XX. Wulf
Un pomeriggio tornai nelle mie camere prima del solito. Mi sentivo stanca e triste. Sembrava che il mondo avesse assunto un colore cupo. Infausto. Forse...
Qualcosa comparve al margine del mio campo visivo. Spostai lo sguardo. Wulf se ne stava in piedi vicino al mio letto e teneva un sacchetto in mano. Il sacchetto che mi aveva dato nonna! Quello per mio marito. Il terrore mi agghiacciò. Mi portai le mani alle labbra. No, non poteva essere.
-Che cos'è?- mi fissò, lo sguardo appannato. -Un sortilegio? Strega- mi gettò in faccia prima di correre via. Beh, forse l'incantesimo di nonna non funzionava. Wulf non sembrava proprio innamorato di me.
La situazione nel frattempo non faceva che peggiorare. Abel cercava di tenermi all'oscuro degli eventi che si susseguivano. Non voleva che mi preoccupassi, ma sapevo che avrebbe dovuto partire. Aveva giurato fedeltà all'imperatore, presto avrebbe dovuto dare prova di questo. Successe appena un mese dopo le nozze. Me lo comunicò durante la cena che aveva fatto servire nel suo salottino privato.
-L'imperatore vuole che porti i miei uomini a lottare per lui- evitò di guardarmi.
-Non era quello che volevi?- chiesi.
-Volevo? Andare in guerra? Rischiare di morire? Lasciare la mia giovane e bella moglie alla mercé del nemico?- fece una smorfia. -No, decisamente no-
Sentii la gola serrarsi, come se delle dita me la stessero stringendo. -Credi che verranno fin qua?-
-Perché no? So di castelli che sono stati presi d'assalto... lascerò qua delle guardie, ma non saranno molte- si passò una mano sul viso -questa guerra durerà parecchio-
Annuii debolmente. Solo ora cominciavo a comprendere la portata di ciò che stava succedendo. Solo ora comprendevo che c'era peggio al mondo che non avere Basilius. Ascoltai Abel che elencava delle possibilità.
-Voglio che la reggenza del castello la dividiate tu e Wulf-
Un brivido lungo la schiena. -Una donna e un figlio illegittimo?- non nascosi il divertimento.
-Potrebbe risultare un abbinamento vincente- allungò una mano per prendere la mia dall'altra parte del tavolo. Sentii la sua pelle calda e ruvida contro la mia gelida e morbida. -Tornerò, non voglio certo lasciarti qua-
Lo speravo davvero. Non volevo che gli succedesse qualcosa. Provavo affetto per lui.
Abel partì cinque giorni dopo il nostro colloquio. Mi sentii ancora più forte.
Gestire il castello non era semplice. La cosa però più difficile era il rapporto con Wulf. Era complicato. Cercavamo di vederci il meno possibile. Lui lasciava a me quasi tutti gli impegni, sembrava preferire passare il tempo andando a caccia.
Un giorno particolarmente ventoso stavo esaminando delle carte con l'aiuto dell'amministratore del castello, seduta alla scrivania di Abel.
-I terreni rischiano di essere trascurati a causa di questa guerra- l'uomo si passò una mano tra i capelli bianchi.
-Ditemi qualcosa che non so- mormorai. Problemi, sempre problemi. E io come donna venivo considerata inadeguata.
Rapidi passi attirarono la mia attenzione. Guardai verso la porta proprio mentre questa si spalancava e una delle mie cameriere entrava, il viso paonazzo. Balzai in piedi e feci cadere a terra la sedia. C'erano gli invasori alle porte? Oppure era successo qualcosa ad Abel? Il pensiero mi paralizzò e mi fece venire la nausea. Dovetti lottare contro un conato.
-Herr Wulf- esclamò la donna, la voce stridula -lui è... -
-Cosa? Cosa?- gemetti, fuori di me dall'ansia.
-Ferito, durante la caccia- abbassò lo sguardo.
-Dov'è?-
-Nelle sue camere-
Non attesi oltre, corsi.
Il sangue vermiglio spiccava sul petto di Wulf. Mi fermai confusa. Era stato adagiato sul suo letto e una domestica stava cercando di tamponare la ferita. Il lato destro. Non era vicino al cuore, constatai con sollievo, ma avrebbe potuto aver colpito un polmone. Non dovevo pensare al peggio.
-Vai a chiamare il medico- ordinai alla domestica, sostituendola nel tamponare la ferita.
La ragazza annuì, in lacrime. Uscì dalla stanza barcollante. La sua disperazione era tale da farmi sospettare che tra lei e Wulf ci fosse qualcosa. Ignorai questo sospetto. Non aveva importanza in quel momento.
-Vattene- gemette piano una voce. Spostai lo sguardo sul mio figliastro che mi fissava con gli occhi lucidi della febbre.
