Strinse ancora i pugni mentre una lacrima scendeva leggera sulla guancia troppo pallida, piccola perla trasparente come la sua perduta innocenza.
Vivian, la luce finalmente ritrovata, la speranza di futuro felice che si trasformava nella tremenda condanna a una nuova, straziante, infinita sofferenza.
L'amava con tutto l'ardore del proprio cuore e il suo corpo la desiderava con rovente passione: la voleva, con tutte le sue energie, ma doveva avere la forza di fuggirle lontano!
Sapeva bene che, oltre alla donna e al suo corpo attraente, desiderava anche il sangue.
Lo sentiva scorrere, gli sembrava addirittura di vederlo, rosso, caldo e pulsante sotto la pelle bianca.
Sì avvicinò alla donna, i lunghi capelli neri sparsi sul cuscino, i lineamenti delicati addolciti nella serenità del sonno e le labbra, piccole e vermiglie, lievemente dischiuse nell'inconsapevole e sensuale invito a un bacio.
- Vivian... - sussurrò piano con tremante dolcezza.
Si avvicinò alle labbra che amava e gli raccontavano una felicità ormai perduta; sfiorò con la bocca la pelle dal profumo inebriante, e all'improvviso lo sentì, forte, potente, esaltante, eccitante più d'ogni altra cosa.
L'aroma del sangue di Vivian era qualcosa di irresistibile, profumo e sapore insieme, una fragranza travolgente, calda e frasca allo stesso tempo, dissetante.
Le sue labbra scivolarono dalla guancia al collo: era preda d'un incontrollabile desiderio di morderla, di affondare i denti nella tenera carne per suggere il liquido squisitamente odoroso di cui bramava dissetarsi. Ne percepiva il profumo intenso, l'inebriante calda fragranza della vita che scorreva pulsando nelle vene.
Ma l'amava.
Non le avrebbe fatto del male.
Un ardente sospiro sfuggì dalle labbra dischiuse, tese verso l'impossibile desiderio.
Dal collo, la bocca scivolò come rovente carezza sul seno: lì sotto batteva il cuore di Vivian, il cuore della donna che amava e che ricambiava il suo amore.
Sospirò ancora cercando di ignorare l'intenso, delizioso profumo che emanava dal sensuale corpo.
Doveva fuggire, lasciarla, mettere il mondo intero fra loro.
Doveva salvarla da se stesso e poteva farlo solo rinunciando a lei.
Non aveva altra scelta.
Con sforzo estremo staccò le labbra dalla pelle calda e morbida, dal sangue che pulsava invitante, e tornò al suo viso, alla bocca lievemente dischiusa.
Desiderava baciarla con tenero amore, stringerla un'ultima volta a sé con infuocata passione, ma aveva il terrore di perdere il controllo, che la brama per l'intenso profumo che lo stava facendo impazzire potesse prendere il sopravvento.
Aveva paura di farle del male.
Le sfiorò appena la bocca con la punta delle dita, il corpo che fremeva dal desiderio di averla e il cuore che urlava disperato il suo dolore, e un sussurro straziato sulle labbra sottili:
- Vivian... amore mio!
Poi si ritrasse di scatto, afferrò gli abiti e fuggì via nella notte buia e fredda.
Dopo tanti anni, quando finalmente aveva di nuovo osato sperare di amare ed essere riamato, quando aveva creduto che anche per lui potesse esserci un futuro di felicità, l'orrendo incubo di sangue era ricominciato e si era ritrovato di nuovo dannato, nell'Inferno dei suoi intollerabili desideri.
Il pulsare del Sigillo gli rivelava, oltre ogni residuo dubbio, che il suo Signore era tornato, riportando in vita il passato e la sua dannazione.
L'Incubo di sangue stava per ricominciare e Selwyn sapeva fin troppo bene che il peggio doveva ancora arrivare.
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