19
Ancora sconvolta puntai il mio sguardo su Ann, perché tutto quello che diceva sapeva di minaccia? Lo stava facendo veramente? O era solo un modo per capire le mie intenzioni? In fondo aveva ragione: anch'io non mi fidavo di nessuno in quel mondo, forse era così anche per le altre donne di Salem, specialmente per le vere streghe. Per di più, ero consapevole che nel nuovo regno saremmo state sempre noi due, in fondo lei era la mia dama di compagnia!
Thomas a quel punto scosse la testa spostandosi davanti a me, ma guardando Ann. Teneva lo sguardo fisso nei suoi occhi senza timore, il bicchiere stretto in mano. Ann provò ad accedere anche alla sua mente, ma con un battito di ciglia bloccai il suo incantesimo e questa volta fu anche più semplice, praticamente non dovetti nemmeno entrare nella testa del fastidioso duca. Il che, per me, fu una vera fortuna: non mi andava affatto di sapere cosa nascondesse Thomas lì dentro.
«Ancora?» chiesi quasi schifata. «La tua è una malattia!»
«Come ho detto: devo essere sicura di viaggiare con persone pronte a morire» sostenne Ann senza smettere di sorridere. «Non sono scappata al patibolo per morire per mano loro!»
«Sapete qual è il bello di questo viaggio?» chiese Thomas, a quel punto, alzando il bicchiere e attirando l'attenzione di Phil, ma anche quella di Ann. «Quando saremmo arrivati, Mary sposerà un duca diventando a tutti gli effetti una vera duchessa, esattamente come me! O forse qualcosa in più... in fondo Nathaniel ha il sangue più blu del mio, se così vogliamo dire. Quello che sto cercando di comunicarvi è: Ann torna al tuo posto!»
Il mio sguardo si spostò meccanicamente verso Thomas, mentre una strana emozione, un misto di sorpresa e incredulità, si faceva largo in me. Quel fastidioso ragazzo mi aveva appena difesa!
«Come scusa?» domandò Ann.
«Vedi Everard qui?» chiese Thomas guardandosi attorno. «Forse puoi far leva sui suoi sensi di colpa per essere andato a letto con una donna sposata, ma noi non abbiamo condiviso nulla per quello che ricordo. E anche se fosse, non me ne fregherebbe nulla. Quindi ti sarei molto grato se usassi il voi quando parli con noi, in fondo non ho mai visto una cameriera dare del tu alla padrona. Non credo che Amelina accetterebbe un simile affronto, nemmeno Mary lo farà. Ora tornate al vostro lavoro e, signor Martin, ci faccia portare il pranzo» si bloccò guardando l'orologio che portava al polso «tra due ore esatte. Non accettiamo ritardi.»
«Perché lo avete fatto?» domandai quando i due coniugi lasciarono la stanza visibilmente infastiditi. «Io non sono una di voi» precisai lasciando il braccio di Lia.
Thomas si girò verso di me sorridendo. «Ann è terribilmente attraente e trovo stuzzicante il fatto che non abbia molti peli sulla lingua, nemmeno con noi. Immagino che sia la stessa cosa che ha attirato Everard.»
«Ma?» chiesi titubante.
«Nessun ma» disse Thomas bevendo, poi si sedette sull'altro divano guardando Lia. «Tutto bene, piccoletta?»
«Sei una... strega?» domandò Lia abbassando la voce sull'ultima parola. Era tremante e teneva lo sguardo fisso nel mio. Forse per questo mi spostai all'indietro con profonda vergogna. Per anni avevo sentito il mio essere strega come una malattia ed ora che lo percepivo invece come un dono, qualcosa che apparteneva solo a me, precipitai nuovamente in quel disgusto personale dal quale pensavo di essere scappata grazie a Everard. Nessun regno mi avrebbe accettata, questa era la verità.
«Hai paura di me adesso?» chiesi sbattendo le ciglia e appoggiandomi al tavolino. In quel momento volevo solo rintanarmi nella mia intercapedine, mi mancava da morire.
