I. La figlia di Melusina

Anni prima

La mia anima e quella di Basilius sono unite da un filo invisibile fin dalla nostra nascita. Un episodio conferma questo mio pensiero. Il giorno in cui venni al mondo un grande temporale scosse il castello. Tutti nella regione se lo ricordano. L'acqua, narrano, correva per le strade, distruggendo tutto quello che trovava. Mio padre stesso amava raccontare che quella notte, quando i fulmini illuminavano il cielo scuro come se fosse stato giorno e mia madre era in travaglio, aveva accettato di prendere il piccolo Basilius come figlio. Erano arrivati al castello nello stesso istante in cui io abbandonavo il grembo di mia madre. Basilius, che al tempo aveva circa quattro anni, sentì il lamento di un gufo in lontananza e i miei gemiti di una neonata. Inutile dire che Basilius fin da quel momento fu incuriosito dalla piccola primogenita del suo protettore. Mi piace pensare che condividiamo la stessa anima.

Di mia madre non ricordo nulla. Ogni tanto mi sforzo per mettere insieme un'immagine sfocata e certamente falsa. Mi piace credere che fosse simile a me. Pallida, bruna, esile. Non ricordo, inutile insistere. Crebbi con mia nonna, l'altera madre di mio padre, più volte vedova e con l'animo d'acciaio. Lei si prese carico della mia educazione. A lei devo ogni cosa.

-Noi discendiamo dalla dea Melusina- mi spiegò un giorno, un leggero sorriso sulle labbra. Eravamo sedute nel suo salottino e io affondavo nella poltrona troppo grande.

-Me...lu...ti...ne- tentai di dire.

-Melusina- mi corresse lei, con dolcezza -è una dea dell'acqua... sai, anche la regina d'Inghilterra Elisabetta Woodville discendeva da lei-

Sgranai gli occhi. Eravamo imparentati con una regina quindi? Sapevo che mia nonna un tempo aveva vissuto alla corte inglese, mai però avrei pensato che il suo sangue fosse reale.

-Non devi mai dimenticarlo... e Melusina protegge le sue figlie predilette... ricorda bene che le protegge-

Non sapevo quanto fossero importanti quelle parole. Melusina ci segue, ci protegge, ci aiuta. Senza di lei sarei polvere.

Mio padre ripudiò mia madre quando avevo solo un anno, sostenendo che fosse una strega, una discendente della dea Ecate. Mia nonna me ne parlava spesso.

-Una persona coraggiosa e intelligente... riunisci in te molti poteri-

La donna che mio padre frequentava al tempo era già incinta e lui si affrettò a sposarla per dare una parvenza di legittimità alla creatura che cresceva nel suo grembo. Da quella infausta unione non era nato l'erede, il maschio che mio padre avrebbe sempre desiderato senza mai avere, ma la mia sorellastra Yvonne. E quando era nata lei un pezzo di me si era staccato. Ogni tanto credo che me lo abbia strappato lei con i suoi artigli, il suo spirito che prima ancora di venire al mondo volava per il castello per farmi danno. La sera prima della sua nascita vidi una donna dai capelli fulvi, che indossava un abito fatto d'acqua. Camminava accanto alle alte siepi. Io la fissai, le mani premute sul davanzale gelido. La donna si voltò verso di me e mi salutò con la mano. In quel momento seppi che mi aveva riconosciuta come sua discepola. Alcuni diranno che ero troppo piccola per ricordare, eppure io ricordo... Melusina, la mia dea.

Nemmeno un anno dopo mio padre ripudiò anche la madre di Yvonne e sposò un'altra. Voleva il maschio, l'erede, e giurava che non si sarebbe fermato davanti a nulla

