XXXXII. Fuga
Partimmo per Vienna qualche giorno dopo, l'aria fredda che mi baciava il viso e la promessa del re che avrebbe appoggiato l'imperatore.
Le giornate ricominciarono. Le mattine mutavano in pomeriggi e questi diventavano sere. Io vivevo il mio ruolo con finta tranquillità. Il mio unico pensiero era in realtà Basilius con cui mi vedevo sempre più spesso.
E poi un giorno tutto cambiò. Lo percepii nell'aria. E dagli sguardi puntati su di me non appena mi diressi agli appartamenti dell'imperatrice. Troppi sguardi. Sentii un ghiacciolo scivolarmi lungo la schiena. Dovevo parlare con l'imperatrice. Affrettai il passo. Avrei saputo da lei, avrei...
Una donna si frappose tra me e la porta. Mi fermai un attimo prima di finirle addosso.
-Vostra Grazia non vuole vedervi- disse gelida la donna.
Aprii la bocca per controbattere, ma qualcosa mi trattenne. La situazione non era chiara. Non mi piaceva. Mi voltai e mi allontanai, le mani strette ai lembi dell'abito. Dovevo parlare con qualcuno, dovevo sapere cosa stava succedendo.
-Dame Alinoir- mi sentii chiamare.
Mi voltai e incontrai Janice che correva da me. -Vostro marito è sospettato di fare il doppio gioco- mi spiegò con un filo di voce.
Thomas? Il doppio gioco? Gli avrei dato io il doppio, sì, un doppio colpo in testa... ma come si permetteva di rovinare tutto?
-Dobbiamo andarcene- si aggrappò al mio braccio. -Ne parla tutta la servitù-
Andarcene? Tornare a Neuberg magari, dai miei figli. L'idea non mi dispiaceva. -Prima devo parlare con mio marito-
Tornai alla villa furiosa. Cos'aveva fatto Thomas? Perché non mi permettevano più di stare a palazzo? Oh, me l'avrebbe pagata, ero proprio stufa del suo doppio gioco, tutto per il denaro! Thomas pensava solo al denaro, nulla aveva più importanza.
Una domestica mi venne incontro, il volto stravolto, gli occhi rossi come se avesse pianto. –Dame, Dame, Dame- gemette.
-Dov'è Herr Thomas?- chiesi io. Non volevo farmi trascinare in qualche lite tra domestici.
-Herr Thomas è malato- singhiozzò la giovane, portandosi le mani al viso.
-Malato?- domandai sprezzante. L'ennesimo gioco. Mi prendeva per una sciocca? Le cose andavano male e lui si fingeva malato per prendere tempo. Sarebbe stato capace di farsi passare per morto e imbarcarsi per le Americhe con tutti i nostri soldi se non fossi stata prudente.
-Sì, sta molto male, il medico dice che ha il vaiolo-
Un brivido gelido mi scavò la schiena. La parola vaiolo riusciva a far tremare. Vivevo in un mondo orribile, con malattie capaci di fare a pezzi, sfigurare, uccidere. No, Thomas non poteva avere il vaiolo. Mi costrinsi a mantenere la calma. –Dov'è?- chiese solo.
-Nelle sue stanze... Dame, state attenta, vi prego- e corse via.
Inspirai a fondo. Dov'era Janice? Delle sue parole mi sarei fidata, ero certa che Janice non si sarebbe mai fatta comprare da Thomas. Senza indugiare proseguii verso le stanze di mio marito. Compresi che qualcosa non andava perché la porta era socchiusa. Normalmente la lasciava sempre aperta o chiusa. Inspirai a fondo ed entrai. Un odore dolciastro e nauseante mi colpì come un pugno. Un istante dopo vidi mio marito, riverso nel letto. Mi fermai, il cuore che balzava in gola. Il viso di Thomas era pieno di pustole. Non un'altra volta, mi ritrovai a pensare. Arretrai di un passo, sconvolta.
-Alinoir- chiamò lui, la voce gracchiante.
Non riuscii a muovere neppure un muscolo.
-Sto morendo- sussurrò.
-Guarirai- mentii. Non sarebbe guarito, me lo diceva qualcosa nel profondo della sua anima. Stavo guardando un morto.
