IL. La verità

Ed eccomi di nuovo lì. Con l'odore del fumo che mi bruciava le narici. Il peso di tutta la storia che mi crollava addosso.

-È colpa tua- singhiozzai. -È Yvonne che ha fatto male alla nostra bimba, tu gliel'hai permesso-

-Ma che dici? Mi giudichi così?- Basilius sospirò e la sua presa si fece meno forte.

-Ti giudico come sei- mi voltai per guardarlo negli occhi. In quei maledetti occhi neri. Notti senza stelle. -Hai preso mia figlia-

-Nostra figlia- abbassò lo sguardo.

-Non hai mai tenuto a lei-

-Lei è viva- sussurrò Basilius, la voce rotta. Il pugnale premeva contro il mio corpetto.

Fu come ricevere un pugno e allo stesso tempo un bacio. Era viva, la mia bambina era viva. E se fosse stata una bugia? Se Basilius avesse voluto ingannarmi? -Sei stato tu quindi-

-Mi dispiace... io non volevo portartela via, ma avevo paura che le avrebbero fatto qualcosa... girava voce che fosse mia figlia, avevo paura che qualcuno si vendicasse su di lei-

Trattenni il respiro, consapevole della verità di quello che stava dicendo.

-Avrei dovuto dirtelo... mi dispiace-

-Dispiace anche a me- socchiusi gli occhi –ti ho odiato per tantissimo tempo... credevo di non poter far altro che odiarti e invece sbagliavo-

-Sbagliavo io-

-Forse sbagliavamo entrambi- mi costrinsi a sorridere. Un sorriso dal sapore amaro.

Basilius rise. La sua delicata risata. L'avevo dimenticata, ma riuscì a stringermi il cuore e a farmi tornare alla mente mille ricordi. Io e lui da bambini, che giocavamo nel grande cortile del castello. Lui che si faceva avanti per farmi salire a cavallo e indugiava con le dita sul mio stivaletto. Io che lo raggiungevo nella sua stanza solo per parlare, per godere del tempo insieme. Eravamo sempre stati noi due. –Io sbagliavo, ho sempre sbagliato io- sussurrò.

Sentii le lacrime pungermi gli occhi. Mi costrinsi a sorridere, a ingoiare l'amaro che m'invadeva la gola. Non dissi nulla quando Basilius lasciò cadere il pugnale e mi strinse tra le sue braccia. Il pensiero tornò al passato, a quei desideri proibiti che un tempo mi avevano scossa.

-Devo fermare tutto questo- mi spinsi indietro.

-Non si può più fermare-

-Fammi provare- scivolai fuori dalle sue braccia. -Ci sarai quando tornerò?-

-Non ho intenzione di andare da nessuna parte-

Volevo crederci. Annuii, mi voltai, corsi.

-Ma dove vai?- qualcosa mi afferrò per il braccio.

Sophie mi fissava, i capelli biondi raccolti in una treccia. Mi si mise davanti, l'abito turchese mosso dalla brezza.

-Sophie... devi lasciarmi passare- gemetti. Perché Yvonne non meritava la morte, ma solo un brutto spavento.

-Cos'hai intenzione di fare?- chiese, gelida. Acqua che scende dal cielo in un giorno d'inverno.

Esitai. C'era qualcosa nel suo sguardo... non mi piaceva. Arretrai. Un passo e quasi inciampai nel mio abito.

-Cosa vuoi fare?- chiese nuovamente, lampi nello sguardo.

-Devo parlare con l'inquisitore-

-Per cosa? Vuoi essere accusata di nuovo? Indietro non si torna-

E io ebbi paura perché compresi la verità dietro il volto d'angelo di Sophie. E mi diedi della sciocca. Possibile che non avessi compreso chi era davvero mia cugina? L'odio mi aveva resa cieca... e ora non potevo più fare nulla. Capelli biondi nel bosco. Era sempre stata lei.

-Ascolta il mio consiglio, Alinoir, resta fuori da questa storia, sei ricca, amata, bellissima, il mondo ti sorride, perché dovresti rinunciare a tutto per Yvonne?-

-Tu vuoi il castello di mio padre- compresi.

-Sarò la sua erede... tu hai già Neuberg e molte terre, non vedo perché dovresti crearti dei problemi, possiamo essere amiche come sempre siamo state- sorrise, invitante, come a dire di essere ragionevole, che non vale a la pena di rovinare un'amicizia per Yvonne.

Mi sforzai di sembrare rilassata, ignorando la tempesta di pensieri ed emozioni che mi scuoteva. Il mio mondo cadeva a pezzi davanti a me. Ero sempre stata sciocca, stupida, incapace. Ora lo sapevo, ora potevo reagire. Ora dovevo reagire. Ora dovevo farcela.

-Credimi, Alinoir- continuava Sophie, leggera come la pioggerellina di primavera -è meglio così-

Non dissi nulla. Mi lanciai contro di lei. Sophie sgranò gli occhi e cadde all'indietro. La superai senza esitare.

L'uomo mi guardò come se fossi impazzita. -Non si può- dichiarò -la decisione è stata presa-

La mia pelle gelò. Non parlai. Cosa potevo dire? A nessuno importava che le accuse fossero vere, lo avevo appreso molti anni a mie spese. Non piansi, non urlai, non feci nulla. Mi voltai semplicemente verso il rogo. Sentivo il rumore del legno che crepita per le fiamme. Non guardai in viso Yvonne, la mia sorellastra, colei che sempre avevo odiato.

-Invoca Melusina- sussurrai -invocala, lei difende le sue figlie-

Non successe nulla e io ricordai i dubbi sulla paternità di Yvonne. Nonna non era convinta che lei fosse sua nipote. Per quanto ne sapessi lei non era una prediletta di Melusina. Forse nelle vene di Yvonne non correva il mio stesso sangue. Eravamo due estranee. E per la prima volta provai un senso di affetto e sorellanza per Yvonne mentre ricordi, persi nella piega della memoria, ricomparivano. Yvonne bambina che mi porge la sua bambola perché la mia è caduta nel pozzo. Yvonne adolescente che ride a una mia battuta. Yvonne ormai donna che mi guardava complice mentre nostro padre parla dell'inettitudine delle donne.

Lei forse non era una figlia di Melusina. Io però sì e potevo chiederle aiuto per un'altra donna. Mi buttai a terra e la invocai.

-Melusina- sussurrai.

E ricordai. Mia nonna che parlava dell'altro suo figlio, quello morto di febbri, che valeva cento volte mio padre. Basilius che mi baciava facendomi sentire l'unica al mondo. Mia figlia che mi guardava con la mia luce negli occhi e che sorrideva con le labbra di suo padre. La pioggia cominciò a cadere sul viso. Era soffice simile a una carezza. Era il tocco di una madre, di una nonna, di una figlia. Era Melusina. La pioggia scese più violenta e iniziai a sentire le lamentele. Il fuoco si affievolì e si spense.

Sentii qualcosa posarsi sulle spalle. Aprii gli occhi, le ciglia bagnate di lacrime e di pioggia. Il volto di Basilius splendeva davanti a me. Un sole. Il mio appiglio.

-Mi dispiace-

-Andiamo via- lasciai che mi prendesse tra le braccia. -Portami da lei- singhiozzai.

-Sì, ti porto da lei- mi sollevò e mi portò via.

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