Lia restò ad osservarmi per un lungo momento e poi guardò Thomas, il quale le sorrise rassicurante. «No. Non ho paura di te, Mary. Noi siamo amiche e Everard mi ha chiesto di prendermi cura di te finché non arriverà lui.»
Deglutii osservandola. Davvero Everard le aveva chiesto questo?
«La verità? Non capivo perché dovessi lasciare Salem, ma ora comprendo. La magia è pericolosa... non solo per noi, ma anche per chi la usa, giusto?» chiese Lia subito dopo.
«Forse è più pericolosa per chi la usa che per noi» precisò Thomas con sguardo assente, probabilmente stava pensando alle diverse esecuzioni.
«Tu non sembri una di loro» disse Lia. «Quindi è vero? La magia può essere buona?»
«Nulla nasce buono o cattivo» dissi, «tutto dipende dall'uso che facciamo del potere che ci è dato.»
«E questo vale anche per i nobili» precisò Thomas. «Abbiamo il potere di decidere le sorti del nostro popolo e condanniamo a morte tutto ciò che ci spaventa. Siamo buoni o cattivi, Lia?»
Il mio sguardo si perse di nuovo verso il ragazzo seduto davanti a Lia. Sembrava così diverso dal ragazzino mammone che ricordavo, ora era un uomo che aveva un'idea sua su un mondo che stava andando a pezzi. Forse Everard aveva veramente le carte giuste per vincere questa guerra e mettere fine alle esecuzioni.
«Stai scappando da noi quindi?» chiese Lia osservandomi, accanto a lei comparve un'aura blu notte che sapeva di lacrime salate.
«Ho paura» ammisi.
«Anche Everard ne ha» disse Lia abbassando lo sguardo, «ecco perché ha urlato il tuo nome in piazza durante l'esecuzione. Amelina e Adelaide si lamentavano di questo mesi fa.»
Mi spostai sedendomi accanto a lei e le appoggiai una mano sulla spalla. «Tu hai paura?»
«Mi fido di Everard» disse Lia alzando lo sguardo e sorridendo anche se gli occhi erano lucidi e non capivo bene il perché. «Lui sistemerà tutto!»
«Oppure morirà di gelosia vedendo la ragazza del suo cuore sposarsi seminuda» disse Thomas scoppiando in una fragorosa risata. «Sono curioso di vederti con quel vestito, Mary!»
«La curiosità uccise il gatto... non dimenticatelo, Lord Thomas» borbottai rivolgendogli un'occhiataccia.
«Guarda che il discorso di prima era rivolto solo a Ann, puoi darmi del tu!» disse Thomas. «Non ti sembra strano Lia che mi dia del voi?»
La bambina fece un ampio sorriso. «Quindi ti sposi?» mi chiese poi un po' delusa, anche se il suo ampio sorriso mascherava questa emozione alla perfezione. Probabilmente le avevano insegnato a sorridere in ogni circostanza, indipendentemente dall'umore.
«Penso di sì» risposi con un sospiro. «Quando saremo arrivati a Amesbury, Lia, mi servirà il tuo aiuto per trovare un abito adeguato a una duchessa» dissi indicando i miei nuovi vestiti. Non erano adatti alle mie forme e mi stavano anche larghi. Non sembravo una vera duchessa né la figlia di un marchese, sembravo semplicemente una donna con abiti di seconda mano.
«Perché non vi siete sposati voi?» chiese Lia ignorando il mio commento e osservando me e Thomas con uno strano sguardo. «Avresti ottenuto la certificazione migliore di Salem, saresti diventa duchessa e nessuno ti avrebbe accusata, inoltre saresti rimasta con noi e avremmo potuto essere amiche! In realtà siete ancora in tempo per farlo...»
Inspiegabilmente il mio sguardo si spostò su Thomas e mi apparve strano lo sguardo che lui mi restituì, come se ci stesse pensando veramente. Era un'idea così assurda!
Scoppiai a ridere stringendo Lia a me. «Ma noi resteremo amiche! Mi scriverai sempre ed io risponderò raccontandoti tutte le cose magnifiche che farò ogni giorno!»