-Non è per le mogli che non può avere figli maschi- mi spiegò una volta mia nonna, mentre eravamo intente a cucire nel salottino. Ero piccola, forse avevo otto anni. Non capivo perché mio padre continuasse a ripudiare le sue mogli, a mandarle via dopo che queste non gli avevano dato il maschio che desiderava. -Non credere a quello che ti dice- borbottò, le mani intente a lavorare con l'ago. Mia nonna era l'unica donna che poteva dire tutto ciò che voleva. Dopo aver seppellito ben cinque mariti e dato alla luce dodici figli si era guadagnata il diritto di dare la sua opinione su ogni cosa. -I maschi della nostra famiglia sono maledetti... ti sei mai chiesta perché Enrico VIII non riuscisse ad avere l'erede maschio?- si piegò in avanti, il viso pieno di rughe sorridente -Sua madre, Elisabetta di York, era una della nostra famiglia, nelle donne la maledizione non compare, negli uomini sì... tuo padre può ostinarsi quanto vuole, probabilmente non avrà mai l'erede che desidera-

-Perché una maledizione?- domandai a bassa voce, il cuore che mi batteva forte, in parte perché spaventata, in parte perché felice di essere la confidente di una donna così importante.

-Perché gli uomini tradirono Melusina... è così, non si può fare nulla, lei stessa li ha maledetti-

Queste parole s'impressero a fuoco dentro di me. Le avrei ricordate per sempre. Gli uomini tradirono la mia antenata. Gli uomini forse avrebbero tradito anche me. Fu allora che iniziò a piantarsi quest'idea.

-Melusina protegge noi donne... ma non gli uomini... loro non hanno bisogno di essere protetti, devono pagare per quello che suo marito le ha fatto, perché non si è fidato di lei-

Mia nonna me ne ha parlato spesso. Di Melusina, della maledizione, del fatto che gli uomini non fossero degni di fiducia. -Cinque mariti, tutti bravi a modo loro, ma troppo stupidi per meritare la mia fiducia... e lasciamo perdere i figli, tuo padre poi è il peggiore- le sue parole accompagnarono i miei primi anni di vita.

Cos'altro ricordo dell'infanzia? Beh, le corse nell'erba, al fianco di Basilius, i muscoli che si tendevano, il fruscio del mio abito, lui che mi faceva vincere, noi che ci lasciavamo cadere tra i fiori. I nostri giochi, fatti di pizzicotti, urla, risate. Le sue giocose prese in giro durante le quali mi diceva che ero troppo seria o troppo ben vestita. Le nostre finte liti per motivi sciocchi. Basilius, ecco sintetizza la mia infanzia, in una sola parola. No, non basta. Basilius e Yvonne, ecco le parole che sintetizzano il mio mondo. Io però ho sempre preferito parlare del primo.

Mio padre adorava Basilius e per quel bambino cupo, senza mai un sorriso, con un nome così pretenzioso -Basileus, da cui il suo nome deriva, in greco antico significa re- nulla era troppo. Precettori costosi, incantevoli vestiti, giocattoli fatti con i migliori materiali. Era il maschio che io e Yvonne mai avremmo potuto essere e con cui mai avremmo potuto competere. Altre forse lo avrebbero odiato per questo. Io però non riuscivo proprio a odiarlo. Basilius era il mio più caro amico. Spesso ci nascondevamo in qualche piccolo angolo del cortile del castello. Io e lui, a ridere, scherzare, immaginare. Mi piaceva credere che solo con me Basilius riuscisse a essere davvero sé stesso e che perdesse il solito alone di tenebre.

Yvonne invece fu il mio tormento fin da bambina. Era colei che distoglieva l'attenzione di mio padre da me, colei che mi rubava la scena, colei che mi tormentava. Yvonne con quel suo aspetto da principessa che le semplificava la vita. Perché mi odiasse non lo compresi mai. Forse io avevo qualcosa che lei non aveva. Forse era per il fatto che io fossi così legata a Basilius. Vedevo come ci guardava quando eravamo insieme. L'odio le brillava nello sguardo limpido.

Avevo una sola amica. Sophie, la figlia di mia zia, orfana di entrambi i genitori, ospite del castello per la bontà del mio illustre padre, come lui amava ricordare. Una bambina capace di distruggere qualsiasi oggetto di valore con la sua goffaggine. Una reietta perfino tra la servitù. Io però le ero affezionata. Sognavamo entrambe un mondo di amori e incantesimi.

