XXII. Dichiarazioni

La mattina seguente per un attimo temetti che lui fosse scomparso. Forse era stato tutto un sogno. Basilius non era mai tornato. Non aprii subito gli occhi.

-Sei bellissima appena sveglia-

La sua voce mi scaldò il cuore e mi tinse l'anima di dolcezza. Soffocai un sorriso, cercando di sembrare tranquilla, di non fargli capire che impazzivo dall'idea di stringerlo forte a me e di riempirlo di baci. Mi spostai di lato e incontrai il viso sorridente di Basilius. Se ne stava in fondo al letto, in ginocchio, un mezzo sorriso a piegargli le labbra. I capelli scuri gli cadevano sugli occhi, dandogli l'aspetto di un bambino. Sorrisi. Un sorriso che nacque spontaneo perché guardare lui mi faceva sentire bene.

-Non mi devono trovare qua- continuò.

Le sue parole mi riportarono violentemente alla realtà. Naturalmente non lo dovevano trovare nella mia camera da letto. Troppo pericoloso. –Te ne vai?- domandai e odiai il modo timido in cui lo dissi.

-Assolutamente no- controbatté –ma chiederò udienza, così ci vedremo in un ambiente più adatto-

Annuii lentamente. Mi dispiaceva allontanarmi da lui anche solo per un istante.

Colpi leggeri. Trasalii, sorpresa e spaventata. Un uomo nella mia stanza!

-Esco dalla finestra- Basilius si lanciò verso la finestra.

-Potrebbero vederti- e colpirlo. Il solo pensiero mi stringeva la gola.

-Alinor-

Era Wulf. Con la coda dell'occhio vidi Basilius irrigidirsi. -Mi sono appena svegliata- mentii -ti raggiungo dopo-

-Ti aspetto qua-

-Non è necessario- tremavo.

Basilius saltò sul davanzale, aprì la finestra, scavalcò.

-Non preoccuparti, ti aspetto-

Basilius mi lanciò un bacio con la punta delle dita prima di lanciarsi giù dalla finestra. Io pregai che tutto andasse per il meglio.


La sala delle udienze era piena di persone. Sentii la presenza di Wulf al mio fianco. Ero nervosa. Non sapevo come avrebbe preso l'arrivo di Basilius. Era meglio progettare un ingresso ufficiale.

Mi mostrai sorpresa quando una delle guardie entrò.

-C'è un uomo che chiede di essere ricevuto-

-Fatelo entrare- mormorai. Il cuore mi esplodeva nel petto.

-Cosa vuole questo?- Wulf mi venne vicino. Ne sentii il calore.

-Sentiamo-

Basilius arrivò, i capelli neri sul viso, le labbra piegate in un sorriso. Il principe di una vecchia leggenda. Parlò subito, senza l'esitazione che avrebbe richiesto la situazione.

-Chiedo ospitalità, mia signora-

-Potete restare- dichiarai, la gola secca.

Basilius incurvò le labbra in un sorriso.

-Siete libero di andare dove preferite-

Basilius si piegò in un profondo inchino, prima di uscire, arretrando senza darmi mai le spalle. Il suo sguardo non mi abbandonò un solo istante e io quasi mi sentii mancare. Il principe fatato. Storie ovviamente. Storie che piacevano a mia nonna.

-Perché gli hai permesso di restare?- chiese Wulf, paonazzo.

-Perché avrei dovuto cacciarlo?- domandai.

-Potrebbe essere un traditore, magari una spia-

-Lo conosco, non temere, lui non è una spia-

Wulf mi fissò in modo strano. -Come puoi esserne certa?-

Come potevo spiegarglielo? Ero confusa.

-Tu lo ami-

L'esattezza di quelle parole mi fece tremare. Wulf era tutto, ma non un ingenuo. Avrei dovuto capire già in quel momento che il terreno stava diventando scivoloso e che presto o tardi sarei caduta. Ignorai il mio turbamento. -Ma cosa ti viene in mente?- gemetti, fingendomi indignata, affranta, fragile -Io amo solo tuo padre-

-E le serpi volano- strinse i pugni e si allontanò.

