Samhain
Tutti i villaggi limitrofi erano in fermento per la festa di Samonios. Tutti intenti a preparare le proprie scorte, ad organizzare il raccolto per l'inverno e a raggruppare le mandrie.
Suo padre aveva fatto il consueto inventario e dopo si era recato a Bibracte per comprare ciò che mancava.
Lei, invece, come molti altri, quella mattina stessa aveva sotterrato vicino a casa alcune zucche e mele, un omaggio per gli Dei.
Per ringraziarli dell'estate fruttuosa appena conclusa.
Harve, la moglie del macellaio del villaggio, era passata quella mattina per donare al vecchio druido un po' di carne essiccata per l'inverno.
Suo padre l'aveva appesa nella capanna e gli odori caratteristici della carne avevano già impregnato il luogo.
A Eira ciò ricordava che l'estate era ormai giunta al termine, portandosi via il sole, le lunghe giornate, il calore e i frutti.
Invece l'inverno era alle porte, con la neve, il freddo, il buio ma anche il riposo.
Per mesi la vita rallentava, al passo con la natura, e per quanto potesse sembrare difficile da credere, Eira era contenta di passare la stagione nella capanna con suo padre.
Ogni tanto sarebbero usciti per andare a caccia e forse avrebbero potuto avere anche qualche ospite, ma per la maggior parte del tempo sarebbero rimasti soli.
Per quanto le piacesse l'estate, l'inverno aveva un'attrattiva strana sulla fanciulla.
E quell'anno si sarebbe concluso con una grande novità.
«Sei emozionata per la tua prima cerimonia?», le aveva chiesto la donna, trovandola seduta su un masso a fissare l'orizzonte.
Tutti erano in fermento per la festa ma nessuno era così eccitato come Eira.
Al punto da non riuscire neanche ad aprire bocca per rispondere. Annuì soltanto con la testolina, rivolta alla donna che le sorrideva.
«Vedrai, sarà bellissimo», le si era avvicinata per darle un leggero buffetto sulla testa, cercando di infonderle sicurezza, prima di tornare al suo villaggio per gli ultimi preparativi.
La sera giunse presto e il giorno iniziò a lasciare spazio alla notte così in fretta che quasi non se ne accorse.
Il momento del rito si avvicinava e l'ansia nel cuore della piccola Eira era sempre più dirompente.
Osservò in silenzio il padre che si vestiva per l'occasione, come se fosse una scena talmente sacra da non poter essere disturbata.
E solo quando lui le mise una mano sulla spalla, si ridestó dai suoi pensieri e dalle sue paure.
«Sei pronta?», le chiese Séamas, con il suo solito tono pacato. Le metteva sicurezza ogni volta che la guardava e le sorrideva.
Come se le bastasse averlo al suo fianco per renderla in grado di smuovere mari e montagne.
Con un lungo sospiro ricacciò indietro la preoccupazione e lasciò che solo l'eccitazione la coinvolgesse.
Sorrise all'amato padre e annuì così energicamente da sembrare sicura.
«Bene, allora affrettiamoci, o arriveremo in ritardo».
Indossarono entrambi spessi mantelli per poter sopravvivere al freddo notturno e uscirono di casa che la luna era già alta in cielo, circondata dalle stelle.
Alzando il suo piccolo naso verso il cielo, notò con curiosità che quella notte le stelle sembravano più luminose del solito.
Lei lo sapeva bene perché spesso la sera, dopo cena, si era fermata con suo padre ad osservare il cielo.
Ma ancor prima che potesse fare una domanda, suo padre la notò mentre le osservava.
E per questo affermò: «Le Sette sorelle* sono più splendenti ora che sta iniziando l'inverno... Ci stanno dando l'augurio per il nuovo anno».
Eira abbassò la testa per poter osservare il padre, attenta e curiosa come sempre.
Poi tornò a fissare il cielo, alzò il dito e si mise a contare le stelle blu più luminose che vedeva.
«Ma ce ne sono solo sei», notò lei, con voce delusa.