Di noi bambine si occupò Bryanna, la nostra bambinaia. Una donna che è sempre stata vecchia nei miei ricordi. Yvonne ebbe sempre un trattamento di favore. Le bastava sbattere gli occhi e, voilà, il mondo le si apriva. Bryanna l'adorava. Io mi sentivo sempre seconda. Questo unì molto me e Sophie. Avere una comune nemica ci rese amiche. E nulla ci rendeva più felici che cercare di danneggiare la mia sorellastra. Sospettavo che Sophie la odiasse perfino più di me. Sfortunatamente mia cugina non poteva competere con Yvonne.

-Una che non combinerà mai nulla- mormorò un giorno mia nonna lo sguardo fisso su di lei, le labbra arricciate. Sophie, davanti a noi, inciampava e si aggrappava alle belle tende di seta, strappandole.

A cosa dovessi la preferenza di mia nonna per me non lo seppi mai.

-Tu sei diversa, Alinoir, sei come me da giovane- sussurrò, passando le sue lunghe dita tra i miei capelli.

Tutti temevano mia nonna, Dame Agatha. Con i capelli grigi, il fisico ossuto, le mani coperte di macchie scure, riusciva comunque ad attirare lo sguardo. Era quasi un essere mitologico. Una creatura non appartenente a questo mondo. E forse a nessun altro.

Oggi mi trovo a pensare che Sophie, mio padre, perfino mia nonna non fossero altro che pallidi spettri nello spettacolo della mia esistenza. Credo che potrei definire la mia vita solo in base a due persone: Basilius e Yvonne. L'amore immenso per il primo e l'odio viscerale per la seconda. Solo questo. Forse ci definiamo solo in base agli altri. Forse senza gli altri non saremmo nulla. A volte sospetto di aver dato troppa importanza a due persone che probabilmente non meritavano nulla.

Penso spesso a un quadro che si trovava nelle camere di mio padre. Rappresentava l'eroina biblica che uccise il crudele Oloferne per liberare la sua città. Giuditta. Fu dipinto da un pittore, amico di mio padre. La cosa che mi rende molto caro il dipinto è che l'uomo s'ispirò a me. Giuditta ha i miei stessi tratti, i miei lunghi capelli neri, i miei occhi scuri, che diventano più chiari alla luce della candela. Posai per diverse ore al giorno, sopportando il freddo e la stanchezza. Basilius mi prese molto in giro al riguardo. Io che non davo importanza all'aspetto fisico me ne stavo immobile come una statua, sotto lo sguardo verde del pittore, che mi riempiva di complimenti. Yvonne era furiosa. Non mi parlò per giorni. Beh, forse lo feci anche per questo. Per una volta volevo essere io la preferita.

Diversamente da altre Giuditte la mia non sta uccidendo Oloferne, no, è raffigurata un attimo prima, un dito davanti alle labbra carnose, lo sguardo malizioso, come a rivolgersi all'osservatore. È una Giuditta consapevole di quello che farà. Una Giuditta che invita il pubblico a seguirla. È la donna, maliziosa e sorridente, che io avrei voluto essere.

Non so che fine fece il pittore, ma solo che partì in una notte priva di luna. Io passavo ore a fissare quell'immagine. Ne imparai ogni linea. I capelli sciolti sulle spalle. L'abito vaporoso. Oloferne e l'ancella sullo sfondo. Mio padre lo notò e, in uno dei suoi gesti di prodigalità, me lo regalò. L'ho appeso nelle mie stanze.

Per anni Giuditta, con quell'espressione accattivante su un viso identico al mio, rappresentò la superiorità dell'immagine sulla parola. Lei dice tutto senza dire niente. Ora non lo penso più. La parola ha una cosa forse che supera l'immagine. Può rivelare cosa pensa un personaggio dietro il viso immobile. L'arte può tanto? Non ne sono certa. Però sono sicura di una cosa. Giuditta fu Giuditta grazie a due persone Oloferne e l'ancella. Forse non siamo tanto diverse.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Ecco il nuovo capitolo! Qui abbiamo un primo accenno del complesso rapporto tra Alinoir, Yvonne e Basilius. Si tratta di un primo capitolo che è maggiormente descrittivo proprio perché il resto della storia possa essere compreso meglio.

Grazie per aver letto questo capitolo e fatemi sapere se vi è piaciuto.

A presto!

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