WHO KNOWS.
È svegliata di soprassalto dal rumore di uno sparo.
Poi la voce di Kurt: «Bravo, Tyler. Vai ancora al poligono?»
Un ragazzo con i rasta e una maglietta rosa a maniche corte si gira. «Mi dispiace, con mia madre in ospedale non ho tanto tempo.»
«Ah, capisco.»
«La tua come sta?»
«... Non parlarmene.»
Tyler abbassa lo sguardo su Samantha, che si è messa a sedere. «Hey, la tua bimba si è svegliata!»
«Ho undici anni, giovincello», ribatte lei.
Si alza e va in cucina per scaldarsi una tazza di latte. Il manichino a cui Tyler ha sparato cade per terra con un tonfo.
«Sì, e non è mia figlia.»
«Ohh. Credevo avessi accettato la richiesta di quella tipa fuori dal club...»
Dopo questa frase il ragazzo riceve uno schiaffo.
«Stai zitto per una volta. Io non adotto le bambine di donne a caso.
Ammetterò che mi dispiace per lei, so che è stata una scelta drastica.»
Mentre Sammie è in cucina, Kurt le si avvicina.
«Stavamo pensando... Visto che è da un po' che io e Tyler non ci andiamo, ti va di fare un salto al poligono con noi?»
La ragazzina fa una smorfia. «Quel posto dove si impara a sparare? Non sono un po' troppo piccola?»
Lui ride. «Andiamo, non è che ci spariamo a vicenda. Ci sono i manichini. E noi due abbiamo iniziato ad andarci a otto anni.»
Si fa serio. «E fidati, saper sparare ti servirà di sicuro, se vuoi rimanere qui a lungo.»
Torna al sorriso cordiale di prima e apre la porta.
La BMW grigia di Kurt è molto sporca all'interno. Su un sedile dietro ci sono accatastati tupperware di cibo, alcuni aperti con le mosche che ci girano intorno.
Quando l'uomo se ne accorge, li toglie di mezzo e ne butta la maggior parte in un cestino. Poi si mette alla guida.
Samantha è sull'altro sedile, che per fortuna non ha troppe briciole di pane sopra come gli altri, e tiene la testa fuori dal finestrino per non sentire l'odore di cibo.
Kurt sfreccia fuori dalla città, dove ancora giacciono i resti della festa dei giorni precedenti. Probabilmente saranno tolti soltanto a Natale, per dare spazio ad alberi e neve finta.
Sono passati quattro giorni dall'imminente scomparsa di Samantha Scarlet Brown. È stata vista l'ultima volta il 29 del mese scorso, quando ha lasciato casa sua per andare nella villa dove Oliver organizza feste e conferenze. «Tesoro, dovrai stare qui con zio Vik per qualche giorno», le ha detto.
Non le ha dato ulteriori spiegazioni e questo l'ha resa ancora più nervosa di quanto non lo fosse già.
Di notte è riuscita, senza fare rumore, a prendere lo zainetto e sgattaiolare fuori. Nessuno tra i camerieri e le signore delle pulizie l'ha sentita. Non sa nemmeno se il conducente del treno l'ha guardata in faccia, tanto era mezzo addormentato.
La cosa che più la fa sentire in colpa è che Viktor e Candace si stanno disperando per lei. Vorrebbe tanto potergli scrivere una lettera o in qualche modo rintracciare il loro numero e chiamarli, dire che sta bene. Ma non può farlo, perché poi lo direbbero alla polizia e la polizia lo direbbe ai suoi genitori, Oliver compreso, e Oliver è il motivo per cui è scappata e non vuole mai più tornare.
Stanno interrogando tutti: dalla "madre" di Samantha, ovvero la sorella di Oliver che ha deciso di stare al piano, ai vicini di casa, i compagni di scuola, i pochi amici che aveva.
Ma lei sembra sparita nel nulla.
Oliver non sa come uscire da questa situazione. Se Samantha anche solo per sbaglio dice qualcosa su di lui, si verrà a sapere che lui è suo padre e Candace è sua madre. E il pubblico farà due più due e lui sarà una volta per tutte smascherato.
L'intervista a Candace è stata rimandata al 14 di novembre, e Oliver ha detto che verrà visto che ha un giorno libero. Senza farsi notare, Candace si è lasciata uscire un sospiro desolato. Un'altra opportunità svanita nel nulla.
E ora è in ansia. Piange e Oliver la stringe a sé. Questo la fa piangere ancora di più.
«La troveremo. Non preoccuparti su quello.»
Poi l'uomo si alza e si avvia verso la sua macchina.
La ragazza si siede al tavolo e inizia a sbatterci la testa contro. Avrebbe potuto gestire questa cosa, dire tutto a Samantha prima, scappare prima! Sparire senza lasciare traccia! Adesso non sa nemmeno dove è la sua bambina. L'hanno rapita? È morta!? È tutta colpa di Candace, sempre colpa di Candace. È una stupida! Stupida, stupida, stupida!
Questi pensieri sono interrotti da un cameriere che la allontana dal tavolo. «Per l'amor del cielo, signorina, non si faccia del male!»
Lei di nuovo scoppia a piangere. «Smettila di dire così! Tu non hai idea di cosa ho passato!»
Entra nella sua stanza sbattendo la porta. La chiude a chiave. Il cameriere di prima bussa ma lei non risponde.
Candace guarda il balcone. È in legno di mogano e sopra ci sono dei vasi di gerani di un bel rosa acceso. Ci sono anche un tavolino di plastica e due sedie. Da lì si vedono il giardino, la strada davanti e, qualche isolato più in là, la scuola di Samantha.
Candace prende un respiro profondo e guarda in giù. Chissà come si sentirebbe a lasciarsi cadere. Mettere prima una gamba oltre la ringhiera, poi l'altra. E scivolare e atterrare sul vialetto in sassi.
Chissà.
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