Suo padre alzò gli occhi al cielo, come aveva fatto lei, per poi affermare: «Si dice che sia impossibile osservarle tutte e sette perché una di loro, Merope, si vergogna a farsi vedere poiché è stata l'unica a sposare un mortale».
All'unisono, come mossi da fili invisibili, i due si guardarono.
Eira cercava di capire le sue parole, ma era ancora troppo piccola per comprenderle a pieno.
Séamas le sorrise ancora una volta, si chinò per poterla guardare dritta negli occhi e le disse soltanto: «Quando sarai più grande ti racconterò tutte le storie e le leggende che conosco».
Glielo promise con tale solennità che Eira non ne dubito neanche per qualche istante.
Poi si rialzò e s'incamminò all'interno della foresta, seguito subito dalla figlia che, per stare al suo passo, fu costretta a saltellare.
Il bosco non le metteva paura, anzi, grazie a suo padre aveva imparato ad amarlo e a rispettare le sue insidie.
Chiunque, di notte, si sarebbe sentito a disagio e invece Eira era completamente a suo agio.
Anche la natura si stava preparando ad affrontare l'inverno, proprio come avevano fatto loro.
Alcuni animali avevano preparato le provviste per la stagione fredda, altri si accingevano a cadere nel lungo sonno invernale.
E le sembrava in perfetta armonia, come se tutto fosse collegato.
Non sapeva di preciso dove avevano allestito per il rituale, perciò seguì suo padre, senza mai perderlo d'occhio.
Non era facile, di notte, con un mantello scuro e con una sola lucerna, che Séamas teneva ferma davanti a lui, ad illuminare il cammino.
Più passava il tempo e più il buio dominava intorno a loro, circondando tutto con le sue spire fredde e oscure.
Ben presto sarebbe stato difficile riuscire a guardare perfino a un palmo dal naso. E le stelle, altre luci disponibili, non erano visibili all'interno della fitta boscaglia.
Così affrettarono il passo, per raggiungere in tempo il luogo stabilito.
E nonostante Eira fosse solo una bambina, comprese quando iniziarono ad avvicinarsi.
Tutti i sensi disponibili iniziarono a percepirlo.
Dapprima l'udito. Una cantilena, prima soffusa e poi sempre più persistente, di almeno una ventina di voci diverse, giunse alle sue orecchie.
Come una ninna nanna cantata da secoli. Si sentì avvolta e abbracciata da quel suono, da quelle parole quasi biascicate e impossibili da comprendere, retaggio di una cultura antica.
Non l'aveva mai sentita eppure appena la udì la percepì come qualcosa di profondamente suo. Come se fosse sempre stato così, come se non ne avesse mai fatto a meno.
Poi anche l'olfatto venne piacevolmente disturbato. Odore di spezie giunse alle sue narici.
Con prepotenza le pizzicarono il naso, non abituato a quel forte profumo. Ma le bastò qualche istante per adattarsi.
Guardandosi intorno notò che gli alberi si stavano dilatando pian piano, quasi con discrezione, facendosi spazio.
Alzando gli occhi al cielo per qualche istante potè constatare che le stelle iniziavano ad essere di nuovo visibili, tra le fronde degli alberi.
Ma ciò che attirò del tutto la sua vista fu la luce intensa e calda che si palesò davanti a loro qualche istante dopo.
La luce del fuoco sacro.
Si sporse leggermente a destra per poter vedere meglio oltre la figura possente del padre che continuava a camminare davanti a lei.
Così potè godersi fino in fondo la sensazione di avvicinarsi sempre di più al luogo prestabilito.
Da lontano poteva vedere solo poche sagome, illuminate dal falò e dalla luce della luna e delle stelle.
Ma man mano che si avvicinavano diveniva tutto molto più chiaro.
Uomini e donne, con indosso lunghe vesti, danzavano e saltavano, battendo con energia i piedi nudi sulla terra.
Si muovevano al ritmo di quella bellissima cantilena che sentiva già da tempo, con così tanta armonia da sembrare un unico corpo.
Ero bellissimi, così eterei da non sembrare più di quel mondo.
