XII CAPITOLO

Con un gemito, Moroni si ritrovò ad alzare il mento e a guardare la stanza in cui era stato rinchiuso. Sentiva il suo battito rimbombare nelle orecchie, mentre tutto il corpo sembrava essere scosso da leggeri brividi di terrore.

Non aveva freddo: un fuoco scoppiettante scaldava la stanza e allo stesso tempo la illuminava: non c'erano finestre e alle pareti era appeso ogni tipo di oggeto di tortura, dai più piccoli pugnali alle più possenti cesoie. Non aveva un bel ricordo di quest'ultime: quando era ancora un Arcangelo gli avevano tagliato le ali con queste lasciandolo soffrire in una lenta agonia e, rivedendole, quella lenta agonia si era di nuovo insinuata nel suo corpo, nelle sue ossa.

Stava ancora mettendo la stanza a fuoco quando, accorgendosi di star sanguinando in volto, provò a toccarsi poco sotto al naso, ma senza riuscirci: le sue mani erano legate allo schienale della sedia su cui era seduto: vecchia, ma che stranamente ancora reggeva il peso di un corpo umano.

Le sue gambe erano unite e legate a loro volta a quelle della sedia.

Appena fu un minimo più lucido, pensò di mettersi ad urlare per attirare l'attenzione, ma probabilmente nessuno l'avrebbe sentito e avrebbe soltanto sprecato energie essenziali per continuare a vivere.

D'un tratti ebbe un tuffo al cuore: come avrebbe fatto la Fray senza la sua protezione? Va bene che l'aveva lasciata in buone mani con Sam, ma lui comunque  non era lì a proteggerla, a rassicurarla, ad amarla.

Già gli mancava la sua voce suadente, il suo profumo, la sua voglia di vivere, il suo dolce sorriso. Aveva paura per lei e per sè stesso.

Aveva paura di non rivederla mai più.

A questo pensiero un profondo sentimento di rabbia gli invase il petto, facendolo gonfiare di determinazione. Tentò di sciogliere le catene a cui era legato, ma chi voleva prendere in giro: le catene erano in ferro, neanche  a dire che fossero del tessuto morbido della corda.

Il ferro non si poteva spezzare con la forza bruta, ma con l'ingegno sì, e questo lo capì solo quando il dolore ai polsi gli schiarì la mente, facendola aprire, creando e scartando nuove idee per liberarsi.

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Dopo aver accompagnato la Fray al ristorante, i due ragazzi si erano seduti nella sala a fianco a quella dei professori. Non avevano avuto "fortuna" come io giorno prima: Sky gli chiese se si poteva sedere con loro. Ovviamente i ragazzi avevano acconsentito e la ragazza, quindi, si era seduta di fronte a loro tentando di attaccare conversazione coi due, se non fosse che la sensazione dell'aura negativa non li distraesse così tanto dalla voce della ragazza...

-Avete capito, poi, cos'ha fatti Layla? Per fare quella "figa" davanti a tutti i maschi della nostra classe e dell'altra ha preso la palla e... ragazzi? Ehi, mi state ascoltando?- Sky li guardò seria, ma Sam teneva i gomiti poggiati sul tavolo e la testa sorretta dalle mani chiuse a pugno premute sulle gote mentre fissava il vassoio con sguardo assorto mentre Jessie masticava una fetta di pane con una striscia di Nutella sopra, anche lei assorta in chissà quali pensieri.

-Ehi... ehi!!- la ragazza schioccò le dita davanti agli occhi di Jessie che, come risvegliata da un'ipnosi, scosse leggermente la testa mugolando un:"mh?" sorpreso.

-Benvenuta sul pianeta terra bell'Addormentata. Io ti starei parlando, eh.- Sky assunse un'aria offesa mentre pronunciava quelle parole.

-Oh... scusa, ehm... sto...-

-Jessie sta semplicemente passando un momento difficile, non caliamoci nei dettagli.- Sam si era risvegliato dai suoi pensieri e ora guardava le due ragazze mentre afferrava un pezzo di torta e se lo portava alla bocca, per poi levarsi le briciole dalle dita sfregandole sul piatto.

In realtà nessuno dei due Serafini aveva voglia di mangiare, però si stavano sforzando per avere le energie per continuare le loro ricerche e soprattutto per elaborare piani.

Sky sbuffò e affermò:- Certo che con voi la mattina è pesante. Magari il pranzo sarà migliore.- così si alzò afferrando il proprio vassoio e portandolo a posto, per poi uscire dalla sala. Sam ebbe l'impulso di seguirla per dirgliene quattro, ma fu fermato da Jessie, che, afferrandogli il braccio, lo aveva fatto ri-sedere.