-Ascolta- mormorò, prima che la tosse lo scuotesse.
-Cerca di non agitarti- mormorai.
-Ho nascosto dei gioielli... sotto il pavimento della sala- tossì ancora e rivoli rossi gli uscirono dagli angoli delle labbra –devi prenderli e andartene-
-Cosa? Perché?-
-Sono caduto in disgrazia... ha capito che... faccio il doppio gioco... se non mi fossi ammalato saremmo dovuti fuggire... non sospetta di te, ma devi andartene... i miei beni saranno sequestrati, potrebbero chiedere anche i tuoi-
I miei? Il castello di Abel? Quello no, lo amministravo per i miei figli. Un capogiro mi fece barcollare. Pregai che fosse per l'ansia e non un sintomo della malattia.
-Te ne devi andare immediatamente- proseguì.
-Io... non posso lasciarti qua- sussurrai. Era mio marito, mi aveva costretta a sposarlo, ma a modo suo mi aveva sempre sostenuto.
-Devi farlo... devi andare-
-Va bene... cerca di riprenderti- mormorai, non sapendo cosa dire. Cosa si può dire al proprio marito che si lascia a morire da solo? Non mi era mai stato insegnato.
Presi un cavallo e cavalcai tutta la notte. Sentivo i gioielli pesare all'interno del mio abito, dove li avevo nascosti. Janice era al mio fianco, su un destriero bianco. Alcune guardie ci scortavano. Niente carrozza. Quella era una fuga. Mi sembrava impossibile che Vienna ci avesse accolti come vincitori e ora scappassimo di notte, di nascosto, con il cuore in gola e la paura di essere fermati. L'imperatore Ferdinando era un buon uomo non avrebbe mai perseguitato una vedova, questo mi ripetevo. Sfortunatamente non ci credevo. Nessun imperatore è buono quando si tratta di denaro.
Viaggiavamo da diverse ore quando lo vidi. Una figura cavalcava verso di noi, completamente avvolta nel mantello. Sentii Janice sussurrare una preghiera. Inspirai a fondo, strinsi le redini e drizzai la schiena. Volevo apparire sicura di me. Avrei affrontato la sconfitta a testa alta. L'uomo fermò il cavallo a qualche metro da noi e spinse indietro il cappuccio. Basilius. Il sollievo fu quasi doloroso.
-Al- chiamò lui, ansimante –ho fatto in tempo a raggiungerti... io temevo il peggio!- fece avanzare il cavallo di qualche passo. La luce della luna illuminava il suo volto sottolineandone le occhiaie viola. –Appena ho saputo dell'accusa di... -
Gli feci cenno di non parlare. –C'è un posto dove possiamo riposare?- chiesi piano. I crampi mi facevano tremare le gambe e quasi temevo di cadere dalla sella. I cavalli inoltre erano esausti.
-Sì, poco distante, c'è una grotta... seguitemi-
Ubbidii e ordinai agli altri di fare lo stesso. La presenza di Basilius mi rassicurava. Era una follia, ma mi sembrava di essere tornata bambina. Arrivammo dopo un tempo che mi parve lunghissimo. La grotta era grande, con l'apertura nascosta tra gli alberi e i cespugli. Il posto ideale per riposare e sperare di non essere trovati. Basilius saltò giù dal cavallo, elegante, quindi venne ad aiutarmi a fare lo stesso. Fu la sua stretta salda a impedirmi di cadere. Avevo i muscoli rigidi e doloranti. Le tempie mi pulsavano.
-Ho temuto di perderti- mi sussurrò, indugiando nella stretta.
-Non mentirmi- replicai.
-Sono sincero-
-No che non lo sei... hai fatto la tua scelta- ma le parole mi sembravano eccessivamente dure. Era lì per me. Forse il nostro antico legame era ancora vivo.
-Me lo dovrai rinfacciare per sempre?- chiese, duro.
-Portami dentro... sono stanca- e avrei potuto anche essere malata. Il pensiero mi fece rabbrividire... o forse era la febbre? Cercai di stare calma. Non potevo farci nulla, era inutile agitarmi.