Eira ne rimase così estasiata da bloccarsi sul posto, ancora all'interno del bosco, mentre il padre avanzava nella grande radura.
Rimase ad osservare da lontano per molto tempo, e nessuno si accorse della sua presenza.
Era come se stessero vivendo in uno spazio e in un tempo differente.
Appoggiò la sua piccola e esile mano sul tronco di un albero lì vicino, sentendo al tatto tutta la sua ruvidezza.
Era così tangibile, così reale che, mentre si sosteneva grazie alla sua stabilità, tornò in sé.
A mente più lucida, avanzò quei pochi passi che la separavano dal rituale ed entrò nella radura.
Immersa nel verde e nella natura più totale, quel luogo era perfetto per il rituale di Samanios.
Il cielo avvolgeva la pianura, le stelle mettevano in risalto il bianco delle rocce e il fuoco creava giochi di luci e ombre che avrebbero potuto mettere soggezione anche al più coraggioso.
Un cerchio di piccole pietre era stato creato proprio al centro della radura e un fuoco era stato acceso all'interno.
Un fuoco che si innalzava verso il cielo notturno, quasi a toccare quel velo misterioso di cui tutti parlavano.
In un angolo era stato allestito un altare, completamente in pietra con candele accese per illuminare.
Rami secchi, fiori e frutta erano stati posti a terra, un po' ovunque, come dono agli Dei.
Vicino all'altare era stata legata una capretta che, spaventata dal fuoco, tentava di tenersi lontano dal calore.
Mentre Eira era intenta a notare ogni piccolo particolare di quella cerimonia, suo padre si era avvicinato all'altare con fare solenne.
Iniziò ad intonare anche lui quel canto che proveniva da molto lontano, in piena sincronia con gli altri.
Nessuno aveva interrotto il loro ballo, neanche dopo l'arrivo del vecchio druido.
Sapevano che era lì ma la frenesia del momento impediva loro di interrompersi.
Eira non riusciva a smettere di guardarli, mentre saltavano, danzavano e si dimenavano, sempre con molta eleganza, girando intorno al cerchio e al fuoco.
Colpivano la fredda aria di inizio inverno con le loro braccia rivolte al cielo, in un'antica preghiera, e lo facevano con decisione ma allo stesso tempo con dolcezza.
Erano così leggiadri che sembravano volare a qualche centimetro da terra, fluttuando come un'entità non terrestre.
Era così ammaliata che non si era resa conto che suo padre stava cercando di attirare la sua attenzione.
«Eira, vieni qui», la sgridò con tono più alto, per sovrastare il canto.
La sua voce si fece spazio nella sua mente, pretorio e con urgenza, tanto da ridestarla nuovamente dai suoi pensieri.
Presa in fallo, raggiunse l'altare quasi di corsa, con lo sguardo basso per la vergogna.
Suo padre non riuscì a fissarla con rimprovero per più di qualche secondo.
«Vieni qui, aiutami con l'offerta».
Mentre lei era distratta con i ballerini, suo padre aveva tirato su la capra e posizionata sull'altare ma non riusciva a farla stare ferma.
Così Eira si arrampicò su una pietra, per poter essere alta abbastanza e cercò di tenere fermo il povero animale.
Non era la prima volta che assisteva alla morte di un essere vivente, ma di solito era in situazioni completamente diverse.
Non aveva mai visto un animale dimenarsi così, conscio che fra pochi istante la sua vita lo avrebbe abbandonato.
Non riuscì a non guardare l'animale negli occhi, mentre il padre tornava ad intonare una litania antica.
Un sacrificio necessario per ringraziare gli Dei.
«Eira, ripeti dopo di me», le disse il padre, iniziando a recitare una formula in una lingua che lei non conosceva, ma che vagamente le ricordava la loro.
E, ubbidiente, iniziò a ripetere le parole.
Quando poi suo padre alzò il coltello verso il cielo, per poi farlo cadere sulla gola dell'animale, Eira non vide più nulla se non il sangue che colava lento sull'altare e cadeva sulla sacra terra.