-No- gli risposi, il tono tranquillo -non me ne vado, mi prenderò cura di te, perché è quello che devo fare, come dama di questo castello e come tua matrigna-
Lui socchiuse gli occhi, come se fosse troppo faticoso tenerli aperti. -Perché?-
-Te l'ho detto... e ora risparmia le forze... è una brutta ferita, ma ce la farai-
I giorni seguenti scivolarono via confusi. Trasferii i miei compiti al capezzale di Wulf. La sua stanza divenne la mia. Era piccola, soffocante, con una finestra e un baule.
Mi occupai personalmente della ferita. Lo imboccai per farlo mangiare. Fortunatamente fu subito chiaro che, benché avesse perso molto sangue, la ferita non aveva trapassato il polmone, né nessun altro organo vitale. Sul chi dei suoi amici gli avesse sparato, beh, non si seppe mai con chiarezza.
-Perché fai tutto questo?- mi chiedeva spesso.
-Te l'ho già detto- replicavo io.
La sera gli leggevo pagine di romanzi presi dalla grande biblioteca del castello.
-Ogni tanto penso che mi piacerebbe stare qua per sempre- mormorò una notte.
Lo fissai sorpresa, non sapendo cosa dire. Il suo viso pallido era illuminato dall'argentea luce della luna. In quel momento, sdraiato nel suo letto, le coperte tirate poco sotto il mento, sembrava una versione più giovane di Abel. Non era solo questo. Mi parve di notare anche una somiglianza con Basilius, lo stesso modo di contrarre i muscoli del volto. Allontanai questo pensiero. Ero una donna sposata, ormai Basilius non avrebbe più fatto parte della mia vita.
-Ti avevo giudicata male... mi dispiace-
-Non devi dispiacertene- mi spinsi in avanti, la sedia che scricchiolava sotto di me -purtroppo spesso ci facciamo guidare dall'istinto-
-Non è istinto... mia madre... beh, mio padre l'ha messa da parte... l'ha scacciata dal castello, lui fa sempre così quando si stufa di una favorita, la manda via... con voi però... voi siete la moglie, non può semplicemente allontanarvi, così ho pensato che era ingiusto... sono stato crudele, voi siete davvero molto buona-
Quelle parole così ingenue mi fecero sorridere. Avrebbe pensato le stesse cose se avesse saputo dell'odio che nutrivo per Yvonne? Se avesse conosciuto tutti i miei violenti sentimenti per lei?
-Ora so perché mio padre vi ha sposata-
-Sono felice che le cose siano cambiate tra di noi- e ricordai con orrore il sacchetto con l'incantesimo. Poteva essere?
La porta si spalancò. Trasalii, presa alla sprovvista. Una delle dame entrò. Tremava e si dovette appoggiare allo stipite della porta per non cadere.
-Ci attaccano, ci attaccano-
Balzai in piedi e l'afferrai per le spalle, scuotendola. Il cuore mi rombava nel petto e sembrava volermi risalire in gola. Speravo che non mi uscisse dalle labbra.
-Dame Alinor- gemette -le guardie hanno visto degli uomini circondare il castello, si muovono furtivi, non hanno suonato le campane per paura che... -
-Va bene- la interruppi.
-Dame Alinor- stava piangendo e le lacrime le rotolavano copiose lungo le guance -cosa facciamo?-
-Chiudete tutte le porte, ci prepariamo per l'assedio- decisi, svelta. Non c'era tempo da perdere.
La giovane sbiancò. -Herr Wulf- mormorò, rivolgendosi al mio figliastro -cosa... -
-Hai sentito Dame Alinor, vero?- si tirò su. Una smorfia di dolore gli storpiò il viso.
La ragazza annuì, singhiozzando.
-Allora ubbidisci-
La domestica fece una mezza riverenza e corse via. Restai ad ascoltare i suoi passi che battevano contro il pavimento e si allontanavano sempre di più. Alla fine rimase solo l'eco.
-Dobbiamo agire in fretta-
Mi voltai e vidi che Wulf stava scivolando giù dal letto. -No, tu non devi alzarti- esclamai.
-Non puoi costringermi a stare qua, soprattutto visto che qualcuno sta cercando di prendere il castello- si alzò su e barcollò. Mi lanciai in avanti e lo afferrai per il braccio. Restammo un attimo immobili, sospesi nell'aria. Ballerini di una leggenda. Il suo respiro s'infranse contro le mie labbra, facendole formicolare. Un solo attimo prima che il suo peso mi portasse giù con lui. Finimmo nel letto, io su di lui. Wulf lanciò un lamento. Cercai di tirarmi indietro rapidamente per non fargli male. Traballai, il cuore schizzato in gola, le guance che mi bruciavano, il suo calore sulla mia pelle. Fu solo quando fui abbastanza lontana che, ansimante, mi resi conto di quanto quella situazione fosse imbarazzante. Abbassai lo sguardo. Il profumo di Wulf riecheggiava dentro di me.
-Io... devo andare- farfugliai. Non attesi, non mi fermai quando lui chiamò il mio nome. No, proseguii. Era solo la tensione per tutto quello che stava succedendo. Il frullio al cuore non era nulla d'importante.
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