-Non ne vale la pena di sprecare fiato per lei.- aveva mormorato poi.

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-Annarita, ti vedo con una brutta cera.- la Marianne guardò la Fray che non aveva alzato gli occhi dal suo piatto. Questi seguivano pigramente il contorno del cibo, come avevano fatto i pollici di Moroni con i contorni del suo viso.

Riscossa da quei pensieri, guardò la Marianne che però la precedette con una domanda:-Dov'è Marco?-

La donna a quella questione fece di tutto per nascondere il suo dolore e per trovare una scusa plausibile.

-Ehm... beh, sta male.- aveva mormorato. -Quindi è rimasto in camera.-

Con un'alzata di spalle la Marianne masticò il suo pezzo di torta al cioccolato, dicendo:-Spero si rimetta presto.-

-Anch'io...- la Fray abbassò nuovamente lo sguardo, avvolgendosi nella coperta dei suoi pensieri soavi.

Uno in particolare la tormentava, e più che un pensiero era una dolce memoria di quando la Fray aveva conosciuto il professore.

All'epoca avevano all'incirca 19 anni, era poco più che un'adolescente ed era fidanzata con il migliore amico di Moroni: Louis.

Quest'ultimo, ignaro di quel che sarebbe potuto accadere, aveva fatto conoscere i due, facendo giurare a Moroni di non denunciare la sua relazione con una mondana agli Angeli.

Moroni aveva accettato sia per amicizia, che per amore della Fray: si era innamorato subito di quello scricciolo di donna, di quella voce, di quegli occhi dolci, così come lei: amava come le sorrideva, come gli angoli della bocca gli si increspavano formando delle dolci e buffe fossette.

Questo amore non lo avevano nascosto a Louis, anzi, glielo avevano annunciato subito, ma al ragazzo non andò giù: aveva sfidato pubblicamente Moroni, dicendogli che voleva fare una battaglia all'ultimo sangue e chi avrebbe vinto si sarebbe aggiudicato la mano della Fray, ma Moroni aveva risposto con testuali parole che colpirono così tanto la donna che ancora le ricordava:

No. Rifiuto la sfida. Non per vigliaccheria, ma perché devi capire che Annarita è una donna libera, indipendente, e spetta a lei la scelta di decidere a chi donare il proprio cuore.

Quindi, Louis, accecato dalla rabbia, aveva attaccato Moroni, ma gli Angeli avevano fatto irruzione e li avevano portati via entrambi. La Fray era rimasta dietro ad un muro della casa ad ascoltare e a vedere tutta la scena indisturbata, e a ripensare a quel momento ebbe un tuffo al cuore: ora aveva perso di nuovo Moroni, come era accaduto quella sera, e ora aveva capito cosa fossero quelle creature che avevano rapito Louis e Moroni.

-Annarita?-

La voce della Marianne svegliò nuovamente l'altra dai suoi pensieri: la donna fissò lo sguardo in quello dell'altra professoressa.

-Oltre che di brutta cera oggi ti vedo pure assente. Che succede?-

La Fray scosse energeticamente la testa, segno che non voleva parlarne. La Marianne stava per ribattere, ma lo squillo del suo cellulare la fermò, e con uno sguardo di scuse si alzò e accettò la chiamata.

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Non sapeva da quanto stesse in quella stanza. Aveva perso il conto del tempo non appena aveva aperto gli occhi.

Solo una luce flebile filtrava da un buco del muro, segno che fosse giorno. Il fuoco ormai era spento, al suo posto c'era ormai tanta cerere e un po' di legna sopravvissuta al calore delle fiamme.

In quel momento si sentiva come i residui nel camino: il suo corpo secolare era sopravvissuto a tutto, fino ad ora, e lui non avrebbe permesso a niente e nessuno di fargli del male.

Né a lui, né alla Fray.

Al pensiero della donna, del suo sorriso, del suo profumo, dei suoi occhi color ghiaccio l'uomo sorrise leggermente. Il ricordo era vivido nella sua mente, e non avrebbe permesso che glielo strappassero. Ormai era l'unica cosa che gli rimaneva del suo più grande Amore.

Ad un tratto, sentì una porta aprirsi dietro di sé. La luce che entrò nella stanza ferì gli occhi dell'uomo che ormai si era abituato al buio.

-Sei sveglio, Michael?- una voce femminile, familiare, giunse alle orecchie dell'Angelo, che sussultò non appena la porta si chiuse con un botto dietro alla figura.

-T'ho portato da mangiare. Non vorrò mica farti morire di stenti.- una risata maligna riempì la stanza.