Avrei dovuto intuire la verità. Wulf provava qualcosa per me.

Incontrai Basilius più tardi. Passeggiavo  in giardino. Lui mi arrivò da dietro, il passo sicuro.

-Finalmente ti ho trovata-

Mi voltai, il cuore in gola.

-Che ne dici se t'insegno a tirare con l'arco?- mi tentò.

-Credo di non poter rifiutare... ma dobbiamo nasconderci- mormorai -se qualcuno ci vedesse... - avevo ancora i brividi al pensiero di ciò che per poco non mi era successo. Stregoneria. In questo caso adulterio. Avrei potuto fare una pessima fine.

-So dove possiamo andare- mi precedette. Passammo nel viale alberato, fino a una piccola radura. -Direi che qui sarebbe perfetto-

Basilius si allontanò di qualche passo e scomparve dietro un albero. Tornò con arco e frecce.

-Non dirmi che è il tuo nascondiglio-

Lui mi sorrise. -Voglio mantenere qualche segreto- mi porse l'arco. -Devi tenerlo teso- mi spiegò.

Ci provai, stringendo i denti, ignorando le dita che mi facevano male e sanguinavano. Le mie mani non erano fatte per questo. Non ero abituata a cose simili.

-Tendi, tendi- m'incitò Basilius.

Io inspirai aria bollente come fuoco. Tesi. Non ci riuscivo. Le mie braccia dovevano, tremavano, cadevano. Io... l'arco mi sfuggì di mano. Trasalii, sorpresa e delusa. -Non ci riuscirò mai- gemetti.

Mi aspettavo che Basilius dicesse qualcosa per consolarmi. Invece lo sentii muoversi, piegarsi e frugare nel suo sacco. Mi voltai a guardarlo, sorpresa.

-Cosa fai?- gli domandai, curiosa.

-Un attimo solo... ecco- ed estrasse una cosa lunga che si biforcava in due parti. Una balestra. -Questa è più facile da usare- me la porse e io la presi con entrambe le mani. Era pesante. -Punta il tronco dell'albero- e mi guidò, un braccio stretto alla mia vita, l'altro che aderiva al mio. Mi tenne così per un istante che parve durare un secolo. Il suo corpo che aderiva al mio, una muta promessa di ciò che sarebbe potuto un giorno accadere. -Devi solo premere qua- e guidò le mie dita. La balestra scattò e la freccia volò. Si schiantò contro il tronco con un suono secco. -Visto? Non è difficile-

-Tu fai sembrare facile qualsiasi cosa-

-Sarà colpa del mio irresistibile fascino- mi fece voltare, un gesto unico, fluido, potente. E mi trovai con il seno premuto contro il suo petto in un frusciare di stoffe. Restai immobile, attenta a non alzare la testa per paura che le nostre labbra si sfiorassero.

-Oh, non dire sciocchezze- borbottai.

-Io non dico mai sciocchezze- le sue dita si agganciarono al mio mento e lo sollevarono -io sono solo onesto... come quando dico che ti amo-

Ti amo. Quelle due parole mi bruciarono l'anima. Esitai. Non ricordo un momento in cui fui più traballante, in cui lo desiderai di più, in cui avrei voluto solo abbandonarmi a lui.

-Al, io ti amo, Al- gemette piano, il respiro contro di me. Un respiro che bruciava come lava.

-Non cambia nulla- biascicai -io sono sposata-

-E allora?- mi scosse leggermente.

-Sono sposata, oh, non mettermi in una situazione imbarazzante- gemetti. E ripensai alle parole di mia nonna. Uomini così portano guai.

-Non lo faccio- intrecciò i miei capelli con le sue dita.

-Sì invece... sei tornato e... sconvolgi tutto... io non so cosa fare- ammisi con un filo di voce.

-Non devi fare nulla... penserò io a te- avvicinò il viso al mio.

Possibile che non capisse che era molto più complicato di così? Mi tirai indietro e mi liberai dalla sua stretta. -Mi dispiace- gli sussurrai e corsi via, le scarpette che affondavano nel terreno.

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