Basilius non parlò, ma ubbidì. Mi condusse dentro la grotta, attento che i rami degli alberi non mi graffiassero. Ero di nuovo bambina, ero di nuovo bisognosa delle sue attenzioni e delle sue cure. Ero di nuovo felice di stare con lui. Come potevo essere così stupida?
Dentro era buio e umido. Notai che era stato preparato un giaciglio verso il fondo. Diedi ordine a Janice e alle guardie di sistemarsi all'inizio della grotta.
-Così potrete avvertirmi di eventuali intrusi- mentii. La verità era che volevo stare sola con Basilius. O almeno avere la parvenza di restare sola con lui. Chiedevo troppo? Sì, probabilmente sì, ma non m'importava. Lo meritavo. Il pensiero che lo meritassi mi scosse e mi diede forza. Mi sdraiai sul giaciglio e lo afferrai per il polso. –Resta con me- sussurrai piano.
Basilius lanciò uno sguardo dietro di sé, a Janice e alle guardie che si stavano sistemando. –Lo sai che... -
-Me lo devi- gli ricordai.
Lui sospirò e si lasciò cadere al mio fianco. –Dovrei saperlo che è inutile discutere con te-
-Non lo impari mai- ribadii.
-No, non lo imparo mai- ammise piano. L'ironia guizzava nel suo sguardo scuro. Eravamo tornati ragazzi. E la cosa non mi dispiaceva.
Restammo in silenzio. Il crepitio del fuoco che le guardie avevano acceso mi tranquillizzava.
-Condoglianze- mi disse infine Basilius, come se non sopportasse quel silenzio.
-Non amavo Thomas- mormorai –non sono neppure certa che lui mi fosse affezionato, mi ha sposata perché gli serviva una spia e io, con i miei precedenti di stregoneria, ero facilmente ricattabile-
Basilius s'irrigidì. –Ti ha costretta a... - sembrava che non riuscisse a terminare la frase. Gli faceva male sapere che la sua lontananza aveva portato a questo?
-A sposarlo- terminai per lui –con tutto ciò che questo comporta... oh, tranquillo, ci sono mariti peggiori e a noi donne di nobile stirpe ci viene insegnato che per amore non ci si sposa mai-
-Quando ho saputo che ti eri risposata... ero furiosa- ammise, il tono stanco –credevo che l'avessi fatto per farmi un dispetto-
Una risatina mi uscì dalle labbra e rimbombò nella grotta. Janice si voltò verso di noi. Le feci cenno d'ignorarci. Avevamo bisogno di fingere che ci fossimo solo noi due, come ai vecchi tempi. –Non sei così importante da sposarmi per farti un dispetto- replicai.
Basilius non si scompose. –Sono felice che tu non lo amassi-
Mi strinsi nelle spalle. –Non fare questi discorsi, non mi ami, è inutile che parli così-
-Non ti amo?- il modo gelido in cui lo disse mi fece trasalire –E tu credi che io sia venuto fin qua anche se non ti amo?-
Non replicai. Quelle parole mi facevano dolorosamente piacere. Basilius dichiarava d'amarmi. Oh, possibile che riuscisse a farmi tornare sempre ragazzina?
-Io ti amo, non posso fare altro che amarti- e mi strinse a sé, senza preamboli, senza aggiungere altro.
Mi scappò un gridolino che subito mi sforzai di reprimere. –Basilius- sussurrai. Volevo rimproverarlo, ma il mio tono non era da rimprovero. Il peso del suo corpo sul mio faceva rinascere vecchi ricordi. –Ci vedranno-
Basilius parve riflettere. Un'ombra calò sul suo viso. Si tirò su e lanciò uno sguardo agli altri. Rimasi ferma, affondata in quel giaciglio che, seppur non morbido, mi permetteva di riposare i muscoli doloranti.
-Aspetta- si sollevò, lo sentii allontanarsi, dire qualcosa a Janice e alle guardie. Poco dopo era di nuovo da me. –Ho chiesto loro di spostarsi nell'altra parte della grotta, per poter controllare meglio la strada-
-Buona idea-
Lui si strinse nelle spalle, si lanciò in avanti e mi baciò. Il mio dubbio non durò più di qualche secondo. Mi lasciai andare alla passione, bisognosa di dimenticare tutto.
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