-Chi sei?- la voce di Moroni si incrinò a questa domanda, e lui si maledisse mordendosi il labbro inferiore: non doveva far capire al suo rapitore che aveva paura di lei!

Un'altra risata senza risposta.

La figura si piazzò davanti all'uomo incatenato.

Il fisico slanciato, femminile, era avvolto in una felpa nera, cui cappuccio era tirato così tanto da coprire il volto.

L'uomo intravedeva soltanto le labbra di lei, curvate in un sorriso sghembo, folle.

Quindi la ragazza poggiò il famigerato pranzo sulle gambe di lui dicendogli:-Mangia.-

-E come faccio? Ho le mani legate!-

Al posto del terrore ora la rabbia regnava suprema per quel che gli stava accadendo. Lui, un Angelo, ridotto in quello stato. Davvero? Cosa aveva il destino contro di lui?

-Sei un Angelo. Ingegnati.- a quelle parole e con un gesto teatrale la ragazza uscì dalla stanza lasciando nuovamente l'uomo da solo immerso dai suoi pensieri.

La rabbia lo assalì nuovamente facendogli scuotere ancora le catene in cui era rinchiuso, e di conseguenza  provocandogli tagli poco profondi su polsi e caviglie.

Questi bruciavano in una maniera atroce, ma aveva passato di peggio, poteva resistere a quel dolore.

Appena si fu calmato, sentendo il suo stomaco brontolare, si decise a trovare un modo per mangiare.

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-Io non la capisco!- Sam sbuffò passandosi una mano nel ciuffo corvino.

-Sky?- Jessie girò la testa verso il Cherubino, incrociando lo sguardo con il suo.  Non avrebbe mai pensato di potersi innamorare di quel colore verde smeraldo, di quei soffici capelli... certo, credeva nel vero amore, ma non pensava di poterlo trovare nella sua vita: pensava fosse un concetto presente solo nelle favole.

-E sennò chi? Va bene che non la stavamo ascoltando, ma anche noi abbiamo bisogno di pensare, del nostro silenzio, dei nostri momenti.-

-Sammy... tranquillo. Capisco che tu abbia i nervi a fior di pelle, capisco che tu sia preoccupato per Moroni, ma...-

-Jessie!!- il ragazzo la interruppe, uno scintillio indecifrabile negli occhi.

-Il... libro! Quello che avevi nella valigia! L'hai trovato?-

Come risvegliata da un sogno, la ragazza scattò in piedi affermando di non aver ancora controllato, quindi, facendo cenno a Sam di seguirla, i due si avviarono verso l'uscita ovviamente dopo aver posati i loro vassoi a loro posto.

La ragazza si bloccò sulla porta tra la parte dove mangiavano i ragazzi e quella in cui c'erano i professori e i turisti.

Lui le mise una mano sulla spalla. Nel corpo un'energia che fremeva impaziente d'esser usata.

-Prima controlliamo che Moroni sia nella sua stanza.-

Gli occhi della ragazza si illuminarono di speranza, nella voce un tremolio di preghiera e di impazienza.

-Non ci credere troppo.- l'ammonì Sam con uno sguardo compassionevole.

-Vengo con voi.- una voce femminile, determinata, si insinuò tra di loro. I ragazzi si girarono verso la professoressa Fray, rimasta sola al tavolo dopo essere stata "abbandonata" dalla Marianne.

Con un sorriso, Jessie fece cenno col capo di seguirla, sia a Sam che alla professoressa, che con uno scatto si alzò dalla sua sedia.

Jessie non aveva mai pensato a quanta forza e determinazione potessero essere contenute in uno scricciolo di donna come la professoressa. Adorava come avrebbe fatto di tutto per Moroni e pensò che lei si sarebbe comportata allo stesso modo per il suo Sammy.

Percorso quasi di corsa il patio sterrato davanti al cortile dove giocavano alcuni ragazzi, chi a ping-pong, chi a calcio, chi a basket, una voce fece impietrire i tre:

-Prof.!- Una ragazza spuntò da dietro un muretto. Lei faceva parte della classe dei due ragazzi. Non era troppo brava con le parole, spesso si impicciava, ma comunque andava avanti nel suo discorso senza demordere o perdersi d'animo.

Ora i suoi occhi nocciola scrutavano la Fray, quasi volessero scavarle nell'anima e scoprire di più sulla donna con la sola forza del pensiero.

-Può venire un attimo?- la voce della ragazza risuonò impaziente. Con un sospiro, la Fray annuì e, girandosi, guardò i due Angeli negli occhi intimandogli di andare a controllare senza di lei.

Dopo le avrebbero riferito cosa avevano visto.

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