VI. Seconda Parte

«Questo è il miglior Natale di sempre!» esultò Lia finendo di mangiare il suo terzo biscotto con la glassa. «Aveva ragione, signor Osborne, il cioccolato è più buono mangiato dal cucchiaio!»

«Non dovevate addobbare un albero con la vostra famiglia?» domandò Alexander appoggiando la teglia sul piano e osservando Everard con la coda dell'occhio.

«C'è tempo!» rispose Lia al posto suo. «La nostra famiglia non è mai puntuale su nulla. Mamma dice che un reale deve farsi attendere, per essere importante.»

«Nostra madre dice un sacco di cavolate» borbottò Everard rubando un dolcetto dalla teglia ancora calda. «Questi biscotti sono esattamente come li ricordavo!»

«Una volta mangiavi queste delizie a Natale?» chiese Lia con gli occhi luccicanti. «Perché non li fanno più? Sono buonissimi!»

«Perché questa in realtà è una mia antica ricetta di famiglia» spiegò Alexander avvicinandosi al tavolo dove stava seduta la bambina. «Non l'ho rivelata a nessuno, perché questi sono i biscotti preferiti di Babbo Natale!»

«A Babbo Natale piacciono i biscotti?» chiese Lia stupita, in vita sua non aveva mai saputo nulla del genere!

Everard la guardò sorridendo, quante cose si era persa Lia non avendo figure come Alexander con cui confrontarsi! "Avrei dovuto essere più presente!" pensò amaramente.

«Ne va ghiotto!» assicurò Alexander. «Quando mia figlia era piccola preparavamo questi biscotti insieme e poi, la vigilia, li lasciavamo accanto al camino con un bicchiere di latte caldo. Babbo Natale non lasciava nemmeno le briciole!»

Improvvisamente l'espressione di Everard divenne fredda e spenta. Il ricordo di Mary era tornato a farsi strada nella sua mente, solo che ora riusciva a vedere solo un corpo appeso in piazza. Per di più non poteva guardare Alexander senza pensare che stava parlando di una figlia morta e lui sapeva quanto le volesse bene. "Nessuno di noi farà più i biscotti con Mary..."

«Non lo sapevo» mormorò Lia leggermente spaesata. Probabilmente si stava domandano se Babbo Natale non si fosse offeso perché lei non era mai stata gentile con lui. «Non è che potrei...?» chiese a disagio indicando la teglia.

«Oh, certo!» rispose Alexander infilando dei biscotti in un panno e porgendolo alla bambina. «Spero che voi abbiate già spedito la letterina» aggiunse con un sorriso caldo.

«Sì certo. Sono stata puntualissima!» rispose Lia afferrando i biscotti e tenendoli saldamente tra le mani, non voleva assolutamente farli cadere: quelli, in fondo, erano per chiedere perdono della sua maleducazione.

«E cosa desiderate, se mi è consentito chiedere?» volle sapere Alexander sistemando i biscotti rimasti su un piatto elegante.

«Dovrebbe essere un segreto» mormorò Lia avvicinandosi al grande omone, poi gli fece segno di abbassarsi e questo, ridendo, obbedì all'ordine della sua principessa. «Ho desiderato di avere un amico con cui giocare, qui mi sento sola» sussurrò la bambina all'orecchio dell'uomo, nascondendo la bocca con la mano.

Alexander si alzò con sguardo turbato. «Questo mondo può farti sentire molto solo» convenne.

«E sua figlia? Cosa desiderava?» chiese Lia e Everard tornò a incupirsi. Ricordava perfettamente cosa sognava Mary...

«Mia figlia era una golosona. Amava un sacco le caramelle! Così ogni anno chiedeva quelle» rispose Alexander senza guardarla, ma con un ampio sorriso.

«Chiedeva sempre le caramelle?» domandò Lia sorpresa. «E le riceveva, ogni anno?»

Everard a quel punto sprofondò nuovamente in quello sconforto dal quale pensava di essere appena sfuggito. La famiglia Osborne non era mai stata molto ricca e certamente non si poteva permettere delle caramelle... Everard ricordava perfettamente la delusione, anno dopo anno, sul viso di Mary. Il poter avere una confezione di caramelle tutta sua era la sola cosa che desiderava.

Quello che Everard all'età di tredici anni non comprendeva era perché i signori Osborne non acconsentissero a quella piccola richiesta, solo quando, all'età di diciotto anni, si ritrovò a gestire i dipendenti del castello comprese il perché. Ricordava perfettamente il momento in cui si era trovato davanti i resoconti delle paghe date a coniugi Osborne e si era reso conto che qualcosa proprio non quadrava: prendevano un decimo degli altri impiegati e avevano lavori decisamente più prestigiosi. Così, incuriosito e turbato, si era rivolto a Richard che gli aveva spiegato la cruda verità sulle dimissioni dei loro migliori dipendenti.

