VI. Terza Parte

Erano quasi le undici di sera e Everard cominciava a essere stufo di quella noiosa festa di Natale, piena di gente barbosa. O forse era in trepidante attesa: doveva solo trovare il modo di sgattaiolare via e poi mettere a frutto il suo piano. In fondo cosa poteva andare storto? Lo aveva elaborato in due secondi con l'aiuto di una bambina di nove anni!

«Cos'è quell'espressione mogia?» domandò Mirielda sedendosi accanto a lui. Un attimo dopo Thomas si sedette dall'altra parte con un calice in mano e il viso arrossato. «Non hai toccato un bicchiere per tutta la serata» gli fece notare indicando il fratello.

«Ho dovuto compensare» disse Thomas decisamente confuso.

«Ti sei sforzato eh?» domandò Everard colpendo l'amico a una spalla e strappandogli di mano il bicchiere. Con grande sorpresa di tutti i presenti lo appoggiò sul vassoio del cameriere, che lo portò via.

A quel punto Mirielda si girò a guardarlo con la bocca spalancata, pregando solo che i suoi genitori non la vedessero. «Come si chiama lei?»

Everard socchiuse gli occhi, anche se cominciava a sentire le mani sudare. "Come lo ha capito?"

«Non fare quella faccia! Non bevi nulla con noi da settimane, sei sempre a lavoro e non ci hai nemmeno provato con Adelaide nonostante sia chiaramente di tuo gusto» riprese l'amica stupita. Non riusciva a credere che il principe di Salem si fosse veramente innamorato.

«La mia sorella rompiscatole ha ragione. Non dico amore, ma qualche mese fa ci avresti almeno provato, spezzandole poi il cuore in mille piccoli pezzi, si intende!» aggiunse Thomas con voce impastata, eppure riuscì comunque ad affondare un pugnale nel petto di Everard. "Sono davvero così terribile?"

«Si tratta di Mary?» chiese Mirielda con voce improvvisamente preoccupata. «Una reazione simile in piazza, da parte tua, dovrà pur dire qualcosa.»

«Come ho già detto, non so chi sia Mary» mentì Everard, poi prese un profondo respiro osservando Adelaide che parlava con le sue sorelle. «Si tratta di una ragazza, ma non come pensate voi... prima sono stato con Lia in cucina e il signor Osborne ha parlato di sua figlia, Marilyn. In pratica ha detto a Lia che Marilyn chiedeva sempre delle caramelle per Natale però la sua famiglia era povera e... sta di fatto che Lia mi ha chiesto di fare qualcosa. Così ho pensato di portarle delle caramelle.»

«Vuoi portare delle caramelle a una ragazza morta? Stasera?» chiese Mirielda confusa.

«Che cretinata!» dichiarò Thomas scattando in piedi. «Dovresti divertiti stasera e pensare ai vivi! Lia è una bambina, che voi che ne sappia? Tu invece sei un idiota adulto che non riesce a vedere nemmeno quello che ha sotto al naso!»

«Ti riferisci a Lady Adelaide?» domandò Everard confuso.

«Questo è sempre stato il tuo difetto: prendi tutto per oro colato. Non sei capace di andare al di là delle cose, di porti domande. Non sei capace di lottare per ciò vuoi davvero» riprese Thomas sprezzante. «Non mi sorprende che non ti abbia voluto. Merita sicuramente di meglio di un principe ottuso!»

«Quanto hai bevuto, Tom?» chiese Everard, irritato dalle sue parole. «Stai già parlando a vanvera!»

«Oh, io so bene quel che dico!» ringhiò Thomas piegandosi verso l'amico. «Non meriti affatto il suo cuore! Potresti salvare i morti e tu ti limiti a portar caramelle a tombe fredde!» mormorò con sfida, gli occhi puntati in quelli del suo principe erano quasi minacciosi. O almeno così si sentì Everard, quasi l'amico, gli avesse detto che non meritava l'amore di Mary o che lo accusasse addirittura della sua morte.

"Se così fosse avrebbe ragione" pensò, ben consapevole che Thomas parlava sempre a sproposito da ubriaco. Non bisognava dare peso alle sue parole.

«Non sei mai riuscito a vedere la bellezza di ciò che avevi davanti agli occhi! Se fossi stato al tuo posto mi sarei buttato in mezzo al fuoco per tirarla fuori da lì. Non avrei mai permesso questo» continuò Thomas in un lamento, gli occhi velati di pura tristezza. Adagio scivolò di nuovo accanto a Everard, ma perse il suo sguardo davanti a sé, come se vedesse qualcosa che a loro era celato. «Lucia aveva ragione, nessun duca ha mai salvato la sua amata principessa dalla torre. Una torre fredda e buia la sua, molto molto piccola. Chi lo avrebbe mai detto che il terribile drago sarebbe stata la persona che più avrei stimato? Ora il drago è sconfitto, ma la principessa morirà comunque sola...»

«Tom, basta! Stai straparlando. Lia ha ragione, Everard» intervenne Mirielda, che cominciava a provare uno strano nodo allo stomaco. Suo fratello era chiaramente ubriaco, ma sembrava anche terribilmente triste. «Everard, penso che sia il pensiero più bello che tu abbia mai avuto! È Natale, so che sono passati tanti anni, ma un tempo Natale voleva dire condivisione. Rivoglio tutto quello che avevamo da bambini e se per ottenerlo bisogna portare caramelle ai morti! Porteremo caramelle ai morti!» assicurò afferrando il fratello per un braccio. «Everard, saluta gli ospiti e parla con Adelaide poi tra mezz'ora fingi di star male o di essere ubriaco marcio e raggiungici ai garage. Lo puoi fare?»