«Lady Adelaide non mi piace...» piagnucolò Lia stringendomi più forte.
«Non è antipatica, è solo una principessa» rise Thomas, ma sembrava ancora perso nei suoi pensieri.
«Quindi diventerò così anch'io?» chiese Lia quasi allarmata.
Scoppiai a ridere allontanandomi. «Scommetto che Everard non lo permetterà!»
Lia mi sorrise afferrandomi una mano e scattando in piedi. «Se devi fingere di essere una duchessa allora ti devo insegnare alcune cose!»
«Cose tipo?» domandai spaventata. Dentro di me si era creato il terribile presentimento che usare la magia fosse più facile che fingersi una nobildonna.
Lia si avvicinò a Thomas e gli infilò la mano nella tasca della giacca, stranamente il diretto interessato non si oppose, anzi la guardò in un misto di curiosità e tenerezza. Un attimo dopo, Lia, stringeva tra le mani il telefono del ragazzo e lo stava puntando davanti al volto del proprietario.
«Mi serve il tuo brutto viso per sbloccare lo schermo» dichiarò con una pernacchia alla quale Thomas rispose con un ampio sorriso. «Grazie» disse subito dopo spostandosi e appoggiando il telefono sul tavolino. Una dolce melodia cominciò a sprigionarsi dal strano aggeggio diffondendosi nel piccolo abitacolo. Mi trovai a sorridere allegramente, era una musica strumentale che conoscevo molto bene, dato che mamma la usava spesso durante le sue feste... a volte pensavo che fosse la sua preferita.
«Sai ballare» disse Lia girandosi verso di me. «Abbiamo visto tutti che lo sai fare.»
Thomas scoppiò a ridere finendo il suo drink. «Eri perfetta quella sera, non che ora tu sia meno bella, anzi, quel sorriso è magnifico!»
Stranamente mi trovai ad arrossire, così spostai lo sguardo verso Lia.
«In quel caso era Everard a condurre, sei sicura di riuscire a farlo anche con un estraneo?» chiese Lia. Sembrava improvvisamente più grande, quasi adulta. «Devi tenere la schiena dritta, come se tenessi dei libri in equilibrio sulla testa. Devi sembrare sicura di te in ogni circostanza! Mamma dice che dobbiamo guardare chi ci circonda senza vederlo realmente, come se noi fossimo superiori a loro. E mai, mai e poi mai sembrare deboli!»
«Credo di essermi persa» dissi alzando una mano e drizzando la schiena. «Non stavamo parlando della danza?»
«Sì» concesse Lia, «però devi tenere indietro le spalle! E il mento in alto, non così tanto! Non devi osservare il soffitto!» brontolò sistemando la mia posizione, mentre Thomas mi osservava ridacchiando. Quanto avrei voluto tirargli i capelli! «Così sei perfetta. Ora però ci servirebbe un cavaliere... forse potremmo chiamare il signor Martin» disse facendomi l'occhiolino e guardando il duca con la coda dell'occhio.
Thomas scattò in piedi appoggiando il bicchiere. «Ed io cosa sono?» domandò quasi offeso.
«Sei un mostriciattolo» rispose Lia facendogli una pernacchia.
«Ora sì che sono offeso» disse lui sistemandosi il completo. «Fai ripartire la canzone, Lia!» ordinò e la bambina saltellò fino al telefono facendo ripartire la melodia.
Thomas a quel punto fece un leggero inchino portandosi una mano dietro la schiena e quando si rialzò mi porse la mano. «Vuole concedermi questo ballo, mia signora?» domandò ammiccando.
«Se non mi tiri i capelli» risposi mentre Lia si batteva una mano sulla faccia in chiaro segno di disapprovazione.
«Farò del mio meglio, Madam» disse Thomas afferrandomi una mano e posizionando l'altra sul mio fianco; per un attimo temetti che mi avvicinasse a sé fin troppo, come aveva fatto al ballo in maschera, invece restò a debita distanza. «Pronta a danzare?»
«Sono sempre pronta» risposi con fin troppa convinzione.
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