MISTAKE, PART TWO.
Sì, Oliver ha potuto fermarla.
La ragazza giace sul pavimento del soggiorno. Lei è piena di lividi, il suo telefono è sparito. Sono le undici di sera passate, probabilmente è svenuta.
Piange. Si ricorda di quando, undici anni prima, successe la stessa cosa: una bambina rannicchiata su sé stessa, sul freddo pavimento del camerino delle prove, con lacrime che le rigavano le guance. Troppo piccola per capire cosa davvero fosse successo, ma abbastanza matura per sapere che era una cosa brutta, bruttissima, e che quel ricordo l'avrebbe perseguitata per tutta la vita.
Non ha forze. Si sente davvero impotente.
Non sa dove Oliver sia andato, ma ora non le interessa. Le interessa solo trovare il suo telefono. E Viktor. E la sua bambina.
A fatica, si rialza. Apre un cassetto sulla sua scrivania e si mette a cercare un diario. Su quel diario, un'agenda con la copertina bianca a righe rosse, ha scritto nel corso degli anni tutte le cose che pensa di Oliver, da quando ha avuto Samantha. C'è anche scritto qualcosa su Samantha, ma solo parole d'amore: sa che lei non ha fatto niente e non ha nessuna responsabilità per le azioni del padre.
Per quanto cerchi, non c'è. Oliver ha rubato anche quello.
Sconsolata, al limite della disperazione e della rabbia, fa ciò che da anni non è riuscita a fare, tanto era presa a nascondere la verità e apparire carina in foto, video e interviste: scoppia a piangere.
È un pianto rotto, pieno di singhiozzi. Le lacrime le scendono copiose dal volto, il mascara le cola sotto gli occhi, tracciando linee nere.
Una delle cameriere, Amelia, la fissa con gli occhi strabuzzati.
«Santo cielo, signorina! Che è successo!?»
Il suo esclamare isterico si trasforma pian piano in un borbottio nervoso: «Non riesco a lasciare questa casa cinque minuti che qualcosa succede...»
Candace riesce ad esibire un debole sorriso. «Non preoccuparti, Amelia... Torna a dormire.»
Ad Amelia non è mai stata particolarmente simpatica Candace e si fida ciecamente di Oliver. Se le dicesse tutto, non le crederebbe e andrebbe a riferire tutto a lui, ovunque si trovi.
La donna la guarda accigliata con i suoi occhi verdi. «Un'altra minaccia online? Sa che può denunciare questa cosa alla polizia, vero?»
Giusto, una minaccia! Può nascondersi dietro questa scusa. «Me ne occuperò se i messaggi continuano, Amelia. Grazie per avermi aiutato.»
Intanto, qualche cameriere si è svegliato.
Amelia li liquida con un gesto della mano: «Tornate a dormire, c'è poco di cui preoccuparsi».
Candace è di nuovo da sola. Sa che non c'è più niente da fare.
Sospira. Decide che quello che vorrebbe fare, adesso, è la cosa più giusta. Il metodo più semplice per porre fine alla sofferenza. Nessun pensiero la può più fermare.
Prende un quaderno nero, uno di quelli in cui Oliver tiene i suoi appunti per il lavoro. Strappa una pagina e ci scrive sopra con una stilografica. La chiude in una busta e ci mette sopra l'indirizzo della casa di Viktor.
Spera che la sua sorellina, Katya, non venga a leggerla prima di lui. Anche se fosse, non capirebbe che cosa vuol dire.
Va a svegliare Octavian e gli passa la busta.
«Ti prego di non leggere il contenuto. Recapitala domani all'indirizzo scritto sopra. Buonanotte.» Ed esce prima che il ragazzo possa rispondere.
Apre la porta e si affaccia sul balcone. Respira l'aria fredda di metà novembre. La luna è coperta dalle nuvole, ma si vedono alcune stelle. La luce di una candela messa sul tavolo rischiara un vaso dei bellissimi gerani. Guarda in giù, sul vialetto di sassi, preparandosi all'impatto.
Poi, col cuore in gola, mette una gamba dall'altra parte della ringhiera. Dopo aver messo anche l'altra, rimane seduta a guardare in basso. Vuole davvero lasciarsi alle spalle questa vita e tutto ciò che è successo? Inizia ad avere qualche rimorso, finché sente dei passi frettolosi e la voce di Oliver: «Che cosa stai facendo!?»
No. Non può stare in questa vita un secondo di più. Si lascia scivolare e precipita dall'ultimo piano, atterrando di testa sul vialetto. Si sente un tonfo, un grido sordo, poi niente. Oliver corre dai camerieri urlando. È paonazzo e sembra che la rabbia abbia aperto in parte la ferita, visto che ha ricominciato a sanguinare.
I sassi e l'erba si tingono di rosso scuro. Sopra di essi, il corpo inerte di Candace Davis.
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