Percepì la vita allontanarsi da quel corpo che si faceva sempre più debole, fino a quando smise di muoversi.
Una strana sensazione, mai provata fino a quel momento, la accolse, dai piedi fino alla testa.
Non avrebbe saputo descriverla ne capire da dove provenisse, ma la faceva stare al caldo e sentire sicura.
Il padre la prese per mano e la condusse di nuovo vicino al cerchio sacro dove i ballerini avevano iniziato a vorticare con più decisione e velocità.
Sembrava che fossero pronti ad accogliere qualcosa di coinvolgente e inaspettato.
Per qualche istante Eira provò un po' d'invidia. Erano così in armonia con la natura da farne praticamente parte.
Era ancora troppo piccola per capire il significato di ogni gesto e parola, ma ne percepiva il complesso e questo bastava.
Séamas la invitò ad avvicinarsi così tanto che le vesti dei partecipanti, che sfolazzavano, le sfioravano i piedi.
Alzando gli occhi al cielo, le sembrò che le Sette sorelle fossero ancora più luminose di quanto non lo fossero prima.
Forse perché da quel punto le poteva ammirare in tutta la loro bellezza, o forse solo perché si stava facendo suggestionare dal momento.
Fatto sta che quando tutti si fermarono e alzarono le braccia al cielo, quasi ad accogliere ciò che stava per giungere, Eira fece lo stesso.
Le avevano racconto molte storie riguardanti la notte di Samhain, perciò sarebbe dovuta essere preparata alle sensazione che la travolsero.
Ma la verità era che fino a quel momento non aveva mai creduto alle leggende.
E anche lì, circondata da tanto misticismo e magia, non ebbe del tutto la consapevolezza di ciò che stava succedendo.
Il velo che divideva i due mondi si faceva sempre più sottile e anche se lei non poteva vederlo, ebbe la sensazione di percepirlo.
Posato sul suo capo, che lentamente si dilatava, sfiorandole la pelle e le dita dei piedi, per poi accarezzare la terra e sparire del tutto.
Si era chiesta più volte se avrebbe avuto l'opportunità di parlare con sua madre, quella notte, e se l'avrebbe vista.
Aveva tante cose da chiederle e tante altre da condividere con lei.
Non l'aveva mai conosciuta e tutto ciò che sapeva di lei era ciò che suo padre le aveva raccontato negli anni.
Non conosceva neanche i lineamenti del suo volto ma era abbastanza sicura che l'avrebbe riconosciuta lo stesso.
Una parte di lei si era davvero aspettata di poterla vedere e parlare come se fosse viva.
Ma ciò non avvenne.
Eppure Eira sentì un contatto. Come due dita leggere e affusolate che le accarezzavano la testa, per poi scendere sulle guance.
Sentì una carezza fredda e un brivido lungo la schiena mentre la terra tremava leggermente.
E poi tutto scomparve così, all'improvviso.
Un attimo prima un peso leggero e caldo le avvolgeva il petto e un attimo dopo tutto era tornato alla normalità.
Il fuoco perse la sua vitalità per qualche istante, il tempo sufficiente per oscurare l'ambiente circostante.
E poi riprese vita come animato da entità esterne, accecando tutti i presenti per pochi istanti.
Rimasero in silenzio a guardare il falò per un tempo che parve infinito.
E come se non fosse successo nulla, i partecipanti tornarono a danzare e a cantare.
Harve si avvicinò a lei, rompendo il cerchio che avevano creato, allungò una mano verso di lei e senza dire nulla la invitò a seguirla.
Eira non si fece pregare troppo, come se fosse attratta da quella mano callosa.
Incrociò le dita alle sue e si posizionò tra lei e un'altra donna che, allo stesso modo, la prese per mano.
Senza neanche rendersene conto stava ballando, girando in tondo e cantando.
Circondata dalla magia e dagli spiriti.
Glossario:
-Sette sorelle: è uno dei modi per chiamare le Pleiadi, visibili molto bene soprattutto d'inverno e si dice appunto che durante questa festa avessero un ruolo importante.
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