All'epoca, anche se Salem ne era ancora all'oscuro, la famiglia Wardwell aveva ricevuto varie minacce da parte delle streghe e alcuni attacchi mirati che erano stati egregiamente nascosti. Così aveva cominciato a chiedere alle donne una certificazione per il lavoro o per il matrimonio, ma costava non poco e non era ben chiaro il suo reale valore. Molte delle cameriere che si rifiutarono di aderire vennero licenziate, ma il re amava la compagnia di Lucia Osborne e la cucina di Alexander, così concesse loro più tempo. Ovviamente abbassando sempre di più il loro stipendio fino a stringerlo all'osso. A quel punto era convinto di ottenere da parte loro quella certificazione, invece i coniugi rassegnarono le dimissioni e, per quanto il re fosse scontento della cosa, fu costretto a lasciarli andare. In fondo a Salem non esisteva una legge che impedisse a qualcuno di lasciare il proprio impiego a corte.

Everard, dopo quella scoperta, cominciò a ripensare sempre di più a Mary, o a pensare a lei in modo diverso, forse perché fino a quel momento si era sentito tradito da loro, o per meglio dire abbandonato. Non lo avrebbe mai confessato ad alta voce, ma per quasi due anni aveva pensato che gli Osborne se ne fossero andati lasciandolo lì... come se avessero potuto veramente portarlo via con loro. Forse per questo non aveva mai scritto a Gilbert o a Mary, forse per questo aveva cercato di non pensare a loro e rispondeva sgarbatamente ogni volta che qualcuno li nominava. In fondo il suo migliore amico e la ragazza che occupava ogni suo pensiero, si erano dimenticati di lui in un battito di ciglio! Ecco qual era la sua paura più grande: sentirsi solo. E
senza Mary si sentiva terribilmente solo. Perciò, probabilmente senza volerlo davvero, trasformò questa angoscia in rabbia, rabbia che lo spinse inevitabilmente a odiare la famiglia Osborne per troppo tempo.

Ed ora, osservando il sorriso di Lia che attendeva trepidante la risposta e lo sguardo triste di Alexander, cominciò a sentirsi anche meno patetico per quello che aveva fatto l'ultimo Natale prima che partissero. Ormai stufo di vedere Mary triste per delle caramelle che abbondavano a casa sua, aveva rubato dalla scorta di suo padre quelle più buone e le aveva lasciate sotto l'albero di casa Osborne. L'espressione con cui Mary gli era corsa incontro il giorno dopo, il sorriso che aveva e l'abbraccio che gli diede, nonostante non sapesse della sua piccola impresa, furono il regalo più bello che avesse mai ricevuto.

«Forse è meglio andare, Lia» intervenne Everard. Prese per mano la sorella e la condusse verso le scale e poi lungo il corridoio. Stava raggiungendo la sala principale per addobbare il meraviglioso albero con menzogne e finti sorrisi quando Lia si bloccò.

«Guarda che l'ho capito che non ha mai ricevuto le caramelle!» disse puntando i piedi. «Non è giusto, Evert! Dobbiamo fare qualcosa! Parlare con Babbo Natale!»

Everard scoppiò a ridere. «Non possiamo parlare con Babbo Natale» disse, anche se sentiva dentro di lui un calore strano per il pensiero così altruista della sorella.

«Qualcosa dobbiamo pur fare! Everard, lei gli dava sempre i biscotti e lui li mangiava di gusto, mentre io non gli ho mai dato nulla eppure ho tutto quello che voglio! Non è giusto!» disse con convinzione Lia. «Possiamo portarle noi delle caramelle! Non siamo Babbo Natale, ma è comunque un regalo...»

«Lia...» mormorò Everard piegandosi all'altezza della sorella: come faceva a dirle che quella bambina era morta anni prima? E fu proprio mentre cercava le parole giuste da usare che ebbe la rivelazione. Si avvicinò alla sorella e le sussurrò qualcosa all'orecchio. «Puoi farlo per me?» chiese poi allontanandosi.

«Certo che posso!» esultò Lia sprizzando gioia da tutte le parti. «Però tu ti devi vestire o papà ti appende sull'albero al posto della stella» rise saltellando via.

Everard restò a fissarla per qualche altro secondo. "Sì, mia sorella è molto meglio di tutti noi..."

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