«Sono un ottimo attore» rispose lui con aria complice. «Ora scusate, vado a ballare con la mia futura moglie!» disse aprendo la cravatta e scompigliandosi i capelli. Mentre passava Mirielda gli tirò fuori un lembo di camicia dai pantaloni, giusto per dargli un'aria più scombinato, poi se ne andò con Thomas.

***

Quaranta minuti dopo era ai garage e sembrava appena passato attraverso una tempesta, anche se non aveva toccato un goccio d'alcol. Stranamente si era divertito di più a fingersi ubriaco che a esserlo veramente. Sorridendo abbassò lo sguardo verso la scatoletta dalla carta verde stretta nelle sue mani.

«Pronto?» domandò Mirielda. «Tieni, è una giacca delle guardie, così non ti faranno problemi a uscire e abbiamo preso in prestito le chiavi della macchina di Richard, dato che non hai un'auto tua...»

«Grazie, ragazzi» disse Everard infilandosi la giacca, gli stava alla perfezione. Sembrava quasi fatta su misura. «Tornerò tra circa sei ore, più o meno.»

«Salutaci i tuoi morti» disse Thomas acidamente aprendo la portiera della macchina nera di Richard. Era chiaramente furioso con lui, ma Everard non riusciva a capirne il motivo. Così, confuso, salì e si sistemò la giacca in modo che fosse ben visibile al cancello. Sapeva che suo padre lo avrebbe scoperto il giorno seguente, ma a quel punto avrebbe già svolto il suo folle piano.

«Everard» lo chiamò Mirielda. «Sono convinta che un giorno sarai un ottimo re per Salem! Non te l'ho mai detto, ma se qualcuno può fermare loro, questo sei tu.»

«Grazie, Mirielda» disse Everard con un sorriso ampio, dopo la disastrosa giornata, quelle parole lo avevano fatto sentire decisamente meglio. Un giorno sarebbe stato re e avrebbe messo fine a quelle disumane impiccagioni pubbliche.

E quel pensiero, il desiderio di tornare ad essere il ragazzo di un tempo, lo accompagnò per tutto il viaggio. Forse per questo quando si ritrovò Salem Town, lontano dai lussi del palazzo, cominciò a chiedersi se non stesse sbagliando tutto, magari andare al cimitero dove si trovava Mary non era l'idea giusta. Forse Mary avrebbe preferito che i suoi fratelli avessero quelle caramelle... in fondo il significato profondo del Natale è saper condividere. Per di più era tormentato dalle parole di Thomas: quella tomba era veramente fredda e portarci dolciumi non l'avrebbe resa più calda. Così impostò velocemente un altro itinerario sullo schermo dell'auto e accelerò.

Conosceva l'indirizzo di casa Osborne, lo aveva letto mille volte sulla cartella di Alexander dopo il suo arrivo, perciò non ci impiegò così tanto a trovare la zona, anche se era strano per lui essere così lontano da palazzo, per di più senza scorta. Era un topolino in un covo di gatti affamati, questo Everard lo sapeva, ma non gli importava. Lui voleva solo raggiungere la casa del padre di Mary, entrare e lasciare il regalo sotto l'albero esattamente come aveva fatto nove anni prima.

Tuttavia quando arrestò l'auto poco lontano dalla casa si trovò a chiedersi se fosse l'idea giusta, non che avesse paura di una piccola inflazione domestica, ma era terrorizzato di confrontarsi con il ricordo di Mary. E se lì dentro avesse trovato qualcosa che avrebbe reso insopportabile il suo ricordo? Magari una vecchia foto o chissà cos'altro. Non era sicuro di poterlo sopportare.

Perciò si sorprese di se stesso quando si ritrovò davanti alla porta e ancora di più quando riuscì ad aprire la serratura entrando nella minuscola casa buia. Le mani gli tremavano e il cuore batteva così forte nel suo cuore che temeva di essere sentito dai vicini.

Lentamente chiuse la porta e si spostò verso il centro della stanza, ma sbatté contro il divano. Così, imprecando, si maledì nuovamente per aver lasciato il telefono a palazzo. Poi, riacquistando un po' di contegno, si diresse alla finestra e spalancò le tende, così che le luci dei lampioni illuminassero il soggiorno.

"Questo posto è così... piccolo" pensò osservandosi attorno. Richard gli aveva detto che in quella casa vivevano sei persone (con la defunta Lucia Osborne) e che la figlia più grande del fratello di Alexander si era trasferita da qualche anno. "Quindi hanno vissuto in questa casa in otto... come diavolo facevano?" pensò spostandosi per ammirare gli oggetti così vissuti. "Io non riesco a sopportare la mia famiglia a palazzo e lì non li vedo quasi mai!" Improvvisamente si sentì terribilmente geloso di quella vita.

"Loro vivono bene qui, perché vivono bene tra di loro" pensò appoggiando il pacchetto sotto l'albero. Stava per andarsene, quando sentì una strana presenza alle sue spalle, fu come se qualcosa dentro di lui gli stesse urlando di girarsi. E così fece, scontrando il suo sguardo con un fantasma dagli occhi azzurri.

"Non posso crederci!" pensò e un sorriso ampio cominciò a illuminagli il viso, il cuore poi gli batteva all'impazzata nel petto. "I miracoli di Natale esistono ancora allora!"

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